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Francesca Magro – Incarnazione del segno. Incisioni
La mostra, coordinata da Moreno Chiodini, propone, negli spazi del Laboratorio di Arti Calcografiche, un ciclo unitario di opere grafiche realizzate da Francesca Magro nell’arco di un biennio, fra 2011 e 2012, costruito come un diario immaginario che rende visibile una possibile umanità futura, modificata e snaturata dalla biotecnologia fino a competere con la robotica, in tutte le sue tensioni e inclinazioni.
Comunicato stampa
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SCUOLA SUPERIORE D’ARTE APPLICATA
DEL CASTELLO SFORZESCO
COMUNICATO STAMPA
Francesca Magro
Incarnazione del segno
Incisioni
Fotografie di Andrea Angelucci
Inaugurazione mercoledì 15 maggio 2013 ore 20.00
Intervengono:
Pietro Nimis Direttore della Scuola Superiore d’Arte Applicata del Castello Sforzesco
Luca Pietro Nicoletti Storico dell’Arte
Giancarlo Ricci psicanalista e saggista
Francesco Tadini regista e autore televisivo
Dome Bulfaro poeta
15 maggio - 3 giugno 2013
Scuola Superiore d’Arte Applicata del Castello Sforzesco
Via Giusti, 42- Milano
lunedì e giovedì dalle 19.30 alle 22.00
martedì e mercoledì dalle 16.00 alle 22.00
La mostra, coordinata da Moreno Chiodini, propone, negli spazi del Laboratorio di Arti Calcografiche, un ciclo unitario di opere grafiche realizzate da Francesca Magro nell’arco di un biennio, fra 2011 e 2012, costruito come un diario immaginario che rende visibile una possibile umanità futura, modificata e snaturata dalla biotecnologia fino a competere con la robotica, in tutte le sue tensioni e inclinazioni. Da sempre attenta ai temi della figura, Francesca Magro, si interessa da qualche anno del tema dell’Oltreuomo, ovvero del corpo in relazione ai progressi scientifici, affrontando i temi dell’alienazione del futuro uomo-macchina: un corpo, insomma, non più sensibile ma oggetto di manipolazioni di ogni tipo.
Le trentotto incisioni che si snodano all’interno del laboratorio e del corridoio adiacente, sono accompagnate da dieci fotografie di Andrea Angelucci che raccontano la genesi di questo ciclo incisorio nella stamperia milanese di Ivan Pengo.
Accompagna la mostra un volume a cura di Luca Pietro Nicoletti edito da Silvana Editoriale, con contributi interdisciplinari di: Roberto Travaglini (Università degli Studi di Urbino), Silvia Cuppini (Università degli Studi di Urbino), Giancarlo Ricci (Psicanalista e Saggista), Florinda Cambria (Università degli Studi di Milano) e Luca Pietro Nicoletti (Università degli studi di Milano), Andrea Angelucci (fotografo), Federicapaola Capecchi (Coreografa teatrodanza) e Francesco Tadini (regista, autore televisivo)
Catalogo Silvana Editoriale, a cura di Luca Pietro Nicoletti
Segni, gravitazioni e vortici
Giancarlo Ricci
Antica faccenda il segno. Proprio in quanto proviene da una regione remota del tempo, il segno è portatore di una traccia umana. Il segno reca con sé l’istanza del sacro, e questo essere interpellati risulta simile e quanto accade quando osserviamo un’opera d’arte. L’arte ci tocca da vicino, ci sfiora con il suo fuoco quanto basta per sentirci ustionati. I suoi segni si imprimono sui nostri sensi. L’arte ci tocca in un’intimità che noi stessi non conosciamo. Nelle incisioni di Francesca Magro questo si concretizza nel tema del corpo e delle sue incarnazioni, rappresentazioni, o scomposizioni. Corpi che stanno facendo o subendo qualcosa. Immersi in ambienti che fatichiamo a immaginare o a ricostruire. I corpi sono immersi in un accadimento sprovvisto di senso, dicevamo a proposito delle incisioni di Magro. Ma non solo: sono corpi che spesso sono amputati o
dotati di protesi inumane, sono corpi informi senza essere mostruosi. Danzano e sembrano al contempo paralizzati, si muovono ma sembrano fermi. Quale migliore emblema della contemporaneità rappresentare questi corpi così ben poco “armoniosi”, poco “funzionali”, poco “belli”? C’è qualcosa di estremamente attuale, di “troppo” attuale. É l’oscillazione impercettibile tra organico e inorganico, tra uno status che sa produrre e leggere segni, e lo status di una cosa che è muta e sorda a qualsiasi possibilità del segno. Non è questa lo scenario a cui le biotecnologie ci stanno abituando?
