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Georg Zuter / Francesco Cucci
La via all’espressione plastica in discussione non è certo quella aneddotica o di racconto di cui si vuole illuminare un episodio saliente, con personaggi stereotipati, quanto, eventualmente, un “incontro”, quindi con protagonisti dalla fisionomia definita ma resa provvisoria dall’adiacenza come dalla sovrapposizione delle forme
Comunicato stampa
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Georg Zuter
INCONTRO DI FORMA/COLORE
La via all’espressione plastica in discussione non è certo quella aneddotica o di racconto di cui si vuole illuminare un episodio saliente, con personaggi stereotipati, quanto, eventualmente, un “incontro”, quindi con protagonisti dalla fisionomia definita ma resa provvisoria dall’adiacenza come dalla sovrapposizione delle forme: il singolo quadro, allora, si propone come “stazione” perentoria dell’immagine fissata sulla tela, in una evoluzione, però, che si può immaginare continua, diversamente cangiante.
Nel fare immagine Georg Zuter adotta, evidentemente, la capacità del rappresentare il proprio vissuto nelle figure della geometria elementare, mutuate dall’esperienza delle Avanguardie storiche dei primi decenni del secolo scorso, come in campi cromatici altrettanto scelti nella grammatica del colore definita dalle esperienze e le ricerche che hanno dato vita a un diverso modo di intendere la tavolozza del pittore, non legata necessariamente alla mimesi nei confronti della realtà ma eventualmente scelta perché capace di trasporre in un linguaggio autonomo, in citazioni fra opacità e trasparenza, che sono della esperienza quotidiana ma tradotti nella semplificazione del contrasto elementare, abilitata a assimilare nell’esempio proposto la complessità del reale di cui si vuole dare ragione.
Indipendentemente dalle soluzioni che nel corso degli anni si sono succedute nell’operare dell’artista, mi sembra sia fondamentale la centralità del disegno, una sorta di definizione del campo senza allusioni naturalistiche, peraltro legittime anche in una ricerca linguisticamente astratta, ma con una attenzione agli aspetti che una “visione” non ingenua può indagare, nella scia di una via “concreta” all’arte plastica dalle radici indubbiamente nobili, soprattutto nella cultura di lingua tedesca.
La superficie, in esordio, non ha punti di riferimento da cui partire: come se ogni opera dovesse in ogni esordio conoscere una tabula rasa, poi evidentemente contraddetta nel fare, che mescola esperienza e desiderio di scoprire altro rispetto a quanto già indagato […].
Dal testo in catalogo di Alberto Veca
Francesco Cucci
SEGNALI DI AVVISTAMENTO
Negli ambienti della galleria “Scoglio di Quarto” Cucci interviene con una installazione aerea, una traccia, un invito a percorrere i locali e contemporaneamente a riflettere sulla natura del “segnale”.
Uno sguardo al soffitto è azione poco abituale, eventualmente adottato nell’approccio con il disegno dell’architettura o quando si entra in una sala affrescata dove, di norma, i fregi delle pareti conducono l’esplorazione della stanza alla cornice e all’affresco al centro.
[…] la costruzione di Cucci denuncia, per i materiali adottati, la sua provvisorietà come una possibile variabilità. È situazione sempre interessante, segnale di una concezione del progetto non fine a se stesso, quando un artista si paragona in modo nevralgico con lo spazio che deve contenere il proprio intervento perché più che un vero e proprio luogo ospitante, l’ambiente diventa l’interlocutore privilegiato del linguaggio adottato.
[…] Ecco allora la scelta di segmenti di legno come singolare unità di misura, o meglio la sua variabile connessione con altri elementi attraverso nodi che ne permettono la connessione con orientamenti che evidenziano la valenza costruttiva, come scenografica dell’intervento. Per la leggerezza anche percettiva dell’intervento, anche per una scelta costruttiva che permette la variabilità dell’ingombro complessivo, l’adattarsi del lavoro al luogo che solo apparentemente è il contenitore perché in realtà è il responsabile della soluzione adottata, il progetto può essere immaginato all’infinito, concluso solo per i limiti oggettivi dell’ambiente.
[…] il compito di fare un segnale espressivo penso sia proprio quello di appropriarsi o riappropriarsi di un luogo per esistere: la riflessione nasce da un dialogo con l’artista che sottolineava, nel suo lavoro, la presenza antitetica di una memoria dei gesti elementari per costruirsi un habitat e una proiezione al futuro, nell’accorgimento e nell’uso di strumenti e materiali progettuali dell’oggi. Mi sembra opportuno far propria la riflessione, come indicazione per leggere all’interno del fare le sue motivazioni profonde […].
