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Giampiero Violi – Nero di china
mostra di disegni
Comunicato stampa
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Da sempre Giampiero Violi affianca il disegno alla pittura: è una pratica che serve a chiarire le idee, a mettere a fuoco soluzioni da riversare nella pittura, ma anche una pratica a sé, fatta per il piacere di disegnare e senza che questo debba essere uno strumento funzionale ad altre successive applicazioni. Il disegno, insomma, è più un diario intimo delle idee di un pittore che un vero e proprio lavoro progettuale. Sono convinto, anzi, che spesso i disegni di Giampiero potrebbero senza nessun problema migrare nel mondo della calcografia, perché quel segno asciutto e insistito, che sa dare valore ad ampi silenzi bianchi alternandoli a zone di pieno e ombroso tratteggio, potrebbe senza traumi essere tradotto sulla lastra di rame o di zinco: sono sicuro che Giampiero, in quel caso, inciderebbe la cera per l’acquaforte, o meglio ancora direttamente la lastra della puntasecca, con la stessa rapida e disinvolta naturalezza con cui traccia le sue immagini visionarie sul foglio di carta. Non è un caso, infatti, che Giampiero Violi preferisca il segno asciutto e inesorabile della penna a quello più soffice, talvolta persino pittorico, della matita: va da sé che quando si parla di disegni, almeno nel suo caso, si fa un implicito riferimento alla monocromia.
C’è stata una stagione in cui l’opera su carta voleva competere, per strumenti e per effetto, con la pittura: è stata una stagione, anzi, in cui la carta sostituiva la tela, ma era totalmente un supporto per la pittura. Ora, invece, lo scarto è maggiore, e quanto disegno e pittura si trovano a dialogare, lo scambio avviene nei termini dell’inserzione del disegno, così com’è, nel contesto del quadro su tela, come uno schermo che proietta (o manifesta), una realtà altra all’interno della raffigurazione. Il mondo che vi prende forma è quello ben noto, fatto di figure distorte, martoriate dal segno della penna e gettate in un mondo inospitale, di forte presa sul presente: quella dimensione quasi giacomettiana di disagio e della crisi identitaria moderna, anzi, trova su carta una sua più assoluta e inequivocabile sostanza. Per paradosso, se si vuole, mano a mano che il tratteggio si fa insistito e ripetuto la figura perde progressivamente di intensità e di violenza espressiva, come se, a furia di aggiungere, quel tratto avvolgente e qualche volta lanoso volesse disintegrare, o almeno cancellare la figura. Sono uomini senza volto, vittime come carne bruciacchiata di un mondo diventato inospitale (ma lo è mai stato?), di una landa desolata che ha tutti i connotati, sullo sfondo, della città moderna, con il suo caratteristico skyline tanto moderno quanto tetro e incombente. Un mondo senza salvezza, forse, o che forse, ancora meglio, potrebbe essere letto come l’annuncio apocalittico di un mondo possibile: una minaccia, insomma, o meglio ancora un monito.
Luca Pietro Nicoletti
C’è stata una stagione in cui l’opera su carta voleva competere, per strumenti e per effetto, con la pittura: è stata una stagione, anzi, in cui la carta sostituiva la tela, ma era totalmente un supporto per la pittura. Ora, invece, lo scarto è maggiore, e quanto disegno e pittura si trovano a dialogare, lo scambio avviene nei termini dell’inserzione del disegno, così com’è, nel contesto del quadro su tela, come uno schermo che proietta (o manifesta), una realtà altra all’interno della raffigurazione. Il mondo che vi prende forma è quello ben noto, fatto di figure distorte, martoriate dal segno della penna e gettate in un mondo inospitale, di forte presa sul presente: quella dimensione quasi giacomettiana di disagio e della crisi identitaria moderna, anzi, trova su carta una sua più assoluta e inequivocabile sostanza. Per paradosso, se si vuole, mano a mano che il tratteggio si fa insistito e ripetuto la figura perde progressivamente di intensità e di violenza espressiva, come se, a furia di aggiungere, quel tratto avvolgente e qualche volta lanoso volesse disintegrare, o almeno cancellare la figura. Sono uomini senza volto, vittime come carne bruciacchiata di un mondo diventato inospitale (ma lo è mai stato?), di una landa desolata che ha tutti i connotati, sullo sfondo, della città moderna, con il suo caratteristico skyline tanto moderno quanto tetro e incombente. Un mondo senza salvezza, forse, o che forse, ancora meglio, potrebbe essere letto come l’annuncio apocalittico di un mondo possibile: una minaccia, insomma, o meglio ancora un monito.
Luca Pietro Nicoletti
12
aprile 2016
Giampiero Violi – Nero di china
Dal 12 aprile al primo maggio 2016
arte contemporanea
Location
CALISTO CAFE’
Vailate, Via Alessandro Manzoni, 2, (Cremona)
Vailate, Via Alessandro Manzoni, 2, (Cremona)
Orario di apertura
martedì mercoledì giovedìì 7:30 / 1:00 venerdì sabato domenica 7:30 / 2:00
Vernissage
12 Aprile 2016, ore 21:00
Autore