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Franco Bonelli – L’attenzione della brezza
L’arte di Bonelli non è forma statica e ripetitiva e neppure concetto e non rappresenta il reale. La sua scelta è poetica: il luogo mette in tensione il suono e le vibrazioni, lo stato d’animo e il verso, la parola detta prima dello sguardo, insomma le sue pitture sembrano angoli di universo.
Comunicato stampa
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L’attenzione della brezza
“…il tralcio è parte viva dell’albero della vita,
della grande pianta cui tutti apparteniamo e che senza fine
riproduce se stessa, genera fronde, foglie, pampini ,grappoli e frutti
d’ogni forma e colore. E i frutti si aprono sempre, offrono la ricchezza
feconda dei loro semi, i chicchi della vita, la parola capace di
oltrepassare il tempo e perpetrarsi . E’ il seme la nuova novella,
una premessa di vita come messaggio d’amore.”
Romano Innocenti 1997
Accetto e mi convinco di non aver perso l’anima se mi permetto di iniziare questa presentazione con una citazione di mio padre, dal momento che nulla è più vicino a me in questo momento che il suono interiore e incontrando Franco Bonelli, artista della generazione di mio padre,è come se scambiassi il mio sguardo oltre l’apparenza, per dividerlo nella forma e nello spirito di queste pitture.
Come lo spazio della vita, l’attenzione si proietta immediatamente nel significato del linguaggio abbreviato, a quel legame interlineato da sospiri e lievi singhiozzi, ma che non donano al buio l’ascolto, ma improvvisamente dal cielo lasciano cadere un simile risveglio che lento come la brezza mattutina, svela un arcobaleno di colori fino a che non vive la materia.
Benché questa sia un emozione, l’arte di Bonelli e il ricordo e la melanconia di un pensiero, mi fanno disorientare la mente verso qualcosa di più povero, un diverso strepito che si avvicina all’illusione, ma che non vuole ingannare, ma vuole darci il peso, la densità della luce e del colore per nutrirci di questo.
Ogni possibile variazione dell’osservazione, e specialmente quella che ha per oggetto il gesto e la creazione dello spirito umano, nel senso della parola e nella purezza dell’espressività, ma anche come ideale di un linguaggio poetico e narrativo, ci fa pensare e vedere, ma anche toccare quelle spiritualità naturali che, silenziosamente, Bonelli riesce a fermare in quelle vibranti oscillazioni delle forme e delle linee, fino al punto di sentire la faccia della terra e la sua genesi e dove il sottile rilievo e la sostanza di una base giusta, segnano la poetica di un paesaggio, senza rendercelo evidente oggetto.
Non si può confondere l’inerzia e la spinta, esistono entrambe nei quadri di Franco Bonelli, il colore della luce ci guida nelle pieghe più remote e ci lascia intravedere l’assenza attraverso la presenza della sostanza, che sempre rimane azione e struttura anche nell’intensità della curva e nei suoi movimenti. Vi sarebbe solo vanità speculativa se non trovassi in queste pitture un metodo riconoscibile, ma è proprio per questo che sento lo spirito del ricordo e del dettato emotivo che mi riduce il senso critico e mi lascia assaporare la lieve umidità del mattino e con quelle piccole gocce di lacrime notturne, ascendere all’attimo e poter sorvolare la storia e trarre da esse quelle giuste manifestazioni di movimenti che riascolto nelle pennellate di Bonelli.
Nel momento in cui affrontiamo la materia e le forme, il colore si dispone come nozione , ma non basta entrare in una relazione d’astrazione, quello che per primo attira la consapevolezza è un accordo di fatto; si, le tele di Bonelli si accordano usando parole al plurale, come se tante materie si identificassero in una sola esistenza visiva, come se una vocazione formale si dilettasse in un dialogo verbale, in una sostanza effimera, ma attentamente percepita attraverso una consistenza, diventando attimo d’emozione: un raro sviluppo della vita formale. Ma non basta, ciò che si avverte nel vedere queste pitture, è anche un lento silenzio che accompagna Bonelli fino al fondo della sua nostalgia, se non fosse per la sua scelta espressiva che si orienta verso un linguaggio informale –astratto, sarei tentato in una speculazione poetica e vedrei in queste pitture un forte senso della natura, quasi unromantico sguardo che si configura, così, come un impressionista crepuscolare che attinge la sua realtà in un suono interiore, fino al grande realismo che diventa grande astrazione.
