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Fuori tutto. La mostra delle mostre dell’Istituto Giapponese di Cultura
Calligrafia, buddhismo, giardini, festival, patrimoni UNESCO, aquiloni e trottole, le lampade originali di Isamu Noguchi, le foto della leggendaria missione Iwakura e il rarissimo Hyakumantō: l’Istituto Giapponese di Cultura racconta 50 anni di mostre.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
La mostra delle mostre: l’Istituto Giapponese ne possiede varie disponibili al prestito, oltre
a oggetti e corredi importanti che attendono nel silenzio dei depositi il
momento di rivelarsi. FUORI TUTTO dà luce a opere o pannelli che
diacronicamente raccontano i trend dello scambio culturale e istituzionale
italogiapponese degli ultimi 50 anni. Calligrafia, buddhismo, giardini,
festival, patrimoni UNESCO, aquiloni e trottole, le lampade originali di Isamu
Noguchi e le foto della leggendaria missione Iwakura: ghiotta occasione per
riflettere su temi di inossidabile fascino. Per tacere del rarissimo
Hyakumantō.
In mostra selezione da:
1. Calligrafia giapponese contemporanea
Ed è anche un vuoto di parola che costituisce la scrittura; è da questo vuoto
che nascono quei tratti con cui lo zen, nell’esenzione di ogni senso, scrive i
giardini, i gesti, le case, i mazzi di fiori, i volti, la violenza.
i. Roland
Barthes, L’impero dei segni, 1970
L’atto che produce la calligrafia, unico e
compiuto, compreso di un suo stato d’animo, non può essere corretto essendo un
flusso vivo che si effonde dall’intimo dell’autore verso l’esterno. Il
calligrafo è davanti alla carta in una situazione emotiva di estrema
concentrazione e dal momento in cui poggia il pennello sulla carta a quando lo
solleva il senso ritmico determinato dal tocco del pennello in apertura, il suo
orientamento, la velocità, la pressione, decide del destino dell’opera. Non ci
sono correzioni. Per perfezionare una calligrafia l’autore, portando all’
esterno la propria emotività, ripete la creazione sino a che non ne è
soddisfatto: cinquanta, cento volte e di esse una è l’opera che verrà mostrata
in pubblico. Chi la valuta naturalmente conosce il significato dello scritto
ma, avendo percepito l’idea trasmessa dalla volontà del calligrafo, ciò non è
necessario per apprezzare l’opera: anche nel caso che non lo capisse, può
giudicarla dalla composizione spaziale del bianco e del nero, là dove si
compongono unitariamente la forma che si manifesta, le linee, il loro fluire,
il chiaro-scuro dell’inchiostro, i vuoti. In aggiunta sarebbe una fortuna se
dall’esteriorità dello scritto riuscisse a raggiungere la percezione dall’alta
spiritualità di cui il calligrafo l’ha permeata, racchiusa in espressioni quali
“La calligrafia è il suo autore” o “L’animo si fa arte”.
Toba-Chiba Ikuyo,
Shodō , in Calligrafia Giapponese Contemporanea, Istituto Giapponese diCcultura
in Roma, 1995
2. I festival giapponesi Mito e rito nel Giappone
contemporaneo Il Giappone ha conservato chiara e netta la distinzione tra le 4
stagioni, primavera, estate, autunno, inverno, con caratteristiche naturali e
di clima piuttosto marcate. È risaputo difatti che i giapponesi siano un popolo
con una spiccata percezione delle stagioni. Questa sensibilità pare abbia avuto
una parte molto importante nella storia e nella cultura del Paese, in
particolare nei riguardi della letteratura e dell’arte: oltre a tematiche
propriamente artistiche e di gusto estetico, sono state spesso rappresentate
scene collegate al lavoro quotidiano, ai riti e alle ricorrenze. Gli eventi
rituali nel calendario giapponese (detti nenjū gyōji) stanno ad indicare
qualcosa di speciale che viene puntualmente messa in atto, perlopiù con
scadenza annuale, sulla base delle componenti stagionali insite in quella
circostanza. Sono quindi la rappresentazione di avvenimenti stagionali e,
attraverso essi si può riuscire a capire quale sia l’atteggiamento giapponese
verso la natura. Le feste tradizionali giapponesi sono intimamente collegate
con l’etnologia, l’antropologia, la religione, l’animismo; i riti e gli oggetti
ad esse connesse si perpetuano a tutt’oggi, conservando in molti casi le
caratteristiche locali. Ci sono le feste per il Capodanno, le ricorrenze per i
bambini, i riti connessi ai lavori dei campi; anche nelle città, dove hanno
finito con l’assumere espressioni più moderne, i riti fanno parte della vita
giapponese mantenendo viva la tradizione.
