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Gabriele Schiavon – Fragile
C’è una pagina memorabile de Il piccolo Principe di Saint Exupery in cui
l’alter ego dell’autore, arrendendosi di fronte la sua incapacità di
rappresentare compiutamente una pecora, disegna con uno stratagemma una
semplice scatola e la regala al piccolo principe facendogli credere che la
pecora sia lì dentro. Il piccolo principe non si scompone e gli chiede
soltanto di disegnare anche un piccolo buco affinché la pecora possa
respirare. Guardare le architetture fragili di Gabriele Schiavon è
esattamente come accostare l’occhio a quel buco e intuire il mondo. Sono
situazioni claustrofobiche, uomini prigionieri di un mondo artefatto ed
elementare che assomiglia terribilmente al nostro, architetture bomboniera
che dietro la patina splendente della ceramica nascondono vite opache e
plastificate, reali come incubi e false come illusioni, metafore di noi
stessi. Sono uomini che aspettano, vite sospese ed iterative, catene di
montaggio come gioghi mentali, case a schiera illuminate da preoccupanti
parabole ? come un riflesso della vita vera – che lasciano intravedere
l’ordinarietà perfino dei nostri sogni. La fragilità di queste architetture
corrisponde in fondo alla fragilità delle nostre vite. Non c’è via di fuga
se non la disarmante speranza di un evento finale e definitivo – come
l’uomo che aspetta che la natura faccia finalmente il suo corso – e insieme
la consapevolezza che la fragilità e l’eternità sono in fondo due aspetti
di un identico destino e di un’unica condanna. Alla fine almeno un dubbio
ci sfiora: che la nostra sia in fondo una condanna a vivere piuttosto che a
morire
Gabriele Schiavon – Fragile
Bologna, Strada Maggiore, 7/e, (Bologna)