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Francesco Stefanini
Mostra Personale di Francesco Stefanini
Comunicato stampa
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Francesco Stefanini. Percorsi d’immagine.
Toscano d’origine, Francesco Stefanini ha, fin dagli inizi, indirizzato la propria attenzione alla quotidianità degli enti più prossimi e abituali, con una significativa capacità di concentrazione dello sguardo, tale da rendere quasi caustici i contorni delle suppellettili e degli ambienti raffigurati, con esiti di una immaginatività sottilmente iperrealistica e surreale.
Ben presto verrà quindi approfondendo e ampliando la sua ricerca sul continuo dialogo che intercorre tra le cose e ciò che le circonda, ad esempio, dando sempre maggior importanza, come ebbe ad affermare Pier Carlo Santini, alla “…gravitazione delle ombre portate”, che, nel “ … seguito dell’attività di Stefanini”, diventeranno spesso “le cose della pittura.” (1)
Stefanini verrà in ogni caso elaborando le proprie indagini intorno al valore dell’esperienza della realtà visibile incentrandole soprattutto sul rapporto tra particolare e universale e sulle molteplici virtualità del fenomeno, inteso quale seppur labile e quasi inafferrabile manifestazione della totalità.
La sua non pare infatti contraddistinguersi come una pittura fondamentalmente emotiva: la stessa emozione, pure presente, sembra piuttosto ricondursi a istanze prevalentemente conoscitive.
Le sue immagini sembrano infatti mancare di una caratterizzazione spiccatamente sentimentale: non credo cioè che di un suo quadro si possa dire che sia in primo luogo espressione di tristezza o di allegria, di passione o di indifferenza, di solitudine, di paura, di impeto o di altri, simili affetti o atteggiamenti psicologici.
Fondamentale appare invece la concezione dell’opera come disegno, concepito ovviamente non come puro e semplice contorno lineare, imitazione con tratti di penna o matita o altre materie colorate delle forme esteriori che gli oggetti presentano alla vista, né come primo concepimento dell’opera rispetto al processo strutturale ed espressivo di successivi stadi di elaborazione - (a questo proposito, anche in una recente intervista Stefanini ha anzi dichiarato: “Nel mio caso non esiste l’abbozzo, per me l’opera deve essere compiuta, finita, autonoma, anche se piccolissima” (2) ) – bensì, come pensava Leonardo, quale facoltà ideativa, strumento intuitivamente conoscitivo per l’indagine del reale, in grado di togliere l’immagine dalla sua mera datità, sciogliendola da ogni confinamento positivisticamente naturalistico, da ogni costrizione nelle abitudini, in primo luogo visive, nelle quali, spesso inconsapevolmente, tutti noi siamo prigionieri, per liberarla rendendola atta ad accogliere una nuova ricchezza di riferimenti a nuovi universi semantici e metaforici più vasti e illimitati, senza per questo perdere la propria fisionomia e concretezza.
Stefanini può vantare per la sua opera prestigiose e autorevoli interpretazioni.
Spesso però, riferendosi alle sue immagini, anche la critica più convinta e favorevole ha parlato di indebolimento della figura, di uno stremare dell’occasione figurativa fino al collasso visivo della non riconoscibilità, di crisi di consistenza oggettiva del mondo visivo.
Non penso tuttavia che Stefanini possa essere considerato un tormentato o un nichilista, né d’altronde credo alla retorica del minuscolo, dell’intimistico, del crepuscolare persino, che talvolta pare affiorare in taluni dei differenti apporti ermeneutici.
Viceversa ritengo che si possa considerare il suo lavoro come un tentativo di aumentare al massimo, tramite gli strumenti della creatività pittorica, le possibilità dell’immagine, liberandola da ogni esteriorità e pesantezza, come da ogni inutile dettaglio.
