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Francesco Ciusa: gli anni delle Biennali (1907-1928)
Attraverso quindici opere, quasi tutte grandi sculture che figurarono all’epoca nei massimi appuntamenti espositivi internazionali, vengono ripercorse le tappe salienti della vicenda dell’artista in quello che fu il periodo cruciale della sua ricerca.
Comunicato stampa
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La FASI (Federazione delle Associazioni Sarde in Italia), presente sul territorio nazionale con 70 circoli, promuove, insieme al circolo Eleonora d’Arborea di Padova e al Circolo Ichnusa di Mestre, la mostra “Francesco Ciusa: gli anni delle Biennali (1907-1928)”.
La fama dello scultore sardo Francesco Ciusa (Nuoro,1883 - Cagliari, 1949) è oggi legata soprattutto al gesso La madre dell’ucciso, che alla Biennale di Venezia del 1907 fu accolto con entusiasmo dal pubblico e dalla critica, facendo additare il suo giovanissimo autore come una rivelazione.
Ma la Madre dell’Ucciso – presente in mostra nella versione in gesso della Galleria Comunale d’Arte Moderna di Palermo - rappresenta solo l’inizio di un percorso ricco e articolato, che vede l’artista muoversi sullo scenario nazionale e internazionale, con esiti di notevole qualità soprattutto fino al 1928, anno in cui riappare per l’ultima volta alla Biennale di Venezia.
A cento anni di distanza dal fortunato debutto del 1907, la mostra riporta Ciusa a Venezia, nei suggestivi locali della società Adriatica, già residenza privata della famiglia Stucky, di fronte all’omonimo Molino. Attraverso quindici opere, quasi tutte grandi sculture che figurarono all’epoca nei massimi appuntamenti espositivi internazionali, vengono ripercorse le tappe salienti della vicenda dell’artista in quello che fu il periodo cruciale della sua ricerca.
La rassegna ha fornito l’occasione di un approfondimento critico, che ha portato tra l’altro alla scoperta di opere inedite come L’offerta (1917) e il monumento ai caduti di Cabras (1927), e ha rivelato come, malgrado la sua postazione periferica, Ciusa mantenesse un intenso dialogo con la cultura figurativa del suo tempo.
Figlio di un modesto intagliatore del legno, Ciusa si formò con Rivalta e Trentacoste a Firenze nei primissimi anni del Novecento, frequentandovi un ambiente segnato dalle idee socialiste di artisti come Nomellini, Viani e il giovane Andreotti; un clima analogo respirava anche in Sardegna, nella cerchia nuorese della scrittrice Grazia Deledda. Nasce in questo contesto la rappresentazione di un mondo pastorale sardo cupo e suggestivo, visto come segnato da una fatalità dolorosa, per cui l’artista diverrà famoso.
Dopo La madre dell’ucciso, in cui si fondono ricordi classici e un’attenzione al dettaglio di sapore ancora verista, lo scultore passa, già alla fine del primo decennio del secolo, a un discorso più conciso e sintetico, venato di accenti simbolisti e secessionisti, evidente in opere come La filatrice (1908-9) e Il cainita (1914). Si volge quindi, nei primi anni Venti, alla ceramica, inaugurando sotto il marchio SPICA una produzione di piccoli oggetti decorativi che fondono in modi déco motivi del folklore sardo e spunti rinascimentali. L’influsso di Wildt si coglie in alcune tra le sculture migliori di questi anni, come Sacco d’orbace, Il ritorno, La campana, tutte del 1922, Deposizione (1922-26), Il bacio (1927), mentre la lezione di Rodin, modernamente rivisitata, ha ispirato il monumento ai caduti di Iglesias (1922-1928).
Decorativismo e naturalismo si intrecciano ne L’anfora sarda, con cui l’artista compare alla Biennale del 1928, e che, poco apprezzata nel clima novecentista del momento, segna l’inizio della fase discendente della sua vicenda. Ritiratosi in Sardegna, Ciusa si concentrerà soprattutto sulla realizzazione di piccole sculture decorative, lontane dall’ispirazione grave e solenne dei suoi primi lavori.
Il catalogo, edito da Ilisso, contiene saggi delle curatrici Giuliana Altea e Anna Maria Montaldo, un testo biografico di Antonella Camarda, schede delle opere in mostra di Giulia Aromando, Francesca Ghirra, Pamela Ladogana, Marzia Marino, Maria Teresa Steri.
Comitato promotore:
Renato Soru, presidente Regione Autonoma della Sardegna
Emilio Floris, sindaco di Cagliari
Massimo Cacciari, sindaco di Venezia
Mario Demuru Zidda, sindaco di Nuoro
Graziano Milia, presidente Provincia di Cagliari
Roberto Deriu, presidente Provincia di Nuoro
Alessandra Giudici, presidente Provincia di Sassari
Antonello Arru, presidente Fondazione Banco di Sardegna
Tonino Mulas, presidente FASI
Maria Vittoria Ciusa Mascolo,
Enti patrocinanti
Regione Autonoma della Sardegna
Regione Veneto
Comune di Cagliari
Comune di Venezia
Comune di Nuoro
Provincia di Cagliari
Provincia di Nuoro
Provincia di Sassari
Provincia di Venezia
Fondazione Banco di Sardegna
Camera Di Commercio Di Cagliari
Tirrenia di Navigazione
Ferpi
ANMLI Associazione Nazionale Musei Locali e Istituzionali
La fama dello scultore sardo Francesco Ciusa (Nuoro,1883 - Cagliari, 1949) è oggi legata soprattutto al gesso La madre dell’ucciso, che alla Biennale di Venezia del 1907 fu accolto con entusiasmo dal pubblico e dalla critica, facendo additare il suo giovanissimo autore come una rivelazione.
