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Francesco Baglieri – L’eterna natura
Un paesaggio invaso dalle ombre trascorrenti delle nubi, dai bagliori e dagli spruzzi delle onde marine, dallo scorrere lento dei torrenti, dagli odori e dai suoni delle strade tracciate nei campi o lastricate di pietra tra i palazzi, in cui è davvero difficile distinguere tra il pittore e il dipinto, tra chi osserva e chi è osservato
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Mostra: L’eterna natura
Autore: Francesco Baglieri
Curatore: Andrea Guastella
Organizzazione: Liceo Classico “Umberto I” - Ragusa
Catalogo: in sede
Luogo: Museo della Cattedrale-Palazzo Garofalo, Ragusa
Inaugurazione: sabato 17 marzo 2012, ore 17.00
Durata: 17 marzo-23 marzo 2012
Orario: tutti i giorni, ore 16.00-20.00
Info: Andrea Guastella, cell. 338.3481602 mail: andreguast@yahoo.com
Si inaugura sabato 17 marzo, alle ore 17.00, presso il Museo della Cattedrale di Ragusa (Palazzo Garofalo), la mostra antologica di Francesco Baglieri “L’eterna natura”, organizzata dal Liceo Classico “Umberto I” di Ragusa. Interverranno Vincenzo Giannone, Preside del Liceo Classico “Umberto I”, Andrea Guastella, curatore della mostra, la giornalista Angela Allegria, il ceramista Giuseppe Crisione, che ha realizzato in occasione della mostra una scultura-ritratto di Baglieri e recherà una testimonianza sull’uomo e sul pittore e il regista Gianni Battaglia, che leggerà alcuni brani di prosa dedicati al paesaggio siciliano. Catalogo in sede.
Dalla presentazione di Andrea Guastella: «Ci sono pittori che, per larga parte della loro esperienza, sono coronati dal successo e vivono dignitosamente di pittura; altri attraversano il mondo in silenzio e attendono a lungo per ricevere il riconoscimento dovuto. Tale risulta, spesso, il destino dei migliori, talora troppo avanti perché il loro lavoro sia apprezzato, talaltra troppo orgogliosi per divulgarlo, consapevoli che l’arte è sì comunicazione, ma comunicazione di sé, di una parte del proprio essere che non tutti possono comprendere.
Il rischio concreto che una fatica onesta ottenga solo disprezzo, o che un malintenzionato ne approfitti, attende alla porta: perciò i tesori da scoprire sono tanti e la promozione di artisti poco noti è occupazione altamente meritoria.
A questa fatica si dedica da tempo, e con passione, Anna Malandrino, cui dobbiamo il riscatto di illustri dimenticati come il canonico Spadaro, Giuseppe Malandrino e, in ultimo, Francesco Baglieri. È infatti grazie alla abnegazione della Malandrino che questo ex funzionario della Banca d’Italia e paesaggista di tutto rispetto torna agli onori della cronaca qualche anno dopo la sua dipartita. In realtà, Baglieri non è stato mai dimenticato: esistono, qua e là, alcuni suoi collezionisti. Soprattutto si conta tra i suoi estimatori il ceramista Giuseppe Criscione che, oltre ad aver appreso in giovinezza da Baglieri i rudimenti della pittura, lo ha spesso accompagnato nelle sue sedute all’aria aperta: “Baglieri stava fermo a osservare per ore una veduta o un dettaglio”, racconta lo scultore, “poi, all’improvviso, dipingeva con rapidità pari alla sua abilità a cogliere l’anima dei luoghi”.
La testimonianza di Criscione vale anche come documento critico, leggendo nella facilità d’esecuzione, cui corrisponde una pennellata sintetica e incisiva, uno dei tratti salienti dello stile di Baglieri. Un altro elemento è il segno saldo, da disegnatore consumato, che nulla cede alla mimesi, al calco fotografico, alla iterazione ideale e affabulante.
Baglieri è insieme tecnico e istintivo: sicuro nel marcare i contorni e altrettanto libero nel contraddirli con una fitta trama di ombreggiature nei disegni, con spatolate dense, pesanti di colore nei dipinti ad olio.
