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Franco Zingaretti – Forme
Mostra di Pittura, collage, installazioni
Comunicato stampa
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LE FORME DELLO SPIRITO CREATIVO
Vitaliano Angelini
La mostra urbinate di Franco Zingaretti, segue quella fatta qualche mese addietro dall’artista a Sassoferrato, città dell’entroterra anconetano, particolarmente vivace in ambito culturale e nota per essere la patria di uomini illustri quali, l’insigne giurista Bartolo, l’umanista Nicolò Perotti, il poeta Baldassarre Olimpo, il celebre pittore Gian Battista Salvi ed altri ancora.
Un luogo, quello sentinate dove, ai giorni nostri, ogni anno, prendono corpo importanti eventi quali, la Rassegna d’Arte “G.B.Salvi”, a cura dell’Amministrazione Comunale, giunta alla sua sessantesima edizione, e il Congresso Internazionale di Studi Umanistici, promosso dall’Istituto Internazionale di Studi Piceni, importante sodalizio che in quella città ha sede, anch’esso giunto alla XXXI edizione.
Chi ha avuto modo di frequentare quel centro conosce l’importanza ed il peso che gli eventi richiamati hanno nella definizione del profilo e del valore culturale della Regione.
Preporre qui alcune notizie su Sassoferrato non appaia però fuor di luogo, lo si consideri invece un modo per far intuire e meglio comprendere il livello e il clima intellettuale, in qualche modo elitario, con il quale Zingaretti ha voluto interagire.
Proseguendo la ricerca proposta a Sassoferrato, quindi, per lui era inevitabile l’incontro con Urbino, e oggi si presenta qui con una serie di installazioni e di reinvenzioni degli antichi marchi con i quali i cartai fabrianesi contraddistinguevano la carta filigrana di loro produzione. Non è casuale perciò il titolo che egli ha dato a questa ultima progressione dei suoi lavori: ”Dall’origine all’immaginario - antichi marchi fabrianesi di filigrane del XIII secolo”, in esso, infatti, si sunteggia la ricerca che Zingaretti propone in Urbino dove, con una articolata installazione chiama il visitatore a vivere un’esperienza curiosa e complessa e ad interrogarsi tanto sul significato dei segni quanto su quello dell’avventura in cui sarà fisicamente coinvolto; porsi, anche, domande sull’emozione generata da un segno che si somma ad altri segni e che nel loro insieme generano una soluzione poetica appartenente a quell’immaginario di cui l’artista fabrianese ci avverte.
L’ esposizione sentinate realizzata da Franco Zingaretti, intitolata Segno, invece, raccoglieva il risultato del suo lavoro e della sua ricerca visiva sino a quel momento. Le due esposizioni quindi si integrano in un impegno di ricerca di ampio e nuovo respiro. Mi sembra, pertanto, necessario che anch’io ragioni e rifletta su quello che è stato e tuttora è l’oggetto della sue analisi e considerazioni ultime, e tenti di ricostruire il percorso teorico che sorregge il cammino dell’artista fabrianese. Il preliminare dal vago sapore specialistico che sto per fare, però, potrebbe apparire come poco utile per entrare nello spirito e nella ricerca portata avanti, per anni, da Franco Zingaretti; a mio parere, invece, aiuterà a capire meglio, a prestare la dovuta attenzione al suo lavoro artistico e a percepirne, con maggior precisione, il contenuto poetico reale, ossia la ragione per cui aliquid (l’immagine) stat pro aliquo (il reale significato e la poesia espressa dall’insieme).
Stante così la questione, una avvertenza iniziale è necessaria.
È utile, infatti, avere presente da subito, anche se a grandi linee, che nell'antichità classica (Platone, Aristotele, Stoici, Epicurei) la teoria del segno linguistico veniva tenuta distinta dallo studio del segno logico, collegando la parola ad un meccanismo di equivalenza, mentre il segno in generale era ritenuto fondato su un processo di inferenza.
Le riflessioni sul segno, l’elemento su cui visivamente ragiona Zingaretti, appunto per questo, hanno una lunga tradizione che percorre anche l'intera storia della filosofia occidentale.
Ad iniziare dai filosofi medievali, comunque, il segno assume una differente valenza: è qualcosa che rinvia a qualcos'altro, "aliquid stat pro aliquo", esattamente, (ad esempio, la bandierina verde sulla spiaggia, sta per tempo sereno e noi facciamo il bagno; vale a dire l’immagine della bandierina e il suo colore verde (aliquid) sono la referenza che comunica il messaggio, il tempo sereno (aliquo) e noi (referente) facciamo il bagno).