Ma la Madre dell’Ucciso – presente in mostra nella versione in gesso della Galleria Comunale d’Arte Moderna di Palermo - rappresenta solo l’inizio di un percorso ricco e articolato, che vede l’artista muoversi sullo scenario nazionale e internazionale, con esiti di notevole qualità soprattutto fino al 1928, anno in cui riappare per l’ultima volta alla Biennale di Venezia.
A cento anni di distanza dal fortunato debutto del 1907, la mostra riporta Ciusa a Venezia, nei suggestivi locali della società Adriatica, già residenza privata della famiglia Stucky, di fronte all’omonimo Molino. Attraverso quindici opere, quasi tutte grandi sculture che figurarono all’epoca nei massimi appuntamenti espositivi internazionali, vengono ripercorse le tappe salienti della vicenda dell’artista in quello che fu il periodo cruciale della sua ricerca.
La rassegna ha fornito l’occasione di un approfondimento critico, che ha portato tra l’altro alla scoperta di opere inedite come L’offerta (1917) e il monumento ai caduti di Cabras (1927), e ha rivelato come, malgrado la sua postazione periferica, Ciusa mantenesse un intenso dialogo con la cultura figurativa del suo tempo.
Figlio di un modesto intagliatore del legno, Ciusa si formò con Rivalta e Trentacoste a Firenze nei primissimi anni del Novecento, frequentandovi un ambiente segnato dalle idee socialiste di artisti come Nomellini, Viani e il giovane Andreotti; un clima analogo respirava anche in Sardegna, nella cerchia nuorese della scrittrice Grazia Deledda. Nasce in questo contesto la rappresentazione di un mondo pastorale sardo cupo e suggestivo, visto come segnato da una fatalità dolorosa, per cui l’artista diverrà famoso.
Dopo La madre dell’ucciso, in cui si fondono ricordi classici e un’attenzione al dettaglio di sapore ancora verista, lo scultore passa, già alla fine del primo decennio del secolo, a un discorso più conciso e sintetico, venato di accenti simbolisti e secessionisti, evidente in opere come La filatrice (1908-9) e Il cainita (1914). Si volge quindi, nei primi anni Venti, alla ceramica, inaugurando sotto il marchio SPICA una produzione di piccoli oggetti decorativi che fondono in modi déco motivi del folklore sardo e spunti rinascimentali. L’influsso di Wildt si coglie in alcune tra le sculture migliori di questi anni, come Sacco d’orbace, Il ritorno, La campana, tutte del 1922, Deposizione (1922-26), Il bacio (1927), mentre la lezione di Rodin, modernamente rivisitata, ha ispirato il monumento ai caduti di Iglesias (1922-1928).
Decorativismo e naturalismo si intrecciano ne L’anfora sarda, con cui l’artista compare alla Biennale del 1928, e che, poco apprezzata nel clima novecentista del momento, segna l’inizio della fase discendente della sua vicenda. Ritiratosi in Sardegna, Ciusa si concentrerà soprattutto sulla realizzazione di piccole sculture decorative, lontane dall’ispirazione grave e solenne dei suoi primi lavori.
Il catalogo, edito da Ilisso, contiene saggi delle curatrici Giuliana Altea e Anna Maria Montaldo, un testo biografico di Antonella Camarda, schede delle opere in mostra di Giulia Aromando, Francesca Ghirra, Pamela Ladogana, Marzia Marino, Maria Teresa Steri.
Comitato promotore:
Renato Soru, presidente Regione Autonoma della Sardegna
Emilio Floris, sindaco di Cagliari
Massimo Cacciari, sindaco di Venezia
Mario Demuru Zidda, sindaco di Nuoro
Graziano Milia, presidente Provincia di Cagliari
Roberto Deriu, presidente Provincia di Nuoro
Alessandra Giudici, presidente Provincia di Sassari
Antonello Arru, presidente Fondazione Banco di Sardegna
Tonino Mulas, presidente FASI
Maria Vittoria Ciusa Mascolo,
Enti patrocinanti
Regione Autonoma della Sardegna
Regione Veneto
Comune di Cagliari
Comune di Venezia
Comune di Nuoro
Provincia di Cagliari
Provincia di Nuoro
Provincia di Sassari
Provincia di Venezia
Fondazione Banco di Sardegna
Camera Di Commercio Di Cagliari
Tirrenia di Navigazione
Ferpi
ANMLI Associazione Nazionale Musei Locali e Istituzionali
03
novembre 2007
Francesco Ciusa: gli anni delle Biennali (1907-1928)
Dal 03 novembre al 16 dicembre 2007
arte contemporanea
Location
PALAZZO MOLIN A SAN BASEGIO
Venezia, Fondamenta Zattere Al Ponte Longo, 1412, (Venezia)
Venezia, Fondamenta Zattere Al Ponte Longo, 1412, (Venezia)
Orario di apertura
10:00-17:00 chiuso il lunedì
Vernissage
3 Novembre 2007, ore 11.30
Editore
ILISSO
Autore
Curatore