Oggi un fotografo che avverta la necessità di esporre il proprio lavoro non può limitarsi ad una interpretazione puramente descrittiva della propria attività, versione certamente legittima ma che non consente se non brevi digressioni nel campo artistico, cioè dell’espressione di sé e della creazione. I due autori di questa mostra affrontano con lucidità il problema della natura e degli obiettivi della loro attività professionale.

Franco Catalucci non rinuncia al progetto di esprimere con le immagini fotografiche le proprie convinzioni e le problematiche legate alla propria visione del mondo: assegna dunque alla rappresentazione un senso profondo, tanto evidente quanto complesso, capace di prevaricare l’assetto visivo, riconoscibile, dell’immagine prodotta. Così facendo, si porta a metà strada tra descrizione e invenzione, attuando uno scomodo equilibrio in cui forze divergenti coesistano armonicamente.

Carlo Lucarelli tende invece a fermare il punto infinito, utopico, dell’espressione, in un insoddisfatto tentativo di rendere visibile l’invisibile e di superare l barriera che spesso rende illeggibile il mondo profondo dell’ego. Gli scenari còlti, le composizioni, le elaborazioni sono strumenti per cogliere intuizioni e visioni che lo coinvolgono in toto, nel momento in cui si scopre un esempio, una citazione di umanità. Tutto ciò in un percorso discontinuo, asistematico che non esclude ritorni e pentimenti, né lo protegge da sbilanciamenti aniconici imprevedibili e intensamente sofferti.