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Gerardo Suter
Grazie al suo sforzo di ottenere dalla fotografia qualcosa di più di una rappresentazione e di provocare una riflessione sulla storia, Gerardo Suter è uno dei primi artisti messicani che si impegna a modificare il senso dell’esattezza dell’immagine fotografica.
Comunicato stampa
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“Grazie al suo sforzo di ottenere dalla fotografia qualcosa di più di una rappresentazione e di provocare una riflessione sulla storia, Gerardo Suter è uno dei primi artisti messicani che si impegna a modificare il senso dell’esattezza dell’immagine fotografica. Di fatto, Suter inaugura, all’inizio degli anni ’80, l’approssimazione iconografica alla cultura preispanica, con immagini di monumenti invecchiati con acidi in laboratorio. Sono foto che, in certo modo, ci ricordano le riprese pionieristiche di Guillermo Kahlo e di tanti altri fotografi che hanno documentato il patrimonio artistico del Messico”, scrive nel catalogo Irma Arestizabal.
“Dopo questa esperienza con i negativi manipolati in laboratorio, Suter interferisce sulle scene che ritrae.
Esse sono “costruite” a partire da un’immagine mentale preesistente, abbozzata su carta e poi nello studio, dove attori professionisti, che coprono i loro volti o creano pendant con maschere precolombiane – illuminazione e drammatismo – ricostruiscono scene che collocano il mondo antico di fronte a quello odierno. Sono riconfigurazioni spazio-temporali che rimandano alla storia, al mito ed alle fonti.
Tali immagini manipolate sono profondamente correlate con la fotografia che Manuel Alvarez Bravo aveva sviluppato negli anni ’30, fondandosi sul linguaggio del contrasto visivo estremo di Edward Weston.
Alvarez Bravo combinava oggetti “primitivi” e sfondi contemporanei “ricorrendo ad un vocabolario moder-nistico dalle linee e dalle forme limpide”. Vari fotografi messicani contemporanei, quali Graciela Iturbide, Flor Garduño e Mariana Yampolsky, ne seguono l’esempio creando immagini senza manipolazione. Suter, invece, ha allargato fin dall’inizio i parametri della fotografia sfumando i confini tra documentazione della realtà
e costruzioni del fotografo, tra il piano della carta e lo spazio circostante, tra realtà e finzione.
Tempo e spazio diventano sguardo simultaneo verso il passato ed il futuro, verso ciò che essenzialmente siamo stati, siamo e saremo.
L’integrazione della tecnologia elettronica è stata molto coerente con lo sviluppo espressivo di Suter, il quale ha esplorato le ricche possibilità che offre la grafica elettronica, nonché il fatto che le immagini acquistino movimento. L’uso di narrazioni sincopate su video, proiezioni o, negli ultimi tempi, la manipolazione digitale e la creazione di immagini compattate che si decompongono e ricompon-gono in rete, ci parlano del suo impegno per superare certe limitazioni del mezzo e ricreare la tridimensionalità. Non è un caso che, nella sua mostra di New York (1999) alla Galleria
della Americas Society , le sue installazioni e video siano stati esposti nello spazio dello Sculpture Center, N.Y. poiché la sua opera, come la scultura, modifica lo spazio circostante.
Skin è il nome di una delle serie che, alla Galleria dell’IILA, ci mostra il tessuto della pelle; le rughe, i peli, i pori; dettagli forse mai visti degli occhi, la commessura labiale, le fosse nasali. Di fronte a tali opere è lecito parlare – come fa Roland Barthes nella sua opera La cámara lúcida – del punctum , quel particolare che in un’opera mi punge, mi infastidisce, mi dà vita ed io gli do vita.
“Dopo questa esperienza con i negativi manipolati in laboratorio, Suter interferisce sulle scene che ritrae.
Esse sono “costruite” a partire da un’immagine mentale preesistente, abbozzata su carta e poi nello studio, dove attori professionisti, che coprono i loro volti o creano pendant con maschere precolombiane – illuminazione e drammatismo – ricostruiscono scene che collocano il mondo antico di fronte a quello odierno. Sono riconfigurazioni spazio-temporali che rimandano alla storia, al mito ed alle fonti.
Tali immagini manipolate sono profondamente correlate con la fotografia che Manuel Alvarez Bravo aveva sviluppato negli anni ’30, fondandosi sul linguaggio del contrasto visivo estremo di Edward Weston.
Alvarez Bravo combinava oggetti “primitivi” e sfondi contemporanei “ricorrendo ad un vocabolario moder-nistico dalle linee e dalle forme limpide”. Vari fotografi messicani contemporanei, quali Graciela Iturbide, Flor Garduño e Mariana Yampolsky, ne seguono l’esempio creando immagini senza manipolazione. Suter, invece, ha allargato fin dall’inizio i parametri della fotografia sfumando i confini tra documentazione della realtà
e costruzioni del fotografo, tra il piano della carta e lo spazio circostante, tra realtà e finzione.
Tempo e spazio diventano sguardo simultaneo verso il passato ed il futuro, verso ciò che essenzialmente siamo stati, siamo e saremo.
L’integrazione della tecnologia elettronica è stata molto coerente con lo sviluppo espressivo di Suter, il quale ha esplorato le ricche possibilità che offre la grafica elettronica, nonché il fatto che le immagini acquistino movimento. L’uso di narrazioni sincopate su video, proiezioni o, negli ultimi tempi, la manipolazione digitale e la creazione di immagini compattate che si decompongono e ricompon-gono in rete, ci parlano del suo impegno per superare certe limitazioni del mezzo e ricreare la tridimensionalità. Non è un caso che, nella sua mostra di New York (1999) alla Galleria
della Americas Society , le sue installazioni e video siano stati esposti nello spazio dello Sculpture Center, N.Y. poiché la sua opera, come la scultura, modifica lo spazio circostante.
Skin è il nome di una delle serie che, alla Galleria dell’IILA, ci mostra il tessuto della pelle; le rughe, i peli, i pori; dettagli forse mai visti degli occhi, la commessura labiale, le fosse nasali. Di fronte a tali opere è lecito parlare – come fa Roland Barthes nella sua opera La cámara lúcida – del punctum , quel particolare che in un’opera mi punge, mi infastidisce, mi dà vita ed io gli do vita.
22
aprile 2004
Gerardo Suter
Dal 22 aprile al 05 giugno 2004
fotografia
Location
IILA – ISTITUTO ITALO-LATINO AMERICANO
Roma, Via Giovanni Paisiello, 24, (Roma)
Roma, Via Giovanni Paisiello, 24, (Roma)
Orario di apertura
11 /19 da lunedì a sabato (domenica chiuso)
Vernissage
22 Aprile 2004, ore 19.00