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Franco Cappelli – Utopie musicali
Le utopie musicali di Franco Cappelli testimoniano la volontà di ricerca di un’idea perfettibile, proiettata in una dimensione spazio-temporale totalizzante – passato, presente, futuro – nella quale ritrovare un senso comune di provvisoria felicità.
Comunicato stampa
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Le utopie musicali di Franco Cappelli testimoniano la volontà di ricerca di un’idea perfettibile, proiettata in una dimensione spazio-temporale totalizzante - passato, presente, futuro - nella quale ritrovare un senso comune di provvisoria felicità.
Attraverso i collage di parti recuperate dal passato quali Ideale, Stramilano, Taratapun-ti, passando per le visioni del presente dei Panorami musicali, oggettive rappresentazioni dell’oggi provvisorio, l’artista ci accompagna verso melodici approdi in parte incogniti ma di progettuale valenza positiva con le sue Finestre musicali che promettono un affaccio, seppur delimitato da risvolti equilateri di non grandi dimensioni, al futuro. Futuro musicale. Futuro positivo. Spezzoni di viste musicali che di primo acchito non tradiscono. Sono l’assaggio di nuove stimolanti condizioni di vita. Musica è vita. L’utopia musicale è dopotutto l’utopia della vita. Viviamo senza accorgerci che il futuro che crediamo migliore può non corrispondere alle nostre ambizioni, alle nostre aspettative. Viviamo. Tutto sta a non accorgersene in tempo!
Domenico Asmone
Presidente Brigata del Leoncino
Utopie musicali
Ancora una volta Franco Cappelli ci trasporta nella sua dimensione di sogno.
E ancora una volta il sogno sogna la città.
Nessun indugio descrittivo: solo forme, superfici, linee, colori, ritmi. Un geometrismo rigoroso che però - in questi Panorami musicali, in queste Finestre sulla musica - si apre a dialoghi inattesi, a suggestioni spaziali e materiche nuove, a forme e linee più morbide suggerite dai frammenti di spartiti musicali o dai recuperi figurali che emergono dalle immagini sbiadite di vecchie copertine, recuperate nei mercatini dell'usato e ricche del sapore di altri tempi.
Il geometrismo della linea e della superficie, il gioco dinamico dei triangoli, dei parallelogrammi, dei rettangoli e dei quadrati, le intersecazioni armoniche di più piani prospettici e cromatici vengono dunque arricchiti - e in parte significativamente corrosi - da elementi altri, che tramano di echi diversi e di recuperi inaspettati il linguaggio astratto e rigoroso dei lavori precedenti.
La tecnica del collage, i dialoghi luminosi degli oli e degli acrilici, le tattilità variegate suggerite dalle tele e dalle carte, i giochi di luci e di ombre evocati dalle composizioni dimostrano così che l'artista ha saputo variare il suo alfabeto formale ed espressivo, pur rimanendo coerentemente se stesso.
Al centro, la riflessione sulla città del nostro tempo e il legame fortissimo tra arte e società, arte ed etica.
Ai grigi, caotici e opprimenti spazi urbani che hanno perso il legame profondo con l'uomo e con la vita, Cappelli contrappone le sue città utopiche fatte di colori e spazi armonici, capaci di creare un tessuto vitale per una nuova convivenza civile.
E crea così i suoi "paesaggi mentali" in cui confluiscono, ricreati, gli echi di Klee, Kandinsky, Mondrian, filtrati attraverso quell'Astrattismo Classico che per Cappelli rimanda soprattutto a Nativi, senza dimenticare (pur nella totale, assoluta alterità) la lezione di Fernando Melani, imprescindibile per chi, nel territorio pistoiese, si muove nell'ambito della ricerca astratta; una lezione rivissuta soprattutto nelle sue coordinate di semplicità, discrezione e libertà formale.
Si potrebbero cogliere altre intersecazioni, pur nell'autonomia del proprio linguaggio artistico; ma non è poi così importante.
Importante è notare invece che, dietro al rigore compositivo, alla luminosità cromatica, al linguaggio formale essenziale e sintetico che in queste ultime opere si media con una ricerca di maggior calore e frammenti di vissuto reale si cela un messaggio di dolore e speranza, espresso in toni allusivi.