Il modello classico del segno, come è noto e come ho appena accennato, prende corpo dalle ricerche di Aristotele e poi di sant’Agostino. Sarà, infatti, con Agostino d'Ippona che anche la parola, o segno verbale, verrà collocata all'interno di una più generale teoria del segno, come costante processo di rinvio privilegiando una concezione di tipo inferenziale.
Successivamente, nella semiotica moderna: la disciplina che studia i fenomeni di significazione e di comunicazione (intendendo per significazione ogni relazione che lega qualcosa di materialmente presente a qualcos'altro di assente), invece, il segno è un sistema composto da un segnale, una referenza e un referente, che rinvia ad un contenuto il quale è l’oggetto della comunicazione. Pertanto ogni volta che si mette in pratica o si usa una relazione di significazione si attiva un processo di comunicazione. Le relazioni di significazione, quindi, definiscono il sistema che viene ad essere presupposto dai concreti processi di comunicazione.
Questo è quanto sembra suggerirci con il suo neo-ideogrammismo Franco Zingaretti nella cui ricerca artistico-figurativa è possibile rintracciare un fondamento che rimanda alle scritture figurate delle origini dell’uomo pur se attraverso il tempo la rappresentazione pittografica dei suoi segni ha assunto sempre più un aspetto personale, divenendo più indipendente dalle forme originarie, e quindi sempre meno riconoscibile come derivata da quelle, ossia: evoluzione e stilizzazione di una precedente fase di scrittura anche se con una interpretazione tutta personale.
L’artista fabrianese, infatti, attribuisce, ai propri segni, come ben ha insegnato Clemente d’Alessandria, molti altri sensi: il senso proprio, il senso imitativo, il senso simbolico, il senso allegorico, ecc.,.
Del resto un ideogramma, semioticamente parlando, è un simbolo o un carattere grafico, un significante che, come è già stato detto, è la forma attraverso cui si rinvia ad un contenuto, il significato. L'unione di forma e contenuto, la relazione fra significante e significato, ben si sa, definisce il segno. Significante e significato, infatti, sono legati da un rapporto di presupposizione reciproca: la forma espressiva che articola il contenuto, il quale non può prescindere dalla sua forma significante.
Nel processo di decodificazione che sto mettendo in atto, per arrivare a leggere e a comprendere il linguaggio comunicativo-espressivo zingarettiano, perciò, mi sembra particolarmente interessate, tra l’altro, tener presente una osservazione fatta da Gaetana Pace in una sua nota scritta, su questo autore, nel 2002.
Il segno di Zingaretti, infatti, scrive la studiosa, difficilmente assume i modi e i termini di una gestualità; questa, per lo più mi piace sottolineare, è legata, infatti, al linguaggio del corpo e, talvolta, in arte dà immagine visiva ad un sentire interiore e ad una forma o aspetto di comunicazione. Il gesto spontaneo, che va distinto dai linguaggi gestuali, però, non appartiene al vocabolario del fabrianese che è sempre in bilico tra intelletto ed emozione, tra silenzio e rumore del mondo… come osserva la Pace, la quale acutamente rimanda a Herder ed al suo Saggio sulle origini del linguaggio, dove, appunto, il filosofo, teologo e letterato tedesco dice che, l'uomo è in grado di andare oltre il linguaggio istintivo degli animali: grido della sensazione, infatti, egli afferma che: l'uomo non è legato a una sola opera, per cui debba agire senza migliorarsi; può cercare nuovi campi d'azione, non è una macchina infallibile nelle mani della natura e ogni sua idea non è opera immediata della natura, ma è la sua propria opera.
E di questo stiamo dicendo, dell’opera figurativa di un artista in cui intervengono diversi elementi che costituiscono l’essere umano: l’intelligenza, la sensibilità, la memoria, la creatività… le quali, insieme, creano una miscellanea che ci parla, soprattutto e in primo luogo, di Franco Zingaretti, della sua capacità di stupirsi di fronte al vero e della poesia che si porta dentro.
A queste sue carte allora, né diverso poteva essere il supporto, egli affida il proprio mondo: un universo fatto di segni, di simboli, di colori, di ritmi, di armonia e di bellezza.
La sua visione del mondo!