Francesca Magro inviata speciale
Francesco Tadini
Francesca Magro disegna corpi che non designano corpi. De signum: ritrarre per via di segni la forma di un oggetto. I segni di Francesca Magro non ri-traggono. Quasi immemori di anatomia umana - quanto basta per entrare in un territorio caro a Giacometti - muovono alla caccia di un ultra uomo biotecnologico. Di un eroe mutante. Convertono cartilagini in giunti cardanici. Tramutano sangue in fluidi lubrificanti. Trasformano placenta e liquidi amniotici in bagni chimici che generano protesi, con filamenti, lanuggini, e particolari prolungamenti che congiungono a invisibili laboratori, dove si programma il loro futuro innervandolo in sagome neoplasiche con scariche polverizzate di coloranti anionici.
Oppure: Francesca Magro non dirige i suoi graffi e turbini segnici verso la nascita del prossimo supereroe Marvel, ma assiste a una Catastrofe/Creazione. Allora la sua mano non può fare altro che prendere atto della Genesi di un nuovo mondo. Il mondo vecchio è finito -annientato- e il mondo nuovo sta prendendo forma. E come ogni forma nata alla fine di un’altra forma, la contiene.
Luca Pietro Nicoletti
Pittura, disegno e incisione per Francesca Magro: pratiche di lavoro.
Fra il 1976 e il 1980, Francesca Magro frequenta l’Accademia di Brera. è un momento cruciale, in cui il mondo artistico sta per essere sconvolto dall’avvento, nel 1979, della Transavanguardia. Volenti o nolenti, anche gli artisti più lontani da quella temperie non potevano non rimanerne in qualche modo condizionati, sia per un uso acceso del colore, sia per un uso intimistico del disegno di ricerca. In questa fase, grazie alle lezioni di Renato Bruscaglia a Urbino, l’artista scopre l’incisione, che praticherà intensamente per tutti gli anni Ottanta, per poi riprenderla in anni recenti. Delle esperienze di allora, Francesca Magro ha conservato un modo immediato di accostare la lastra di rame, senza la mediazione di studi preparatori. Con questo tratto filamentoso, erede di un tratteggio insistito e ritornante su se stesso che ha molti precedenti nel secondo dopoguerra e Giacometti disegnatore come capofila, Francesca Magro arriva a una forma solida e unitaria. Questi disegni rispondono a una esigenza del tutto individuale, senza quella funzione di visualizzazione di una posizione teorica impersonale e collettiva che aveva avuto negli anni Settanta: è un disegno che libera la mano, sul foglio come sulla cera, in maniera istintiva, non senza una volontà antiaccademica di contravvenire ai canoni di bellezza trasmessi dalla tradizione classica.
Corpo 2.0
Note di una coreografa.
Federicapaola Capecchi
I corpi…. Di Francesca Magro mi hanno sempre attirato i corpi. Corpi non corpi, parti elettroniche o meccaniche innestate sugli arti, o addirittura prolungamenti delle membra, della testa, del cervello; dissezioni, frammenti di corpo, scomposto, distorto, tagliato, a volte, luogo in rovina.
Guardando i suoi corpi predomina per me lo spazio, il vuoto, il pieno di un essere in lotta … per cosa? Per chi? Per quale corpo oggi? A che grado, a che punto di corpo siamo? Cosa può il corpo? Domande che sono parte integrante della mia ricerca da tempo, e che trovano uno stimolante enigma nelle opere di Francesca Magro. Motivo per cui alcuni suoi disegni sono ora il motore del processo creativo di un mio spettacolo di teatrodanza, inserito nel Festival Coreografia d’Arte.