Così, da poter dire, che l’arte di Bonelli non è forma statica e ripetitiva e neppure concetto e non rappresenta il reale, ma vive di questo e la sua scelta, quella di Bonelli, è poetica: il luogo che mette in tensione il suono e le vibrazioni, lo stato d’animo e il verso, la parola detta prima dello sguardo, insomma le pitture astratte di Bonelli sembrano angoli naturali di un universo. Sono quel legno strutturale di impalcature della mente ma che hanno la forza e il sostegno nel ventre delle emozioni.
Anche se il trattamento di queste pitture ci appare evidente, nasconde in se una modifica esistenziale, un qualcosa che rasenta il linguaggio della metafora, quasi a sdoppiare il visibile e renderlo invisibile, o meglio, indecifrabile. Come due regni che si alternano il posto, il sentiero che divide i confini: il legno del tronco non è il legno di un albero; la pietra scolpita dal vento non è vera pietra; l’azzurro del cielo non è cielo ma metallico colore composto; il rosso dei tetti non è il cotto d’argilla. I colori diventano epidermide e si uniscono all’azione essenziale di un ottica tattile fino a cambiare ogni possibile equilibrio, trattando un rapporto naturale con la naturale materia, fino a trasformarla in delicati gesti di apparente calma.
La pittura di Bonelli ci richiama altre osservazioni, una per tutte, quella che in pittura si definisce il tocco finale. In Bonelli questo avviene in un attimo, anzi si percepisce per primo, come se fosse la spinta iniziale, quel gesto primario che stabilisce il tutto, quasi una religiosità fatta di misticismo e spiritualità, ma che di ogni significato se ne intravede solo quell’ aspetto utile all’artista per identificarsi con il suo stato d’animo e da quello trarre le giuste dimensioni e i precisi riferimenti. La pulsione pittorica delle opere di Bonelli sono un dispensario di incroci e di scambi, egli è interessato all’attività del mondo, di quello che si aggira nelle strade, tra i fossi, nei campi, in cielo e tra le nuvole, come se si svolgesse un processo evolutivo al contrario. Non al soggetto, ma a quella parola che non ha forma riflessiva, ma dove ha forza l’autonomia dell’opera e dove solo hanno potere leggi proprie, muovendo dal profondo una mistica religiosa dove appoggiare il senso del vuoto che lentamente si riempie di tempi e soggetti.
Non posso qui percorrere tutto il tempo che vorrei nel vedere le pitture di Bonelli, ma basta per adesso sapere che un’emozione mi ha reso compagno di un riferimento, di una storia passata, di una vita vissuta accanto a quei tralci di vite e a quelle foglie di pampini dove i semi si sono resi conoscenza e dove i segni composti e le materie astratte di Bonelli mi hanno fatto rivedere nella sostanza della vita. Ma posso ancora concludere con un altro possibile sguardo verso un sottile richiamo che giunge dal fondo e dall’incanto.
"…Si risente alcunché di noi finito
Sopra terre indicibili, in un luogo,
in un anno di cui resta la calma
e nient’altro nel cuore,impercepito.
Molti, ti pare, salgono e discendono
Là dove per la folle gradinata
Tempo è la soglia per salire al tempo.
Poi del numero sfuma la delizia
E rimani tu solo, tu presente.
Così se giunto al colmo dell’attesa
Ti volgi a un crepitio breve sull’erba
Nessuno è qui, è la pioggia che rinforza,
dirada, poi il silenzio si rimargina".
