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Francesco Melone – A casa tutto bene
Una selezione ragionata del lavoro di Francesco Melone comprendente la produzione più recente e diversi lavori inediti. La mostra, seguendo il filo ironico che caratterizza tutta la ricerca dell’artista, è concepita come un viaggio nella memoria personale dove rintracciare gli elementi collettivi.
Comunicato stampa
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Una selezione ragionata del lavoro di Francesco Melone comprendente la produzione più recente e diversi lavori inediti. La mostra seguendo il filo ironico che caratterizza tutta la ricerca dell’artista, è concepita come un viaggio nella memoria personale dove inevitabilmente si ritrovano elementi collettivi.
L’artista ricerca le immagini simbolo della comunicazione popolare soprattutto degli anni Sessanta e Settanta. Scampoli di un passato non troppo lontano che è forse la chiave per capire il contemporaneo. Sia nella forma essenziale del fumetto che nel ritratto particolareggiato, Melone è un formidabile disegnatore, coerente e riconoscibile. Così procedendo lungo un percorso logico, attraverso differenti tecniche, egli restituisce un’immagine romantica e al tempo stesso assolutamente ironica, fino a volte ai limiti dell’ilarità, della società italiana. Se nelle opere degli anni Novanta strutturava un iter conoscitivo tutto svolto partendo dal proprio vissuto, soffermandosi sul concetto di “privato” inteso nella sua doppia valenza di “riservato” e di “espropriato”, dalla serie “Guardando si impara”, l’artista compie un salto verso l’esterno. Così l’intera riflessione, seguita fino a questo momento, si cristallizza nelle immagini patinate e rarefatte dei fanciulli a volte inquietanti, a volte languidi, tratti dai Quindici.
Il limite tra scultura e pittura, tra oggetto e quadro ricorre con insistenza nella produzione dell’artista. Dai primissimi “Grafismi solidi” nei quali elementi di gomma andavano a costituire e a sostituire parte del disegno, alle famigliole di stoffa e gommapiuma che ironizzavano sull’idea di pesantezza dell’impegno economico e sociale rappresentato dal mantenimento di una famiglia, fino agli ancora più espliciti “Trofei”: cavalli, pecore o maiali affacciati in bella mostra sulle pareti domestiche. Negli “Affioramenti”, serie più recente, Melone torna tecnicamente alla tridimensionalizzazione. Le figure, come emerse dalla memoria, appaiono impresse su elementi sporgenti rivestiti da pagine di vecchi fotoromanzi e incatenati tra loro dalla necessità di ricostruire la figura intera. Impossibile non essere attratti da questi bambini venuti dal passato, impossibile non notare come Melone sia sempre attento agli aspetti del sentimento inteso come legame affettivo e in parte come rimpianto dell’infanzia. Nelle ultime opere l’idea della liquidità, come stato di perdita del ricordo, sciogliersi della memoria e caduta nello stato di corruzione della vita adulta, si concretizza nell’apparizione di spazi bianchi e in parte liquefatti che dissolvono l’oggetto di riferimento trasformandolo in ambiguo simbolo sessuale.
Nodi centrali di tutta la produzione sono l’infanzia, il passaggio alla vita adulta, la famiglia, o meglio l’idea che la società ha di essa. Ora come nel passato la comunicazione, in particolar modo quella pubblicitaria, ne ha privilegiato un’immagine rassicurante. Da quella degli anni Sessanta al “modello Mulino Bianco” dei nostri giorni, poco è cambiato: il papà con la giacca e la cravatta, pronto ad andare a lavorare non senza dare un’occhiata alle ultime notizie del giornale, la mamma felice che prepara da mangiare e i bambini che corrono contenti a fare colazione. Ma cosa nascondono le apparenze? Cosa succede nell’intimità del focolare domestico? Non è certamente un caso che sia proprio la famiglia il luogo nel quale si consumano la maggior parte di crimini violenti. Una collettività chiusa nella quale i membri vivono una condizione di privilegio. Come una piccola mafia, la famiglia protegge e agevola i suoi membri a discapito di chi non ne fa parte e al tempo stesso punisce e nasconde. La sua non è certamente una condanna, è piuttosto una riflessione sulla complessità del sistema, ricco di sfumature e differenze, ma anche estremamente fragile.