Masaaki iseki, in Feste Tradizionali
in Giappone, Istituto Giapponese di Cultura in Roma, 1987
3. Il giardino
giapponese Il dettaglio e l’insieme in una grande storia di asimmetriche
armonie estetiche. Mostra fotografica sui giardini più noti e significativi del
Giappone, da Villa Katsura al tempio Ryoanji di Kyoto, alla scoperta dei vari
elementi propri del nihon teien, riproduzione in scala della natura, modellata
secondo i canoni del manuale Sakuteiki, manuale dell’arte del giardino redatto
dal nobile Tachibana attorno all’anno 1000.
4. Il patrimonio mondiale UNESCO
in Giappone Kazuyoshi Miyoshi fotografa i patrimoni culturali e naturalistici
del Giappone inseriti nella lista UNESCO. La lista nipponica comprende villaggi
dalle architetture tipiche e archetipiche, zone montuose, isole, templi,
santuari, e l’emblematica cupola di Hiroshima, sorprendentemente intonso luogo
di caduta dell’ordigno atomico. Tra gli ultimi iscritti: l’iconico monte Fuji.
5. Aquiloni e Trottole dal Giappone I pezzi in mostra, provenienti dall’intero
territorio nazionale, forniscono preziose informazioni etnografiche sul
Giappone, con le varianti locali e i richiami alle ricorrenze stagionali-
Testimonianze storiche confermano che aquiloni e trottole, di origine cinese,
sono presenti in Giappone da più di 1200 anni. Unico caso al mondo, ancora oggi
in molte zone dell’arcipelago se ne costruiscono migliaia di esemplari a
livello artigianale, utilizzando i design e i colori della tradizione o
caratteristici delle varie regioni di produzione. Sebbene l’interesse dei
bambini giapponesi verso questa forma di divertimento sia andato man mano
scemando in seguito alla carenza di aree ludiche all’aperto e all’introduzione
di giochi tecnologici e interattivi, rimane pur vero che in Giappone esistono
ancora diverse feste ufficiali, festival e incontri amatoriali che permettono
di apprezzare e tramandare questa antica forma d’arte e d’intrattenimento.
6.
Statue buddhiste e Statue di Buddha nella terra di Yamato Due mostre
fotografiche sulla raffinata statuaria del pantheon buddhista La statuaria
buddhista fu introdotta in Giappone circa 1400 anni fa, nel periodo Asuka (593-
710), con la realizzazione dell’Asuka Daibutsu, effige bronzea di Shaka Nyorai
alta oltre 16 metri. Da allora si sono susseguiti stili che riflettevano di
volta in volta i principi estetici e culturali del tempo. Le due mostre si
concentrano sulle tipologie iconografiche dei diversi stadi della buddhità, e
sulla imperiosa e raffinatissima statuaria dell’aria di Kyoto, ricca dei più
noti templi al mondo.
