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Francesco Patriarca – Tropical house
I lavori esposti si collocano a metà strada tra l’arte astratta e quella figurativa: ogni opera rimane sospesa in un limbo in cui è lo spettatore a dover cercare elementi narrativi che possano creare un filo conduttore soggettivo e personale alla lettura del progetto.
Comunicato stampa
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Il progetto espositivo, ideato da Luigi Solito come un’installazione site specific pensata in esclusiva per Spazio NEA, mette insieme diverse serie di lavori dell’artista romano che vanno dal disegno e la fotografia alla pittura. Tutte le opere sono dedicate al mondo tropicale e alla rigogliosa natura delle sue foreste.
I lavori esposti si collocano a metà strada tra l’arte astratta e quella figurativa: ogni opera rimane sospesa in un limbo in cui è lo spettatore a dover cercare elementi narrativi che possano creare un filo conduttore soggettivo e personale alla lettura del progetto. Patriarca utilizza, infatti, diverse tecniche (disegno, pittura, installazione) creando non quadri e opere ma veri e propri progetti che spesso nascono da periodi e situazioni vissute personalmente; il mezzo artistico interviene “solo” per trasformare questi progetti in “serie”, in capitoli di un lungo libro esperienziale. Ne scaturisce una strutturazione di mosaici visivi e mentali in cui l’artista mette a posto pezzetti di vita, propria e collettiva, in un archivio di elementi diversi ogni volta ma affini all’interno della stessa serie.
In questa plurivalenza visiva è da ricercare una duplice volontà e intenzione dell’autore: da una parte quella di raccontare un luogo lontano, sognato e immaginario dove l’uomo può vivere in armonia con la natura; dall’altro invece si manifesta il desiderio di soffermarsi su aspetti più realisti ed ambientali legati alle conseguenze del cambiamento climatico di cui il mondo tropicale è particolarmente soggetto.
La serie di fotografie presenti nell’istallazione è un lavoro realizzato in omaggio alla ‘Maison Tropicalé’ di Jean Prouvé (1901-1984), la struttura abitativa modulare che il celebre architetto e designer francese ideò per sopperire al fabbisogno abitativo nell’Africa coloniale. Struttura abitativa ma anche osservatorio sulla natura con le sue ampie finestre da cui l’esterno entra negli interni dell’abitazione. La mostra riproduce l’atmosfera di una serra tropicale con carte e disegni che rappresentano piante tropicali, assemblaggi e collage di foglie e piante disegnate che rievocano la ricchezza e la sensualità del mondo tropicale.
Scrive il curatore Graziano Menolascina: «Patriarca ci manifesta la sua integrazione dell'inconscio, del dato psichico in senso funzionale e organico, con la dimensione spirituale dell'uomo ricorrendo alla metafora medianica nell'oggettivazione dell'opera sull'irrealtà e alle tracce di oggetti che pure sono rinvenibili sulla tela. Tutto si tramuta in domande destinate a rimanere senza alcuna risposta poiché s'affacciano sull'inconoscibile. Da quando l'uomo ha sentito la necessità di comprendere la propria esistenza e il mondo che lo circonda, egli ha contemporaneamente espresso tale esigenza con l'ausilio di forme artistiche, attraverso manufatti che non avevano soltanto una qualche funzionalità quotidiana, ma che presentavano nella loro struttura anche parti che si collegavano a una realtà altra.
Francesco Patriarca con il progetto "Tropical house" si libera e rompe la rete.
La suggestione dei luoghi, delle temperature, delle densità d'aria e di vento, dove ancora è così presente il lento e sfumato trapasso dei piani, lo scorrere delle ore nel paesaggio; gli slanci e i freni della natura, dove le linee diritte e slanciate, o colpite in piccolissime nervose serpentine, o ancora rotte nell'infinito e pulviscolare battere, già indirizzano letture più sincopate e frante, non più distese e piane.
Medita la metamorfosi e lascia che il lavoro si componga di intrighi, di piccole esplosioni di segni, poi di corse più leggere, di guizzi e di fughe, di virgole abbandonate nell'aria. La serenità cui, per misteriose ragioni, pare sempre approdare al termine di quel viaggio pericoloso; la voglia di cogliere quelle fondamentali sintassi dell'esistenza, non nel loro fragoroso esplodere, ma come in un loro depositarsi in vitro, per analisi, per memoria.
