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Gabriele Casarosa – Visioni e memoria nell’abitare dell’anima
La mostra offre lo specchio di una realtà russa dimenticata, riportata in vita dallo sguardo profondo e dalla mano dell’artista che non ha timore di allontanarsi e prendere le distanze dalle lusinghe di un’arte-spettacolo che attira ed illude, e soprattutto consuma. Anche le idee.
Comunicato stampa
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Lo Studio Arte MeS3 - Spazio Eventi apre per la prima volta i suoi spazi all'artista livornese Gabriele Casarosa e alla decorazione contemporanea.
È sorprendente ed inatteso il modo con cui il linguaggio dell’arte sa combinarsi e tramutarsi per dare vita ad un percorso creativo del tutto nuovo. Si parla di resoconto di un metodo di ricerca, di ispirazione, spesso, e in modo inappropriato, poiché nell’operare artistico c’è ben poco di casuale e molto di inconscio destinato ad affiorare per manifestarsi alla coscienza.
L’operare che contraddistingue la personalità artistica di Gabriele Casarosa si estrinseca attraverso delle costanti che costituiscono la struttura centrale di una rappresentazione sensibile e raffinata, al tempo stesso solida, sostenuta da equilibri di linee e di pesi, presi a prestito dall’architettura e attinti alla sua formazione ingegneristica. Un tocco eccentrico che va oltre la normale percezione e finisce per circostanziare luoghi fisici e della memoria come luoghi dell’abitare: le case dell’anima. L’artista li recepisce come tali, li trasfigura, li ferma e li fa propri, anche come non luoghi, se mutati e irriconoscibili nel loro abbandono. Sono spazi che dicono una storia, che parlano di vite intrecciate, di splendori o di dolore che Casarosa recupera in una sorta di progetto interculturale, per dare voce ad un patrimonio di realtà abitative decisamente insolito, al di fuori di schemi tradizionali, ma non per questo irrilevante; tutt’altro: con il suo operare l’artista riesce a dotare la rappresentazione di un valore aggiunto che va ben oltre l’indagine etnografica.
Ogni opera è sintesi di un lavoro minuzioso e puntuale di studio e di documentazione storica e artistica, ispirato alle nostalgie metodologiche di un equivalente pittorico che guarda a Leon Battista Alberti e a Leonardo. Ricche di sguardi umanistici vengono restituite al fruitore moderno cariche di squarci, di intagli e geometrismi che svelano una struttura solida nelle linee di forza, nella densità dei colori, e al tempo stesso leggera nelle sue levitazioni e negli elementi decorativi.
L’esperienza estetica dell’artista livornese si articola e consolida entro parametri che rendono ben leggibili i lavori esposti. Primo fra questi la passione per il viaggio, metafora di curiosità e intelligenza, di spirito d’avventura e di scoperta, ma anche sinonimo di allontanamento e separazione, tutto racchiuso in un cercare nell’arte l’apertura al nuovo, alla diversità che è ricchezza e suggerisce un accostamento rispettoso, non un confronto, bensì il riconoscimento reciproco, fonte di possibili scambi.
Il viaggio resta soprattutto un punto d’incontro con la fisicità dei luoghi visitati, narrazione di storie e di rapporti di chi li ha delimitati, arricchiti di umanità e vissuti, restituendo loro un’identità, avendo colto le loro sofferenze come i trionfi, ma che nelle ferite lasciate dal degrado dell’abbandono sa vedere nel loro morire la possibile rinascita dalle proprie cenerei, come una novella Fenice.
