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Gennaro Angelino – Ciò che resta. Un Racconto attraverso l’arte
Lo scultore napoletano Gennaro Angelino presenta più di 30 opere tra sculture e pitto – sculture della sua più recente produzione
Comunicato stampa
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“Ognuno di noi ha la sua caverna, i suoi scheletri nell’armadio e io li tiro fuori facendo arte.
La motivazione di base è un dolore vissuto.
È una risposta, una maturazione, amplificare la morte rendendola oggettiva, un tema che riguarda tutti gli esseri umani.
Sono ispirato dalla scultura di Giacometti, la poesia di Sartre; far prevalere l’essere sull’avere.
Quello che c’è dentro di noi non è estetico, non appare, ciò che mi interessa è il concetto delle cose.
L’happening, il Carpe Diem, è il mio modo di agire nel fare arte.
Cogliere l’attimo è un’imput che mi fa partire.
Nella nostra epoca disumana, cibernetica, virtuale, tutto ti passa vicino, ma tu non osservi.
Rallentare, cercando di osservare con più acutezza ciò che ci accade intorno, osservare col cuore, porsi delle domande, questo è il mio messaggio.
Basare la vita sulla semplicità e sulla sintesi che utilizziamo nella vita quotidiana.
C’è una sequenza nelle mie opere : un accadimento, una continuazione, una risalita (emersione).
Avviene una trasformazione nel mio percorso pittorico, attraverso l’uso di varie materie come la pittura ad olio, si spazia fino ad arrivare al piombo, una sorta di alchimia.
Amo la pittoscultura, un quadro può essere tridimensionale attraverso l’impasto dei colori, ma questo non mi basta e così comincio a lavorare con sovrapposizioni di materie, ottenendo sbalzi e rilievi in modo che l’opera venga attraversata dallo spazio e dalla luce. Ottenendo una maggiore spazialità, non si ha più una visione solo frontale dell’opera, ma posso osservarla anche dai lati o ruotando a cento ottanta gradi. Cambia la prospettiva, il modo di guardare, le percezioni, mette in moto i sensi.
L’occhio che osserva un’opera tridimensionale si fa più attento, ispeziona da vicino, è tattile. Questa è la mia tematica, il segno semplice, il toccare. Smuovere negli altri i sensi, che nella mia opera sono tutti presenti. Chiudere gli occhi e sentirne gli echi, le voci che sono dentro di noi, gli odori.
Utilizzo metalli, vetro, ceramica, legno, marmo, pietra, tutto quello che trovo; quello che mi offre la natura lo raccolgo.
L’Arte Povera fatta di cose non necessariamente nobili o preziose, acquista valore dalla poetica, dallo spessore di cui sono fatte, un atto unico, irripetibile.
Sono aperto alle contaminazioni, come una spugna che assorbe e incamera, un viaggio introspettivo che faccio continuamente nell’inconscio e che traspongo nelle mie opere.
Il concetto di verticalità, l’andare verso l’alto è quello che caratterizza le mie sculture in legno e in ceramica. Una forma estetica elegante che si sviluppa attraverso linee sinuose, spigolose ed elastiche che vibrano sempre verso l’alto. I colori, che attingono ad una tavolozza cromatica mediterranea e solare, amano i contrasti. Attraverso il buio puoi intravedere la luce… le figure dipinte sono tutte scure ed all’esterno c’è la solarità, uno spiraglio di luce, di vita che vince sul buio, sulla morte.
La chiave di lettura è attraverso la conoscenza del passato, dell’antico, dei segni lasciati, fino a costruire qualcosa di nuovo, io come un’operaio dell’arte approdo al contemporaneo, senza inventare niente, ma trasformando quello che già c’è.”
Gennaro Angelino viaggia nell’arte come in un paradosso.
Nasce artista, tra le lapidi che scolpisce il padre; marmi che parlano e raccontano vite e sogni interrotti. Fa studi d’arte, poi successivamente torna verso la manualità, come un operaio dell’arte. Restaura quadri, modanature antiche, pezzi di castelli diroccati, ceramiche devastate dall’incuria, spesso reinterpretandole, per assoggettarle a se perché si considera il punto di fusione, il border-line tra l’arte e l’artigianato. S’innamora così della materia; conosce la quercia, e il biondo castagno che, da trave di sostegno diventa scultura che racconta il passato. Impasta la creta e vede la terra, che cotta, diventa oggetto di comunicazione che racconta la bellezza e il dolore, la gioia di vivere e il suo contrappasso: la noia di vivere.
Della Bauhaus, dell’idealità dell’artigianato artistico, ne sottrae la maestranza ma non il rigore formale e raziocinante: Angelino è surreale per contestazione. Non tollera la realtà e le sovrappone frammenti di sogno, incubi compresi. Viaggia dentro la creazione umana, trafugandone pezzi e assemblandoli, come memoria perpetua. Cerca di nascondere la scorza barocca, da cui tutti gli artisti discendono, inconsciamente, scarnificando con vulnus sanguinanti, con ferite dolorose, le sue sovrapposizioni; e le sue pitture non si sottraggono anzi sono il continuum. I colori impastati sulle tele sono netti, come di carne viva, come i colori dei corpi aperti dai chirurghi, raccontano dolori e pensieri immani. Gennaro Angelino è uno scrittore che racconta con la materia la corporeità delle cose, ne narra il loro divenire catalogandole, e falsificandole a futura, distorta memoria.
Francesco Di Domenico
La motivazione di base è un dolore vissuto.