Mario Luzi
Massimo Innocenti
“…il tralcio è parte viva dell’albero della vita,
della grande pianta cui tutti apparteniamo e che senza fine
riproduce se stessa, genera fronde, foglie, pampini ,grappoli e frutti
d’ogni forma e colore. E i frutti si aprono sempre, offrono la ricchezza
feconda dei loro semi, i chicchi della vita, la parola capace di
oltrepassare il tempo e perpetrarsi . E’ il seme la nuova novella,
una premessa di vita come messaggio d’amore.”
Romano Innocenti 1997
Accetto e mi convinco di non aver perso l’anima se mi permetto di iniziare questa presentazione con una citazione di mio padre, dal momento che nulla è più vicino a me in questo momento che il suono interiore e incontrando Franco Bonelli, artista della generazione di mio padre,è come se scambiassi il mio sguardo oltre l’apparenza, per dividerlo nella forma e nello spirito di queste pitture.
Come lo spazio della vita, l’attenzione si proietta immediatamente nel significato del linguaggio abbreviato, a quel legame interlineato da sospiri e lievi singhiozzi, ma che non donano al buio l’ascolto, ma improvvisamente dal cielo lasciano cadere un simile risveglio che lento come la brezza mattutina, svela un arcobaleno di colori fino a che non vive la materia.
Benché questa sia un emozione, l’arte di Bonelli e il ricordo e la melanconia di un pensiero, mi fanno disorientare la mente verso qualcosa di più povero, un diverso strepito che si avvicina all’illusione, ma che non vuole ingannare, ma vuole darci il peso, la densità della luce e del colore per nutrirci di questo.
Ogni possibile variazione dell’osservazione, e specialmente quella che ha per oggetto il gesto e la creazione dello spirito umano, nel senso della parola e nella purezza dell’espressività, ma anche come ideale di un linguaggio poetico e narrativo, ci fa pensare e vedere, ma anche toccare quelle spiritualità naturali che, silenziosamente, Bonelli riesce a fermare in quelle vibranti oscillazioni delle forme e delle linee, fino al punto di sentire la faccia della terra e la sua genesi e dove il sottile rilievo e la sostanza di una base giusta, segnano la poetica di un paesaggio, senza rendercelo evidente oggetto.
Non si può confondere l’inerzia e la spinta, esistono entrambe nei quadri di Franco Bonelli, il colore della luce ci guida nelle pieghe più remote e ci lascia intravedere l’assenza attraverso la presenza della sostanza, che sempre rimane azione e struttura anche nell’intensità della curva e nei suoi movimenti. Vi sarebbe solo vanità speculativa se non trovassi in queste pitture un metodo riconoscibile, ma è proprio per questo che sento lo spirito del ricordo e del dettato emotivo che mi riduce il senso critico e mi lascia assaporare la lieve umidità del mattino e con quelle piccole gocce di lacrime notturne, ascendere all’attimo e poter sorvolare la storia e trarre da esse quelle giuste manifestazioni di movimenti che riascolto nelle pennellate di Bonelli.
Nel momento in cui affrontiamo la materia e le forme, il colore si dispone come nozione , ma non basta entrare in una relazione d’astrazione, quello che per primo attira la consapevolezza è un accordo di fatto; si, le tele di Bonelli si accordano usando parole al plurale, come se tante materie si identificassero in una sola esistenza visiva, come se una vocazione formale si dilettasse in un dialogo verbale, in una sostanza effimera, ma attentamente percepita attraverso una consistenza, diventando attimo d’emozione: un raro sviluppo della vita formale. Ma non basta, ciò che si avverte nel vedere queste pitture, è anche un lento silenzio che accompagna Bonelli fino al fondo della sua nostalgia, se non fosse per la sua scelta espressiva che si orienta verso un linguaggio informale –astratto, sarei tentato in una speculazione poetica e vedrei in queste pitture un forte senso della natura, quasi unromantico sguardo che si configura, così, come un impressionista crepuscolare che attinge la sua realtà in un suono interiore, fino al grande realismo che diventa grande astrazione.