Il risultato è una pittura vibrante, di forte tensione che, di là dal generico esempio degli Impressionisti francesi, non si riferisce ad alcuna tendenza e può forse spiegarsi – mi si perdoni il parallelo – con un gesto eloquente del grande Caravaggio: “Laonde, essendogli mostrate le statue più famose di Fidia e di Glicone, acciocché vi accomodasse lo studio, non diede altra risposta se non che distese la mano verso una moltitudine di uomini, accennando che la natura l’aveva a sufficienza provveduto di maestri”.
A dire il vero, nel lavoro di Baglieri, la figura dell’uomo è in tutto assente. Giganteggia al suo posto un paesaggio, quanto a indicazione precisa dei luoghi, anonimo, proprio come i popolani di Caravaggio, ma riconoscibilissimo quanto a carattere e a intensità di luce: la marina di Marsa, gli ulivi, i muri a secco della campagna ragusana.
Un paesaggio invaso dalle ombre trascorrenti delle nubi, dai bagliori e dagli spruzzi delle onde marine, dallo scorrere lento dei torrenti, dagli odori e dai suoni delle strade tracciate nei campi o lastricate di pietra tra i palazzi, in cui è davvero difficile distinguere tra il pittore e il dipinto, tra chi osserva e chi è osservato.
La resa fedele di questa eterna natura è ciò che, a dispetto del tempo, rende ancora oggi la pittura di Baglieri meritevole di partecipe attenzione».
Dal testo in catalogo di Anna Malandrino: «Francesco Baglieri nacque a Modica l’1 febbraio 1912 in seno a una famiglia borghese, che lo avviò agli studi superiori presso il locale Istituto Tecnico Commerciale “Archimede”, dove conseguì il diploma di ragioniere. Fu funzionario della Banca d’Italia, filiale di Ragusa, dove si distinse per la sua preparazione professionale e culturale, per il suo senso del dovere, per la cordialità con i colleghi e coi clienti.
Alto, snello, profondamente timido e riservato, fin dalla giovinezza aveva avvertito dentro sé un forte desiderio di dipingere. Successivamente questo sogno si trasformò in bisogno e lo indusse a scoprire tutto il fascino della natura e del paesaggio. Egli trovò l’ispirazione originaria nella sua terra, non stancandosi mai di arrivare a una comprensione viva di quanto lo circondava, di trasformare il profumo dei campi, la struttura delle rocce e delle scogliere in armonie di forme e di colore.
In questa Arcadia puramente vegetale, bucolica, da cui è esclusa ogni presenza umana, un microcosmo costituito da terra e acqua che si fondono, fra macchie di sole venate di malinconia, nella visione di una felicità pacificata, sebbene fugace, Baglieri riuscì a trasferire sulla tela quanto i suoi occhi carpivano intorno, creando immagini vibranti di intensità e di luce.
Come ricorda il ceramista Giuseppe Criscione, in giovinezza suo allievo e compagno di escursioni, quando Baglieri si trovava davanti a un paesaggio stimolante si fermava, studiava la luce, distanze e dimensioni, metteva a terra la cassetta dei colori, si sedeva su un sasso, poggiava la tela sulle gambe e, con abilità e destrezza, iniziava il suo lavoro.
A volte, al posto del pennello, utilizzava la spatola alla maniera impressionista. Lo interessava cogliere la giusta atmosfera, e si sforzava di riprodurla giustapponendo tocchi di colore molto intenso. La luce, poi, acquista nelle sue opere vivacità di movimento, rende sensibile il dinamismo universale dello spazio. E tuttavia, di là dalla resa visiva dei luoghi, ciò che commuove nei suoi quadri sono spunti, accenti di dolcezza scaturiti come frecce dalla pienezza di un cuore dolce e inquieto. Non c’è infatti suo dipinto in cui l’oggettività non sia impregnata di emozionalità, di un io che si fa natura, si fa opera.
Nulla di strano, perciò, che il colore prevalga sul disegno. Anche la profondità non è resa con la prospettiva tradizionale, ma suggerita dalle macchie di diverso colore che trasportano lo sguardo all’interno del dipinto consentendo di cogliere la più intima realtà della natura. Non dunque semplici vedute, ma paesaggi dell’anima; quasi la prova provata della capacità di Baglieri di fondere libertà, bellezza e amore in un canto corale.