È una risposta, una maturazione, amplificare la morte rendendola oggettiva, un tema che riguarda tutti gli esseri umani.
Sono ispirato dalla scultura di Giacometti, la poesia di Sartre; far prevalere l’essere sull’avere.
Quello che c’è dentro di noi non è estetico, non appare, ciò che mi interessa è il concetto delle cose.
L’happening, il Carpe Diem, è il mio modo di agire nel fare arte.
Cogliere l’attimo è un’imput che mi fa partire.
Nella nostra epoca disumana, cibernetica, virtuale, tutto ti passa vicino, ma tu non osservi.
Rallentare, cercando di osservare con più acutezza ciò che ci accade intorno, osservare col cuore, porsi delle domande, questo è il mio messaggio.
Basare la vita sulla semplicità e sulla sintesi che utilizziamo nella vita quotidiana.
C’è una sequenza nelle mie opere : un accadimento, una continuazione, una risalita (emersione).
Avviene una trasformazione nel mio percorso pittorico, attraverso l’uso di varie materie come la pittura ad olio, si spazia fino ad arrivare al piombo, una sorta di alchimia.
Amo la pittoscultura, un quadro può essere tridimensionale attraverso l’impasto dei colori, ma questo non mi basta e così comincio a lavorare con sovrapposizioni di materie, ottenendo sbalzi e rilievi in modo che l’opera venga attraversata dallo spazio e dalla luce. Ottenendo una maggiore spazialità, non si ha più una visione solo frontale dell’opera, ma posso osservarla anche dai lati o ruotando a cento ottanta gradi. Cambia la prospettiva, il modo di guardare, le percezioni, mette in moto i sensi.
L’occhio che osserva un’opera tridimensionale si fa più attento, ispeziona da vicino, è tattile. Questa è la mia tematica, il segno semplice, il toccare. Smuovere negli altri i sensi, che nella mia opera sono tutti presenti. Chiudere gli occhi e sentirne gli echi, le voci che sono dentro di noi, gli odori.
Utilizzo metalli, vetro, ceramica, legno, marmo, pietra, tutto quello che trovo; quello che mi offre la natura lo raccolgo.
L’Arte Povera fatta di cose non necessariamente nobili o preziose, acquista valore dalla poetica, dallo spessore di cui sono fatte, un atto unico, irripetibile.
Sono aperto alle contaminazioni, come una spugna che assorbe e incamera, un viaggio introspettivo che faccio continuamente nell’inconscio e che traspongo nelle mie opere.
Il concetto di verticalità, l’andare verso l’alto è quello che caratterizza le mie sculture in legno e in ceramica. Una forma estetica elegante che si sviluppa attraverso linee sinuose, spigolose ed elastiche che vibrano sempre verso l’alto. I colori, che attingono ad una tavolozza cromatica mediterranea e solare, amano i contrasti. Attraverso il buio puoi intravedere la luce… le figure dipinte sono tutte scure ed all’esterno c’è la solarità, uno spiraglio di luce, di vita che vince sul buio, sulla morte.
La chiave di lettura è attraverso la conoscenza del passato, dell’antico, dei segni lasciati, fino a costruire qualcosa di nuovo, io come un’operaio dell’arte approdo al contemporaneo, senza inventare niente, ma trasformando quello che già c’è.”
Gennaro Angelino viaggia nell’arte come in un paradosso.
Nasce artista, tra le lapidi che scolpisce il padre; marmi che parlano e raccontano vite e sogni interrotti. Fa studi d’arte, poi successivamente torna verso la manualità, come un operaio dell’arte. Restaura quadri, modanature antiche, pezzi di castelli diroccati, ceramiche devastate dall’incuria, spesso reinterpretandole, per assoggettarle a se perché si considera il punto di fusione, il border-line tra l’arte e l’artigianato. S’innamora così della materia; conosce la quercia, e il biondo castagno che, da trave di sostegno diventa scultura che racconta il passato. Impasta la creta e vede la terra, che cotta, diventa oggetto di comunicazione che racconta la bellezza e il dolore, la gioia di vivere e il suo contrappasso: la noia di vivere.
Della Bauhaus, dell’idealità dell’artigianato artistico, ne sottrae la maestranza ma non il rigore formale e raziocinante: Angelino è surreale per contestazione. Non tollera la realtà e le sovrappone frammenti di sogno, incubi compresi. Viaggia dentro la creazione umana, trafugandone pezzi e assemblandoli, come memoria perpetua. Cerca di nascondere la scorza barocca, da cui tutti gli artisti discendono, inconsciamente, scarnificando con vulnus sanguinanti, con ferite dolorose, le sue sovrapposizioni; e le sue pitture non si sottraggono anzi sono il continuum. I colori impastati sulle tele sono netti, come di carne viva, come i colori dei corpi aperti dai chirurghi, raccontano dolori e pensieri immani. Gennaro Angelino è uno scrittore che racconta con la materia la corporeità delle cose, ne narra il loro divenire catalogandole, e falsificandole a futura, distorta memoria.
Francesco Di Domenico
05
giugno 2009
Gennaro Angelino – Ciò che resta. Un Racconto attraverso l’arte
Dal 05 giugno al 06 luglio 2009
arte contemporanea
Location
L’ATELIER
Napoli, Via Tito Angelini, 41, (Napoli)
Napoli, Via Tito Angelini, 41, (Napoli)
Orario di apertura
da lunedi a sabato ore 17.30 – 20.00
Vernissage
5 Giugno 2009, ore 18.00
Autore
Curatore