Dal viaggio, ai luoghi dell’abitare, il terzo parametro su cui si fonda tutta la rappresentazione dell’artista livornese è l’amore per la decorazione, un amore che presuppone – per dirla con le parole di Casarosa – “la sua scoperta e valorizzazione, individuata nelle case abitate da gente di varia estrazione (che) nel mondo si è così configurata come un’operazione culturale, per dare voce all’espressione più intima e profonda della primigenia esperienza umana dell’abitare, ma anche come strumento per giocare con lo spazio e narrare sensazioni del luogo, come i miei stessi stati d’animo, in cui la gioia del colore si accompagna spesso con l’angoscia di aperture verso il nulla”. E per far assurgere l’opera a un’estasiata immagine del suo sentire profondo, l’artista riesce ad astrarla da ogni contatto immediato del suo essere reale, sradicandola da tutto ciò che può riferirla o inficiarla con l’esistenza di un predefinito.
Quali percorsi segue allora il suo decorativismo? Come si coniuga la sua azione interculturale con l’ammirazione, l’esaltazione di una visione emotiva e sensibile?
È qui che la costruzione di una solida armatura architettonica si ritira per lasciare protagonista l’operare sugli aspetti che l’artista ha esigenza di rendere visibili; attingendo alla sua anima, isola, contempla, sceglie, interpreta ed elabora gli aspetti di una trasfigurazione sostenuta da un lirismo delicato. Il prodotto di tale processo va perciò ben oltre la semplice decorazione.
È utile ricordare che le arti decorative realizzano opere destinate ad un uso pratico e sono dotate anche di qualità ornamentali; eseguite con i materiali più diversi, hanno la funzione di abbellire. Che cosa accomuna dunque la decorazione pittorica di Casarosa con la realizzazione del quadro?
Alla distinzione fra arti figurative e arti decorative, che le vedevano spesse associate alla produzione industriale, con l’Ottocento – e a maggior ragione oggi – le arti decorative sono considerate alla stessa stregua delle arti figurative, come la pittura e la scultura ed occupano un ruolo importante nella vita sociale ed economica.
Ebbene, l’opera di Casarosa unisce e decodifica il linguaggio dei due aspetti creativi, punti di equilibrio del suo lavoro; li assembla, li plasma rispettando la loro autonomia narrativa.
Da questo intervento di artista e di artigiano insieme emerge il ruolo di disegnatore professionista che abbina le sue inclinazioni artistiche alle moderne competenze di una produzione altrimenti replicata, a basso prezzo, e connotata da uno scadimento qualitativo.
Le abitazioni russe con le quali l’artista ci fa incontrare, ambienti ammantati da un respiro fiabesco e da un’atmosfera onirica, risalgono all’originaria dacia, una casa di modeste dimensioni, interamente in legno, con tutt’al più delle decorazioni tipiche del luogo, la campagna russa, oggi di proprietà delle persone più ricche che le trasformano in autentiche ville.
Pur avendo mantenuto le loro caratteristiche architettoniche principali, in genere le finestre ordinate a gruppi di tre, molto decorate e coloratissime, costituiscono oggi luoghi ideali per un’immersione nella bellezza della natura e i piaceri della contemplazione.
Guardare invece alle rappresentazioni dell’artista significa saper cogliere una decorazione non in sé e per sé, ma come copia del suo pensiero riflesso in una rappresentazione calligrafica. Quanto alla deformazione delle costruzioni, di cui alcuni hanno scritto e che contraddistingue lo stile unico di Casarosa, va detto che il suo ricorso è spesso sinonimo di caricatura, o lettura di un elemento inopportuno e criticabile. L’artista invece si appropria di alcuni specifici stilemi per vivacizzare e movimentare una rappresentazione di per sé statica. Il loro “volare” non ha nulla in comune con la visione onirica di Chagall: emozione e sentimento non devono essere necessariamente ”sogno”. In Casarosa non c’è alcuna adesione al favolismo popolare russo e dell’impianto narrativo del Propp, bensì una raffinatezza tutta anima e pensiero affidata talora a un elemento simbolico – qui presente nella prevalenza di linee morbide e sinuose su quelle rettilinee, per una rappresentazione capace di levitare in conseguenza di un’improvvisa assenza di fisicità.