7. IL GIAPPONE SCOPRE L’OCCIDENTE Una missione
diplomatica 1871-73 L’alba delle relazioni moderne tra Italia e Giappone
testimoniate dai protagonisti della missione Iwakura (dal nome del
capomissione, ambasciatore Tomomi Iwakura, 1825-1883, in occidente assieme agli
altri inviati Takayoshi Kido, 1833-1877, Toshimichi Ōkubo 1830-1878, Hirobumi
Itō, 1841-1909, Naoyoshi Yamaguchi, 1839-1894, protagonisti della scena
politica giapponese a venire). La ricca raccolta di fonti materiali e scritte
in un’accurata ricerca che fotografa l’Italia postunitaria e il Giappone che si
affaccia a ovest dopo l’epocale Restaurazione Meiji (1868). La missione di
Iwakura salpò dal porto di Yokohama per gli Stati Uniti il 23 dicembre 1871,
appena pochi mesi dopo l’abolizione degli han o feudi e l’adozione del sistema
delle prefetture avvenuta proprio nel mese di luglio dello stesso anno. Dopo
una politica isolazionistica perseguita per ben 300 anni nei confronti di tutti
i paesi stranieri tranne l’Olanda, nel 1854 il Giappone decise di attuare l’
apertura dei porti. In questa nuova situazione,molti giapponesi si recarono in
vari paesi occidentali come componenti di missioni ufficiali o come privati
cittadini. Senza dubbio, la missione cosiddetta di Iwakura può essere
considerata l’ultima, la più importante e la più numerosa fra tutte quelle
inviate dalla fine del feudalesimo di Tokugawa all’inizio del governo imperiale
di Meiji. La missione venne organizzata dal nuovo governo di Meiji per tre
motivi principali: il primo, la presentazione di credenziali ai capi degli
Stati con cui il Giappone aveva concluso trattati a partire dal termine dell’
epoca di Tokugawa; il secondo, trattative preparatorie per il differimento del
rinnovo dei trattati; il terzo, infine, indagine e studio di vari sistemi e
organizzazioni moderni adottati nei Paesi occidentali più sviluppati. La
missione, dai previsti 10 mesi e mezzo, in realtà durò un anno e 10 mesi,
toccando 12 Paesi, tra USA e Europa. (S. Iwakura, Itinerario della missione di
Iwakura in Italia nel 1873, Annuario 1992, Istituto Giapponese di Cultura in
Roma)
8. Hyakumantō Un milione di Pagode Presunto originale (e copia
manipolabile) di una del milione di pagode lignee in miniatura contenenti testo
sacro dharani , considerato il più antico stampato al mondo. I primi esempi di
testi stampati in Giappone sono l’enorme numero di invocazioni dharani che
furono, secondo le antiche cronache Shoku nihongi, realizzati tra il 764 e il
770 e poste all’interno di minipagode lignee spesso recanti la stessa data. L’
enorme quantità prodotta fa ritenere che siano stati fatti tentativi
precedenti, così come si suppone che fu il monaco cinese Jianzhen a importare l’
arte della stampa in Giappone, dove giunse nel 753. Il testo dharani contenuto
all’interno non venne riprodotto per distribuzione o lettura, quanto per
rituale riproduzione dei testi. Tratto dal sutra conosciuto in giapponese come
Muku jōkō dai daranikyō, tradotto in cinese dal monaco tocario Mitraṡanta nel
704. Il sutra si fonda sui benefici derivanti dalla riproduzione del testo
dharani e l’inserimento nelle pagode. Su commissione dell’imperatrice Shōtoku,
le pagode vennero distribuite nei dieci maggiori templi del Giappone. VIII
secolo.
9. Lampade Akari di Isamu Noguchi 16 esemplari dalla serie del 1951
creata dal noto designer che ha fatto scuola nel mondo. .Uno dei più importanti
artisti del XX secolo, Isamu Noguchi (1904-1988) ha esteso la tradizionale
nozione di scultura fino a includere la creazione di scenografie per spettacoli
di danza, giardini, parchi giochi, fontane e mobilio. All’interno di questa
vasta rosa di ambienti spaziali le lampade Akari di Isamu Noguchi occupano un
posto unico, esprimendo il suo retaggio nippoamericano in lavori progettati per
migliorare la qualità della vita quotidiana. Akari, un termine che significa
luce come illuminazione, ma implica anche l’idea di leggerezza / mancanza di
peso Nel 1951 Isamu Noguchi visitò la città giapponese di Gifu, nota per la
manifattura di lampade e ombrelli di bamboo e carta di gelso. Ispirato anche
dalle lanterne per la pesca notturna usate sul Niagara River, Noguchi disegnò
le sue prime lampade realizzate col tradizionale sistema di produzione di Gifu.
