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François Evangelista – Raw Materials for Images of NOTHING
Giovane artista australiano giunto in Italia con una borsa di studio garantita dalla Fondazione Carclew di Adelaide presenta un work in progress basato sull’esigenza di sperimentare, di conoscere e studiare i materiali per la produzione artistica interrogandosi sugli effetti della pittura astratta.
Comunicato stampa
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Tele dipinte lasciate all’esterno all’imprevedibilità degli agenti atmosferici, lastre malleabili di rame solcate da tracce casuali prodotte da colature e mescolanze di materiali naturali, ammoniaca, sale, o da impronte generate dall’ ossidazione, bruciature prodotte sulla superficie plastica dalla fiamma: sono gli esiti della sperimentazione condotta da François Evangelista, un giovane artista australiano giunto da Adelaide agli inizi di maggio a Empoli con una borsa di studio garantita dalla Fondazione Carclew risultando vincitore nel giugno 2015 appena terminati gli studi presso la Central School of Art. La sua presenza presso l’Associazione culturale Sincresis si giustifica proprio per l’esigenza di sperimentare, di conoscere e studiare i materiali per la produzione artistica interrogandosi sugli effetti della pittura astratta in termini di sensazioni, emozioni, riflessioni. “Astrazione comporta di accogliere un universo di impegno sensoriale con il processo di pittura e dei suoi risultati, al fine di incontrare, assorbire, e rispondere ad una esperienza di sentimento”, ha scritto l’artista nel suo progetto di tesi, “attraverso corrispondenze e lavorando ai miei quadri astratti, ho sviluppato la capacità di unire il mio processo decisionale in un insieme unificato di pensare, di sentire, rispondere, e di agire; impegnarsi con l'alternativo e il flusso continuo di influenzare i lavori, e di continuo essere colpiti da loro”-
E’ interessato al processo e non al prodotto. “Piuttosto - sottolinea - il processo è un intreccio continuo di flussi di materiali e consapevolezza sensoriale”. Ciò permette di riflettere sul lavoro dell’artista – alchimista nell’atto di provare, di capire i mutamenti di sostanza, gli effetti della materia, non tanto per una verifica in base all’ipotesi che prevede un ragionamento logico, un cliché preordinato, una “formula che mondi possa aprirti” e che rinvia al mondo delle scienze esatte, ai procedimenti già testati, bensì per scoprire per pura casualità quali sono gli effetti di una mescolanza di ingredienti che nasce fortuitamente, come – dice François – per una ricetta che non appare sui libri, ma che è assolutamente frutto di invenzione. Ne deriva la curiosità, il piacere della scoperta, come per lo scienziato, anche se quelli che sono i mezzi nella scienza diventano i fini nell’arte, la sorpresa e il gusto di inventare, di creare ogni volta in maniera diversa, senza ripetersi.
François preferisce nel suo lavoro creativo la processualità come numerosi artisti delle neoavanguardie del novecento, lo studio dei materiali come i maestri artigiani del Bauhaus, evitare ogni modello che implica la ripetitività, anche se le sue elaborazioni rivelano ogni volta riferimenti colti: la gestualità come accident controllato dell’espressionismo astratto statunitense, la proposta segnica di Cy Tombly, il pigmento cromatico sottoposto alle intemperie come Yves Klein, la matericità come evenienza esistenziale di Alberto Burri, prediletto proprio per la sua molteplice sperimentazione, dai sacchi, ai ferri, alle plastiche, ai cretti visti a distanza ravvicinata durante la visita alla Collezione Burri a Città di Castello.
In ogni caso la ricerca di François non si riduce a puro tecnicismo o imitazione, anzi si caratterizza come un lavoro certosino, autonomo e solitario, per la dedizione continua, l’osservazione attenta, giorno dopo giorno delle sue prove e dei relativi accadimenti, sempre concepiti come nuovi eventi, la cura che esprime nel fare artistico, la curiosità come base della volontà di sapere, che si esprime anche nella raccolta di oggetti trovati in ogni luogo che visita, ed al tempo stesso il desiderio di scavare a fondo nella natura degli elementi naturali, come a volerne scoprire i segreti, gli aspetti reconditi step by step proprio come un alchimista impegnato nel processo di trasmutazione, di mutamento dei materiali per giungere alla pietra filosofale. Ogni fase, dalla nigredo all’albedo, non è mai l’ultima per la conoscenza di sé che si riflette nell’opera, come un itinerario di edificazione, di approfondimento, di crescita e di catarsi.
“Le opere come manifestazioni del pensiero affettivo e come luoghi in cui si può ulteriormente sperimentare”. Come precisa Barbara Bolt a proposito della performatività dell’arte come 'lavoro' d'arte: 'L'opera d'arte è il lavoro che fa l'opera d'arte; è il movimento di ... metodologie, prassi materiale, l’influenza e l'esperienza sensoriale che si pone in e attraverso il veicolo dell'arte e l'opera d'arte stessa”. François intende “utilizzare l'astrazione come mezzo per facilitare esperienze affettive. I dipinti astratti possono essere visti come luoghi per incontrare influenzare, in una posizione in cui si può entrare in contatto con una esperienza affettiva, piuttosto che solo essere descritti pragmaticamente da materiali utilizzati e metodi di creazione”.