Per questo suo talento e modo di penetrare ragioni sconosciute con limpidezza d'animo, come portando in mano una fiamma mai spenta di speranza che sgombra le ombre più inquiete, Patriarca percorre un tempo fitto di omologie senza confondersi con le altrui ragioni ed esperienze».
Non è la prima volta che Patriarca realizza installazioni dedicate al tema del rapporto tra uomo e ambiente. Tra queste ricordiamo ‘Birds by the Hand’ presso l’Art Platform di Los Angeles, ‘Migrations’ al Museo Orto Botanico di Roma, ‘80 days’ presso il TAM-Torrence Art Museum in California e gli Apothecaries Gardens di Mosca in Russia.
L’inaugurazione è arricchita dalla sessione di musica live eseguita da Miners Apron, con l’intento di riprodurre i suoni e l'atmosfera di una serra tropicale.
Profilo biografico
Francesco Patriarca, nasce a Roma nel 1974. Ha esposto in gallerie, musei, fondazioni e istituzioni nazionali e internazionali, a partire dal 2002 fino ad oggi. Tra le principali: Maxxi (site specific) Roma, Madre Napoli, MAMBO Bologna, Reggia di Caserta (site specific), Art Platform Los Angeles (site specific), Torrence Art Museum California, Galerie Peithner-Lichtenfels, Vienna, The Gossmichael Foundation, Dallas, The Dactyl Foundation, New York, Hamiltons Gallery, Londra, Fondazione Pastificio Cerere, Roma, Galleria Nicoletta Rusconi, Milano, Galleria del Cortile, Roma, Museo Mercati di Traiano, Roma, Musèe Carnavalet, Parigi, Rencontre photographiques en Sud Gironde, Commissione Europea, Parigi, Zebra Project, Londra, Galleria Nazionale d’Arte, Tirana.
Il suo lavoro è stato recensito e pubblicato in quotidiani e riviste tra cui: International Herald Tribune, The Art Journal, The Rachofosky Collection Journal, Courrier International, La Repubblica, Lire, The Observer, Time Out, Liberation, Nomenus Quarterly.
Miners Apron (Roma, 1974) è un cantautore italo americano che vive tra Los Angeles e Roma.
I lavori esposti si collocano a metà strada tra l’arte astratta e quella figurativa: ogni opera rimane sospesa in un limbo in cui è lo spettatore a dover cercare elementi narrativi che possano creare un filo conduttore soggettivo e personale alla lettura del progetto. Patriarca utilizza, infatti, diverse tecniche (disegno, pittura, installazione) creando non quadri e opere ma veri e propri progetti che spesso nascono da periodi e situazioni vissute personalmente; il mezzo artistico interviene “solo” per trasformare questi progetti in “serie”, in capitoli di un lungo libro esperienziale. Ne scaturisce una strutturazione di mosaici visivi e mentali in cui l’artista mette a posto pezzetti di vita, propria e collettiva, in un archivio di elementi diversi ogni volta ma affini all’interno della stessa serie.
In questa plurivalenza visiva è da ricercare una duplice volontà e intenzione dell’autore: da una parte quella di raccontare un luogo lontano, sognato e immaginario dove l’uomo può vivere in armonia con la natura; dall’altro invece si manifesta il desiderio di soffermarsi su aspetti più realisti ed ambientali legati alle conseguenze del cambiamento climatico di cui il mondo tropicale è particolarmente soggetto.
La serie di fotografie presenti nell’istallazione è un lavoro realizzato in omaggio alla ‘Maison Tropicalé’ di Jean Prouvé (1901-1984), la struttura abitativa modulare che il celebre architetto e designer francese ideò per sopperire al fabbisogno abitativo nell’Africa coloniale. Struttura abitativa ma anche osservatorio sulla natura con le sue ampie finestre da cui l’esterno entra negli interni dell’abitazione. La mostra riproduce l’atmosfera di una serra tropicale con carte e disegni che rappresentano piante tropicali, assemblaggi e collage di foglie e piante disegnate che rievocano la ricchezza e la sensualità del mondo tropicale.