Chiamò tali opere Akari, un termine che significa luce come illuminazione, ma
implica anche il concetto di mancanza di peso o leggerezza. Espandendo il
concetto di scultura luminosa, sviluppato a New York negli anni quaranta,
Noguchi utilizzò forme astratte per unire la semplicità dell’estetica
giapponese ai principi dell’arte e del design contemporanei. Più che accessori
per la casa Akari sono vere e proprie sculture di luce. “Tutto ciò di cui hai
bisogno per fare una casa sono una stanza, un tatami e un Akari” Incorniciando
il caldo bagliore della luce nel bamboo e nella carta fatta a mano, Isamu
Noguchi portò nelle case il design contemporaneo insieme ai più tradizionali
materiali giapponesi. Come la bellezza delle foglie cadenti e del bocciolo di
ciliegio, Noguchi scrisse, Akari sono “poetiche, effimere e incerte”. E amava
ripetere: “Tutto ciò di cui hai bisogno per fare una casa sono una stanza, un
tatami e un Akari”. La realizzazione delle sculture di luce Akari La produzione
di Akari in Giappone, alla Ozeki Company, segue dal 1951 i metodi tradizionali
di costruzione delle lanterne Gifu. Ogni Akari è fatta a mano, iniziando dalla
fabbricazione della carta washi con la corteccia interna degli alberi di gelso.
Gli elementi di bambù che compongono l’ossatura sono distesi su forme modellate
di legno, che ricordano delle sculture. La carta washi viene prima tagliata in
strisce larghe o più sottili, a seconda della forma e della grandezza della
lampada, e poi incollata su entrambi i lati della struttura. Una volta
seccatasi la colla, e quando la forma della lampada è ormai stabile, la forma
interna di legno viene disassemblata e rimossa. Il risultato finale è una forma
di carta forte e flessibile, che può essere anche ripiegata e impacchettata per
la spedizione. La confezione dell’Akari include anche il sistema di supporto
della lampada, brevettato da Noguchi stesso. (http://www.noguchi.org/noguchi
a oggetti e corredi importanti che attendono nel silenzio dei depositi il
momento di rivelarsi. FUORI TUTTO dà luce a opere o pannelli che
diacronicamente raccontano i trend dello scambio culturale e istituzionale
italogiapponese degli ultimi 50 anni. Calligrafia, buddhismo, giardini,
festival, patrimoni UNESCO, aquiloni e trottole, le lampade originali di Isamu
Noguchi e le foto della leggendaria missione Iwakura: ghiotta occasione per
riflettere su temi di inossidabile fascino. Per tacere del rarissimo
Hyakumantō.
In mostra selezione da:
1. Calligrafia giapponese contemporanea
Ed è anche un vuoto di parola che costituisce la scrittura; è da questo vuoto
che nascono quei tratti con cui lo zen, nell’esenzione di ogni senso, scrive i
giardini, i gesti, le case, i mazzi di fiori, i volti, la violenza.
i. Roland
Barthes, L’impero dei segni, 1970
L’atto che produce la calligrafia, unico e
compiuto, compreso di un suo stato d’animo, non può essere corretto essendo un
flusso vivo che si effonde dall’intimo dell’autore verso l’esterno. Il
calligrafo è davanti alla carta in una situazione emotiva di estrema
concentrazione e dal momento in cui poggia il pennello sulla carta a quando lo
solleva il senso ritmico determinato dal tocco del pennello in apertura, il suo
orientamento, la velocità, la pressione, decide del destino dell’opera. Non ci
sono correzioni. Per perfezionare una calligrafia l’autore, portando all’
esterno la propria emotività, ripete la creazione sino a che non ne è
soddisfatto: cinquanta, cento volte e di esse una è l’opera che verrà mostrata
in pubblico. Chi la valuta naturalmente conosce il significato dello scritto
ma, avendo percepito l’idea trasmessa dalla volontà del calligrafo, ciò non è
necessario per apprezzare l’opera: anche nel caso che non lo capisse, può
giudicarla dalla composizione spaziale del bianco e del nero, là dove si
compongono unitariamente la forma che si manifesta, le linee, il loro fluire,
il chiaro-scuro dell’inchiostro, i vuoti. In aggiunta sarebbe una fortuna se
dall’esteriorità dello scritto riuscisse a raggiungere la percezione dall’alta
spiritualità di cui il calligrafo l’ha permeata, racchiusa in espressioni quali
“La calligrafia è il suo autore” o “L’animo si fa arte”.
