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Gerwald Rockenschaub – new season beauty (3)
La mostra di Gerwald Rockenshaub è la sesta di un ciclo ideato e curato da Marcello Smarrelli per la Galleria Roberto Giustini. Iniziato nel 2006, il progetto proseguirà fino al 2008 con una serie di progetti ideati da artisti, architetti e designer, tra i quali: Andrea Anastasio, Emmanuelle Antille, Enzo Cucchi, Didier Fiuza Faustino, Johanna Grawunder, Konstantin Grcic, Massimo Grimaldi e Ettore Sottsass
Comunicato stampa
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La mostra di Gerwald Rockenshaub è la sesta di un ciclo ideato e curato da Marcello Smarrelli per la Galleria Roberto Giustini. Iniziato nel 2006, il progetto proseguirà fino al 2008 con una serie di progetti ideati da artisti, architetti e designer, tra i quali: Andrea Anastasio, Emmanuelle Antille, Enzo Cucchi, Didier Fiuza Faustino, Johanna Grawunder, Konstantin Grcic, Massimo Grimaldi e Ettore Sottsass.
Gli autori coinvolti sono stati invitati a ideare il loro progetto seguendo una specifica indicazione del curatore: produrre un inedito oggetto d’uso, inventarne la funzione e il bisogno che questo andrà a soddisfare. Un feticcio, un idolo, un oggetto che viene investito di particolari proprietà dal suo statuto “speciale” di opera d’arte o di design, da introdurre in una realtà già satura di segni.
Se negli ultimi anni abbiamo assistito a una proliferazione di forme e di oggetti la cui origine non può più essere ricondotta agli ideali originari del Bauhaus e del modernismo, ma nemmeno a quelli che gli si ponevano in modo antagonista o critico, quale risposta può venire offerta da quegli autori che, sostenuti dalla consapevolezza dello scenario in cui operano, si interrogano sulle ragioni connesse all’ideazione e alla progettazione di nuove forme? Nell’attuale contesto sociale in cui, seguendo una logica funzionale alla sopravvivenza del sistema, vengono continuamente creati nuovi oggetti del desiderio, nuovi idoli, immagini sacrali, feticci sofisticati che assolvono a bisogni (veri o falsi) sempre più difficili da individuare e da definire, cosa può significare confrontarsi con l’ideazione di un oggetto?
Questa serie di mostre vogliono essere un ulteriore domanda posta all’interno di questo dibattito che non sembra avere risposte conclusive.
La mostra di Gerwald Rockenshaub dal titolo new season beauty (3) presenta la terza versione di una recente serie di lavori dallo stesso titolo incentrati su un tipico elemento dell’arredamento, la tenda, di volta in volta rielaborata e impiegata per nuove funzioni che ne contraddicono l’uso tradizionale. Il titolo si ispira al linguaggio della moda e la ripetizione dello stesso schema nelle sue possibili e infinite variazioni sembra seguire un processo di produzione tipico del fashion design.
La tenda rosa – colore che per l’artista è strettamente legato a Roma - usata in questa versione, non servirà a coprire una finestra né a ridistribuire degli spazi o a segnare dei percorsi, ma sarà addossata ad un muro dipinto di grigio. Come spesso accade nelle installazioni di Gerwald Rockenshaub strettamente correlate all’architettura degli spazi espositivi e museali, le funzioni di wall object e di wall painting si sovrappongono. La mancanza di ogni altro elemento sottolinea il desiderio dell’artista di considerare lo spazio espositivo stesso come oggetto del suo lavoro.
L’incongruente posizione della tenda ne annulla la funzione abituale trasformandola in un oggetto nuovo e misterioso nella sua essenzialità. La collocazione nello spazio espositivo la carica di una funzione nuova, quella di stimolare ed enfatizzare l’azione dell’osservatore trasformandola in un atto creativo. Lo spettatore attraverso la semplice azione del guardare crea l’opera d’arte e ne fornisce una
spiegazione attraverso la percezione individuale. L’opera, seguendo le indicazioni di Marcel Duchamp, diventa un catalizzatore che stimola reazioni.
Il primo ad essere stato coinvolto in questo processo creativo è stato il curatore stesso, che ha interpretato il lavoro sulla falsariga della leggendaria disputa tra i pittori greci Parrasio e Zeusi riportata da Plinio Il Vecchio.
In italiano usiamo i verbi svelare e rivelare con la stessa funzione, dimenticando che l’azione indicata, in realtà, è opposta. Svelare significa togliere un velo, mentre rivelare indica l’atto di rimettere il velo. L’atto di svelare e di rivelare sono particolarmente cari alla cultura neoplatonica del Rinascimento italiano e al conseguente uso delle icone simboliche. Cultura che trova la sua massima espressione nel capolavoro di Tiziano, Amor sacro e profano conservato alla Galleria Borghese a Roma, dove la Verità nuda e quella ornata, la Venere Volgare e quella Celeste si confrontano unite dall’azione di Cupido che, secondo Plotino, tempera l’acqua permettendo il passaggio dall’una all’altra bellezza..