La morbidezza del rame, metallo preferito per la sua duttilità per diventare altro, la plastica come materiale trovato, la tela dipinta con varie stratificazioni cromatiche, dagli azzurri ai rosso – rosati, dai grigi ai neri, dilavata fino a perdere ogni preparazione predisposta, il fuoco corroborante e purificatorio, sono gli elementi del suo processo alchemico.
“Ho impegnato la mia sensibilità per sviluppare una nuova visione e sentire e sperimentare quadri astratti, e sono giunto a comprendere il mistero di queste "immagini di nulla ', sempre in attesa della reazione.
François propone gli esiti non finali del suo work in progress, come itinerario che continua di cui questa tappa è solo l’inizio per avanzare nei territori dell’arte e nei sentieri illimitati della conoscenza.
E’ interessato al processo e non al prodotto. “Piuttosto - sottolinea - il processo è un intreccio continuo di flussi di materiali e consapevolezza sensoriale”. Ciò permette di riflettere sul lavoro dell’artista – alchimista nell’atto di provare, di capire i mutamenti di sostanza, gli effetti della materia, non tanto per una verifica in base all’ipotesi che prevede un ragionamento logico, un cliché preordinato, una “formula che mondi possa aprirti” e che rinvia al mondo delle scienze esatte, ai procedimenti già testati, bensì per scoprire per pura casualità quali sono gli effetti di una mescolanza di ingredienti che nasce fortuitamente, come – dice François – per una ricetta che non appare sui libri, ma che è assolutamente frutto di invenzione. Ne deriva la curiosità, il piacere della scoperta, come per lo scienziato, anche se quelli che sono i mezzi nella scienza diventano i fini nell’arte, la sorpresa e il gusto di inventare, di creare ogni volta in maniera diversa, senza ripetersi.
François preferisce nel suo lavoro creativo la processualità come numerosi artisti delle neoavanguardie del novecento, lo studio dei materiali come i maestri artigiani del Bauhaus, evitare ogni modello che implica la ripetitività, anche se le sue elaborazioni rivelano ogni volta riferimenti colti: la gestualità come accident controllato dell’espressionismo astratto statunitense, la proposta segnica di Cy Tombly, il pigmento cromatico sottoposto alle intemperie come Yves Klein, la matericità come evenienza esistenziale di Alberto Burri, prediletto proprio per la sua molteplice sperimentazione, dai sacchi, ai ferri, alle plastiche, ai cretti visti a distanza ravvicinata durante la visita alla Collezione Burri a Città di Castello.
In ogni caso la ricerca di François non si riduce a puro tecnicismo o imitazione, anzi si caratterizza come un lavoro certosino, autonomo e solitario, per la dedizione continua, l’osservazione attenta, giorno dopo giorno delle sue prove e dei relativi accadimenti, sempre concepiti come nuovi eventi, la cura che esprime nel fare artistico, la curiosità come base della volontà di sapere, che si esprime anche nella raccolta di oggetti trovati in ogni luogo che visita, ed al tempo stesso il desiderio di scavare a fondo nella natura degli elementi naturali, come a volerne scoprire i segreti, gli aspetti reconditi step by step proprio come un alchimista impegnato nel processo di trasmutazione, di mutamento dei materiali per giungere alla pietra filosofale. Ogni fase, dalla nigredo all’albedo, non è mai l’ultima per la conoscenza di sé che si riflette nell’opera, come un itinerario di edificazione, di approfondimento, di crescita e di catarsi.
“Le opere come manifestazioni del pensiero affettivo e come luoghi in cui si può ulteriormente sperimentare”. Come precisa Barbara Bolt a proposito della performatività dell’arte come 'lavoro' d'arte: 'L'opera d'arte è il lavoro che fa l'opera d'arte; è il movimento di ... metodologie, prassi materiale, l’influenza e l'esperienza sensoriale che si pone in e attraverso il veicolo dell'arte e l'opera d'arte stessa”. François intende “utilizzare l'astrazione come mezzo per facilitare esperienze affettive. I dipinti astratti possono essere visti come luoghi per incontrare influenzare, in una posizione in cui si può entrare in contatto con una esperienza affettiva, piuttosto che solo essere descritti pragmaticamente da materiali utilizzati e metodi di creazione”.
La morbidezza del rame, metallo preferito per la sua duttilità per diventare altro, la plastica come materiale trovato, la tela dipinta con varie stratificazioni cromatiche, dagli azzurri ai rosso – rosati, dai grigi ai neri, dilavata fino a perdere ogni preparazione predisposta, il fuoco corroborante e purificatorio, sono gli elementi del suo processo alchemico.
“Ho impegnato la mia sensibilità per sviluppare una nuova visione e sentire e sperimentare quadri astratti, e sono giunto a comprendere il mistero di queste "immagini di nulla ', sempre in attesa della reazione.
François propone gli esiti non finali del suo work in progress, come itinerario che continua di cui questa tappa è solo l’inizio per avanzare nei territori dell’arte e nei sentieri illimitati della conoscenza.
30
giugno 2016
François Evangelista – Raw Materials for Images of NOTHING
Dal 30 giugno al 30 luglio 2016
arte contemporanea
Location
D’A SPAZIO D’ARTE
Empoli, Via Della Repubblica, 52, (Firenze)
Empoli, Via Della Repubblica, 52, (Firenze)
Orario di apertura
da martedì a sabato su appuntamento.
Vernissage
30 Giugno 2016, ore 19.00
Autore