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Gian Piero Nuccio – No war
La mostra sviluppa lungo il tema centrale della condanna delle guerre (e di chi le promuove) 34 opere in cui, attraverso un linguaggio fatto di simboli (bandiere), lettere, scritte, annegati in ampie aree di informale si svolge un discorso non solamente estetico. Tecnicamente colori ad olio, acrili
Comunicato stampa
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La mostra sviluppa lungo il tema centrale della condanna delle guerre (e di chi le promuove) 34 opere in cui, attraverso un linguaggio fatto di simboli (bandiere), lettere, scritte, annegati in ampie aree di informale si svolge un discorso non solamente estetico. Tecnicamente colori ad olio, acrilici, gessi, matite su supporti di vario tipo (principalmente tele grezze non preparate) consentono effetti di casuale, non finito, primitivo, particolarmente efficaci per trasformare il quadro in un muro su cui vengono scritte e disegnate le ansietà, le paure, le denunce che il tema propone.
Cinque oli su carta (tecnica particolarmente amata dalla precedente mostra svoltasi a cavallo fra 2006 e 2007), uno per ogni lettera a comporre le parole NO WAR, costituiscono il perno attorno a cui gli altri lavori gravitano, e palesano con nettezza la denuncia espandendola in tutto lo spazio espositivo.
La mostra intende avere carattere di dinamicità e far procedere lo spettatore per riscontri e rispondenze tra le varie opere. Rimbalza , da una parete all’altra, la lettera R, ripetuta con insistenza, inserita in elementi fortemente simbolici come le bandiere, impiegata come elemento di rottura degli equilibri del quadro, per creare fastidio con la sua presenza monotona e ossessiva (come in WARRRRR o in GUERRRRRA…) prolungata all’infinito a ricordare il rumore dei bombardieri sui cieli mediorientali o dei carri armati nelle strade delle città invase. Le lettere, le scritte vengono estraniate dalla loro funzione naturale, e operano con finalità di disturbo per indurre lo spettatore a decifrare la scritta (mai di facile lettura) o ad individuarne la funzione in chiave simbolica, oltre che estetica.
In alcune opere simbolicamente vengono allargati sulla parete elementi del quadro stesso cancellando il confine fra spazio della pittura e spazio espositivo. Parete e quadro, insieme, divengono così concreti e reali come un muro su cui si sono depositati, nel tempo, i segni di chi vi ha lasciato tracce del proprio passaggio e dove il “NO WAR” può uscire dagli spazi dedicati (qui espositivi, altrove politici). I muri fra i quali ci muoviamo quotidianamente non hanno figure, disegni compiuti. Sono invece frantumati, segnati da espressioni primitive, poco accattivanti ma carichi di significati, se si ha la pazienza (e la volontà) di leggerli. Su di essi si esprime un linguaggio astratto nella forma ma che ha la concretezza e la materialità dell’esistenza.
Su questi spazi recuperati alla pittura trovano posto i quadri “del silenzio”,. Sono, queste, opere in cui pochi colori, prevalentemente grigi, bianchi sporchi, neri, segni di grafite primitivi, tele grezze neanche intelaiate in un desiderio di minimalismo non ancora soddisfatto, propongono allo spettatore di soffermarsi a valutare umili segni, macchie, graffi. Di fronte alle tragedie, sommersi dai fiumi di retorica, invasi dallo straripare di immagini, colori, rumori, gesti non sembra più possibile esprimersi attraverso colori, figure, immagini che hanno ormai perso ogni significato. Occorre riappropriarsi di quanto resta quasi invisibile perchè sommesso, flebile, mormorato e non urlato e descriverlo perché ci appartiene, come la pace.
Cinque oli su carta (tecnica particolarmente amata dalla precedente mostra svoltasi a cavallo fra 2006 e 2007), uno per ogni lettera a comporre le parole NO WAR, costituiscono il perno attorno a cui gli altri lavori gravitano, e palesano con nettezza la denuncia espandendola in tutto lo spazio espositivo.
La mostra intende avere carattere di dinamicità e far procedere lo spettatore per riscontri e rispondenze tra le varie opere. Rimbalza , da una parete all’altra, la lettera R, ripetuta con insistenza, inserita in elementi fortemente simbolici come le bandiere, impiegata come elemento di rottura degli equilibri del quadro, per creare fastidio con la sua presenza monotona e ossessiva (come in WARRRRR o in GUERRRRRA…) prolungata all’infinito a ricordare il rumore dei bombardieri sui cieli mediorientali o dei carri armati nelle strade delle città invase. Le lettere, le scritte vengono estraniate dalla loro funzione naturale, e operano con finalità di disturbo per indurre lo spettatore a decifrare la scritta (mai di facile lettura) o ad individuarne la funzione in chiave simbolica, oltre che estetica.
In alcune opere simbolicamente vengono allargati sulla parete elementi del quadro stesso cancellando il confine fra spazio della pittura e spazio espositivo. Parete e quadro, insieme, divengono così concreti e reali come un muro su cui si sono depositati, nel tempo, i segni di chi vi ha lasciato tracce del proprio passaggio e dove il “NO WAR” può uscire dagli spazi dedicati (qui espositivi, altrove politici). I muri fra i quali ci muoviamo quotidianamente non hanno figure, disegni compiuti. Sono invece frantumati, segnati da espressioni primitive, poco accattivanti ma carichi di significati, se si ha la pazienza (e la volontà) di leggerli. Su di essi si esprime un linguaggio astratto nella forma ma che ha la concretezza e la materialità dell’esistenza.
Su questi spazi recuperati alla pittura trovano posto i quadri “del silenzio”,. Sono, queste, opere in cui pochi colori, prevalentemente grigi, bianchi sporchi, neri, segni di grafite primitivi, tele grezze neanche intelaiate in un desiderio di minimalismo non ancora soddisfatto, propongono allo spettatore di soffermarsi a valutare umili segni, macchie, graffi. Di fronte alle tragedie, sommersi dai fiumi di retorica, invasi dallo straripare di immagini, colori, rumori, gesti non sembra più possibile esprimersi attraverso colori, figure, immagini che hanno ormai perso ogni significato. Occorre riappropriarsi di quanto resta quasi invisibile perchè sommesso, flebile, mormorato e non urlato e descriverlo perché ci appartiene, come la pace.
20
marzo 2009
Gian Piero Nuccio – No war
Dal 20 al 31 marzo 2009
arte contemporanea
Location
GALLERIA CALANDRA
Torino, Via Fratelli Calandra, 8, (Torino)
Torino, Via Fratelli Calandra, 8, (Torino)
Orario di apertura
da martedì a sabato ore 16.00-19.30
Vernissage
20 Marzo 2009, ore 17.30
Autore
Curatore