Nelle sue opere vedo lo spazio e il corpo come luoghi di risonanza, dai quali traspaiono la bellezza e la crudeltà, che non sono per me distanti o scollegate, e le difficoltà che spesso hanno gli incontri inusuali, quelli che fanno intraprendere strade sconosciute e indicano modi nuovi di vedere le cose. Incontrare il corpo oggi… Francesca Magro sembra suggerirmi di approfondire anche ciò che Gille Deleuze titola, nella sua appassionata analisi di Spinoza, “Cosa può il corpo?”.
Francesca e il suo filo di Arianna
Andrea Angelucci
In qualità di fotografo ho avuto il privilegio di documentare l’operare di Francesca Magro. Quello che mi ha colpito su tutto è la sua facilità e velocità di esecuzione, come se non esistesse alcun diaframma tra il pensiero e la mano che disegna, dipinge, graffia. Nel disegno su carta come nell’incisione su lastra la mano di Francesca traccia un segno in un gesto continuo mai spezzato: un flusso di pensiero ininterrotto diventa segno ininterrotto e poi, inaspettatamente, forma. Il segno di Francesca ha qualcosa di istintivo, non ragionato. Il disegno tracciato su un foglietto di carta ha la stessa “semplicità” e valenza di un dipinto di grandi dimensioni. Così i taccuini, quadernetti sbucati un giorno da un cassetto del suo studio quasi per caso, mi hanno folgorato per la loro inconsiderata bellezza. Pieni zeppi di disegni, i taccuini ci parlano del suo operare, che può avvenire senza limiti di tempo e luogo, ma sempre con urgenza, bulimica necessità. Il taccuino non è un insieme di opere ma è un’opera esso stesso nel suo complesso e con quelle caratteristiche di usato, consunto, non finito, per un fotografo è un oggetto che, a differenza del distacco che impone un dipinto, invita a toccare, sfogliare, rigirare tra le mani in una infinità di visioni, concede una intimità con l’opera che raramente è possibile.
Francesca Magro
Nasce a Bergamo nel 1958 e si diploma presso l’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano nel 1980. Dal 1983 al 1986 si è specializzata presso l’Accademia “Raffaello” di Belle Arti di Urbino in Arte incisoria sotto la guida di Renato Bruscaglia. L’anno seguente (1987) approfondisce le tecniche incisoree con un soggiorno in Svezia presso la Fondazione “Olands Grafiska Skola”. Tiene la sua prima mostra personale, presentata da Giancarlo Ossola, alla galleria Obiettivo Arti di Verdello (Bergamo) nel 1984. Espone con continuità sia in Italia (Galleria San Fedele di Milano, Galleria Appiani 32, Castello Sforzesco di Milano nel 1984; Villa Reale di Monza, Arte Fiera di Bologna nel 1985; personale alla Galleria Aleph di Milano nel 1988; alla Galleria Radice di Lissone e alla Pinacoteca d’arte Moderna di Macerata, a cura di Riccardo Barletta nel 1989), sia all’estero (fra cui, a New York all’Atlantic Gallery nel 1985; al Museo di Borjon in Svezia nel 1987; al Museo Mistique di Malta nel 1988). Ha fatto parte, fra 2007 e 2008, della Commissione Artistica Annuale della Società per le Belle Arti ed Esposizione Permanente di Milano -alle cui mostre partecipa con continuità dal 1990. Sue opere figurano in numerose collezioni e musei in Italia e all’estero. Fra le mostre più recenti, Artisti italiani per la pace al Palazzo ONU di Bruxelles, Identità ferite allo Spazio Cinema Anteo di Milano, Il Nuovo Costruttivismo a cura di Giacomo Lodetti, presso la Libreria Bocca di Milano e Acqua, pane e lavagne al Palazzo della Triennale, tutte nel 2007), nel 2009 mostra personale allo Spazio Tadini di Milano Anatomia di una formica o di un filo d’erba a cura di Luca Pietro Nicoletti, Alberto Veca e Giancarlo Ricci. Nello stesso anno ha collaborato con Giancarlo Ricci alla presentazione del libro di Carlo Sini L’uomo, la macchina, l’automa presso Spazio Tadini, realizzando opere grafiche sul tema del libro. Analoga collaborazione, nella stessa sede, per il convegno Freud e il muro di Berlino (2009), con cinquantanove disegni dedicati al tema dell’inconscio.