L’artista ricerca le immagini simbolo della comunicazione popolare soprattutto degli anni Sessanta e Settanta. Scampoli di un passato non troppo lontano che è forse la chiave per capire il contemporaneo. Sia nella forma essenziale del fumetto che nel ritratto particolareggiato, Melone è un formidabile disegnatore, coerente e riconoscibile. Così procedendo lungo un percorso logico, attraverso differenti tecniche, egli restituisce un’immagine romantica e al tempo stesso assolutamente ironica, fino a volte ai limiti dell’ilarità, della società italiana. Se nelle opere degli anni Novanta strutturava un iter conoscitivo tutto svolto partendo dal proprio vissuto, soffermandosi sul concetto di “privato” inteso nella sua doppia valenza di “riservato” e di “espropriato”, dalla serie “Guardando si impara”, l’artista compie un salto verso l’esterno. Così l’intera riflessione, seguita fino a questo momento, si cristallizza nelle immagini patinate e rarefatte dei fanciulli a volte inquietanti, a volte languidi, tratti dai Quindici.
Il limite tra scultura e pittura, tra oggetto e quadro ricorre con insistenza nella produzione dell’artista. Dai primissimi “Grafismi solidi” nei quali elementi di gomma andavano a costituire e a sostituire parte del disegno, alle famigliole di stoffa e gommapiuma che ironizzavano sull’idea di pesantezza dell’impegno economico e sociale rappresentato dal mantenimento di una famiglia, fino agli ancora più espliciti “Trofei”: cavalli, pecore o maiali affacciati in bella mostra sulle pareti domestiche. Negli “Affioramenti”, serie più recente, Melone torna tecnicamente alla tridimensionalizzazione. Le figure, come emerse dalla memoria, appaiono impresse su elementi sporgenti rivestiti da pagine di vecchi fotoromanzi e incatenati tra loro dalla necessità di ricostruire la figura intera. Impossibile non essere attratti da questi bambini venuti dal passato, impossibile non notare come Melone sia sempre attento agli aspetti del sentimento inteso come legame affettivo e in parte come rimpianto dell’infanzia. Nelle ultime opere l’idea della liquidità, come stato di perdita del ricordo, sciogliersi della memoria e caduta nello stato di corruzione della vita adulta, si concretizza nell’apparizione di spazi bianchi e in parte liquefatti che dissolvono l’oggetto di riferimento trasformandolo in ambiguo simbolo sessuale.
Nodi centrali di tutta la produzione sono l’infanzia, il passaggio alla vita adulta, la famiglia, o meglio l’idea che la società ha di essa. Ora come nel passato la comunicazione, in particolar modo quella pubblicitaria, ne ha privilegiato un’immagine rassicurante. Da quella degli anni Sessanta al “modello Mulino Bianco” dei nostri giorni, poco è cambiato: il papà con la giacca e la cravatta, pronto ad andare a lavorare non senza dare un’occhiata alle ultime notizie del giornale, la mamma felice che prepara da mangiare e i bambini che corrono contenti a fare colazione. Ma cosa nascondono le apparenze? Cosa succede nell’intimità del focolare domestico? Non è certamente un caso che sia proprio la famiglia il luogo nel quale si consumano la maggior parte di crimini violenti. Una collettività chiusa nella quale i membri vivono una condizione di privilegio. Come una piccola mafia, la famiglia protegge e agevola i suoi membri a discapito di chi non ne fa parte e al tempo stesso punisce e nasconde. La sua non è certamente una condanna, è piuttosto una riflessione sulla complessità del sistema, ricco di sfumature e differenze, ma anche estremamente fragile.
30
ottobre 2010
Francesco Melone – A casa tutto bene
Dal 30 ottobre al 10 novembre 2010
arte contemporanea
Location
MU.GA. + MERZBAU
Roma, Via Giulia, 108, (Roma)
Roma, Via Giulia, 108, (Roma)
Orario di apertura
da martedì a sabato 10.30-13 e 16-19.30
Vernissage
30 Ottobre 2010, ore 19.00
Autore
Curatore