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Franco Passalacqua – D’après Nature
Mostra personale di Franco Passalacqua a cura di Francesco Santaniello
Comunicato stampa
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“Dicono che l'Arte ci faccia amare la Natura più di quanto non l'amassimo prima; che ci riveli i suoi segreti; e che dopo un attento studio di Corot e Constable vi vediamo cose che prima erano sfuggite al nostro sguardo.”
(O. Wilde, The Decay of Lying, 1889)
Tralasciando il senso del pittoresco o quello del sublime che i Romantici hanno saputo cogliere nelle più diverse manifestazioni naturali e dimenticando, allo stesso tempo, l'aforisma “dell'Arte che regge lo specchio alla Natura” pronunciato dal principe Amleto, non possiamo, tuttavia, negare il fatto che gli artisti di ogni epoca abbiano focalizzato la loro attenzione – e di conseguenza anche quella di coloro che guardano le opere – sulla rappresentazione della natura mettendone in evidenza, grazie alla lente della loro lirica sensibilità, particolari che potrebbero sfuggire al comune osservatore. Franco Passalacqua conduce da anni una ricerca espressiva che costituisce un chiaro esempio di rigore poetico e mirabile magistero tecnico. Una ricerca che trae origine e forza dall'osservazione della natura, o meglio del paesaggio: sia quello concreto della sua Umbria sia quello dipinto dai vedutisti del passato. Il paesaggio, quello italiano in primis, è un patrimonio culturale e come tale è riconosciuto dalla legge. Nel Codice dei Beni Culturale e del Paesaggio (approvato con decreto legislativo del 22 gennaio 2004, n. 42, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 24 febbraio 2004), infatti, si definisce paesaggio “una parte omogenea di territorio i cui caratteri derivano dalla natura, dalla storia umana o dalle reciproche interrelazioni. […] pertanto la tutela e la valorizzazione del paesaggio salvaguardano i valori che esso esprime quali manifestazioni identitarie percepibili.” Nello stesso testo, inoltre, si precisa che le aree tutelate sono: “i territori contermini i laghi […] i fiumi, i torrenti, i corsi d'acqua […] e le relative sponde. Le montagne per la parte eccedente i 1600 metri sul livello del mare per la catena alpina e 1200 metri sul livello del mare per la catena appenninica e le isole; i ghiacciai e i circhi glaciali; […] e i territori coperti da foreste e da boschi (non a caso questi ultimi costituiscono l'elemento iconografico di base del lessico visivo di Passalacqua). Secoli fa gli artisti avevano già capito l'importanza culturale del paesaggio e il dovere di salvaguardarne l'integrità. Paradigmatiche in tal senso sono le parole di Léon Cogniet, venuto in Italia nel 1817 per educarsi alla pittura di storia, che scusandosi con il suo maestro, Pierre-Narcisse Guérin, scriveva: “Una domanda che mi ponete mi imbarazza molto. Mi chiedete cosa mi colpisce di più, la scultura degli antichi, la pittura dei maestri o la fisionomia della gente. Qualcosa mi ha colpito più di tutto questo…voglio parlarvi della bellezza della natura…” Anche Christoffer Wilhelm Eckersberg, varcate le Alpi, sentenziò: “È quasi impossibile astenersi dal dipingere la natura”. Come i pittori del Plein-air, Franco Passalacqua percepisce la bellezza palpitante della natura e la descrive attraverso una maniera consona al gusto contemporaneo. Rifuggendo la descrizione sentimentalistica e discostandosi dal mero vedutismo, egli propone una resa lirica della realtà data dal senso del colore che definisce forme e spazio. Passalacqua ha elaborato un personalissimo linguaggio basato su una sintassi che potremmo definire astratto-concreta, mutuando l'espressione venturiana, ovvero capace di evocare la natura e i suoi elementi senza però rappresentarli pedissequamente mediante simulacri. Nelle opere di Franco Passalacqua distese di foreste o declivi boscosi sono resi attraverso textures definite dall'iterazione segnica: un segno-colore dato da un pennelleggiare veloce ma calibratissimo, dal tratto più o meno breve, che, con un sorta di horror vacui, ricopre interamente le superfici originando intense vibrazioni cromatiche modulate dal ritmo serrato dell'organizzazione spaziale-formale.