Da allora la sua ricerca artistica è incentrata sulla riflessione intorno al tema del rapporto corpo/mente e sulle trasformazioni che il tempo attuale produce su di essi, che è al centro delle sue esposizioni personali più recenti: Il corpo e la carne, Arluno (Milano) galleria “Il Bagolaro”; Ibridi, Milano, Galleria Cappelletti; Corpi ergonomici, a cura di Matteo Rancan, Busto Arsizio (Varese), “La Casabioecologica”, 2012 “Oltre uomo” a cura di Francesco Tadini, Spazio Tadini, Milano e sempre a Spazio Tadini, nell’ambito del “Festival di Coreografia d’Arte 2012” la Compagnia “Opificio Trame” di Federicapaola Capecchi ha realizzato lo spettacolo “Oltre Uomo” ispirato alle opere di Francesca Magro, i costumi sono stati ideati e realizzati da Nange Magro. A questo tema è dedicato anche il libro monografico Francesca Magro. Il corpo e la carne, testi di Luca Pietro Nicoletti, Giancarlo Ossola, Giancarlo Ricci e Melina Scalise, Milano, Spazio Tadini, 2010. Tra il 2011 e il 2012 realizza, presso la Stamperia d’Arte 74/b di Milano, quaranta acqueforti dedicate ai corpi e alle loro ibridazioni, intitolandone la raccolta Incarnazione del segno esposta al Museo della Città di Palazzo Bonaventura Odasi di Urbino. La mostra è stata presentata e coordinata da Silvia Cuppini con il Patrocinio dell’Assessorato alla Cultura, Beni Culturali, Pari Opportunità della Città di Urbino.
Vive e opera ad Arese (MI). www.francescamagro.it
DEL CASTELLO SFORZESCO
COMUNICATO STAMPA
Francesca Magro
Incarnazione del segno
Incisioni
Fotografie di Andrea Angelucci
Inaugurazione mercoledì 15 maggio 2013 ore 20.00
Intervengono:
Pietro Nimis Direttore della Scuola Superiore d’Arte Applicata del Castello Sforzesco
Luca Pietro Nicoletti Storico dell’Arte
Giancarlo Ricci psicanalista e saggista
Francesco Tadini regista e autore televisivo
Dome Bulfaro poeta
15 maggio - 3 giugno 2013
Scuola Superiore d’Arte Applicata del Castello Sforzesco
Via Giusti, 42- Milano
lunedì e giovedì dalle 19.30 alle 22.00
martedì e mercoledì dalle 16.00 alle 22.00
La mostra, coordinata da Moreno Chiodini, propone, negli spazi del Laboratorio di Arti Calcografiche, un ciclo unitario di opere grafiche realizzate da Francesca Magro nell’arco di un biennio, fra 2011 e 2012, costruito come un diario immaginario che rende visibile una possibile umanità futura, modificata e snaturata dalla biotecnologia fino a competere con la robotica, in tutte le sue tensioni e inclinazioni. Da sempre attenta ai temi della figura, Francesca Magro, si interessa da qualche anno del tema dell’Oltreuomo, ovvero del corpo in relazione ai progressi scientifici, affrontando i temi dell’alienazione del futuro uomo-macchina: un corpo, insomma, non più sensibile ma oggetto di manipolazioni di ogni tipo.
Le trentotto incisioni che si snodano all’interno del laboratorio e del corridoio adiacente, sono accompagnate da dieci fotografie di Andrea Angelucci che raccontano la genesi di questo ciclo incisorio nella stamperia milanese di Ivan Pengo.
