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Fratelli Broche – A cena da nonna
video installazione performativa del progetto artistico La discarica dei Broche.
Comunicato stampa
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“A CENA DA NONNA” video installazione del progetto artistico La discarica dei Broche
Presentato al Festival di sant’Arcangelo (ESC) 2010.
“…quando entro in una casa per sgomberarne il contenuto, mi rendo conto di molte cose. Siamo cresciuti con un’educazione che ci spinge a pensare che quando moriamo ciò che rimane è l’anima. In quei momenti invece quando entro nella casa del morto mi accorgo che ciò che rimane di noi dopo la morte è la materia che abbiamo accumulato o che non abbiamo accumulato e ci ha accompagnati durante la vita. Quella tovaglia in ogni momento, nei giorni di tristezza o di felicità ci ha assistito con le nostre emozioni. È inquietante pensare che quando scegliamo svogliatamente o con intenzione un letto, sarà una scelta che condizionerà per lungo tempo o per sempre il nostro sguardo. Quello sguardo che prima di coricarci si poserà assuefatto su quell’oggetto scelto da noi in un momento qualunque della nostra vita e che sarà presente ogni giorno della nostra esistenza.
Nel giorno della morte la nostra esistenza comincia a sgretolarsi e non sto parlando della vita, ma di quell’esistenza creata giorno dopo giorno dall’accumulo di materia che nel suo insieme crea il puzzle che delinea la nostra storia. La vita è il collante di questo insieme di oggetti che rappresentano le nostre scelte e nell’insieme la nostra personalità. La morte è quel solvente che scioglie la colla. È in quel preciso momento che gli oggetti cominciano a separarsi e quindi a portare alla dissoluzione di quell’esistenza
…quando entro in una casa per svuotarla dopo la morte del suo abitante è incredibile come il cannibalismo dell’essere umano si comporti nei confronti del suo simile. Tutto tende ad essere divorato, separato, eliminato.
Idealmente quello che faccio è recuperare parti di esistenze cucendole insieme ad altre e metaforicamente creandone una simbolica fatta della parte migliore di tutte le altre. Per migliore intendo quello che per me è migliore: l’emozione.
E’ da tempo che indago l’immondizia e vivendo in una città, ho capito che tutte le persone tendono al trash; ma non il trash usato come termine alla moda, ma trash inteso come immondizia. Quando muoriamo, ciò che abbiamo scelto durante la vita diventa immondizia, quasi tutto. Così quando vado a rovistare tra i sacchi fra limoni spremuti, pezzi di pane addentati e fustini del detersivo vuoti trovo quella borsa della tua nonna che conservava con cura e rispetto, l’aveva usata tre volte nella vita: al primo appuntamento con tuo nonno, la sera che dopo tanti anni l’aveva accompagnata al cinema in piazza e il giorno che l’ha indossata per la tua laurea. Poi quando è morta, tua mamma o tu stesso l’avete gettata insieme alla confezione delle merendine nell’immondizia.
Io l’ho ritrovata e l’ho messa insieme ai pezzi delle altre esistenze che tutte insieme creeranno la mia.
Dopo tutto questo impegno mi stupisco delle risposte della gente, quando metto vicini due oggetti: un manufatto emozionale e una porcheria fatta in serie. Le persone bombardate quotidianamente dalle immagini artificiali, assuefatte dalla mediocrità hanno subito un appiattimento del gusto e della capacità di critica. Queste persone il cui occhio è diventato talmente debole, se messe nella condizione di scegliere tra un manufatto emozionale e un oggetto in serie non capiscono la differenza intrinseca della qualità la quale si riflette direttamente sulla qualità media della vita contemporanea. Viene meno il valore della scelta e ciò che esso rappresenta: l’attesa, la speranza, il ragionamento, la valutazione, l’incertezza, la gratificazione, la felicità. La scelta diventa imposta dal sistema artificiale dell’immagine e dall’appiattimento del gusto imposto da quel sistema che rende passivo e inerme l’uomo. Da qui poi si ragiona che se tutto ciò che l’uomo accumula è banale e inutile (metafora della sua personalità), alla sua morte l’insieme degli oggetti scelti e che determinano il soma della sua personalità verrà gettato e smembrato. Con questa tendenza anche chi ha avuto un percorso di scelte non banali e non desolanti subirà dopo la morte il dilaniamento non da parte dei vermi della putrefazione, ma da parte dei suoi simili che getteranno la sua esistenza in quel magico mondo dell’immondizia”
Presentato al Festival di sant’Arcangelo (ESC) 2010.