Da questo punto di vista l'adozione di nuove forme geometriche - il cerchio, l'ovale - si carica di una forte pregnanza simbolica.
Si va oltre infatti il dinamismo e la libertà spaziale suggeriti dal gioco dei triangoli e dei parallelogrammi o dalle sovrapposizioni di più piani prospettici, tesi a segnare uno spazio pluriverso, insofferente del limite.
Si va oltre la ricerca di una matrice ordinante suggerita dall'intersecazione ortogonale delle linee cromatiche, metafora di un auspicato cosmos dal chaos.
Sembra quasi che, addentratosi più oltre nei terreni della sua utopia, materializzato in modo meno sfumato il suo sogno di una città vivibile e gioiosa, Cappelli voglia quasi preservare questo sogno, racchiuderlo in una forma perfetta, equilibratissima, che lo preservi dalle negatività del mondo e della storia, ed evocare, attraverso il recupero metaforico dell'ovale, l'archetipo di una nuova vita, quella appunto che nelle mitologie mesopotamiche segnava l'inizio del mondo.
L'uovo primigenio.
L'unità che tutto contiene.
La stasi matrice del dinamismo futuro.
Non sembri eccessivo.
Cappelli si muove nei territori del simbolo e della metafora.
E le sue opere, presentate in modo quasi dimesso, celano una riflessione profonda sul senso dell'arte e della vita.
La tendenza alla sdrammatizzazione - evidente nella felicità cromatica e nell'equilibrio ritmico delle sue composizioni, palpabile nella sensazione di danza leggera che talvolta percorre le tele e le carte addolcendo gli elementi più propriamente concettuali e sfumandone il rigore geometrico - non è negazione del rovello intellettuale.
E' fiducia nel sogno. Fiducia in una nuova vita più umana che l'arte deve indicare all'uomo nella consapevolezza che l'artista può solo suggerire traiettorie e linee di senso (le matrici ordinanti, i vettori dinamici di queste superfici), ma tocca al singolo prendere in mano il proprio percorso esistenziale, costruire il suo personale Cosmos dal Chaos e contribuire a costruirlo per gli altri perché l'uomo vive e si realizza con gli altri.
In questo senso l'Urbs - allusa dalla "visione mentale" di questi lavori, allusive planimetrie simboliche di uno spazio urbano sognato, storico e metastorico insieme - può davvero diventare Civitas.
Ecco il senso dei vuoti e degli spazi bianchi che tramano queste composizioni: non una non-pittura, non soltanto una luce o un tassello ritmico per l'equilibrio cromatico e formale dell'insieme, ma varco lasciato agli altri.
Indicazione di un percorso.
Sommesso invito ad un completamento...
Di che cosa? della propria dimensione di vita.
"Opere/progetto" potremmo chiamare questi Panorami musicali, queste Finestre sulla musica; e render così ragione anche del rapporto stretto che lega queste forme e queste linee allo spazio architettonico.
Il sogno rimanda a Le Corbusier o alla città percorribile e penultima di Michelucci.
Cappelli si muove così tra presente e passato e, con le sue carte trovate, con i suoi recuperi dell'usato, con i suoi frammenti di immagini e di note, con i suoi blu che hanno il sapore del mare e la limpidezza del cielo, con i suoi rossi di fuoco e di sangue, con i suoi gialli caldi e squillanti, vivifica in queste opere la razionalità compositiva e rinnova il sapore di una vita vissuta, gli stupori di una semplicità autentica e sincera e un calore artigianale d'altri tempi, sublimato nel lucido gioco degli intarsi geometrici.
Non c'è decorativismo in queste Utopie musicali, ma un gioco ossimorico che ci porta a scrutare al di là delle superfici, delle forme, delle linee e dei colori per trovare il tesoro nascosto.
Le componenti velatamente ludiche che alleggeriscono questi "spartiti di forme e colori", musicali e ritmici anche senza le note del pentagramma, cambiano così di segno; e il gioco serio dell'arte e della vita emerge in questi frammenti capaci di riscrivere anche lo scintillante e accecante mondo delle immagini che ci circonda, alla ricerca della realtà al di là dell'apparenza, della verità sotto la mistificazione e della speranza che nasce dalla sofferenza.