Accompagna la mostra un volume a cura di Luca Pietro Nicoletti edito da Silvana Editoriale, con contributi interdisciplinari di: Roberto Travaglini (Università degli Studi di Urbino), Silvia Cuppini (Università degli Studi di Urbino), Giancarlo Ricci (Psicanalista e Saggista), Florinda Cambria (Università degli Studi di Milano) e Luca Pietro Nicoletti (Università degli studi di Milano), Andrea Angelucci (fotografo), Federicapaola Capecchi (Coreografa teatrodanza) e Francesco Tadini (regista, autore televisivo)
Catalogo Silvana Editoriale, a cura di Luca Pietro Nicoletti
Segni, gravitazioni e vortici
Giancarlo Ricci
Antica faccenda il segno. Proprio in quanto proviene da una regione remota del tempo, il segno è portatore di una traccia umana. Il segno reca con sé l’istanza del sacro, e questo essere interpellati risulta simile e quanto accade quando osserviamo un’opera d’arte. L’arte ci tocca da vicino, ci sfiora con il suo fuoco quanto basta per sentirci ustionati. I suoi segni si imprimono sui nostri sensi. L’arte ci tocca in un’intimità che noi stessi non conosciamo. Nelle incisioni di Francesca Magro questo si concretizza nel tema del corpo e delle sue incarnazioni, rappresentazioni, o scomposizioni. Corpi che stanno facendo o subendo qualcosa. Immersi in ambienti che fatichiamo a immaginare o a ricostruire. I corpi sono immersi in un accadimento sprovvisto di senso, dicevamo a proposito delle incisioni di Magro. Ma non solo: sono corpi che spesso sono amputati o
dotati di protesi inumane, sono corpi informi senza essere mostruosi. Danzano e sembrano al contempo paralizzati, si muovono ma sembrano fermi. Quale migliore emblema della contemporaneità rappresentare questi corpi così ben poco “armoniosi”, poco “funzionali”, poco “belli”? C’è qualcosa di estremamente attuale, di “troppo” attuale. É l’oscillazione impercettibile tra organico e inorganico, tra uno status che sa produrre e leggere segni, e lo status di una cosa che è muta e sorda a qualsiasi possibilità del segno. Non è questa lo scenario a cui le biotecnologie ci stanno abituando?
Francesca Magro inviata speciale
Francesco Tadini
Francesca Magro disegna corpi che non designano corpi. De signum: ritrarre per via di segni la forma di un oggetto. I segni di Francesca Magro non ri-traggono. Quasi immemori di anatomia umana - quanto basta per entrare in un territorio caro a Giacometti - muovono alla caccia di un ultra uomo biotecnologico. Di un eroe mutante. Convertono cartilagini in giunti cardanici. Tramutano sangue in fluidi lubrificanti. Trasformano placenta e liquidi amniotici in bagni chimici che generano protesi, con filamenti, lanuggini, e particolari prolungamenti che congiungono a invisibili laboratori, dove si programma il loro futuro innervandolo in sagome neoplasiche con scariche polverizzate di coloranti anionici.
Oppure: Francesca Magro non dirige i suoi graffi e turbini segnici verso la nascita del prossimo supereroe Marvel, ma assiste a una Catastrofe/Creazione. Allora la sua mano non può fare altro che prendere atto della Genesi di un nuovo mondo. Il mondo vecchio è finito -annientato- e il mondo nuovo sta prendendo forma. E come ogni forma nata alla fine di un’altra forma, la contiene.
Luca Pietro Nicoletti
Pittura, disegno e incisione per Francesca Magro: pratiche di lavoro.
