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Francisco Tropa – Terra Platonica
Caterina Tognon è lieta di presentare la mostra personale Terra Platonica dell’artista portoghese Francisco Tropa, con opere quasi esclusivamente create per l’occasione. Queste nuovi lavori, ispirati ad antiche cosmologie, comprendono esili strutture in ottone e canne in vetro multicolore; un ciclo di sculture formate da lastre vitree colorate appoggiate con lievità a supporti in legno; oggetti di vetro soffiato, due dei quali presentati sotto forma di installazione luminosa; un ciclo di quaranta carte serigrafiche, anch’esse realizzate appositamente, e infine due sculture lignee sospese del 2002, scelte per affinità tematica.
Comunicato stampa
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Caterina Tognon è lieta di presentare la mostra personale Terra Platonica dell’artista portoghese Francisco Tropa, con opere quasi esclusivamente create per l’occasione. Queste nuovi lavori, ispirati ad antiche cosmologie, comprendono esili strutture in ottone e canne in vetro multicolore; un ciclo di sculture formate da lastre vitree colorate appoggiate con lievità a supporti in legno; oggetti di vetro soffiato, due dei quali presentati sotto forma di installazione luminosa; un ciclo di quaranta carte serigrafiche, anch’esse realizzate appositamente, e infine due sculture lignee sospese del 2002, scelte per affinità tematica.
La mostra è la tappa più recente del percorso di Caterina Tognon fra arte contemporanea e tecniche tradizionali della lavorazione del vetro. Si aggiunge a un ciclo iniziato con l’esposizione di Claire Fontaine (2011) e proseguito con quella di Hubert Duprat (2012) in cui artisti di prestigio internazionale, con il quale la galleria non aveva mai lavorato in precedenza, vengono invitati a realizzare alcune opere in vetro a Venezia, per poi presentarle in una personale nello spazio di Calle del Dose.
Scelto per rappresentare il Portogallo alla Biennale di Venezia del 2011, Tropa aveva trasformato lo spazio del padiglione in una specie di caverna platonica popolata di ombre capovolte di oggetti naturali e artificiali: un esempio eloquente del modo in cui l’artista ama porre interrogativi filosofici sull’arte e sulla realtà in generale, attraverso opere di grande suggestione visiva e poetica. Terra Platonica riprende la questione, particolarmente cara all’artista, della finzione e della verità in rapporto all’arte, a partire da alcune obsolete raffigurazioni del cosmo. La prima, tratta da un testo ottocentesco di Flammarion sui “miti astronomici” e intitolata appunto “Terra platonica”, mostra il nostro pianeta come un cubo sospeso nello spazio, la cui faccia superiore, quadrata e piatta, costituisce la parte abitata. La seconda raffigurazione del cosmo è quella sviluppata nelle tavole della Topografia Cristiana di Cosma Indicopleuste del VI secolo d.C.: la Terra vi appare piatta e rettangolare, sormontata da un firmamento dalla volta a botte simile a un baldacchino. La terza raffigurazione, con la quale gli spettatori moderni hanno forse più familiarità, è quella sottesa alla Divina Commedia di Dante: ipotizza una Terra sferica, scavata da un lato da una profonda voragine conica (l’Inferno) e dominata dal lato opposto da un altissimo monte (il Purgatorio). Tutte le raffigurazioni sono ovviamente inattendibili; quella tratta da Flammarion, che dà il titolo alla mostra, lo è doppiamente, non solo perché propone un modello del nostro mondo incompatibile con la scienza moderna, ma perché l’attribuzione a Platone di tale modello è errata. Platone infatti associa la forma del cubo alla terra in quanto elemento fondamentale, al pari dell’acqua, dell’aria e del fuoco, ma non descrive il pianeta su cui viviamo come un cubo.
L’interesse di Tropa per questi modelli è di ordine filosofico ed estetico. Da un lato essi testimoniano l’impulso umano fondamentale a raffigurare la realtà secondo principi ideologici, religiosi, etc., anche a costo di deformarla e di cadere in contraddizione. (La cosmologia di Indicopleuste era considerata inattendibile già dai suoi contemporanei, perlopiù sostenitori dell’ipotesi geosferica). Dall’altro, queste immagini del mondo attraggono Tropa per il loro fascino estetico: sia in quanto pure forme ormai svuotate di senso, sia come possibili modelli di ciò che l’arte può essere: una sospensione della domanda sulla “verità” per dar vita a un universo che trova in sé stesso, nella propria coerenza interna, la propria giustificazione.
Dalle illustrazioni del trattato di Cosma Indicopleuste Tropa ha tratto una serie di serigrafie dai colori smaglianti, disposte sulle pareti della galleria come un fregio. Stilizzate e private delle originarie scritte esplicative, riproposte in decine di variazioni cromatiche come delle Marilyn di Warhol, queste raffigurazioni del cosmo vecchie di quindici secoli si riducono a motivi astratti, dalla grazia decorativa.
