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Giancarla Frare – Come confine certo
In queste ultime opere, le più dure ma anche le più mature, la figura umana prende dunque il posto della scultura per andare a violare una macchina prospettica tradizionale con cui ora ingaggia una lotta, ora tenta una riappacificazione, in un travaglio documentato passo passo dall’artista, che conferma, ancora una volta, lo schema binario del suo lavoro.
Comunicato stampa
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Procede per cicli il lavoro di Giancarla Frare. Lunghi periodi “non di mesi ma di anni” dedicati a scandagliare un tema, come avvertono Enrico Crispolti, Flaminio Gualdoni, Federica Di Castro, Nico Stringa, Mirella Bentivoglio, Nicoletta Cardano, tutti i critici, insomma, che hanno seguito gli sviluppi della sua carriera pittorica e grafica (se ne può a buon diritto parlare come di uno dei nomi più interessanti dell’incisione italiana contemporanea): dal brillante esordio veneziano nell’ambiente della Fondazione Bevilacqua La Masa, istituzione autorevolissima, tra le poche del nostro paese finalizzate alla scoperta e valorizzazione dei pittori giovani, alle duecento e passa esposizioni in spazi museali e privati in Italia, Europa, America e Medio Oriente, fra le quali va ricordata la personale che, a soli trentatré anni, le ha dedicato il Museo di Arte Moderna di Ca’ Pesaro.
Tocca ora a Daniela Fonti presentare la mostra che conclude una stagione quasi ventennale della sua ricerca. “Come confine certo”, che si inaugurerà lunedì 15 marzo presso lo Studio Morbiducci, è infatti il traguardo di un viaggio intrapreso dall’artista nell’anno del suo trasferimento a Roma, il 1985. Inizia allora la sperimentazione sull’innesto fotografico nella pittura: brani di fotografie da lei stessa realizzate (è stata allieva di Mimmo Jodice, grande maestro del bianco e nero) vengono conficcati nella pittura, a lacerarla, ma anche a dialogare con essa, giacché da quei frammenti strappati alla realtà dalla mediazione tecnologica della macchina fotografica scaturisce un commentario di segni tracciati, sempre e solo sulla carta, dalle materie più semplici e primitive che un pittore possa usare: le terre naturali, gli inchiostri, mezzi che Giancarla Frare padroneggia con magistrale abilità.
Ora quel suo lungo cammino attraverso paesaggi in bilico tra l’astrazione e l’irrealtà, costruiti attorno a riproduzioni fotografiche di reperti scultorei finisce. Finisce in una stanza, la “cavità grigio-nera” in cui Daniela Fonti ravvede “la sintesi di ogni spazio possibile”. Così come sintesi di ogni corpo possibile è il corpo agile/forte, antico/giovane della modella che la abita. Ne conosciamo il nome, si chiama Armida Cancrini. E’ una donna reale la cui icona fotografica è inserita in uno spazio immaginario. In queste ultime opere, le più dure ma anche le più mature, la figura umana prende dunque il posto della scultura per andare a violare una macchina prospettica tradizionale con cui ora ingaggia una lotta, ora tenta una riappacificazione, in un travaglio documentato passo passo dall’artista, che conferma, ancora una volta, lo schema binario del suo lavoro.
“Doppia”, è stata definita Giancarla Frare per il suo procedere lungo la strada dell’arte (non solo visiva, poiché alterna alla pratica della pittura quella della poesia) mettendo in campo contrasti, analizzandone la complessa dialettica, cercando, come è stato scritto, “affinità nelle differenze, differenze nelle somiglianze”. Una pittura di tensioni ed equilibri che trova i suoi elementi fondanti nell’essenzialità del segno e della carta, con esiti di qualità costantemente alta, come conferma la presenza dei suoi dipinti e della sua opera grafica in importanti collezioni permanenti. Tra le più significative:
il Museo di Ca’ Pesaro e Fondazione Bevilacqua La Masa a Venezia, il Museo del Castello Sforzesco a Milano, l’Istituto Nazionale per la Grafica a Roma, l’Accademia Albertina a Vienna, l’Art Museum a Portland ed il Museo Luigi Pecci per l’Arte Contemporanea a Prato.
Tocca ora a Daniela Fonti presentare la mostra che conclude una stagione quasi ventennale della sua ricerca. “Come confine certo”, che si inaugurerà lunedì 15 marzo presso lo Studio Morbiducci, è infatti il traguardo di un viaggio intrapreso dall’artista nell’anno del suo trasferimento a Roma, il 1985. Inizia allora la sperimentazione sull’innesto fotografico nella pittura: brani di fotografie da lei stessa realizzate (è stata allieva di Mimmo Jodice, grande maestro del bianco e nero) vengono conficcati nella pittura, a lacerarla, ma anche a dialogare con essa, giacché da quei frammenti strappati alla realtà dalla mediazione tecnologica della macchina fotografica scaturisce un commentario di segni tracciati, sempre e solo sulla carta, dalle materie più semplici e primitive che un pittore possa usare: le terre naturali, gli inchiostri, mezzi che Giancarla Frare padroneggia con magistrale abilità.
Ora quel suo lungo cammino attraverso paesaggi in bilico tra l’astrazione e l’irrealtà, costruiti attorno a riproduzioni fotografiche di reperti scultorei finisce. Finisce in una stanza, la “cavità grigio-nera” in cui Daniela Fonti ravvede “la sintesi di ogni spazio possibile”. Così come sintesi di ogni corpo possibile è il corpo agile/forte, antico/giovane della modella che la abita. Ne conosciamo il nome, si chiama Armida Cancrini. E’ una donna reale la cui icona fotografica è inserita in uno spazio immaginario. In queste ultime opere, le più dure ma anche le più mature, la figura umana prende dunque il posto della scultura per andare a violare una macchina prospettica tradizionale con cui ora ingaggia una lotta, ora tenta una riappacificazione, in un travaglio documentato passo passo dall’artista, che conferma, ancora una volta, lo schema binario del suo lavoro.
“Doppia”, è stata definita Giancarla Frare per il suo procedere lungo la strada dell’arte (non solo visiva, poiché alterna alla pratica della pittura quella della poesia) mettendo in campo contrasti, analizzandone la complessa dialettica, cercando, come è stato scritto, “affinità nelle differenze, differenze nelle somiglianze”. Una pittura di tensioni ed equilibri che trova i suoi elementi fondanti nell’essenzialità del segno e della carta, con esiti di qualità costantemente alta, come conferma la presenza dei suoi dipinti e della sua opera grafica in importanti collezioni permanenti. Tra le più significative:
il Museo di Ca’ Pesaro e Fondazione Bevilacqua La Masa a Venezia, il Museo del Castello Sforzesco a Milano, l’Istituto Nazionale per la Grafica a Roma, l’Accademia Albertina a Vienna, l’Art Museum a Portland ed il Museo Luigi Pecci per l’Arte Contemporanea a Prato.
15
marzo 2004
Giancarla Frare – Come confine certo
Dal 15 marzo al 02 aprile 2004
arte contemporanea
Location
STUDIO MORBIDUCCI
Roma, Via Giovanni Battista Bodoni, 83, (Roma)
Roma, Via Giovanni Battista Bodoni, 83, (Roma)
Orario di apertura
dal lunedì al venerdì ore 18-20. Per appuntamento nelle altre fasce orarie
Vernissage
15 Marzo 2004, dalle ore 18