Fra il 1976 e il 1980, Francesca Magro frequenta l’Accademia di Brera. è un momento cruciale, in cui il mondo artistico sta per essere sconvolto dall’avvento, nel 1979, della Transavanguardia. Volenti o nolenti, anche gli artisti più lontani da quella temperie non potevano non rimanerne in qualche modo condizionati, sia per un uso acceso del colore, sia per un uso intimistico del disegno di ricerca. In questa fase, grazie alle lezioni di Renato Bruscaglia a Urbino, l’artista scopre l’incisione, che praticherà intensamente per tutti gli anni Ottanta, per poi riprenderla in anni recenti. Delle esperienze di allora, Francesca Magro ha conservato un modo immediato di accostare la lastra di rame, senza la mediazione di studi preparatori. Con questo tratto filamentoso, erede di un tratteggio insistito e ritornante su se stesso che ha molti precedenti nel secondo dopoguerra e Giacometti disegnatore come capofila, Francesca Magro arriva a una forma solida e unitaria. Questi disegni rispondono a una esigenza del tutto individuale, senza quella funzione di visualizzazione di una posizione teorica impersonale e collettiva che aveva avuto negli anni Settanta: è un disegno che libera la mano, sul foglio come sulla cera, in maniera istintiva, non senza una volontà antiaccademica di contravvenire ai canoni di bellezza trasmessi dalla tradizione classica.
Corpo 2.0
Note di una coreografa.
Federicapaola Capecchi
I corpi…. Di Francesca Magro mi hanno sempre attirato i corpi. Corpi non corpi, parti elettroniche o meccaniche innestate sugli arti, o addirittura prolungamenti delle membra, della testa, del cervello; dissezioni, frammenti di corpo, scomposto, distorto, tagliato, a volte, luogo in rovina.
Guardando i suoi corpi predomina per me lo spazio, il vuoto, il pieno di un essere in lotta … per cosa? Per chi? Per quale corpo oggi? A che grado, a che punto di corpo siamo? Cosa può il corpo? Domande che sono parte integrante della mia ricerca da tempo, e che trovano uno stimolante enigma nelle opere di Francesca Magro. Motivo per cui alcuni suoi disegni sono ora il motore del processo creativo di un mio spettacolo di teatrodanza, inserito nel Festival Coreografia d’Arte.
Nelle sue opere vedo lo spazio e il corpo come luoghi di risonanza, dai quali traspaiono la bellezza e la crudeltà, che non sono per me distanti o scollegate, e le difficoltà che spesso hanno gli incontri inusuali, quelli che fanno intraprendere strade sconosciute e indicano modi nuovi di vedere le cose. Incontrare il corpo oggi… Francesca Magro sembra suggerirmi di approfondire anche ciò che Gille Deleuze titola, nella sua appassionata analisi di Spinoza, “Cosa può il corpo?”.
Francesca e il suo filo di Arianna
Andrea Angelucci
In qualità di fotografo ho avuto il privilegio di documentare l’operare di Francesca Magro. Quello che mi ha colpito su tutto è la sua facilità e velocità di esecuzione, come se non esistesse alcun diaframma tra il pensiero e la mano che disegna, dipinge, graffia. Nel disegno su carta come nell’incisione su lastra la mano di Francesca traccia un segno in un gesto continuo mai spezzato: un flusso di pensiero ininterrotto diventa segno ininterrotto e poi, inaspettatamente, forma. Il segno di Francesca ha qualcosa di istintivo, non ragionato. Il disegno tracciato su un foglietto di carta ha la stessa “semplicità” e valenza di un dipinto di grandi dimensioni. Così i taccuini, quadernetti sbucati un giorno da un cassetto del suo studio quasi per caso, mi hanno folgorato per la loro inconsiderata bellezza. Pieni zeppi di disegni, i taccuini ci parlano del suo operare, che può avvenire senza limiti di tempo e luogo, ma sempre con urgenza, bulimica necessità. Il taccuino non è un insieme di opere ma è un’opera esso stesso nel suo complesso e con quelle caratteristiche di usato, consunto, non finito, per un fotografo è un oggetto che, a differenza del distacco che impone un dipinto, invita a toccare, sfogliare, rigirare tra le mani in una infinità di visioni, concede una intimità con l’opera che raramente è possibile.