Anna Brancolini
novembre 2015
Attraverso i collage di parti recuperate dal passato quali Ideale, Stramilano, Taratapun-ti, passando per le visioni del presente dei Panorami musicali, oggettive rappresentazioni dell’oggi provvisorio, l’artista ci accompagna verso melodici approdi in parte incogniti ma di progettuale valenza positiva con le sue Finestre musicali che promettono un affaccio, seppur delimitato da risvolti equilateri di non grandi dimensioni, al futuro. Futuro musicale. Futuro positivo. Spezzoni di viste musicali che di primo acchito non tradiscono. Sono l’assaggio di nuove stimolanti condizioni di vita. Musica è vita. L’utopia musicale è dopotutto l’utopia della vita. Viviamo senza accorgerci che il futuro che crediamo migliore può non corrispondere alle nostre ambizioni, alle nostre aspettative. Viviamo. Tutto sta a non accorgersene in tempo!
Domenico Asmone
Presidente Brigata del Leoncino
Utopie musicali
Ancora una volta Franco Cappelli ci trasporta nella sua dimensione di sogno.
E ancora una volta il sogno sogna la città.
Nessun indugio descrittivo: solo forme, superfici, linee, colori, ritmi. Un geometrismo rigoroso che però - in questi Panorami musicali, in queste Finestre sulla musica - si apre a dialoghi inattesi, a suggestioni spaziali e materiche nuove, a forme e linee più morbide suggerite dai frammenti di spartiti musicali o dai recuperi figurali che emergono dalle immagini sbiadite di vecchie copertine, recuperate nei mercatini dell'usato e ricche del sapore di altri tempi.
Il geometrismo della linea e della superficie, il gioco dinamico dei triangoli, dei parallelogrammi, dei rettangoli e dei quadrati, le intersecazioni armoniche di più piani prospettici e cromatici vengono dunque arricchiti - e in parte significativamente corrosi - da elementi altri, che tramano di echi diversi e di recuperi inaspettati il linguaggio astratto e rigoroso dei lavori precedenti.
La tecnica del collage, i dialoghi luminosi degli oli e degli acrilici, le tattilità variegate suggerite dalle tele e dalle carte, i giochi di luci e di ombre evocati dalle composizioni dimostrano così che l'artista ha saputo variare il suo alfabeto formale ed espressivo, pur rimanendo coerentemente se stesso.
Al centro, la riflessione sulla città del nostro tempo e il legame fortissimo tra arte e società, arte ed etica.
Ai grigi, caotici e opprimenti spazi urbani che hanno perso il legame profondo con l'uomo e con la vita, Cappelli contrappone le sue città utopiche fatte di colori e spazi armonici, capaci di creare un tessuto vitale per una nuova convivenza civile.
E crea così i suoi "paesaggi mentali" in cui confluiscono, ricreati, gli echi di Klee, Kandinsky, Mondrian, filtrati attraverso quell'Astrattismo Classico che per Cappelli rimanda soprattutto a Nativi, senza dimenticare (pur nella totale, assoluta alterità) la lezione di Fernando Melani, imprescindibile per chi, nel territorio pistoiese, si muove nell'ambito della ricerca astratta; una lezione rivissuta soprattutto nelle sue coordinate di semplicità, discrezione e libertà formale.
Si potrebbero cogliere altre intersecazioni, pur nell'autonomia del proprio linguaggio artistico; ma non è poi così importante.
Importante è notare invece che, dietro al rigore compositivo, alla luminosità cromatica, al linguaggio formale essenziale e sintetico che in queste ultime opere si media con una ricerca di maggior calore e frammenti di vissuto reale si cela un messaggio di dolore e speranza, espresso in toni allusivi.
Da questo punto di vista l'adozione di nuove forme geometriche - il cerchio, l'ovale - si carica di una forte pregnanza simbolica.
Si va oltre infatti il dinamismo e la libertà spaziale suggeriti dal gioco dei triangoli e dei parallelogrammi o dalle sovrapposizioni di più piani prospettici, tesi a segnare uno spazio pluriverso, insofferente del limite.
Si va oltre la ricerca di una matrice ordinante suggerita dall'intersecazione ortogonale delle linee cromatiche, metafora di un auspicato cosmos dal chaos.