Vitaliano Angelini
La mostra urbinate di Franco Zingaretti, segue quella fatta qualche mese addietro dall’artista a Sassoferrato, città dell’entroterra anconetano, particolarmente vivace in ambito culturale e nota per essere la patria di uomini illustri quali, l’insigne giurista Bartolo, l’umanista Nicolò Perotti, il poeta Baldassarre Olimpo, il celebre pittore Gian Battista Salvi ed altri ancora.
Un luogo, quello sentinate dove, ai giorni nostri, ogni anno, prendono corpo importanti eventi quali, la Rassegna d’Arte “G.B.Salvi”, a cura dell’Amministrazione Comunale, giunta alla sua sessantesima edizione, e il Congresso Internazionale di Studi Umanistici, promosso dall’Istituto Internazionale di Studi Piceni, importante sodalizio che in quella città ha sede, anch’esso giunto alla XXXI edizione.
Chi ha avuto modo di frequentare quel centro conosce l’importanza ed il peso che gli eventi richiamati hanno nella definizione del profilo e del valore culturale della Regione.
Preporre qui alcune notizie su Sassoferrato non appaia però fuor di luogo, lo si consideri invece un modo per far intuire e meglio comprendere il livello e il clima intellettuale, in qualche modo elitario, con il quale Zingaretti ha voluto interagire.
Proseguendo la ricerca proposta a Sassoferrato, quindi, per lui era inevitabile l’incontro con Urbino, e oggi si presenta qui con una serie di installazioni e di reinvenzioni degli antichi marchi con i quali i cartai fabrianesi contraddistinguevano la carta filigrana di loro produzione. Non è casuale perciò il titolo che egli ha dato a questa ultima progressione dei suoi lavori: ”Dall’origine all’immaginario - antichi marchi fabrianesi di filigrane del XIII secolo”, in esso, infatti, si sunteggia la ricerca che Zingaretti propone in Urbino dove, con una articolata installazione chiama il visitatore a vivere un’esperienza curiosa e complessa e ad interrogarsi tanto sul significato dei segni quanto su quello dell’avventura in cui sarà fisicamente coinvolto; porsi, anche, domande sull’emozione generata da un segno che si somma ad altri segni e che nel loro insieme generano una soluzione poetica appartenente a quell’immaginario di cui l’artista fabrianese ci avverte.
L’ esposizione sentinate realizzata da Franco Zingaretti, intitolata Segno, invece, raccoglieva il risultato del suo lavoro e della sua ricerca visiva sino a quel momento. Le due esposizioni quindi si integrano in un impegno di ricerca di ampio e nuovo respiro. Mi sembra, pertanto, necessario che anch’io ragioni e rifletta su quello che è stato e tuttora è l’oggetto della sue analisi e considerazioni ultime, e tenti di ricostruire il percorso teorico che sorregge il cammino dell’artista fabrianese. Il preliminare dal vago sapore specialistico che sto per fare, però, potrebbe apparire come poco utile per entrare nello spirito e nella ricerca portata avanti, per anni, da Franco Zingaretti; a mio parere, invece, aiuterà a capire meglio, a prestare la dovuta attenzione al suo lavoro artistico e a percepirne, con maggior precisione, il contenuto poetico reale, ossia la ragione per cui aliquid (l’immagine) stat pro aliquo (il reale significato e la poesia espressa dall’insieme).
Stante così la questione, una avvertenza iniziale è necessaria.
È utile, infatti, avere presente da subito, anche se a grandi linee, che nell'antichità classica (Platone, Aristotele, Stoici, Epicurei) la teoria del segno linguistico veniva tenuta distinta dallo studio del segno logico, collegando la parola ad un meccanismo di equivalenza, mentre il segno in generale era ritenuto fondato su un processo di inferenza.
Le riflessioni sul segno, l’elemento su cui visivamente ragiona Zingaretti, appunto per questo, hanno una lunga tradizione che percorre anche l'intera storia della filosofia occidentale.
Ad iniziare dai filosofi medievali, comunque, il segno assume una differente valenza: è qualcosa che rinvia a qualcos'altro, "aliquid stat pro aliquo", esattamente, (ad esempio, la bandierina verde sulla spiaggia, sta per tempo sereno e noi facciamo il bagno; vale a dire l’immagine della bandierina e il suo colore verde (aliquid) sono la referenza che comunica il messaggio, il tempo sereno (aliquo) e noi (referente) facciamo il bagno).
Il modello classico del segno, come è noto e come ho appena accennato, prende corpo dalle ricerche di Aristotele e poi di sant’Agostino. Sarà, infatti, con Agostino d'Ippona che anche la parola, o segno verbale, verrà collocata all'interno di una più generale teoria del segno, come costante processo di rinvio privilegiando una concezione di tipo inferenziale.