Toba-Chiba Ikuyo,
Shodō , in Calligrafia Giapponese Contemporanea, Istituto Giapponese diCcultura
in Roma, 1995
2. I festival giapponesi Mito e rito nel Giappone
contemporaneo Il Giappone ha conservato chiara e netta la distinzione tra le 4
stagioni, primavera, estate, autunno, inverno, con caratteristiche naturali e
di clima piuttosto marcate. È risaputo difatti che i giapponesi siano un popolo
con una spiccata percezione delle stagioni. Questa sensibilità pare abbia avuto
una parte molto importante nella storia e nella cultura del Paese, in
particolare nei riguardi della letteratura e dell’arte: oltre a tematiche
propriamente artistiche e di gusto estetico, sono state spesso rappresentate
scene collegate al lavoro quotidiano, ai riti e alle ricorrenze. Gli eventi
rituali nel calendario giapponese (detti nenjū gyōji) stanno ad indicare
qualcosa di speciale che viene puntualmente messa in atto, perlopiù con
scadenza annuale, sulla base delle componenti stagionali insite in quella
circostanza. Sono quindi la rappresentazione di avvenimenti stagionali e,
attraverso essi si può riuscire a capire quale sia l’atteggiamento giapponese
verso la natura. Le feste tradizionali giapponesi sono intimamente collegate
con l’etnologia, l’antropologia, la religione, l’animismo; i riti e gli oggetti
ad esse connesse si perpetuano a tutt’oggi, conservando in molti casi le
caratteristiche locali. Ci sono le feste per il Capodanno, le ricorrenze per i
bambini, i riti connessi ai lavori dei campi; anche nelle città, dove hanno
finito con l’assumere espressioni più moderne, i riti fanno parte della vita
giapponese mantenendo viva la tradizione.
Masaaki iseki, in Feste Tradizionali
in Giappone, Istituto Giapponese di Cultura in Roma, 1987
3. Il giardino
giapponese Il dettaglio e l’insieme in una grande storia di asimmetriche
armonie estetiche. Mostra fotografica sui giardini più noti e significativi del
Giappone, da Villa Katsura al tempio Ryoanji di Kyoto, alla scoperta dei vari
elementi propri del nihon teien, riproduzione in scala della natura, modellata
secondo i canoni del manuale Sakuteiki, manuale dell’arte del giardino redatto
dal nobile Tachibana attorno all’anno 1000.
4. Il patrimonio mondiale UNESCO
in Giappone Kazuyoshi Miyoshi fotografa i patrimoni culturali e naturalistici
del Giappone inseriti nella lista UNESCO. La lista nipponica comprende villaggi
dalle architetture tipiche e archetipiche, zone montuose, isole, templi,
santuari, e l’emblematica cupola di Hiroshima, sorprendentemente intonso luogo
di caduta dell’ordigno atomico. Tra gli ultimi iscritti: l’iconico monte Fuji.
5. Aquiloni e Trottole dal Giappone I pezzi in mostra, provenienti dall’intero
territorio nazionale, forniscono preziose informazioni etnografiche sul
Giappone, con le varianti locali e i richiami alle ricorrenze stagionali-
Testimonianze storiche confermano che aquiloni e trottole, di origine cinese,
sono presenti in Giappone da più di 1200 anni. Unico caso al mondo, ancora oggi
in molte zone dell’arcipelago se ne costruiscono migliaia di esemplari a
livello artigianale, utilizzando i design e i colori della tradizione o
caratteristici delle varie regioni di produzione. Sebbene l’interesse dei
bambini giapponesi verso questa forma di divertimento sia andato man mano
scemando in seguito alla carenza di aree ludiche all’aperto e all’introduzione
di giochi tecnologici e interattivi, rimane pur vero che in Giappone esistono
ancora diverse feste ufficiali, festival e incontri amatoriali che permettono
di apprezzare e tramandare questa antica forma d’arte e d’intrattenimento.
