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Fulvio Rendhell
Le tele, quasi tutte di grande formato, animano uno spazio sofisticato che sembra creato apposta per accogliere questa mostra dal sapore un po’ magico e un po’ intimista
Comunicato stampa
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Con Fulvio Rendhell, artista poliedrico e intimista, ricercatore del mistero, la galleria di Inés Izzo alla Margutta Arcade apre la stagione autunnale, il prossimo 21 settembre, in grande stile.
Le tele, quasi tutte di grande formato, animano uno spazio sofisticato che sembra creato apposta per accogliere questa mostra dal sapore un po’ magico e un po’ intimista.
Ed è così che Rendhell, nello stesso modo in cui vive ed ha vissuto, esprime nei suoi quadri i propri stimoli interiori, un’introspezione segreta proiettata nell’universo del femmineo, una ricerca costante che investe problematiche poi risolte su un piano surreale e onirico.
Sono due gli incubi che affollano i suoi sogni: la “fanciulla” e l’”ombra”: l’ombra è una specie di ectoplasma creato dalla mente della fanciulla, una sorta di alter ego che l’accompagna nella sua crescita di donna. A volte è un’ombra-salvifica, altre volte un’ombra-orco che incarna le prime pulsioni sessuali, gli impulsi primordiali che vogliono trasformare la crisalide in farfalla.
Sempre due sono gli elementi che compaiono frequentemente nelle opere di Rendhell: la bambola e la luna, intesa quest’ultima come deità femminile. Vediamo così bambole fatte a pezzi dall’uomo nero come oltraggio e frantumazione del tabù dell’innocenza, bambole incuriosite dove l’impulso sessuale interiore si trasforma in dubbio, angoscia o atto liberatorio.
E’ così che l’uomo nero assume le sembianze simboliche dell’orco delle favole, il demone da cui fuggivano le fanciulle di ere lontane, attualizzato e traslato oggi nella paura del Mistero. Una sorta di Giano Bifronte, un simbolo dal quale fuggire ma che può, nel contempo, essere il veicolo per uscire dagli inferi e tuffarsi nell’universo stellare.
In tutto questo cammino, la Venere fanciulla di Fulvio Rendhell può solo intuire cosa l’aspetta alla fine della sua trasformazione, nel compimento dei suoi impulsi segreti che si affacciano prepotenti da un mondo di archetipi. Un mondo che l’artista descrive sapientemente in un sofisticato gioco di reminiscenze di classicismo e favola.
La tela, inizialmente immacolata, si offre a Rendhell, per consentire che il pennello possa trasferire in lei un vissuto spesso contraddittorio, in una sorta di incontro scontro: la tela è lì, bianca, il pennello si agita nell’aria e lentamente su di lei prendono corpo le forme di un sogno, dei sogni-incubi in cui favola, mito, religiosità ambigua si incontrano in una sorta di danza pagana. Ecco nascere così forme segni colori come in un grido lanciato all’impuro incontaminato: la farfalla dalla breve vita di un’estate. L’artista mescola intelligentemente le carte, le butta sul tavolo e sta a ciascuno di noi leggerle a seconda di ciò che ha in mano.
Davanti a noi c’è un artista che rifugge la produzione quantitativa, perché ogni quadro è frutto di una lunga gestazione, sballottato incessantemente in questa sua gravidanza psichica tra inferno e paradiso, sedi opposte e interscambiabili per la creazione della sua arte.
Fulvio Rendhell è un artista che non ha bisogno di platee, ma preferisce quasi accogliere le sue opere in una sorta di protettivo mistero, forse per nascondere i respiri della sua anima che prenderanno però forma e colore in un universo pittorico, unico sogno inespresso e inesprimibile che lo tormenta.
Le tele, quasi tutte di grande formato, animano uno spazio sofisticato che sembra creato apposta per accogliere questa mostra dal sapore un po’ magico e un po’ intimista.
Ed è così che Rendhell, nello stesso modo in cui vive ed ha vissuto, esprime nei suoi quadri i propri stimoli interiori, un’introspezione segreta proiettata nell’universo del femmineo, una ricerca costante che investe problematiche poi risolte su un piano surreale e onirico.
Sono due gli incubi che affollano i suoi sogni: la “fanciulla” e l’”ombra”: l’ombra è una specie di ectoplasma creato dalla mente della fanciulla, una sorta di alter ego che l’accompagna nella sua crescita di donna. A volte è un’ombra-salvifica, altre volte un’ombra-orco che incarna le prime pulsioni sessuali, gli impulsi primordiali che vogliono trasformare la crisalide in farfalla.
Sempre due sono gli elementi che compaiono frequentemente nelle opere di Rendhell: la bambola e la luna, intesa quest’ultima come deità femminile. Vediamo così bambole fatte a pezzi dall’uomo nero come oltraggio e frantumazione del tabù dell’innocenza, bambole incuriosite dove l’impulso sessuale interiore si trasforma in dubbio, angoscia o atto liberatorio.
E’ così che l’uomo nero assume le sembianze simboliche dell’orco delle favole, il demone da cui fuggivano le fanciulle di ere lontane, attualizzato e traslato oggi nella paura del Mistero. Una sorta di Giano Bifronte, un simbolo dal quale fuggire ma che può, nel contempo, essere il veicolo per uscire dagli inferi e tuffarsi nell’universo stellare.
In tutto questo cammino, la Venere fanciulla di Fulvio Rendhell può solo intuire cosa l’aspetta alla fine della sua trasformazione, nel compimento dei suoi impulsi segreti che si affacciano prepotenti da un mondo di archetipi. Un mondo che l’artista descrive sapientemente in un sofisticato gioco di reminiscenze di classicismo e favola.
La tela, inizialmente immacolata, si offre a Rendhell, per consentire che il pennello possa trasferire in lei un vissuto spesso contraddittorio, in una sorta di incontro scontro: la tela è lì, bianca, il pennello si agita nell’aria e lentamente su di lei prendono corpo le forme di un sogno, dei sogni-incubi in cui favola, mito, religiosità ambigua si incontrano in una sorta di danza pagana. Ecco nascere così forme segni colori come in un grido lanciato all’impuro incontaminato: la farfalla dalla breve vita di un’estate. L’artista mescola intelligentemente le carte, le butta sul tavolo e sta a ciascuno di noi leggerle a seconda di ciò che ha in mano.
Davanti a noi c’è un artista che rifugge la produzione quantitativa, perché ogni quadro è frutto di una lunga gestazione, sballottato incessantemente in questa sua gravidanza psichica tra inferno e paradiso, sedi opposte e interscambiabili per la creazione della sua arte.
Fulvio Rendhell è un artista che non ha bisogno di platee, ma preferisce quasi accogliere le sue opere in una sorta di protettivo mistero, forse per nascondere i respiri della sua anima che prenderanno però forma e colore in un universo pittorico, unico sogno inespresso e inesprimibile che lo tormenta.
21
settembre 2006
Fulvio Rendhell
Dal 21 settembre al 06 ottobre 2006
arte contemporanea
Location
MARGUTTA 3 – INES IZZO ARTE CONTEMPORANEA
Roma, Via Margutta, 3, (Roma)
Roma, Via Margutta, 3, (Roma)
Orario di apertura
da martedì a domenica 11-19.30
Vernissage
21 Settembre 2006, ore 18.30
Ufficio stampa
ZETEMA
Autore
Curatore