Così, da poter dire, che l’arte di Bonelli non è forma statica e ripetitiva e neppure concetto e non rappresenta il reale, ma vive di questo e la sua scelta, quella di Bonelli, è poetica: il luogo che mette in tensione il suono e le vibrazioni, lo stato d’animo e il verso, la parola detta prima dello sguardo, insomma le pitture astratte di Bonelli sembrano angoli naturali di un universo. Sono quel legno strutturale di impalcature della mente ma che hanno la forza e il sostegno nel ventre delle emozioni.
Anche se il trattamento di queste pitture ci appare evidente, nasconde in se una modifica esistenziale, un qualcosa che rasenta il linguaggio della metafora, quasi a sdoppiare il visibile e renderlo invisibile, o meglio, indecifrabile. Come due regni che si alternano il posto, il sentiero che divide i confini: il legno del tronco non è il legno di un albero; la pietra scolpita dal vento non è vera pietra; l’azzurro del cielo non è cielo ma metallico colore composto; il rosso dei tetti non è il cotto d’argilla. I colori diventano epidermide e si uniscono all’azione essenziale di un ottica tattile fino a cambiare ogni possibile equilibrio, trattando un rapporto naturale con la naturale materia, fino a trasformarla in delicati gesti di apparente calma.
La pittura di Bonelli ci richiama altre osservazioni, una per tutte, quella che in pittura si definisce il tocco finale. In Bonelli questo avviene in un attimo, anzi si percepisce per primo, come se fosse la spinta iniziale, quel gesto primario che stabilisce il tutto, quasi una religiosità fatta di misticismo e spiritualità, ma che di ogni significato se ne intravede solo quell’ aspetto utile all’artista per identificarsi con il suo stato d’animo e da quello trarre le giuste dimensioni e i precisi riferimenti. La pulsione pittorica delle opere di Bonelli sono un dispensario di incroci e di scambi, egli è interessato all’attività del mondo, di quello che si aggira nelle strade, tra i fossi, nei campi, in cielo e tra le nuvole, come se si svolgesse un processo evolutivo al contrario. Non al soggetto, ma a quella parola che non ha forma riflessiva, ma dove ha forza l’autonomia dell’opera e dove solo hanno potere leggi proprie, muovendo dal profondo una mistica religiosa dove appoggiare il senso del vuoto che lentamente si riempie di tempi e soggetti.
Non posso qui percorrere tutto il tempo che vorrei nel vedere le pitture di Bonelli, ma basta per adesso sapere che un’emozione mi ha reso compagno di un riferimento, di una storia passata, di una vita vissuta accanto a quei tralci di vite e a quelle foglie di pampini dove i semi si sono resi conoscenza e dove i segni composti e le materie astratte di Bonelli mi hanno fatto rivedere nella sostanza della vita. Ma posso ancora concludere con un altro possibile sguardo verso un sottile richiamo che giunge dal fondo e dall’incanto.
"…Si risente alcunché di noi finito
Sopra terre indicibili, in un luogo,
in un anno di cui resta la calma
e nient’altro nel cuore,impercepito.
Molti, ti pare, salgono e discendono
Là dove per la folle gradinata
Tempo è la soglia per salire al tempo.
Poi del numero sfuma la delizia
E rimani tu solo, tu presente.
Così se giunto al colmo dell’attesa
Ti volgi a un crepitio breve sull’erba
Nessuno è qui, è la pioggia che rinforza,
dirada, poi il silenzio si rimargina".
Mario Luzi
Massimo Innocenti
05
febbraio 2011
Franco Bonelli – L’attenzione della brezza
Dal 05 al 13 febbraio 2011
arte contemporanea
Location
GALLERIA TANNAZ
Firenze, Via Dell'oche, 9-11r, (Firenze)
Firenze, Via Dell'oche, 9-11r, (Firenze)
Orario di apertura
da lunedì a sabato 16.00 - 20.00
Vernissage
5 Febbraio 2011, ore 18.00
Autore
Curatore