Scrive il curatore Graziano Menolascina: «Patriarca ci manifesta la sua integrazione dell'inconscio, del dato psichico in senso funzionale e organico, con la dimensione spirituale dell'uomo ricorrendo alla metafora medianica nell'oggettivazione dell'opera sull'irrealtà e alle tracce di oggetti che pure sono rinvenibili sulla tela. Tutto si tramuta in domande destinate a rimanere senza alcuna risposta poiché s'affacciano sull'inconoscibile. Da quando l'uomo ha sentito la necessità di comprendere la propria esistenza e il mondo che lo circonda, egli ha contemporaneamente espresso tale esigenza con l'ausilio di forme artistiche, attraverso manufatti che non avevano soltanto una qualche funzionalità quotidiana, ma che presentavano nella loro struttura anche parti che si collegavano a una realtà altra.
Francesco Patriarca con il progetto "Tropical house" si libera e rompe la rete.
La suggestione dei luoghi, delle temperature, delle densità d'aria e di vento, dove ancora è così presente il lento e sfumato trapasso dei piani, lo scorrere delle ore nel paesaggio; gli slanci e i freni della natura, dove le linee diritte e slanciate, o colpite in piccolissime nervose serpentine, o ancora rotte nell'infinito e pulviscolare battere, già indirizzano letture più sincopate e frante, non più distese e piane.
Medita la metamorfosi e lascia che il lavoro si componga di intrighi, di piccole esplosioni di segni, poi di corse più leggere, di guizzi e di fughe, di virgole abbandonate nell'aria. La serenità cui, per misteriose ragioni, pare sempre approdare al termine di quel viaggio pericoloso; la voglia di cogliere quelle fondamentali sintassi dell'esistenza, non nel loro fragoroso esplodere, ma come in un loro depositarsi in vitro, per analisi, per memoria.
Per questo suo talento e modo di penetrare ragioni sconosciute con limpidezza d'animo, come portando in mano una fiamma mai spenta di speranza che sgombra le ombre più inquiete, Patriarca percorre un tempo fitto di omologie senza confondersi con le altrui ragioni ed esperienze».
Non è la prima volta che Patriarca realizza installazioni dedicate al tema del rapporto tra uomo e ambiente. Tra queste ricordiamo ‘Birds by the Hand’ presso l’Art Platform di Los Angeles, ‘Migrations’ al Museo Orto Botanico di Roma, ‘80 days’ presso il TAM-Torrence Art Museum in California e gli Apothecaries Gardens di Mosca in Russia.
L’inaugurazione è arricchita dalla sessione di musica live eseguita da Miners Apron, con l’intento di riprodurre i suoni e l'atmosfera di una serra tropicale.
Profilo biografico
Francesco Patriarca, nasce a Roma nel 1974. Ha esposto in gallerie, musei, fondazioni e istituzioni nazionali e internazionali, a partire dal 2002 fino ad oggi. Tra le principali: Maxxi (site specific) Roma, Madre Napoli, MAMBO Bologna, Reggia di Caserta (site specific), Art Platform Los Angeles (site specific), Torrence Art Museum California, Galerie Peithner-Lichtenfels, Vienna, The Gossmichael Foundation, Dallas, The Dactyl Foundation, New York, Hamiltons Gallery, Londra, Fondazione Pastificio Cerere, Roma, Galleria Nicoletta Rusconi, Milano, Galleria del Cortile, Roma, Museo Mercati di Traiano, Roma, Musèe Carnavalet, Parigi, Rencontre photographiques en Sud Gironde, Commissione Europea, Parigi, Zebra Project, Londra, Galleria Nazionale d’Arte, Tirana.
Il suo lavoro è stato recensito e pubblicato in quotidiani e riviste tra cui: International Herald Tribune, The Art Journal, The Rachofosky Collection Journal, Courrier International, La Repubblica, Lire, The Observer, Time Out, Liberation, Nomenus Quarterly.
Miners Apron (Roma, 1974) è un cantautore italo americano che vive tra Los Angeles e Roma.
30
novembre 2018
Francesco Patriarca – Tropical house
Dal 30 novembre 2018 all'otto gennaio 2019
arte contemporanea
Location
SPAZIO NEA
Napoli, via Costantinopoli, 53, (Napoli)
Napoli, via Costantinopoli, 53, (Napoli)
Orario di apertura
lunedì - domenica dalle 9.00 alle 2.00 am
Vernissage
30 Novembre 2018, ore 18:30
Autore
Curatore