Quasi operando in levare, in maniera concettualmente analoga alla scultura – appare a questo proposito non privo di significato che, nella sua biografia, si ricordi come, da giovane, si cimentasse “… con la pratica della scultura affiancando il padre nella lavorazione del marmo”(3) – Stefanini viene in realtà togliendo il superfluo, gli inutili orpelli, l’infinita serie di sensazioni e di dati alla fine esornativi, per lasciare spazio all’essenza delle cose, senza tuttavia impoverirle.
Dopo quanto si è testé cercato di dire, può forse sembrare a prima vista singolare che lo strumento espressivo adottato da Stefanini possa essere individuato nello sfumato, ancora una volta di matrice leonardesca, comunque inteso non in termini puramente tecnici e di mestiere, ma quale principale tramite per rendere innovativamente in immagine il rapporto tra conoscenza e creazione artistica, a sua volta concepita come il principale processo esperienza e di apprendimento riferito agli aspetti qualitativi del reale.....
Dino Marangon
Note
(1) Da P. C. SANTINI, Domestiche ombre, nel catalogo della mostra, Francesco Stefanini. I luoghi dell’ombra. Opere1989 – 1991, a cura di M. GOLDIN,
Palazzo Sarcinelli, Conegliano 12 ottobre – 10 novembre 1991, p.7.
(2) Vedi S. PARMIGGIANI, Il corpo del reale, la polvere dei sogni. Una conversazione con Francesco Stefanini, nel catalogo della mostra, Francesco Stefanini.
Un’oscura limpidezza. Pastelli 1993 – 2008, a cura di S. PARMIGGIANI, Palazzo Casotti, Reggio Emilia 18 ottobre – 16 novembre 2008, p. 23.
(3) Vedi, Biografia, nel catalogo della mostra, Francesco Stefanini. Un’oscura limpidezza. Pastelli 1993 – 2008, cit p. 115.
Francesco Stefanini nasce nel 1948 a Pietrasanta in Toscana. Ha studiato al Magistero d’Arte di Firenze e ha frequentato i Corsi Internazionali di Arti Grafiche a Urbino. Ha insegnato materie artistiche nelle Scuole Statali. Fino ad oggi ha tenuto più di novanta esposizioni personali e a oltre trecento collettive. E’ vincitore nel 1981 del primo premio Dell’Opera Bevilacqua La Masa di Venezia ed è invitato ad esporre al Museo d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro. Negli anni Novanta espone a Tokyo, Zagabria, Salisburgo, Praga,Vienna, Budapest, Mannheim, New York, Parigi, Pechino, Brisbane, Perth. Nel 1995 alla XLVI Biennale di Venezia, è invitato alla rassegna Memorie e attese, e partecipa alla esposizione Gli artisti conterranei di Marco Polo all’Internazional Art Palace di Pechino Negli anni 2000, lavora in Giappone per il museo d'Arte Moderna di Shirakawa ed espone con successive mostre a Tokyo, Osaka, Kyoto e Yokohama. Nel 2005 tiene una personale al Kunstverein di Mannheim (Germania). Nel 2009 espone con una personale nel Palazzo Ducale di Urbino e al Museo Ca’ da Noal a Treviso. E’ invitato a Oltre il Giardino, alla 12° Biennale di Architettura di Venezia. Negli anni successivi realizza personali a Bolzano da Cattani Contemporary Art, e aVenezia alla Bugno Art Gallery. Partecipa a “150 Artisti per l’Unità d’Italia” al Palazzo Italia di Berlino, è invitato alla rassegna “Padiglione Tibet” a Venezia. Nel 2014 espone con personali alla Rosemarie Bassi Gallery di Remagen in Germania e al Museo Civico della Città di Rovigno (Croazia). E’ invitato alla rassegna Attorno a Vermeer nella mostra La ragazza con l’orecchino di perle a Bologna. Dal 2011 organizza e cura le mostre presso lo Spazio Lazzari di Treviso. Vive e lavora a Volpago del Montello
Info@francescostefanini.it www.francescostefanini.it
Toscano d’origine, Francesco Stefanini ha, fin dagli inizi, indirizzato la propria attenzione alla quotidianità degli enti più prossimi e abituali, con una significativa capacità di concentrazione dello sguardo, tale da rendere quasi caustici i contorni delle suppellettili e degli ambienti raffigurati, con esiti di una immaginatività sottilmente iperrealistica e surreale.