Se Modica fu terra materna, nido e rifugio, Ragusa fu il luogo fatale della giovinezza durante la quale l’artista annodò il suo destino a quello di altri artisti quali Salvatore Fiume, Salvatore Ferma, Antonio Cannì, Rocco Cafiso, Peppino Cascone, Corrado Bertini.
Baglieri partecipò a svariate rassegne, ottenendo premi e successi di critica. Nel 1948 fu presente a Comiso in un’esposizione provinciale. Da allora le sue mostre si moltiplicarono in Italia e in Francia. Nel 1950 fu presente a Cremona per il “Premio Nazionale di Pittura e Arti figurative”. Nel 1955 espose alla “Mostra Provinciale di Pittura” a Ragusa. Nel 1958 tenne la sua prima personale alla Galleria del Solco. Nel 1960 espose alla “Terza Rassegna Nazionale di Arti Figurative” presso il Palazzo delle Finanze in Roma. Nel 1962 partecipò alla “Mostra Provinciale di Pittura” a Ragusa. Lo stesso anno fu ospite a Parigi al “Salon de Peinture” con opere dedicate alla “campagna siciliana”. La semplicità dei paesaggi, unita alla perizia tecnica, resero i dipinti ben accetti alla giuria e al pubblico parigino, i quali giudicarono le sue opere “les plus remarquées” tra tutte le esposte. Nel 1955 e nel 1966 partecipò alla “Mostra di Pittura Figurativa” organizzata a Ragusa dal Lions Club, ottenendo la medaglia d’oro. Dal 4 al 13 aprile 1967 allestì una personale nella Sala “La Marguttina” presso la Galleria d’Arte San Marco di Roma, esponendo circa quaranta opere. Il 3 ottobre 1971 presso il Salone della Camera di Commercio di Ragusa gli vennero conferite le insegne di Accademico.
Francesco Baglieri si spense prematuramente, a soli sessantotto anni, l’11 settembre 1980 nella sua Modica, dove era andato ad abitare dopo il suo pensionamento»
Autore: Francesco Baglieri
Curatore: Andrea Guastella
Organizzazione: Liceo Classico “Umberto I” - Ragusa
Catalogo: in sede
Luogo: Museo della Cattedrale-Palazzo Garofalo, Ragusa
Inaugurazione: sabato 17 marzo 2012, ore 17.00
Durata: 17 marzo-23 marzo 2012
Orario: tutti i giorni, ore 16.00-20.00
Info: Andrea Guastella, cell. 338.3481602 mail: andreguast@yahoo.com
Si inaugura sabato 17 marzo, alle ore 17.00, presso il Museo della Cattedrale di Ragusa (Palazzo Garofalo), la mostra antologica di Francesco Baglieri “L’eterna natura”, organizzata dal Liceo Classico “Umberto I” di Ragusa. Interverranno Vincenzo Giannone, Preside del Liceo Classico “Umberto I”, Andrea Guastella, curatore della mostra, la giornalista Angela Allegria, il ceramista Giuseppe Crisione, che ha realizzato in occasione della mostra una scultura-ritratto di Baglieri e recherà una testimonianza sull’uomo e sul pittore e il regista Gianni Battaglia, che leggerà alcuni brani di prosa dedicati al paesaggio siciliano. Catalogo in sede.
Dalla presentazione di Andrea Guastella: «Ci sono pittori che, per larga parte della loro esperienza, sono coronati dal successo e vivono dignitosamente di pittura; altri attraversano il mondo in silenzio e attendono a lungo per ricevere il riconoscimento dovuto. Tale risulta, spesso, il destino dei migliori, talora troppo avanti perché il loro lavoro sia apprezzato, talaltra troppo orgogliosi per divulgarlo, consapevoli che l’arte è sì comunicazione, ma comunicazione di sé, di una parte del proprio essere che non tutti possono comprendere.
Il rischio concreto che una fatica onesta ottenga solo disprezzo, o che un malintenzionato ne approfitti, attende alla porta: perciò i tesori da scoprire sono tanti e la promozione di artisti poco noti è occupazione altamente meritoria.