6.
Statue buddhiste e Statue di Buddha nella terra di Yamato Due mostre
fotografiche sulla raffinata statuaria del pantheon buddhista La statuaria
buddhista fu introdotta in Giappone circa 1400 anni fa, nel periodo Asuka (593-
710), con la realizzazione dell’Asuka Daibutsu, effige bronzea di Shaka Nyorai
alta oltre 16 metri. Da allora si sono susseguiti stili che riflettevano di
volta in volta i principi estetici e culturali del tempo. Le due mostre si
concentrano sulle tipologie iconografiche dei diversi stadi della buddhità, e
sulla imperiosa e raffinatissima statuaria dell’aria di Kyoto, ricca dei più
noti templi al mondo.
7. IL GIAPPONE SCOPRE L’OCCIDENTE Una missione
diplomatica 1871-73 L’alba delle relazioni moderne tra Italia e Giappone
testimoniate dai protagonisti della missione Iwakura (dal nome del
capomissione, ambasciatore Tomomi Iwakura, 1825-1883, in occidente assieme agli
altri inviati Takayoshi Kido, 1833-1877, Toshimichi Ōkubo 1830-1878, Hirobumi
Itō, 1841-1909, Naoyoshi Yamaguchi, 1839-1894, protagonisti della scena
politica giapponese a venire). La ricca raccolta di fonti materiali e scritte
in un’accurata ricerca che fotografa l’Italia postunitaria e il Giappone che si
affaccia a ovest dopo l’epocale Restaurazione Meiji (1868). La missione di
Iwakura salpò dal porto di Yokohama per gli Stati Uniti il 23 dicembre 1871,
appena pochi mesi dopo l’abolizione degli han o feudi e l’adozione del sistema
delle prefetture avvenuta proprio nel mese di luglio dello stesso anno. Dopo
una politica isolazionistica perseguita per ben 300 anni nei confronti di tutti
i paesi stranieri tranne l’Olanda, nel 1854 il Giappone decise di attuare l’
apertura dei porti. In questa nuova situazione,molti giapponesi si recarono in
vari paesi occidentali come componenti di missioni ufficiali o come privati
cittadini. Senza dubbio, la missione cosiddetta di Iwakura può essere
considerata l’ultima, la più importante e la più numerosa fra tutte quelle
inviate dalla fine del feudalesimo di Tokugawa all’inizio del governo imperiale
di Meiji. La missione venne organizzata dal nuovo governo di Meiji per tre
motivi principali: il primo, la presentazione di credenziali ai capi degli
Stati con cui il Giappone aveva concluso trattati a partire dal termine dell’
epoca di Tokugawa; il secondo, trattative preparatorie per il differimento del
rinnovo dei trattati; il terzo, infine, indagine e studio di vari sistemi e
organizzazioni moderni adottati nei Paesi occidentali più sviluppati. La
missione, dai previsti 10 mesi e mezzo, in realtà durò un anno e 10 mesi,
toccando 12 Paesi, tra USA e Europa. (S. Iwakura, Itinerario della missione di
Iwakura in Italia nel 1873, Annuario 1992, Istituto Giapponese di Cultura in
Roma)
8. Hyakumantō Un milione di Pagode Presunto originale (e copia
manipolabile) di una del milione di pagode lignee in miniatura contenenti testo
sacro dharani , considerato il più antico stampato al mondo. I primi esempi di
testi stampati in Giappone sono l’enorme numero di invocazioni dharani che
furono, secondo le antiche cronache Shoku nihongi, realizzati tra il 764 e il
770 e poste all’interno di minipagode lignee spesso recanti la stessa data. L’
enorme quantità prodotta fa ritenere che siano stati fatti tentativi
precedenti, così come si suppone che fu il monaco cinese Jianzhen a importare l’
arte della stampa in Giappone, dove giunse nel 753. Il testo dharani contenuto
all’interno non venne riprodotto per distribuzione o lettura, quanto per
rituale riproduzione dei testi. Tratto dal sutra conosciuto in giapponese come
Muku jōkō dai daranikyō, tradotto in cinese dal monaco tocario Mitraṡanta nel
704. Il sutra si fonda sui benefici derivanti dalla riproduzione del testo
dharani e l’inserimento nelle pagode. Su commissione dell’imperatrice Shōtoku,
le pagode vennero distribuite nei dieci maggiori templi del Giappone. VIII
secolo.