È sorprendente ed inatteso il modo con cui il linguaggio dell’arte sa combinarsi e tramutarsi per dare vita ad un percorso creativo del tutto nuovo. Si parla di resoconto di un metodo di ricerca, di ispirazione, spesso, e in modo inappropriato, poiché nell’operare artistico c’è ben poco di casuale e molto di inconscio destinato ad affiorare per manifestarsi alla coscienza.
L’operare che contraddistingue la personalità artistica di Gabriele Casarosa si estrinseca attraverso delle costanti che costituiscono la struttura centrale di una rappresentazione sensibile e raffinata, al tempo stesso solida, sostenuta da equilibri di linee e di pesi, presi a prestito dall’architettura e attinti alla sua formazione ingegneristica. Un tocco eccentrico che va oltre la normale percezione e finisce per circostanziare luoghi fisici e della memoria come luoghi dell’abitare: le case dell’anima. L’artista li recepisce come tali, li trasfigura, li ferma e li fa propri, anche come non luoghi, se mutati e irriconoscibili nel loro abbandono. Sono spazi che dicono una storia, che parlano di vite intrecciate, di splendori o di dolore che Casarosa recupera in una sorta di progetto interculturale, per dare voce ad un patrimonio di realtà abitative decisamente insolito, al di fuori di schemi tradizionali, ma non per questo irrilevante; tutt’altro: con il suo operare l’artista riesce a dotare la rappresentazione di un valore aggiunto che va ben oltre l’indagine etnografica.
Ogni opera è sintesi di un lavoro minuzioso e puntuale di studio e di documentazione storica e artistica, ispirato alle nostalgie metodologiche di un equivalente pittorico che guarda a Leon Battista Alberti e a Leonardo. Ricche di sguardi umanistici vengono restituite al fruitore moderno cariche di squarci, di intagli e geometrismi che svelano una struttura solida nelle linee di forza, nella densità dei colori, e al tempo stesso leggera nelle sue levitazioni e negli elementi decorativi.
L’esperienza estetica dell’artista livornese si articola e consolida entro parametri che rendono ben leggibili i lavori esposti. Primo fra questi la passione per il viaggio, metafora di curiosità e intelligenza, di spirito d’avventura e di scoperta, ma anche sinonimo di allontanamento e separazione, tutto racchiuso in un cercare nell’arte l’apertura al nuovo, alla diversità che è ricchezza e suggerisce un accostamento rispettoso, non un confronto, bensì il riconoscimento reciproco, fonte di possibili scambi.
Il viaggio resta soprattutto un punto d’incontro con la fisicità dei luoghi visitati, narrazione di storie e di rapporti di chi li ha delimitati, arricchiti di umanità e vissuti, restituendo loro un’identità, avendo colto le loro sofferenze come i trionfi, ma che nelle ferite lasciate dal degrado dell’abbandono sa vedere nel loro morire la possibile rinascita dalle proprie cenerei, come una novella Fenice.
Dal viaggio, ai luoghi dell’abitare, il terzo parametro su cui si fonda tutta la rappresentazione dell’artista livornese è l’amore per la decorazione, un amore che presuppone – per dirla con le parole di Casarosa – “la sua scoperta e valorizzazione, individuata nelle case abitate da gente di varia estrazione (che) nel mondo si è così configurata come un’operazione culturale, per dare voce all’espressione più intima e profonda della primigenia esperienza umana dell’abitare, ma anche come strumento per giocare con lo spazio e narrare sensazioni del luogo, come i miei stessi stati d’animo, in cui la gioia del colore si accompagna spesso con l’angoscia di aperture verso il nulla”. E per far assurgere l’opera a un’estasiata immagine del suo sentire profondo, l’artista riesce ad astrarla da ogni contatto immediato del suo essere reale, sradicandola da tutto ciò che può riferirla o inficiarla con l’esistenza di un predefinito.