Il velo che Gerwald Rockenshaub ha pensato per questa mostra sembra far coincidere gli opposti termini. Tirando la sua tenda si svelerà la pittura e nello stesso tempo si rivelerà il segreto e recondito significato dell’arte.
Gerwald Rockenshaub (Linz ,1952 - vive a Berlino) ha studiato filosofia e psicologia all’Università di Vienna, frequentando contemporaneamente la School of Applied Arts. Dai primi anni ottanta ha fatto parte di quel gruppo di artisti che andavano elaborando nuove forme analitiche per l’uso dello spazio. Spesso associato alla tendenza “Neo-Geo”, Gerwald Rockenshaub ha da sempre fatto uso nei suoi lavori di oggetti prodotti dall’industria, prediligendo quelli minimali esteticamente freddi e impersonali che continuano nella loro essenzialità a suggerire una funzione, una possibilità di utilizzo: cubi di plexiglas, oggetti gonfiabili in pvc, tende, ponteggi industriali. Attraverso questi elementi ridefinisce inedite organizzazioni degli spazi espositivi, usando i codici dell’astrazione geometrica, delle campiture monocrome di colore piatto e di una pratica costruttivista con cui crea infinite varianti delle forme primarie. Le sue opere prevedono una partecipazione attiva dello spettatore che diventa parte attiva nel processo di definizione dell’opera d’arte e della percezione di questa all’interno del white cube, divenuto lo spazio tradizionale di fruizione dell’arte contemporanea. Le sue modalità di lavoro sono ridotte quasi al limite con l’ascetismo e forniscono allo spettatore un diverso punto di partenza, razionale e analitico, da cui valutare la propria esperienza fisica ed estetica del luogo.
Questo stesso metodo di campionatura e di remix di elementi minimalisti e pop per ottenere un’architettura fatta di atmosfera e progettualità concreta viene realizzata dall’artista anche nella sua ricerca musicale. Nella sua attività di DJ, parallela a quella d’artista, associa la musica minimalista con la musica techno sperimentata negli anni novanta nei locali di Berlino e Vienna.
Gerwald Rockenshaub ha rappresentato l'Austria alla 45a Biennale di Arti Visive a Venezia nel 1993. "Funky Minimal", la mostra retrospettiva sul suo lavoro, si è tenuta all'Hamburger Kunstverein e al Centre d'Art Contemporain Le Consortium di Dijon, nel 1999. Recentemente grandi retrospettive sul suo lavoro si sono tenute alla Kunsthaus di Zurigo (2002) e al Mumok di Vienna (2004).
È uno degli artisti invitati alla Documenta12 a Kassel.
Il catalogo sarà composto dai depliant, editi in occasione di ogni mostra, riuniti in un contenitore che verrà prodotto alla fine del ciclo.
Gli autori coinvolti sono stati invitati a ideare il loro progetto seguendo una specifica indicazione del curatore: produrre un inedito oggetto d’uso, inventarne la funzione e il bisogno che questo andrà a soddisfare. Un feticcio, un idolo, un oggetto che viene investito di particolari proprietà dal suo statuto “speciale” di opera d’arte o di design, da introdurre in una realtà già satura di segni.
Se negli ultimi anni abbiamo assistito a una proliferazione di forme e di oggetti la cui origine non può più essere ricondotta agli ideali originari del Bauhaus e del modernismo, ma nemmeno a quelli che gli si ponevano in modo antagonista o critico, quale risposta può venire offerta da quegli autori che, sostenuti dalla consapevolezza dello scenario in cui operano, si interrogano sulle ragioni connesse all’ideazione e alla progettazione di nuove forme? Nell’attuale contesto sociale in cui, seguendo una logica funzionale alla sopravvivenza del sistema, vengono continuamente creati nuovi oggetti del desiderio, nuovi idoli, immagini sacrali, feticci sofisticati che assolvono a bisogni (veri o falsi) sempre più difficili da individuare e da definire, cosa può significare confrontarsi con l’ideazione di un oggetto?
Questa serie di mostre vogliono essere un ulteriore domanda posta all’interno di questo dibattito che non sembra avere risposte conclusive.
La mostra di Gerwald Rockenshaub dal titolo new season beauty (3) presenta la terza versione di una recente serie di lavori dallo stesso titolo incentrati su un tipico elemento dell’arredamento, la tenda, di volta in volta rielaborata e impiegata per nuove funzioni che ne contraddicono l’uso tradizionale. Il titolo si ispira al linguaggio della moda e la ripetizione dello stesso schema nelle sue possibili e infinite variazioni sembra seguire un processo di produzione tipico del fashion design.
La tenda rosa – colore che per l’artista è strettamente legato a Roma - usata in questa versione, non servirà a coprire una finestra né a ridistribuire degli spazi o a segnare dei percorsi, ma sarà addossata ad un muro dipinto di grigio. Come spesso accade nelle installazioni di Gerwald Rockenshaub strettamente correlate all’architettura degli spazi espositivi e museali, le funzioni di wall object e di wall painting si sovrappongono. La mancanza di ogni altro elemento sottolinea il desiderio dell’artista di considerare lo spazio espositivo stesso come oggetto del suo lavoro.