La Terra immaginata da Dante si trasforma in due bottiglie di vetro soffiato – riprese deformate, ma ancora riconoscibili, del modello Inferno-Purgatorio – che a sua volta si trasformano in ombre: due potenti lampade ne proiettano le forme sulle pareti. Da notare che l’artista ha usato come maschere per sagomare la luce, due sezioni di agate con un foro centrale: la forma irregolare del foro fa apparire le ombre delle due bottiglie sospese in una sorta di caverna – ancora una volta, l’archetipo platonico del luogo dell’illusione.
La Terra cubica che il volume di Flammarion attribuisce a Platone è il motivo centrale della mostra, e al tempo stesso quello interpretato in modo più astratto e generale. Il cubo compare nelle sculture lignee sospese Approaching Creative People (2002), raffigurazioni di cubi in assonometria che ruotando su se stesse e generano illusioni ottiche – ciò che è concavo appare convesso e viceversa. È basata sulla forma del cubo la serie di sculture composte di quattro lastre quadrate di vetro colorato appoggiate su supporti di legno; opere che omaggiano, oltre al solido platonico, la celebre scultura di Richard Serra House of Cards (1969), formata da quattro lastre quadrate di piombo che si sostengono a vicenda. Infine, il cubo, associato al cerchio, ritorna in un ciclo di piccole sculture di ottone e bacchette di vetro colorato che hanno l’aspetto di modelli architettonici.
La loro eleganti variazioni di forma e colore possono far pensare tanto alla logica formale di un altro artista minimalista, Sol LeWitt, quanto alle architetture fantastiche sognate da Paul Scheerbart (Architettura di vetro, 1914). Ognuna di esse, come un gioiello o uno strumento di precisione, è contenuta in una scatola di legno realizzata su misura che, una volta aperta, funge anche da piedistallo.
Occupa una posizione a parte una coppia di opere in vetro soffiato, una sorta di oggetto a forma di clessidra e uno a tronco di cono. Sono forme che intendono evocare le polarità del maschile e del femminile, l’uomo e la donna: gli abitanti simbolici di questi cosmi impossibili.
La mostra sara’ accompagnata da un video realizzato dal noto regista portoghese Joao Botelho nella fornace Gianni Seguso a Murano. Le fotografie delle opere sono di Pedro Tropa.
Le opere in vetro sono state realizzate con il sostegno di COTISSE associazione culturale senza scopo di lucro costituitasi a Venezia nel 2011. L’associazione promuove e diffonde la conoscenza del patrimonio artistico, tecnologico ed umano costituitosi in funzione della lavorazione del vetro soffiato a Murano.
Contemporaneamente a Venezia. l’artista espone da Gregor Podnar a Berlino.
Alcune opere provenienti da Terra Platonica saranno esposte alla personale di settembre alla Verrière della fondazione Hermès a Bruxelles.
La mostra è la tappa più recente del percorso di Caterina Tognon fra arte contemporanea e tecniche tradizionali della lavorazione del vetro. Si aggiunge a un ciclo iniziato con l’esposizione di Claire Fontaine (2011) e proseguito con quella di Hubert Duprat (2012) in cui artisti di prestigio internazionale, con il quale la galleria non aveva mai lavorato in precedenza, vengono invitati a realizzare alcune opere in vetro a Venezia, per poi presentarle in una personale nello spazio di Calle del Dose.
Scelto per rappresentare il Portogallo alla Biennale di Venezia del 2011, Tropa aveva trasformato lo spazio del padiglione in una specie di caverna platonica popolata di ombre capovolte di oggetti naturali e artificiali: un esempio eloquente del modo in cui l’artista ama porre interrogativi filosofici sull’arte e sulla realtà in generale, attraverso opere di grande suggestione visiva e poetica. Terra Platonica riprende la questione, particolarmente cara all’artista, della finzione e della verità in rapporto all’arte, a partire da alcune obsolete raffigurazioni del cosmo. La prima, tratta da un testo ottocentesco di Flammarion sui “miti astronomici” e intitolata appunto “Terra platonica”, mostra il nostro pianeta come un cubo sospeso nello spazio, la cui faccia superiore, quadrata e piatta, costituisce la parte abitata. La seconda raffigurazione del cosmo è quella sviluppata nelle tavole della Topografia Cristiana di Cosma Indicopleuste del VI secolo d.C.: la Terra vi appare piatta e rettangolare, sormontata da un firmamento dalla volta a botte simile a un baldacchino. La terza raffigurazione, con la quale gli spettatori moderni hanno forse più familiarità, è quella sottesa alla Divina Commedia di Dante: ipotizza una Terra sferica, scavata da un lato da una profonda voragine conica (l’Inferno) e dominata dal lato opposto da un altissimo monte (il Purgatorio). Tutte le raffigurazioni sono ovviamente inattendibili; quella tratta da Flammarion, che dà il titolo alla mostra, lo è doppiamente, non solo perché propone un modello del nostro mondo incompatibile con la scienza moderna, ma perché l’attribuzione a Platone di tale modello è errata. Platone infatti associa la forma del cubo alla terra in quanto elemento fondamentale, al pari dell’acqua, dell’aria e del fuoco, ma non descrive il pianeta su cui viviamo come un cubo.