Partendo dall'osservazione dei dipinti dei pleinairistes, di cui è un attento conoscitore, Passalacqua ha realizzato questa serie presentata presso la Galleria Canovaccio di Terni. Dai dipinti antichi l'artista ha estrapolato particolari relativi a brani paesaggistici – in sintonia con i termini della sua poetica – ai quali ha dato piena autonomia iconografica. Tale scelta, congiunta a quella del piccolo formato e delle raffinate carte come supporto, sublima la capacità evocativa e la forza espressiva della pittura richiamando alla mente lo spirito degli artisti viaggiatori che giungevano nel Bel Paese. Franco Passalacqua dimostra così la modernità di un'antica tradizione, che ha fatto conoscere, amare e sognare il paesaggio italiano in ogni dove. Francesco Santaniello
(O. Wilde, The Decay of Lying, 1889)
Tralasciando il senso del pittoresco o quello del sublime che i Romantici hanno saputo cogliere nelle più diverse manifestazioni naturali e dimenticando, allo stesso tempo, l'aforisma “dell'Arte che regge lo specchio alla Natura” pronunciato dal principe Amleto, non possiamo, tuttavia, negare il fatto che gli artisti di ogni epoca abbiano focalizzato la loro attenzione – e di conseguenza anche quella di coloro che guardano le opere – sulla rappresentazione della natura mettendone in evidenza, grazie alla lente della loro lirica sensibilità, particolari che potrebbero sfuggire al comune osservatore. Franco Passalacqua conduce da anni una ricerca espressiva che costituisce un chiaro esempio di rigore poetico e mirabile magistero tecnico. Una ricerca che trae origine e forza dall'osservazione della natura, o meglio del paesaggio: sia quello concreto della sua Umbria sia quello dipinto dai vedutisti del passato. Il paesaggio, quello italiano in primis, è un patrimonio culturale e come tale è riconosciuto dalla legge. Nel Codice dei Beni Culturale e del Paesaggio (approvato con decreto legislativo del 22 gennaio 2004, n. 42, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 24 febbraio 2004), infatti, si definisce paesaggio “una parte omogenea di territorio i cui caratteri derivano dalla natura, dalla storia umana o dalle reciproche interrelazioni. […] pertanto la tutela e la valorizzazione del paesaggio salvaguardano i valori che esso esprime quali manifestazioni identitarie percepibili.” Nello stesso testo, inoltre, si precisa che le aree tutelate sono: “i territori contermini i laghi […] i fiumi, i torrenti, i corsi d'acqua […] e le relative sponde. Le montagne per la parte eccedente i 1600 metri sul livello del mare per la catena alpina e 1200 metri sul livello del mare per la catena appenninica e le isole; i ghiacciai e i circhi glaciali; […] e i territori coperti da foreste e da boschi (non a caso questi ultimi costituiscono l'elemento iconografico di base del lessico visivo di Passalacqua). Secoli fa gli artisti avevano già capito l'importanza culturale del paesaggio e il dovere di salvaguardarne l'integrità. Paradigmatiche in tal senso sono le parole di Léon Cogniet, venuto in Italia nel 1817 per educarsi alla pittura di storia, che scusandosi con il suo maestro, Pierre-Narcisse Guérin, scriveva: “Una domanda che mi ponete mi imbarazza molto. Mi chiedete cosa mi colpisce di più, la scultura degli antichi, la pittura dei maestri o la fisionomia della gente. Qualcosa mi ha colpito più di tutto questo…voglio parlarvi della bellezza della natura…” Anche Christoffer Wilhelm Eckersberg, varcate le Alpi, sentenziò: “È quasi impossibile astenersi dal dipingere la natura”. Come i pittori del Plein-air, Franco Passalacqua percepisce la bellezza palpitante della natura e la descrive attraverso una maniera consona al gusto contemporaneo. Rifuggendo la descrizione sentimentalistica e discostandosi dal mero vedutismo, egli propone una resa lirica della realtà data dal senso del colore che definisce forme e spazio. Passalacqua ha elaborato un personalissimo linguaggio basato su una sintassi che potremmo definire astratto-concreta, mutuando l'espressione venturiana, ovvero capace di evocare la natura e i suoi elementi senza però rappresentarli pedissequamente mediante simulacri. Nelle opere di Franco Passalacqua distese di foreste o declivi boscosi sono resi attraverso textures definite dall'iterazione segnica: un segno-colore dato da un pennelleggiare veloce ma calibratissimo, dal tratto più o meno breve, che, con un sorta di horror vacui, ricopre interamente le superfici originando intense vibrazioni cromatiche modulate dal ritmo serrato dell'organizzazione spaziale-formale.
Partendo dall'osservazione dei dipinti dei pleinairistes, di cui è un attento conoscitore, Passalacqua ha realizzato questa serie presentata presso la Galleria Canovaccio di Terni. Dai dipinti antichi l'artista ha estrapolato particolari relativi a brani paesaggistici – in sintonia con i termini della sua poetica – ai quali ha dato piena autonomia iconografica. Tale scelta, congiunta a quella del piccolo formato e delle raffinate carte come supporto, sublima la capacità evocativa e la forza espressiva della pittura richiamando alla mente lo spirito degli artisti viaggiatori che giungevano nel Bel Paese. Franco Passalacqua dimostra così la modernità di un'antica tradizione, che ha fatto conoscere, amare e sognare il paesaggio italiano in ogni dove. Francesco Santaniello
10
ottobre 2015
Franco Passalacqua – D’après Nature
Dal 10 al 25 ottobre 2015
arte contemporanea
Location
GALLERIA GC2 CONTEMPORARY
Terni, Vico San Lorenzo, 5, (Terni)
Terni, Vico San Lorenzo, 5, (Terni)
Orario di apertura
da Martedì a Sabato ore 9-13 e 16-19.30
Vernissage
10 Ottobre 2015, ore 18
Autore
Curatore