L’incongruente posizione della tenda ne annulla la funzione abituale trasformandola in un oggetto nuovo e misterioso nella sua essenzialità. La collocazione nello spazio espositivo la carica di una funzione nuova, quella di stimolare ed enfatizzare l’azione dell’osservatore trasformandola in un atto creativo. Lo spettatore attraverso la semplice azione del guardare crea l’opera d’arte e ne fornisce una
spiegazione attraverso la percezione individuale. L’opera, seguendo le indicazioni di Marcel Duchamp, diventa un catalizzatore che stimola reazioni.
Il primo ad essere stato coinvolto in questo processo creativo è stato il curatore stesso, che ha interpretato il lavoro sulla falsariga della leggendaria disputa tra i pittori greci Parrasio e Zeusi riportata da Plinio Il Vecchio.
In italiano usiamo i verbi svelare e rivelare con la stessa funzione, dimenticando che l’azione indicata, in realtà, è opposta. Svelare significa togliere un velo, mentre rivelare indica l’atto di rimettere il velo. L’atto di svelare e di rivelare sono particolarmente cari alla cultura neoplatonica del Rinascimento italiano e al conseguente uso delle icone simboliche. Cultura che trova la sua massima espressione nel capolavoro di Tiziano, Amor sacro e profano conservato alla Galleria Borghese a Roma, dove la Verità nuda e quella ornata, la Venere Volgare e quella Celeste si confrontano unite dall’azione di Cupido che, secondo Plotino, tempera l’acqua permettendo il passaggio dall’una all’altra bellezza..
Il velo che Gerwald Rockenshaub ha pensato per questa mostra sembra far coincidere gli opposti termini. Tirando la sua tenda si svelerà la pittura e nello stesso tempo si rivelerà il segreto e recondito significato dell’arte.
Gerwald Rockenshaub (Linz ,1952 - vive a Berlino) ha studiato filosofia e psicologia all’Università di Vienna, frequentando contemporaneamente la School of Applied Arts. Dai primi anni ottanta ha fatto parte di quel gruppo di artisti che andavano elaborando nuove forme analitiche per l’uso dello spazio. Spesso associato alla tendenza “Neo-Geo”, Gerwald Rockenshaub ha da sempre fatto uso nei suoi lavori di oggetti prodotti dall’industria, prediligendo quelli minimali esteticamente freddi e impersonali che continuano nella loro essenzialità a suggerire una funzione, una possibilità di utilizzo: cubi di plexiglas, oggetti gonfiabili in pvc, tende, ponteggi industriali. Attraverso questi elementi ridefinisce inedite organizzazioni degli spazi espositivi, usando i codici dell’astrazione geometrica, delle campiture monocrome di colore piatto e di una pratica costruttivista con cui crea infinite varianti delle forme primarie. Le sue opere prevedono una partecipazione attiva dello spettatore che diventa parte attiva nel processo di definizione dell’opera d’arte e della percezione di questa all’interno del white cube, divenuto lo spazio tradizionale di fruizione dell’arte contemporanea. Le sue modalità di lavoro sono ridotte quasi al limite con l’ascetismo e forniscono allo spettatore un diverso punto di partenza, razionale e analitico, da cui valutare la propria esperienza fisica ed estetica del luogo.
Questo stesso metodo di campionatura e di remix di elementi minimalisti e pop per ottenere un’architettura fatta di atmosfera e progettualità concreta viene realizzata dall’artista anche nella sua ricerca musicale. Nella sua attività di DJ, parallela a quella d’artista, associa la musica minimalista con la musica techno sperimentata negli anni novanta nei locali di Berlino e Vienna.
Gerwald Rockenshaub ha rappresentato l'Austria alla 45a Biennale di Arti Visive a Venezia nel 1993. "Funky Minimal", la mostra retrospettiva sul suo lavoro, si è tenuta all'Hamburger Kunstverein e al Centre d'Art Contemporain Le Consortium di Dijon, nel 1999. Recentemente grandi retrospettive sul suo lavoro si sono tenute alla Kunsthaus di Zurigo (2002) e al Mumok di Vienna (2004).
È uno degli artisti invitati alla Documenta12 a Kassel.
Il catalogo sarà composto dai depliant, editi in occasione di ogni mostra, riuniti in un contenitore che verrà prodotto alla fine del ciclo.
10
maggio 2007
Gerwald Rockenschaub – new season beauty (3)
Dal 10 maggio al 07 luglio 2007
arte contemporanea
Location
GALLERIA ROBERTO GIUSTINI
Roma, Via Dell'orso, 72, (Roma)
Roma, Via Dell'orso, 72, (Roma)
Orario di apertura
dal martedì al venerdì dalle 16 alle 20, sabato dalle ore 10 alle 13
Vernissage
10 Maggio 2007, ore 19
Autore
Curatore