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Francesco Roviello
personale
Comunicato stampa
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Testo Critico a cura di Roberto Cresti
…” Francesco Roviello si è accostato alla colonna infinita brancusiana e alla vertigine che essa ha prodotto, ma lo ha fatto con cautela, associando alla lezione del grande rumeno quella nostrana di Arturo Martini. Questo ha significato revocare il carattere monumentale della scultura e associarla,
problematicamente, alla pittura, cercando di conferire al volume un’intima espressivita’, prima
cioe’ del soggetto che in esso si rappresenta.Egli ha cosi’ cominciato costruendo la forma dal basso,
letteralmente dalla terra, con un modellato arcaicizzante che traeva- e alle volte trae ancora- spunto
dalle sculture dell’Italia antica. Le sue mani pero’ hanno saggiato anche, contemporaneamente,
le luminose durezze del marmo e la fraterna corposita’ del legno, impratichendosi della tecnica
che richiede la lavorazione d’entrambe…… “
In ormai quasi trent'anni di lavoro, Roviello ha così filtrato le memorie storiche della scultura e le pratiche — mai solo pratiche — dell'arte entro la concretezza del proprio vissuto, creando le premesse, oggi del tutto attuate, di un modo di lavorare che ha preso progressivamente forza da intime necessità d'espressione, diffondendosi verso l'esterno, ossia verso l'orizzonte del mondo come fa un albero, con le proprie radici, entro la terra circostante, e coi rami nell'aria. In tal modo l'infinito centripeto del modello spaziale di Brancusi — già rivissuto da Wotruba — egli lo ha ri-orientato nel tempo della propria esistenza, nutrendolo di elementi e di impulsi formali da esso differenti; e riprendendo per gradi il movimento in verticale della scultura come se si trattasse ora della sua stessa colonna vertebrale. Ogni sezione delle stele che, a partire dagli anni Ottanta, egli ha prodotto è infatti la sintesi di un meticoloso percorso di osservazione e di creazione di forme (quasi si trattasse delle formelle di un portale o d'una parete) e andrebbe considerata partitamente. Vi si riconoscono anche interventi che in vario modo portano, sulla superficie della terracotta, l'esperienza pittorica compiuta, su tavola o su tela, col colore.
A volte, come nel movimento di una clessidra, l'alto e il basso si sono ancora scambiati di posto (emblematiche sono al riguardo le stele sovrastate dalla coda di un delfino), ma, nella stessa misura dell'accrescersi individuale delle «vertebre» — simili a magneti modellati da ciò che attraggono —, è apparso un ordine sempre più stabile fra terra e cielo, nel quale si è sedata la memoria della vertigine novecentesca. Tutte le sculture di Roviello sono in realtà, come le stele, una fusione e un equilibrio di parti, e tutte nascono senza un progetto vincolante. Il tal modo la loro formazione è continuamente offerta a nuove percezioni o a nuovi eventi sensibili, ora magari visibili solo a stento ma già in crescita ulteriore. È importante allora rilevare che il volume plastico, nelle opere più recenti, sta aumentando, e che forse in esse riprende corpo, in termini tuttavia non mimetici, l'antica passione di Roviello per le Grandi Madri mediterranee, alle quali egli ha sempre dedicato devoti omaggi.. (dal testo “Oltre la vertigine” di Roberto Cresti)
Francesco Roviello è nato a Casagiove (Caserta). Vive e lavora a Firenze.
E’ docente presso l’Accademia di Belle Arti di Macerata.
…” Francesco Roviello si è accostato alla colonna infinita brancusiana e alla vertigine che essa ha prodotto, ma lo ha fatto con cautela, associando alla lezione del grande rumeno quella nostrana di Arturo Martini. Questo ha significato revocare il carattere monumentale della scultura e associarla,
problematicamente, alla pittura, cercando di conferire al volume un’intima espressivita’, prima
cioe’ del soggetto che in esso si rappresenta.Egli ha cosi’ cominciato costruendo la forma dal basso,
letteralmente dalla terra, con un modellato arcaicizzante che traeva- e alle volte trae ancora- spunto
dalle sculture dell’Italia antica. Le sue mani pero’ hanno saggiato anche, contemporaneamente,
le luminose durezze del marmo e la fraterna corposita’ del legno, impratichendosi della tecnica
che richiede la lavorazione d’entrambe…… “
In ormai quasi trent'anni di lavoro, Roviello ha così filtrato le memorie storiche della scultura e le pratiche — mai solo pratiche — dell'arte entro la concretezza del proprio vissuto, creando le premesse, oggi del tutto attuate, di un modo di lavorare che ha preso progressivamente forza da intime necessità d'espressione, diffondendosi verso l'esterno, ossia verso l'orizzonte del mondo come fa un albero, con le proprie radici, entro la terra circostante, e coi rami nell'aria. In tal modo l'infinito centripeto del modello spaziale di Brancusi — già rivissuto da Wotruba — egli lo ha ri-orientato nel tempo della propria esistenza, nutrendolo di elementi e di impulsi formali da esso differenti; e riprendendo per gradi il movimento in verticale della scultura come se si trattasse ora della sua stessa colonna vertebrale. Ogni sezione delle stele che, a partire dagli anni Ottanta, egli ha prodotto è infatti la sintesi di un meticoloso percorso di osservazione e di creazione di forme (quasi si trattasse delle formelle di un portale o d'una parete) e andrebbe considerata partitamente. Vi si riconoscono anche interventi che in vario modo portano, sulla superficie della terracotta, l'esperienza pittorica compiuta, su tavola o su tela, col colore.
A volte, come nel movimento di una clessidra, l'alto e il basso si sono ancora scambiati di posto (emblematiche sono al riguardo le stele sovrastate dalla coda di un delfino), ma, nella stessa misura dell'accrescersi individuale delle «vertebre» — simili a magneti modellati da ciò che attraggono —, è apparso un ordine sempre più stabile fra terra e cielo, nel quale si è sedata la memoria della vertigine novecentesca. Tutte le sculture di Roviello sono in realtà, come le stele, una fusione e un equilibrio di parti, e tutte nascono senza un progetto vincolante. Il tal modo la loro formazione è continuamente offerta a nuove percezioni o a nuovi eventi sensibili, ora magari visibili solo a stento ma già in crescita ulteriore. È importante allora rilevare che il volume plastico, nelle opere più recenti, sta aumentando, e che forse in esse riprende corpo, in termini tuttavia non mimetici, l'antica passione di Roviello per le Grandi Madri mediterranee, alle quali egli ha sempre dedicato devoti omaggi.. (dal testo “Oltre la vertigine” di Roberto Cresti)
Francesco Roviello è nato a Casagiove (Caserta). Vive e lavora a Firenze.
E’ docente presso l’Accademia di Belle Arti di Macerata.
24
settembre 2005
Francesco Roviello
Dal 24 settembre al 12 novembre 2005
arte contemporanea
Location
CONTEMPORANEAMENTE ARTE
Civitanova Marche, Via Conchiglia, 29, (Macerata)
Civitanova Marche, Via Conchiglia, 29, (Macerata)
Orario di apertura
dal mercoledi al sabato 17.30-20
Vernissage
24 Settembre 2005, ore 18,30
Autore