Dal testo in catalogo di Alberto Veca
INCONTRO DI FORMA/COLORE
La via all’espressione plastica in discussione non è certo quella aneddotica o di racconto di cui si vuole illuminare un episodio saliente, con personaggi stereotipati, quanto, eventualmente, un “incontro”, quindi con protagonisti dalla fisionomia definita ma resa provvisoria dall’adiacenza come dalla sovrapposizione delle forme: il singolo quadro, allora, si propone come “stazione” perentoria dell’immagine fissata sulla tela, in una evoluzione, però, che si può immaginare continua, diversamente cangiante.
Nel fare immagine Georg Zuter adotta, evidentemente, la capacità del rappresentare il proprio vissuto nelle figure della geometria elementare, mutuate dall’esperienza delle Avanguardie storiche dei primi decenni del secolo scorso, come in campi cromatici altrettanto scelti nella grammatica del colore definita dalle esperienze e le ricerche che hanno dato vita a un diverso modo di intendere la tavolozza del pittore, non legata necessariamente alla mimesi nei confronti della realtà ma eventualmente scelta perché capace di trasporre in un linguaggio autonomo, in citazioni fra opacità e trasparenza, che sono della esperienza quotidiana ma tradotti nella semplificazione del contrasto elementare, abilitata a assimilare nell’esempio proposto la complessità del reale di cui si vuole dare ragione.
Indipendentemente dalle soluzioni che nel corso degli anni si sono succedute nell’operare dell’artista, mi sembra sia fondamentale la centralità del disegno, una sorta di definizione del campo senza allusioni naturalistiche, peraltro legittime anche in una ricerca linguisticamente astratta, ma con una attenzione agli aspetti che una “visione” non ingenua può indagare, nella scia di una via “concreta” all’arte plastica dalle radici indubbiamente nobili, soprattutto nella cultura di lingua tedesca.
La superficie, in esordio, non ha punti di riferimento da cui partire: come se ogni opera dovesse in ogni esordio conoscere una tabula rasa, poi evidentemente contraddetta nel fare, che mescola esperienza e desiderio di scoprire altro rispetto a quanto già indagato […].
Dal testo in catalogo di Alberto Veca
Francesco Cucci
SEGNALI DI AVVISTAMENTO
Negli ambienti della galleria “Scoglio di Quarto” Cucci interviene con una installazione aerea, una traccia, un invito a percorrere i locali e contemporaneamente a riflettere sulla natura del “segnale”.
Uno sguardo al soffitto è azione poco abituale, eventualmente adottato nell’approccio con il disegno dell’architettura o quando si entra in una sala affrescata dove, di norma, i fregi delle pareti conducono l’esplorazione della stanza alla cornice e all’affresco al centro.
[…] la costruzione di Cucci denuncia, per i materiali adottati, la sua provvisorietà come una possibile variabilità. È situazione sempre interessante, segnale di una concezione del progetto non fine a se stesso, quando un artista si paragona in modo nevralgico con lo spazio che deve contenere il proprio intervento perché più che un vero e proprio luogo ospitante, l’ambiente diventa l’interlocutore privilegiato del linguaggio adottato.
[…] Ecco allora la scelta di segmenti di legno come singolare unità di misura, o meglio la sua variabile connessione con altri elementi attraverso nodi che ne permettono la connessione con orientamenti che evidenziano la valenza costruttiva, come scenografica dell’intervento. Per la leggerezza anche percettiva dell’intervento, anche per una scelta costruttiva che permette la variabilità dell’ingombro complessivo, l’adattarsi del lavoro al luogo che solo apparentemente è il contenitore perché in realtà è il responsabile della soluzione adottata, il progetto può essere immaginato all’infinito, concluso solo per i limiti oggettivi dell’ambiente.
[…] il compito di fare un segnale espressivo penso sia proprio quello di appropriarsi o riappropriarsi di un luogo per esistere: la riflessione nasce da un dialogo con l’artista che sottolineava, nel suo lavoro, la presenza antitetica di una memoria dei gesti elementari per costruirsi un habitat e una proiezione al futuro, nell’accorgimento e nell’uso di strumenti e materiali progettuali dell’oggi. Mi sembra opportuno far propria la riflessione, come indicazione per leggere all’interno del fare le sue motivazioni profonde […].
Dal testo in catalogo di Alberto Veca
16
gennaio 2008
Georg Zuter / Francesco Cucci
Dal 16 gennaio al 05 febbraio 2008
arte contemporanea
Location
GALLERIA SCOGLIO DI QUARTO
Milano, via Scoglio di Quarto, 4, (Milano)
Milano, via Scoglio di Quarto, 4, (Milano)
Orario di apertura
martedì a venerdì dalle 17 alle 19,30 o per appuntamento
Vernissage
16 Gennaio 2008, ore 18
Autore