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Gabriele Buratti – Lesa Maiestatis
Mostra personale di Gabriele Buratti Buga, artista milanese attivo dal 1993. La sua pittura arriva a rappresentare gli animali dentro le città come il paradigmi di ciò che è selvaggio, selvatico, appartenente alla diversità, in contrasto con le spinte verso l’omologazione e la perdita di sè.
Comunicato stampa
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Gabriele Buratti, milanese, avvia la propria attività espositiva nel 1993, con una mostra sul paesaggio della Brianza. A distanza di vent’anni, il suo percorso attraversa l’arte figurativa a partire dalle sue più classiche espressioni parlando di presente, di un lontanissimo passato, per poi tornare all’attualità, guardando al futuro.
Buratti mette in relazione il primitivismo espressivo delle incisioni rupestri, con quella che lui definisce “la nuova primitività” dell’era contemporanea, nella quale “si è sostituita la dimensione analogica con quella digitale. Oggi, tra noi e la realtà rappresentata da noi stessi c’è di mezzo qualcos’altro, che divide ed impera: tutto ciò che è digitale. La nostra è una nuova epoca primitiva. Ciascuna forma espressiva diventa un linguaggio – così come lo erano i simboli rupestri. E chi detiene un linguaggio, rispetto a chi non ce l’ha, ha un potere, una cultura. Questo nuovo idioma è il digitale, dove tutto è codificato ed attraversa la vita delle persone. Ho messo in relazione il codice a barre con l’incisione rupestre”.
Il codice a barre - così come quello binario e genetico - che identificano rispettivamente il linguaggio digitale e le caratteristiche di un essere umano - rappresenta la conseguenza nelle nostre vite dei dettami coniati dal mondo dell’economia, l’influenza legata alla vendita di ciascun prodotto. “Il potere oggi viaggia attraverso il mercato: il sistema che toglie l’uomo dalla realtà. Noi siamo sempre più derealizzati: per essere contento, devi consumare dei beni fisici. Siamo nella materia e non più nello spirito. La mia pittura arriva a rappresentare gli animali dentro le città come il paradigmi di ciò che è selvaggio, selvatico, appartenente alla diversità, mentre tutto ciò che oggi l’uomo è spinto a realizzare va contro la diversità. Contro la vera ricchezza. Il denaro è il demonio, perché attraverso di esso posso acquistare delle presunte espressioni di diversità, che però omologano tutti”.
La questione della decodifica tocca da molto vicino anche la vita umana alla sua genesi, attraverso l’ingegneria genetica. “Si cerca di codificare e decodificare tutto, cercando di mettere le mani nel mistero della materia, non in quello dello spirito. È questo il vero inizio della nostra fine. Stiamo “mangiando la mela della conoscenza” per andare dentro nei meccanismi che regolano la materia, per fare quello che vogliamo e cambiare le cose. Corriamo un grande pericolo”.
Nell’arte di Buratti la raffigurazione animale costituisce una speranza, un monito, una denuncia, un rilancio alla sacralità della Vita e di ciò che comunque potrà permanere, anche in assenza dell’uomo. “Possiamo anche autodistruggerci e scomparire, ma la natura ritorna, ritornerà, anche tra mille, diecimila anni. Noi siamo la “malattia della Terra”, i parassiti di questo pianeta. Dovremmo cercare di vivere in armonia con la natura, gli animali, e non lo stiamo facendo. Prima ancora di giungere a traguardi comuni sull’etica e sulla nostra dimensione spirituale, si mira a traguardi scientifici per esercitare il dominio sulla materia”.
Due opere di Buratti sono presenti nelle scene del film “Anime nere”, di Francesco Munzi richieste dallo scenografo per l’assonanza con la fotografia del film e una parte della storia.
Buratti mette in relazione il primitivismo espressivo delle incisioni rupestri, con quella che lui definisce “la nuova primitività” dell’era contemporanea, nella quale “si è sostituita la dimensione analogica con quella digitale. Oggi, tra noi e la realtà rappresentata da noi stessi c’è di mezzo qualcos’altro, che divide ed impera: tutto ciò che è digitale. La nostra è una nuova epoca primitiva. Ciascuna forma espressiva diventa un linguaggio – così come lo erano i simboli rupestri. E chi detiene un linguaggio, rispetto a chi non ce l’ha, ha un potere, una cultura. Questo nuovo idioma è il digitale, dove tutto è codificato ed attraversa la vita delle persone. Ho messo in relazione il codice a barre con l’incisione rupestre”.
Il codice a barre - così come quello binario e genetico - che identificano rispettivamente il linguaggio digitale e le caratteristiche di un essere umano - rappresenta la conseguenza nelle nostre vite dei dettami coniati dal mondo dell’economia, l’influenza legata alla vendita di ciascun prodotto. “Il potere oggi viaggia attraverso il mercato: il sistema che toglie l’uomo dalla realtà. Noi siamo sempre più derealizzati: per essere contento, devi consumare dei beni fisici. Siamo nella materia e non più nello spirito. La mia pittura arriva a rappresentare gli animali dentro le città come il paradigmi di ciò che è selvaggio, selvatico, appartenente alla diversità, mentre tutto ciò che oggi l’uomo è spinto a realizzare va contro la diversità. Contro la vera ricchezza. Il denaro è il demonio, perché attraverso di esso posso acquistare delle presunte espressioni di diversità, che però omologano tutti”.
La questione della decodifica tocca da molto vicino anche la vita umana alla sua genesi, attraverso l’ingegneria genetica. “Si cerca di codificare e decodificare tutto, cercando di mettere le mani nel mistero della materia, non in quello dello spirito. È questo il vero inizio della nostra fine. Stiamo “mangiando la mela della conoscenza” per andare dentro nei meccanismi che regolano la materia, per fare quello che vogliamo e cambiare le cose. Corriamo un grande pericolo”.
Nell’arte di Buratti la raffigurazione animale costituisce una speranza, un monito, una denuncia, un rilancio alla sacralità della Vita e di ciò che comunque potrà permanere, anche in assenza dell’uomo. “Possiamo anche autodistruggerci e scomparire, ma la natura ritorna, ritornerà, anche tra mille, diecimila anni. Noi siamo la “malattia della Terra”, i parassiti di questo pianeta. Dovremmo cercare di vivere in armonia con la natura, gli animali, e non lo stiamo facendo. Prima ancora di giungere a traguardi comuni sull’etica e sulla nostra dimensione spirituale, si mira a traguardi scientifici per esercitare il dominio sulla materia”.
Due opere di Buratti sono presenti nelle scene del film “Anime nere”, di Francesco Munzi richieste dallo scenografo per l’assonanza con la fotografia del film e una parte della storia.
21
ottobre 2016
Gabriele Buratti – Lesa Maiestatis
Dal 21 ottobre al 18 novembre 2016
arte contemporanea
Location
LA VETRERIA
Milano, Via Adda, 3, (Milano)
Milano, Via Adda, 3, (Milano)
Orario di apertura
Da lunedì a venerdì dalle 10.00 alle 20.00
Sabato e domenica su appuntamento
Vernissage
21 Ottobre 2016, 18.30
Autore
Curatore