Sembra quasi che, addentratosi più oltre nei terreni della sua utopia, materializzato in modo meno sfumato il suo sogno di una città vivibile e gioiosa, Cappelli voglia quasi preservare questo sogno, racchiuderlo in una forma perfetta, equilibratissima, che lo preservi dalle negatività del mondo e della storia, ed evocare, attraverso il recupero metaforico dell'ovale, l'archetipo di una nuova vita, quella appunto che nelle mitologie mesopotamiche segnava l'inizio del mondo.
L'uovo primigenio.
L'unità che tutto contiene.
La stasi matrice del dinamismo futuro.
Non sembri eccessivo.
Cappelli si muove nei territori del simbolo e della metafora.
E le sue opere, presentate in modo quasi dimesso, celano una riflessione profonda sul senso dell'arte e della vita.
La tendenza alla sdrammatizzazione - evidente nella felicità cromatica e nell'equilibrio ritmico delle sue composizioni, palpabile nella sensazione di danza leggera che talvolta percorre le tele e le carte addolcendo gli elementi più propriamente concettuali e sfumandone il rigore geometrico - non è negazione del rovello intellettuale.
E' fiducia nel sogno. Fiducia in una nuova vita più umana che l'arte deve indicare all'uomo nella consapevolezza che l'artista può solo suggerire traiettorie e linee di senso (le matrici ordinanti, i vettori dinamici di queste superfici), ma tocca al singolo prendere in mano il proprio percorso esistenziale, costruire il suo personale Cosmos dal Chaos e contribuire a costruirlo per gli altri perché l'uomo vive e si realizza con gli altri.
In questo senso l'Urbs - allusa dalla "visione mentale" di questi lavori, allusive planimetrie simboliche di uno spazio urbano sognato, storico e metastorico insieme - può davvero diventare Civitas.
Ecco il senso dei vuoti e degli spazi bianchi che tramano queste composizioni: non una non-pittura, non soltanto una luce o un tassello ritmico per l'equilibrio cromatico e formale dell'insieme, ma varco lasciato agli altri.
Indicazione di un percorso.
Sommesso invito ad un completamento...
Di che cosa? della propria dimensione di vita.
"Opere/progetto" potremmo chiamare questi Panorami musicali, queste Finestre sulla musica; e render così ragione anche del rapporto stretto che lega queste forme e queste linee allo spazio architettonico.
Il sogno rimanda a Le Corbusier o alla città percorribile e penultima di Michelucci.
Cappelli si muove così tra presente e passato e, con le sue carte trovate, con i suoi recuperi dell'usato, con i suoi frammenti di immagini e di note, con i suoi blu che hanno il sapore del mare e la limpidezza del cielo, con i suoi rossi di fuoco e di sangue, con i suoi gialli caldi e squillanti, vivifica in queste opere la razionalità compositiva e rinnova il sapore di una vita vissuta, gli stupori di una semplicità autentica e sincera e un calore artigianale d'altri tempi, sublimato nel lucido gioco degli intarsi geometrici.
Non c'è decorativismo in queste Utopie musicali, ma un gioco ossimorico che ci porta a scrutare al di là delle superfici, delle forme, delle linee e dei colori per trovare il tesoro nascosto.
Le componenti velatamente ludiche che alleggeriscono questi "spartiti di forme e colori", musicali e ritmici anche senza le note del pentagramma, cambiano così di segno; e il gioco serio dell'arte e della vita emerge in questi frammenti capaci di riscrivere anche lo scintillante e accecante mondo delle immagini che ci circonda, alla ricerca della realtà al di là dell'apparenza, della verità sotto la mistificazione e della speranza che nasce dalla sofferenza.
Anna Brancolini
novembre 2015
11
dicembre 2015
Franco Cappelli – Utopie musicali
Dall'undici dicembre 2015 al 09 gennaio 2016
arte contemporanea
Location
GALLERIA DEL LEONCINO
Pistoia, Via Della Madonna, 45, (Pistoia)
Pistoia, Via Della Madonna, 45, (Pistoia)
Orario di apertura
da mercoledì a sabato ore 16.30 - 19.30
Vernissage
11 Dicembre 2015, ore 17.30
Autore
Curatore