Quali percorsi segue allora il suo decorativismo? Come si coniuga la sua azione interculturale con l’ammirazione, l’esaltazione di una visione emotiva e sensibile?
È qui che la costruzione di una solida armatura architettonica si ritira per lasciare protagonista l’operare sugli aspetti che l’artista ha esigenza di rendere visibili; attingendo alla sua anima, isola, contempla, sceglie, interpreta ed elabora gli aspetti di una trasfigurazione sostenuta da un lirismo delicato. Il prodotto di tale processo va perciò ben oltre la semplice decorazione.
È utile ricordare che le arti decorative realizzano opere destinate ad un uso pratico e sono dotate anche di qualità ornamentali; eseguite con i materiali più diversi, hanno la funzione di abbellire. Che cosa accomuna dunque la decorazione pittorica di Casarosa con la realizzazione del quadro?
Alla distinzione fra arti figurative e arti decorative, che le vedevano spesse associate alla produzione industriale, con l’Ottocento – e a maggior ragione oggi – le arti decorative sono considerate alla stessa stregua delle arti figurative, come la pittura e la scultura ed occupano un ruolo importante nella vita sociale ed economica.
Ebbene, l’opera di Casarosa unisce e decodifica il linguaggio dei due aspetti creativi, punti di equilibrio del suo lavoro; li assembla, li plasma rispettando la loro autonomia narrativa.
Da questo intervento di artista e di artigiano insieme emerge il ruolo di disegnatore professionista che abbina le sue inclinazioni artistiche alle moderne competenze di una produzione altrimenti replicata, a basso prezzo, e connotata da uno scadimento qualitativo.
Le abitazioni russe con le quali l’artista ci fa incontrare, ambienti ammantati da un respiro fiabesco e da un’atmosfera onirica, risalgono all’originaria dacia, una casa di modeste dimensioni, interamente in legno, con tutt’al più delle decorazioni tipiche del luogo, la campagna russa, oggi di proprietà delle persone più ricche che le trasformano in autentiche ville.
Pur avendo mantenuto le loro caratteristiche architettoniche principali, in genere le finestre ordinate a gruppi di tre, molto decorate e coloratissime, costituiscono oggi luoghi ideali per un’immersione nella bellezza della natura e i piaceri della contemplazione.
Guardare invece alle rappresentazioni dell’artista significa saper cogliere una decorazione non in sé e per sé, ma come copia del suo pensiero riflesso in una rappresentazione calligrafica. Quanto alla deformazione delle costruzioni, di cui alcuni hanno scritto e che contraddistingue lo stile unico di Casarosa, va detto che il suo ricorso è spesso sinonimo di caricatura, o lettura di un elemento inopportuno e criticabile. L’artista invece si appropria di alcuni specifici stilemi per vivacizzare e movimentare una rappresentazione di per sé statica. Il loro “volare” non ha nulla in comune con la visione onirica di Chagall: emozione e sentimento non devono essere necessariamente ”sogno”. In Casarosa non c’è alcuna adesione al favolismo popolare russo e dell’impianto narrativo del Propp, bensì una raffinatezza tutta anima e pensiero affidata talora a un elemento simbolico – qui presente nella prevalenza di linee morbide e sinuose su quelle rettilinee, per una rappresentazione capace di levitare in conseguenza di un’improvvisa assenza di fisicità.
05
gennaio 2017
Gabriele Casarosa – Visioni e memoria nell’abitare dell’anima
Dal 05 gennaio al 05 febbraio 2017
arte contemporanea
Location
STUDIO D’ARTE MES3
Livorno, Via Giuseppe Verdi, 40, (Livorno)
Livorno, Via Giuseppe Verdi, 40, (Livorno)
Orario di apertura
da martedì a sabato ore 10.00-12.30 e 16.00 -19.00
Vernissage
5 Gennaio 2017, Ore 18.00
Autore
Curatore