A questa fatica si dedica da tempo, e con passione, Anna Malandrino, cui dobbiamo il riscatto di illustri dimenticati come il canonico Spadaro, Giuseppe Malandrino e, in ultimo, Francesco Baglieri. È infatti grazie alla abnegazione della Malandrino che questo ex funzionario della Banca d’Italia e paesaggista di tutto rispetto torna agli onori della cronaca qualche anno dopo la sua dipartita. In realtà, Baglieri non è stato mai dimenticato: esistono, qua e là, alcuni suoi collezionisti. Soprattutto si conta tra i suoi estimatori il ceramista Giuseppe Criscione che, oltre ad aver appreso in giovinezza da Baglieri i rudimenti della pittura, lo ha spesso accompagnato nelle sue sedute all’aria aperta: “Baglieri stava fermo a osservare per ore una veduta o un dettaglio”, racconta lo scultore, “poi, all’improvviso, dipingeva con rapidità pari alla sua abilità a cogliere l’anima dei luoghi”.
La testimonianza di Criscione vale anche come documento critico, leggendo nella facilità d’esecuzione, cui corrisponde una pennellata sintetica e incisiva, uno dei tratti salienti dello stile di Baglieri. Un altro elemento è il segno saldo, da disegnatore consumato, che nulla cede alla mimesi, al calco fotografico, alla iterazione ideale e affabulante.
Baglieri è insieme tecnico e istintivo: sicuro nel marcare i contorni e altrettanto libero nel contraddirli con una fitta trama di ombreggiature nei disegni, con spatolate dense, pesanti di colore nei dipinti ad olio.
Il risultato è una pittura vibrante, di forte tensione che, di là dal generico esempio degli Impressionisti francesi, non si riferisce ad alcuna tendenza e può forse spiegarsi – mi si perdoni il parallelo – con un gesto eloquente del grande Caravaggio: “Laonde, essendogli mostrate le statue più famose di Fidia e di Glicone, acciocché vi accomodasse lo studio, non diede altra risposta se non che distese la mano verso una moltitudine di uomini, accennando che la natura l’aveva a sufficienza provveduto di maestri”.
A dire il vero, nel lavoro di Baglieri, la figura dell’uomo è in tutto assente. Giganteggia al suo posto un paesaggio, quanto a indicazione precisa dei luoghi, anonimo, proprio come i popolani di Caravaggio, ma riconoscibilissimo quanto a carattere e a intensità di luce: la marina di Marsa, gli ulivi, i muri a secco della campagna ragusana.
Un paesaggio invaso dalle ombre trascorrenti delle nubi, dai bagliori e dagli spruzzi delle onde marine, dallo scorrere lento dei torrenti, dagli odori e dai suoni delle strade tracciate nei campi o lastricate di pietra tra i palazzi, in cui è davvero difficile distinguere tra il pittore e il dipinto, tra chi osserva e chi è osservato.
La resa fedele di questa eterna natura è ciò che, a dispetto del tempo, rende ancora oggi la pittura di Baglieri meritevole di partecipe attenzione».
Dal testo in catalogo di Anna Malandrino: «Francesco Baglieri nacque a Modica l’1 febbraio 1912 in seno a una famiglia borghese, che lo avviò agli studi superiori presso il locale Istituto Tecnico Commerciale “Archimede”, dove conseguì il diploma di ragioniere. Fu funzionario della Banca d’Italia, filiale di Ragusa, dove si distinse per la sua preparazione professionale e culturale, per il suo senso del dovere, per la cordialità con i colleghi e coi clienti.
Alto, snello, profondamente timido e riservato, fin dalla giovinezza aveva avvertito dentro sé un forte desiderio di dipingere. Successivamente questo sogno si trasformò in bisogno e lo indusse a scoprire tutto il fascino della natura e del paesaggio. Egli trovò l’ispirazione originaria nella sua terra, non stancandosi mai di arrivare a una comprensione viva di quanto lo circondava, di trasformare il profumo dei campi, la struttura delle rocce e delle scogliere in armonie di forme e di colore.