Ben presto verrà quindi approfondendo e ampliando la sua ricerca sul continuo dialogo che intercorre tra le cose e ciò che le circonda, ad esempio, dando sempre maggior importanza, come ebbe ad affermare Pier Carlo Santini, alla “…gravitazione delle ombre portate”, che, nel “ … seguito dell’attività di Stefanini”, diventeranno spesso “le cose della pittura.” (1)
Stefanini verrà in ogni caso elaborando le proprie indagini intorno al valore dell’esperienza della realtà visibile incentrandole soprattutto sul rapporto tra particolare e universale e sulle molteplici virtualità del fenomeno, inteso quale seppur labile e quasi inafferrabile manifestazione della totalità.
La sua non pare infatti contraddistinguersi come una pittura fondamentalmente emotiva: la stessa emozione, pure presente, sembra piuttosto ricondursi a istanze prevalentemente conoscitive.
Le sue immagini sembrano infatti mancare di una caratterizzazione spiccatamente sentimentale: non credo cioè che di un suo quadro si possa dire che sia in primo luogo espressione di tristezza o di allegria, di passione o di indifferenza, di solitudine, di paura, di impeto o di altri, simili affetti o atteggiamenti psicologici.
Fondamentale appare invece la concezione dell’opera come disegno, concepito ovviamente non come puro e semplice contorno lineare, imitazione con tratti di penna o matita o altre materie colorate delle forme esteriori che gli oggetti presentano alla vista, né come primo concepimento dell’opera rispetto al processo strutturale ed espressivo di successivi stadi di elaborazione - (a questo proposito, anche in una recente intervista Stefanini ha anzi dichiarato: “Nel mio caso non esiste l’abbozzo, per me l’opera deve essere compiuta, finita, autonoma, anche se piccolissima” (2) ) – bensì, come pensava Leonardo, quale facoltà ideativa, strumento intuitivamente conoscitivo per l’indagine del reale, in grado di togliere l’immagine dalla sua mera datità, sciogliendola da ogni confinamento positivisticamente naturalistico, da ogni costrizione nelle abitudini, in primo luogo visive, nelle quali, spesso inconsapevolmente, tutti noi siamo prigionieri, per liberarla rendendola atta ad accogliere una nuova ricchezza di riferimenti a nuovi universi semantici e metaforici più vasti e illimitati, senza per questo perdere la propria fisionomia e concretezza.
Stefanini può vantare per la sua opera prestigiose e autorevoli interpretazioni.
Spesso però, riferendosi alle sue immagini, anche la critica più convinta e favorevole ha parlato di indebolimento della figura, di uno stremare dell’occasione figurativa fino al collasso visivo della non riconoscibilità, di crisi di consistenza oggettiva del mondo visivo.
Non penso tuttavia che Stefanini possa essere considerato un tormentato o un nichilista, né d’altronde credo alla retorica del minuscolo, dell’intimistico, del crepuscolare persino, che talvolta pare affiorare in taluni dei differenti apporti ermeneutici.
Viceversa ritengo che si possa considerare il suo lavoro come un tentativo di aumentare al massimo, tramite gli strumenti della creatività pittorica, le possibilità dell’immagine, liberandola da ogni esteriorità e pesantezza, come da ogni inutile dettaglio.
Quasi operando in levare, in maniera concettualmente analoga alla scultura – appare a questo proposito non privo di significato che, nella sua biografia, si ricordi come, da giovane, si cimentasse “… con la pratica della scultura affiancando il padre nella lavorazione del marmo”(3) – Stefanini viene in realtà togliendo il superfluo, gli inutili orpelli, l’infinita serie di sensazioni e di dati alla fine esornativi, per lasciare spazio all’essenza delle cose, senza tuttavia impoverirle.