Successivamente, nella semiotica moderna: la disciplina che studia i fenomeni di significazione e di comunicazione (intendendo per significazione ogni relazione che lega qualcosa di materialmente presente a qualcos'altro di assente), invece, il segno è un sistema composto da un segnale, una referenza e un referente, che rinvia ad un contenuto il quale è l’oggetto della comunicazione. Pertanto ogni volta che si mette in pratica o si usa una relazione di significazione si attiva un processo di comunicazione. Le relazioni di significazione, quindi, definiscono il sistema che viene ad essere presupposto dai concreti processi di comunicazione.
Questo è quanto sembra suggerirci con il suo neo-ideogrammismo Franco Zingaretti nella cui ricerca artistico-figurativa è possibile rintracciare un fondamento che rimanda alle scritture figurate delle origini dell’uomo pur se attraverso il tempo la rappresentazione pittografica dei suoi segni ha assunto sempre più un aspetto personale, divenendo più indipendente dalle forme originarie, e quindi sempre meno riconoscibile come derivata da quelle, ossia: evoluzione e stilizzazione di una precedente fase di scrittura anche se con una interpretazione tutta personale.
L’artista fabrianese, infatti, attribuisce, ai propri segni, come ben ha insegnato Clemente d’Alessandria, molti altri sensi: il senso proprio, il senso imitativo, il senso simbolico, il senso allegorico, ecc.,.
Del resto un ideogramma, semioticamente parlando, è un simbolo o un carattere grafico, un significante che, come è già stato detto, è la forma attraverso cui si rinvia ad un contenuto, il significato. L'unione di forma e contenuto, la relazione fra significante e significato, ben si sa, definisce il segno. Significante e significato, infatti, sono legati da un rapporto di presupposizione reciproca: la forma espressiva che articola il contenuto, il quale non può prescindere dalla sua forma significante.
Nel processo di decodificazione che sto mettendo in atto, per arrivare a leggere e a comprendere il linguaggio comunicativo-espressivo zingarettiano, perciò, mi sembra particolarmente interessate, tra l’altro, tener presente una osservazione fatta da Gaetana Pace in una sua nota scritta, su questo autore, nel 2002.
Il segno di Zingaretti, infatti, scrive la studiosa, difficilmente assume i modi e i termini di una gestualità; questa, per lo più mi piace sottolineare, è legata, infatti, al linguaggio del corpo e, talvolta, in arte dà immagine visiva ad un sentire interiore e ad una forma o aspetto di comunicazione. Il gesto spontaneo, che va distinto dai linguaggi gestuali, però, non appartiene al vocabolario del fabrianese che è sempre in bilico tra intelletto ed emozione, tra silenzio e rumore del mondo… come osserva la Pace, la quale acutamente rimanda a Herder ed al suo Saggio sulle origini del linguaggio, dove, appunto, il filosofo, teologo e letterato tedesco dice che, l'uomo è in grado di andare oltre il linguaggio istintivo degli animali: grido della sensazione, infatti, egli afferma che: l'uomo non è legato a una sola opera, per cui debba agire senza migliorarsi; può cercare nuovi campi d'azione, non è una macchina infallibile nelle mani della natura e ogni sua idea non è opera immediata della natura, ma è la sua propria opera.
E di questo stiamo dicendo, dell’opera figurativa di un artista in cui intervengono diversi elementi che costituiscono l’essere umano: l’intelligenza, la sensibilità, la memoria, la creatività… le quali, insieme, creano una miscellanea che ci parla, soprattutto e in primo luogo, di Franco Zingaretti, della sua capacità di stupirsi di fronte al vero e della poesia che si porta dentro.
A queste sue carte allora, né diverso poteva essere il supporto, egli affida il proprio mondo: un universo fatto di segni, di simboli, di colori, di ritmi, di armonia e di bellezza.
La sua visione del mondo!
06
novembre 2010
Franco Zingaretti – Forme
Dal 06 al 18 novembre 2010
arte contemporanea
Location
COLLEGIO RAFFAELLO
Urbino, Piazza Della Repubblica, (Pesaro E Urbino)
Urbino, Piazza Della Repubblica, (Pesaro E Urbino)
Orario di apertura
dalle ore 10 alle 12.30 e dalle 15.30 alle 17.30.
Vernissage
6 Novembre 2010, ore 18 Presentazione di Vitaliano Angelini
Curatore