Francesca Magro
Nasce a Bergamo nel 1958 e si diploma presso l’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano nel 1980. Dal 1983 al 1986 si è specializzata presso l’Accademia “Raffaello” di Belle Arti di Urbino in Arte incisoria sotto la guida di Renato Bruscaglia. L’anno seguente (1987) approfondisce le tecniche incisoree con un soggiorno in Svezia presso la Fondazione “Olands Grafiska Skola”. Tiene la sua prima mostra personale, presentata da Giancarlo Ossola, alla galleria Obiettivo Arti di Verdello (Bergamo) nel 1984. Espone con continuità sia in Italia (Galleria San Fedele di Milano, Galleria Appiani 32, Castello Sforzesco di Milano nel 1984; Villa Reale di Monza, Arte Fiera di Bologna nel 1985; personale alla Galleria Aleph di Milano nel 1988; alla Galleria Radice di Lissone e alla Pinacoteca d’arte Moderna di Macerata, a cura di Riccardo Barletta nel 1989), sia all’estero (fra cui, a New York all’Atlantic Gallery nel 1985; al Museo di Borjon in Svezia nel 1987; al Museo Mistique di Malta nel 1988). Ha fatto parte, fra 2007 e 2008, della Commissione Artistica Annuale della Società per le Belle Arti ed Esposizione Permanente di Milano -alle cui mostre partecipa con continuità dal 1990. Sue opere figurano in numerose collezioni e musei in Italia e all’estero. Fra le mostre più recenti, Artisti italiani per la pace al Palazzo ONU di Bruxelles, Identità ferite allo Spazio Cinema Anteo di Milano, Il Nuovo Costruttivismo a cura di Giacomo Lodetti, presso la Libreria Bocca di Milano e Acqua, pane e lavagne al Palazzo della Triennale, tutte nel 2007), nel 2009 mostra personale allo Spazio Tadini di Milano Anatomia di una formica o di un filo d’erba a cura di Luca Pietro Nicoletti, Alberto Veca e Giancarlo Ricci. Nello stesso anno ha collaborato con Giancarlo Ricci alla presentazione del libro di Carlo Sini L’uomo, la macchina, l’automa presso Spazio Tadini, realizzando opere grafiche sul tema del libro. Analoga collaborazione, nella stessa sede, per il convegno Freud e il muro di Berlino (2009), con cinquantanove disegni dedicati al tema dell’inconscio.
Da allora la sua ricerca artistica è incentrata sulla riflessione intorno al tema del rapporto corpo/mente e sulle trasformazioni che il tempo attuale produce su di essi, che è al centro delle sue esposizioni personali più recenti: Il corpo e la carne, Arluno (Milano) galleria “Il Bagolaro”; Ibridi, Milano, Galleria Cappelletti; Corpi ergonomici, a cura di Matteo Rancan, Busto Arsizio (Varese), “La Casabioecologica”, 2012 “Oltre uomo” a cura di Francesco Tadini, Spazio Tadini, Milano e sempre a Spazio Tadini, nell’ambito del “Festival di Coreografia d’Arte 2012” la Compagnia “Opificio Trame” di Federicapaola Capecchi ha realizzato lo spettacolo “Oltre Uomo” ispirato alle opere di Francesca Magro, i costumi sono stati ideati e realizzati da Nange Magro. A questo tema è dedicato anche il libro monografico Francesca Magro. Il corpo e la carne, testi di Luca Pietro Nicoletti, Giancarlo Ossola, Giancarlo Ricci e Melina Scalise, Milano, Spazio Tadini, 2010. Tra il 2011 e il 2012 realizza, presso la Stamperia d’Arte 74/b di Milano, quaranta acqueforti dedicate ai corpi e alle loro ibridazioni, intitolandone la raccolta Incarnazione del segno esposta al Museo della Città di Palazzo Bonaventura Odasi di Urbino. La mostra è stata presentata e coordinata da Silvia Cuppini con il Patrocinio dell’Assessorato alla Cultura, Beni Culturali, Pari Opportunità della Città di Urbino.
Vive e opera ad Arese (MI). www.francescamagro.it
15
maggio 2013
Francesca Magro – Incarnazione del segno. Incisioni
Dal 15 maggio al 03 giugno 2013
arte contemporanea
Location
CASTELLO SFORZESCO
Milano, Piazza Castello, (Milano)
Milano, Piazza Castello, (Milano)
Orario di apertura
lunedì e giovedì dalle 19.30 alle 22.00
martedì e mercoledì dalle 16.00 alle 22.00
Vernissage
15 Maggio 2013, h 20
Autore