In questa Arcadia puramente vegetale, bucolica, da cui è esclusa ogni presenza umana, un microcosmo costituito da terra e acqua che si fondono, fra macchie di sole venate di malinconia, nella visione di una felicità pacificata, sebbene fugace, Baglieri riuscì a trasferire sulla tela quanto i suoi occhi carpivano intorno, creando immagini vibranti di intensità e di luce.
Come ricorda il ceramista Giuseppe Criscione, in giovinezza suo allievo e compagno di escursioni, quando Baglieri si trovava davanti a un paesaggio stimolante si fermava, studiava la luce, distanze e dimensioni, metteva a terra la cassetta dei colori, si sedeva su un sasso, poggiava la tela sulle gambe e, con abilità e destrezza, iniziava il suo lavoro.
A volte, al posto del pennello, utilizzava la spatola alla maniera impressionista. Lo interessava cogliere la giusta atmosfera, e si sforzava di riprodurla giustapponendo tocchi di colore molto intenso. La luce, poi, acquista nelle sue opere vivacità di movimento, rende sensibile il dinamismo universale dello spazio. E tuttavia, di là dalla resa visiva dei luoghi, ciò che commuove nei suoi quadri sono spunti, accenti di dolcezza scaturiti come frecce dalla pienezza di un cuore dolce e inquieto. Non c’è infatti suo dipinto in cui l’oggettività non sia impregnata di emozionalità, di un io che si fa natura, si fa opera.
Nulla di strano, perciò, che il colore prevalga sul disegno. Anche la profondità non è resa con la prospettiva tradizionale, ma suggerita dalle macchie di diverso colore che trasportano lo sguardo all’interno del dipinto consentendo di cogliere la più intima realtà della natura. Non dunque semplici vedute, ma paesaggi dell’anima; quasi la prova provata della capacità di Baglieri di fondere libertà, bellezza e amore in un canto corale.
Se Modica fu terra materna, nido e rifugio, Ragusa fu il luogo fatale della giovinezza durante la quale l’artista annodò il suo destino a quello di altri artisti quali Salvatore Fiume, Salvatore Ferma, Antonio Cannì, Rocco Cafiso, Peppino Cascone, Corrado Bertini.
Baglieri partecipò a svariate rassegne, ottenendo premi e successi di critica. Nel 1948 fu presente a Comiso in un’esposizione provinciale. Da allora le sue mostre si moltiplicarono in Italia e in Francia. Nel 1950 fu presente a Cremona per il “Premio Nazionale di Pittura e Arti figurative”. Nel 1955 espose alla “Mostra Provinciale di Pittura” a Ragusa. Nel 1958 tenne la sua prima personale alla Galleria del Solco. Nel 1960 espose alla “Terza Rassegna Nazionale di Arti Figurative” presso il Palazzo delle Finanze in Roma. Nel 1962 partecipò alla “Mostra Provinciale di Pittura” a Ragusa. Lo stesso anno fu ospite a Parigi al “Salon de Peinture” con opere dedicate alla “campagna siciliana”. La semplicità dei paesaggi, unita alla perizia tecnica, resero i dipinti ben accetti alla giuria e al pubblico parigino, i quali giudicarono le sue opere “les plus remarquées” tra tutte le esposte. Nel 1955 e nel 1966 partecipò alla “Mostra di Pittura Figurativa” organizzata a Ragusa dal Lions Club, ottenendo la medaglia d’oro. Dal 4 al 13 aprile 1967 allestì una personale nella Sala “La Marguttina” presso la Galleria d’Arte San Marco di Roma, esponendo circa quaranta opere. Il 3 ottobre 1971 presso il Salone della Camera di Commercio di Ragusa gli vennero conferite le insegne di Accademico.
Francesco Baglieri si spense prematuramente, a soli sessantotto anni, l’11 settembre 1980 nella sua Modica, dove era andato ad abitare dopo il suo pensionamento»
17
marzo 2012
Francesco Baglieri – L’eterna natura
Dal 17 al 23 marzo 2012
arte contemporanea
Location
MUSEO DELLA CATTEDRALE – PALAZZO GAROFALO
Ragusa, Corso Italia, 87, (Ragusa)
Ragusa, Corso Italia, 87, (Ragusa)
Orario di apertura
tutti i giorni, ore 16.00-20.00
Vernissage
17 Marzo 2012, ore 17
Autore
Curatore