L’interesse di Tropa per questi modelli è di ordine filosofico ed estetico. Da un lato essi testimoniano l’impulso umano fondamentale a raffigurare la realtà secondo principi ideologici, religiosi, etc., anche a costo di deformarla e di cadere in contraddizione. (La cosmologia di Indicopleuste era considerata inattendibile già dai suoi contemporanei, perlopiù sostenitori dell’ipotesi geosferica). Dall’altro, queste immagini del mondo attraggono Tropa per il loro fascino estetico: sia in quanto pure forme ormai svuotate di senso, sia come possibili modelli di ciò che l’arte può essere: una sospensione della domanda sulla “verità” per dar vita a un universo che trova in sé stesso, nella propria coerenza interna, la propria giustificazione.
Dalle illustrazioni del trattato di Cosma Indicopleuste Tropa ha tratto una serie di serigrafie dai colori smaglianti, disposte sulle pareti della galleria come un fregio. Stilizzate e private delle originarie scritte esplicative, riproposte in decine di variazioni cromatiche come delle Marilyn di Warhol, queste raffigurazioni del cosmo vecchie di quindici secoli si riducono a motivi astratti, dalla grazia decorativa.
La Terra immaginata da Dante si trasforma in due bottiglie di vetro soffiato – riprese deformate, ma ancora riconoscibili, del modello Inferno-Purgatorio – che a sua volta si trasformano in ombre: due potenti lampade ne proiettano le forme sulle pareti. Da notare che l’artista ha usato come maschere per sagomare la luce, due sezioni di agate con un foro centrale: la forma irregolare del foro fa apparire le ombre delle due bottiglie sospese in una sorta di caverna – ancora una volta, l’archetipo platonico del luogo dell’illusione.
La Terra cubica che il volume di Flammarion attribuisce a Platone è il motivo centrale della mostra, e al tempo stesso quello interpretato in modo più astratto e generale. Il cubo compare nelle sculture lignee sospese Approaching Creative People (2002), raffigurazioni di cubi in assonometria che ruotando su se stesse e generano illusioni ottiche – ciò che è concavo appare convesso e viceversa. È basata sulla forma del cubo la serie di sculture composte di quattro lastre quadrate di vetro colorato appoggiate su supporti di legno; opere che omaggiano, oltre al solido platonico, la celebre scultura di Richard Serra House of Cards (1969), formata da quattro lastre quadrate di piombo che si sostengono a vicenda. Infine, il cubo, associato al cerchio, ritorna in un ciclo di piccole sculture di ottone e bacchette di vetro colorato che hanno l’aspetto di modelli architettonici.
La loro eleganti variazioni di forma e colore possono far pensare tanto alla logica formale di un altro artista minimalista, Sol LeWitt, quanto alle architetture fantastiche sognate da Paul Scheerbart (Architettura di vetro, 1914). Ognuna di esse, come un gioiello o uno strumento di precisione, è contenuta in una scatola di legno realizzata su misura che, una volta aperta, funge anche da piedistallo.
Occupa una posizione a parte una coppia di opere in vetro soffiato, una sorta di oggetto a forma di clessidra e uno a tronco di cono. Sono forme che intendono evocare le polarità del maschile e del femminile, l’uomo e la donna: gli abitanti simbolici di questi cosmi impossibili.
La mostra sara’ accompagnata da un video realizzato dal noto regista portoghese Joao Botelho nella fornace Gianni Seguso a Murano. Le fotografie delle opere sono di Pedro Tropa.
Le opere in vetro sono state realizzate con il sostegno di COTISSE associazione culturale senza scopo di lucro costituitasi a Venezia nel 2011. L’associazione promuove e diffonde la conoscenza del patrimonio artistico, tecnologico ed umano costituitosi in funzione della lavorazione del vetro soffiato a Murano.
Contemporaneamente a Venezia. l’artista espone da Gregor Podnar a Berlino.
Alcune opere provenienti da Terra Platonica saranno esposte alla personale di settembre alla Verrière della fondazione Hermès a Bruxelles.
30
maggio 2013
Francisco Tropa – Terra Platonica
Dal 30 maggio al 05 ottobre 2013
arte contemporanea
Location
CATERINA TOGNON ARTE CONTEMPORANEA
Venezia, San Marco (Campo San Maurizio), 2746, (Venezia)
Venezia, San Marco (Campo San Maurizio), 2746, (Venezia)
Orario di apertura
(Agosto chiusura estiva)
Vernissage
30 Maggio 2013, ore 21.00 / 24.00
Ufficio stampa
VILLAGGIO GLOBALE
Autore
Curatore