9. Lampade Akari di Isamu Noguchi 16 esemplari dalla serie del 1951
creata dal noto designer che ha fatto scuola nel mondo. .Uno dei più importanti
artisti del XX secolo, Isamu Noguchi (1904-1988) ha esteso la tradizionale
nozione di scultura fino a includere la creazione di scenografie per spettacoli
di danza, giardini, parchi giochi, fontane e mobilio. All’interno di questa
vasta rosa di ambienti spaziali le lampade Akari di Isamu Noguchi occupano un
posto unico, esprimendo il suo retaggio nippoamericano in lavori progettati per
migliorare la qualità della vita quotidiana. Akari, un termine che significa
luce come illuminazione, ma implica anche l’idea di leggerezza / mancanza di
peso Nel 1951 Isamu Noguchi visitò la città giapponese di Gifu, nota per la
manifattura di lampade e ombrelli di bamboo e carta di gelso. Ispirato anche
dalle lanterne per la pesca notturna usate sul Niagara River, Noguchi disegnò
le sue prime lampade realizzate col tradizionale sistema di produzione di Gifu.
Chiamò tali opere Akari, un termine che significa luce come illuminazione, ma
implica anche il concetto di mancanza di peso o leggerezza. Espandendo il
concetto di scultura luminosa, sviluppato a New York negli anni quaranta,
Noguchi utilizzò forme astratte per unire la semplicità dell’estetica
giapponese ai principi dell’arte e del design contemporanei. Più che accessori
per la casa Akari sono vere e proprie sculture di luce. “Tutto ciò di cui hai
bisogno per fare una casa sono una stanza, un tatami e un Akari” Incorniciando
il caldo bagliore della luce nel bamboo e nella carta fatta a mano, Isamu
Noguchi portò nelle case il design contemporaneo insieme ai più tradizionali
materiali giapponesi. Come la bellezza delle foglie cadenti e del bocciolo di
ciliegio, Noguchi scrisse, Akari sono “poetiche, effimere e incerte”. E amava
ripetere: “Tutto ciò di cui hai bisogno per fare una casa sono una stanza, un
tatami e un Akari”. La realizzazione delle sculture di luce Akari La produzione
di Akari in Giappone, alla Ozeki Company, segue dal 1951 i metodi tradizionali
di costruzione delle lanterne Gifu. Ogni Akari è fatta a mano, iniziando dalla
fabbricazione della carta washi con la corteccia interna degli alberi di gelso.
Gli elementi di bambù che compongono l’ossatura sono distesi su forme modellate
di legno, che ricordano delle sculture. La carta washi viene prima tagliata in
strisce larghe o più sottili, a seconda della forma e della grandezza della
lampada, e poi incollata su entrambi i lati della struttura. Una volta
seccatasi la colla, e quando la forma della lampada è ormai stabile, la forma
interna di legno viene disassemblata e rimossa. Il risultato finale è una forma
di carta forte e flessibile, che può essere anche ripiegata e impacchettata per
la spedizione. La confezione dell’Akari include anche il sistema di supporto
della lampada, brevettato da Noguchi stesso. (http://www.noguchi.org/noguchi
18
gennaio 2018
Fuori tutto. La mostra delle mostre dell’Istituto Giapponese di Cultura
Dal 18 gennaio al 24 marzo 2018
arte etnica
Location
ISTITUTO GIAPPONESE DI CULTURA
Roma, Via Antonio Gramsci, 74, (Roma)
Roma, Via Antonio Gramsci, 74, (Roma)
Orario di apertura
lun-ven 9.00-12.30/13.30-18.30 merc fino alle 17.30 sab 9.30-13.00
Vernissage
18 Gennaio 2018, ore 18.30
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