“…quando entro in una casa per sgomberarne il contenuto, mi rendo conto di molte cose. Siamo cresciuti con un’educazione che ci spinge a pensare che quando moriamo ciò che rimane è l’anima. In quei momenti invece quando entro nella casa del morto mi accorgo che ciò che rimane di noi dopo la morte è la materia che abbiamo accumulato o che non abbiamo accumulato e ci ha accompagnati durante la vita. Quella tovaglia in ogni momento, nei giorni di tristezza o di felicità ci ha assistito con le nostre emozioni. È inquietante pensare che quando scegliamo svogliatamente o con intenzione un letto, sarà una scelta che condizionerà per lungo tempo o per sempre il nostro sguardo. Quello sguardo che prima di coricarci si poserà assuefatto su quell’oggetto scelto da noi in un momento qualunque della nostra vita e che sarà presente ogni giorno della nostra esistenza.
Nel giorno della morte la nostra esistenza comincia a sgretolarsi e non sto parlando della vita, ma di quell’esistenza creata giorno dopo giorno dall’accumulo di materia che nel suo insieme crea il puzzle che delinea la nostra storia. La vita è il collante di questo insieme di oggetti che rappresentano le nostre scelte e nell’insieme la nostra personalità. La morte è quel solvente che scioglie la colla. È in quel preciso momento che gli oggetti cominciano a separarsi e quindi a portare alla dissoluzione di quell’esistenza
…quando entro in una casa per svuotarla dopo la morte del suo abitante è incredibile come il cannibalismo dell’essere umano si comporti nei confronti del suo simile. Tutto tende ad essere divorato, separato, eliminato.
Idealmente quello che faccio è recuperare parti di esistenze cucendole insieme ad altre e metaforicamente creandone una simbolica fatta della parte migliore di tutte le altre. Per migliore intendo quello che per me è migliore: l’emozione.
E’ da tempo che indago l’immondizia e vivendo in una città, ho capito che tutte le persone tendono al trash; ma non il trash usato come termine alla moda, ma trash inteso come immondizia. Quando muoriamo, ciò che abbiamo scelto durante la vita diventa immondizia, quasi tutto. Così quando vado a rovistare tra i sacchi fra limoni spremuti, pezzi di pane addentati e fustini del detersivo vuoti trovo quella borsa della tua nonna che conservava con cura e rispetto, l’aveva usata tre volte nella vita: al primo appuntamento con tuo nonno, la sera che dopo tanti anni l’aveva accompagnata al cinema in piazza e il giorno che l’ha indossata per la tua laurea. Poi quando è morta, tua mamma o tu stesso l’avete gettata insieme alla confezione delle merendine nell’immondizia.
Io l’ho ritrovata e l’ho messa insieme ai pezzi delle altre esistenze che tutte insieme creeranno la mia.
Dopo tutto questo impegno mi stupisco delle risposte della gente, quando metto vicini due oggetti: un manufatto emozionale e una porcheria fatta in serie. Le persone bombardate quotidianamente dalle immagini artificiali, assuefatte dalla mediocrità hanno subito un appiattimento del gusto e della capacità di critica. Queste persone il cui occhio è diventato talmente debole, se messe nella condizione di scegliere tra un manufatto emozionale e un oggetto in serie non capiscono la differenza intrinseca della qualità la quale si riflette direttamente sulla qualità media della vita contemporanea. Viene meno il valore della scelta e ciò che esso rappresenta: l’attesa, la speranza, il ragionamento, la valutazione, l’incertezza, la gratificazione, la felicità. La scelta diventa imposta dal sistema artificiale dell’immagine e dall’appiattimento del gusto imposto da quel sistema che rende passivo e inerme l’uomo. Da qui poi si ragiona che se tutto ciò che l’uomo accumula è banale e inutile (metafora della sua personalità), alla sua morte l’insieme degli oggetti scelti e che determinano il soma della sua personalità verrà gettato e smembrato. Con questa tendenza anche chi ha avuto un percorso di scelte non banali e non desolanti subirà dopo la morte il dilaniamento non da parte dei vermi della putrefazione, ma da parte dei suoi simili che getteranno la sua esistenza in quel magico mondo dell’immondizia”
05
febbraio 2011
Fratelli Broche – A cena da nonna
05 febbraio 2011
performance - happening
Location
SPAZIO 14
Trento, Via Clementino Vannetti, (Trento)
Trento, Via Clementino Vannetti, (Trento)
Vernissage
5 Febbraio 2011, ore 20.45
Sito web
www.teatrincorso.com
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