Dopo quanto si è testé cercato di dire, può forse sembrare a prima vista singolare che lo strumento espressivo adottato da Stefanini possa essere individuato nello sfumato, ancora una volta di matrice leonardesca, comunque inteso non in termini puramente tecnici e di mestiere, ma quale principale tramite per rendere innovativamente in immagine il rapporto tra conoscenza e creazione artistica, a sua volta concepita come il principale processo esperienza e di apprendimento riferito agli aspetti qualitativi del reale.....
Dino Marangon
Note
(1) Da P. C. SANTINI, Domestiche ombre, nel catalogo della mostra, Francesco Stefanini. I luoghi dell’ombra. Opere1989 – 1991, a cura di M. GOLDIN,
Palazzo Sarcinelli, Conegliano 12 ottobre – 10 novembre 1991, p.7.
(2) Vedi S. PARMIGGIANI, Il corpo del reale, la polvere dei sogni. Una conversazione con Francesco Stefanini, nel catalogo della mostra, Francesco Stefanini.
Un’oscura limpidezza. Pastelli 1993 – 2008, a cura di S. PARMIGGIANI, Palazzo Casotti, Reggio Emilia 18 ottobre – 16 novembre 2008, p. 23.
(3) Vedi, Biografia, nel catalogo della mostra, Francesco Stefanini. Un’oscura limpidezza. Pastelli 1993 – 2008, cit p. 115.
Francesco Stefanini nasce nel 1948 a Pietrasanta in Toscana. Ha studiato al Magistero d’Arte di Firenze e ha frequentato i Corsi Internazionali di Arti Grafiche a Urbino. Ha insegnato materie artistiche nelle Scuole Statali. Fino ad oggi ha tenuto più di novanta esposizioni personali e a oltre trecento collettive. E’ vincitore nel 1981 del primo premio Dell’Opera Bevilacqua La Masa di Venezia ed è invitato ad esporre al Museo d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro. Negli anni Novanta espone a Tokyo, Zagabria, Salisburgo, Praga,Vienna, Budapest, Mannheim, New York, Parigi, Pechino, Brisbane, Perth. Nel 1995 alla XLVI Biennale di Venezia, è invitato alla rassegna Memorie e attese, e partecipa alla esposizione Gli artisti conterranei di Marco Polo all’Internazional Art Palace di Pechino Negli anni 2000, lavora in Giappone per il museo d'Arte Moderna di Shirakawa ed espone con successive mostre a Tokyo, Osaka, Kyoto e Yokohama. Nel 2005 tiene una personale al Kunstverein di Mannheim (Germania). Nel 2009 espone con una personale nel Palazzo Ducale di Urbino e al Museo Ca’ da Noal a Treviso. E’ invitato a Oltre il Giardino, alla 12° Biennale di Architettura di Venezia. Negli anni successivi realizza personali a Bolzano da Cattani Contemporary Art, e aVenezia alla Bugno Art Gallery. Partecipa a “150 Artisti per l’Unità d’Italia” al Palazzo Italia di Berlino, è invitato alla rassegna “Padiglione Tibet” a Venezia. Nel 2014 espone con personali alla Rosemarie Bassi Gallery di Remagen in Germania e al Museo Civico della Città di Rovigno (Croazia). E’ invitato alla rassegna Attorno a Vermeer nella mostra La ragazza con l’orecchino di perle a Bologna. Dal 2011 organizza e cura le mostre presso lo Spazio Lazzari di Treviso. Vive e lavora a Volpago del Montello
Info@francescostefanini.it www.francescostefanini.it
10
gennaio 2015
Francesco Stefanini
Dal 10 gennaio al 12 febbraio 2015
arte contemporanea
Location
LA ROGGIA
Pordenone, Viale Trieste, 19, (Pordenone)
Pordenone, Viale Trieste, 19, (Pordenone)
Orario di apertura
da martedì a sabato ore 16 - 19
Vernissage
10 Gennaio 2015, ore 11,30
Autore
Curatore