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Giancarlo Beltrame – Selfie
Si chiama SELFIE ed è il rito più celebrato in ogni parte del mondo nel nostro tempo. Ogni selfie non è un’immagine di sé che si cattura e si diffonde, ma una maschera che pirandellianamente si indossa per proporre agli altri una visione di sè.
Comunicato stampa
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Si chiama SELFIE ed è il rito più celebrato in ogni parte del mondo nel nostro tempo. Merito della tecnologia che ha trasformato ogni telefono portatile in una macchina fotografica a portata di mano e di occhio.
Ci si inquadra, ci si guarda un attimo nel piccolo schermo e - CLICK - si scatta.
Un rapido controllo per verificare se l'immagine corrisponda ai propri desideri o quantomeno all'idea che si ha di sè e - CLICK HERE - si condivide.
In un attimo, ovunque nel pianeta, quanti sono collegati al nostro profilo nei SOCIAL NETWORK possono vedere il nostro selfie.
Nel nostro autoscatto, come si sarebbe chiamato in altri tempi nemmeno troppo lontani, spesso non siamo soli. Dietro di noi compaiono monumenti architettonici o naturali, divi(nità) dell'olimpo mediatico contemporaneo, capolavori dell'arte di ogni tempo, magari collocati sugli altari di quei moderni templi che sono i musei.
Nel 2015 è stato addirittura istituito il MUSEUM SELFIE DAY, che si celebra sui social network il 21 gennaio.
Ciò di cui siamo inconsapevoli è che dietro questo tipo di selfie sta il tentativo inconscio di catturare e trasportare su di noi una specie di onda gravitazionale dell’aura sacrale attribuita all’opera. Inoltre non ci rendiamo conto che in ogni selfie non è un’immagine di sé che si cattura e si diffonde, ma una maschera che pirandellianamente si indossa per proporre agli altri una visione di sè.
Il mio intento è smascherare queste inconsapevolezze collocando davanti (talvolta anche all'interno) ai capolavori vandalizzati una serie di maschere grottesche.
Un intento chiaramente ironico e nemmeno tanto velatamente dissacrante. Il bersaglio non è certamente l'opera di autori che potremmo anche definire "giustamente venerati", ma l'uso che ne viene fatto.
Cinque domande e cinque risposte sulla Mobile Art
Come nasce la Mobile Art?
La Mobile Art nasce nel 2009 con la messa sul mercato di iPhone3, dotato di una fotocamera in grado di realizzare foto di discreta qualità. Tant’è che le prime mostre di foto realizzate con dispositivi mobili furono battezzate iPhoneArt. Quando poi con i loro prodotti fecero capolino altre aziende, la nuova avanguardia artistica si ribattezzò Mobile Art, slegandosi così dalla dittatura “onomastica” di un marchio commerciale. Culla della Mobile Art furono gli Stati Uniti. Si è diffusa poi in tutto il mondo e anche su altri tipi di dispositivo, come i tablet. Figlio legittimo di questi anni all’insegna del 2.0, questo fenomeno artistico ha preso le mosse dai blog per approdare poi alle mostre nel senso più tradizionale del termine.
Qual è il portato di questa avanguardia artistica?
La Mobile Art ha compiuto la rivoluzione più grande che ci sia mai stata nella storia della fotografia. Il portato della Mobile Art si sintetizza in due punti: velocità e democrazia dell’arte. Coinvolgendo una platea eterogenea – che va dai neofiti stregati dalla “lomografia digitale” ai fotografi professionisti che nell’ArtMobile trovano una forma di espressione più intima – la Mobile Art abbandona ogni pretesa elitaria e si mette a disposizione di tutti. E, per di più, lo fa velocemente: dallo scatto al prodotto finale ritoccato con l’aiuto di app intuitive il passo è breve. Le applicazioni per cellulari, infatti, hanno letteralmente abbattuto i tempi dell’editing fotografico, garantendo comunque risultati pregevoli.
Cosa distingue una semplice foto scattata con uno smartphone da un’opera di Mobile Art?
L’idea che c’è dietro. L’aspetto tecnico non deve mai prevalere su quello concettuale. Il vero mobile artista è colui che riesce a realizzare la sua intuizione sfruttando al meglio le possibilità offerte oggi dalla tecnologia. A rimanere preponderante è sempre l’intuizione alla base della fotografia stessa.
Quando arriva in Italia la Mobile Art?
In Italia la prima mostra fotografica di Mobile Art fu organizzata nel 2011. In ogni caso la Mobile Art non è contenibile all’interno dei confini territoriali, è un fenomeno planetario.
Esiste un mercato delle opere di Mobile Art ?
Così come avviene per la fotografia tradizionalmente intesa, anche le opere di Mobile Art iniziano ad avere i propri circuiti di vendita. Oltre ai siti dei mobile-fotografi su cui è possibile acquistare direttamente le loro opere, le fotografie si vendono anche in alcuni festival o presso gallerie specializzate. Oggi le quotazioni dei migliori artisti oscillano tra i 1.000 e i 2.500 euro, a seconda della dimensione, del tipo di stampa e del numero di copie ricavate dall'originale immagine digitale.
Ci si inquadra, ci si guarda un attimo nel piccolo schermo e - CLICK - si scatta.
Un rapido controllo per verificare se l'immagine corrisponda ai propri desideri o quantomeno all'idea che si ha di sè e - CLICK HERE - si condivide.
In un attimo, ovunque nel pianeta, quanti sono collegati al nostro profilo nei SOCIAL NETWORK possono vedere il nostro selfie.
Nel nostro autoscatto, come si sarebbe chiamato in altri tempi nemmeno troppo lontani, spesso non siamo soli. Dietro di noi compaiono monumenti architettonici o naturali, divi(nità) dell'olimpo mediatico contemporaneo, capolavori dell'arte di ogni tempo, magari collocati sugli altari di quei moderni templi che sono i musei.
Nel 2015 è stato addirittura istituito il MUSEUM SELFIE DAY, che si celebra sui social network il 21 gennaio.
Ciò di cui siamo inconsapevoli è che dietro questo tipo di selfie sta il tentativo inconscio di catturare e trasportare su di noi una specie di onda gravitazionale dell’aura sacrale attribuita all’opera. Inoltre non ci rendiamo conto che in ogni selfie non è un’immagine di sé che si cattura e si diffonde, ma una maschera che pirandellianamente si indossa per proporre agli altri una visione di sè.
Il mio intento è smascherare queste inconsapevolezze collocando davanti (talvolta anche all'interno) ai capolavori vandalizzati una serie di maschere grottesche.
Un intento chiaramente ironico e nemmeno tanto velatamente dissacrante. Il bersaglio non è certamente l'opera di autori che potremmo anche definire "giustamente venerati", ma l'uso che ne viene fatto.
Cinque domande e cinque risposte sulla Mobile Art
Come nasce la Mobile Art?
La Mobile Art nasce nel 2009 con la messa sul mercato di iPhone3, dotato di una fotocamera in grado di realizzare foto di discreta qualità. Tant’è che le prime mostre di foto realizzate con dispositivi mobili furono battezzate iPhoneArt. Quando poi con i loro prodotti fecero capolino altre aziende, la nuova avanguardia artistica si ribattezzò Mobile Art, slegandosi così dalla dittatura “onomastica” di un marchio commerciale. Culla della Mobile Art furono gli Stati Uniti. Si è diffusa poi in tutto il mondo e anche su altri tipi di dispositivo, come i tablet. Figlio legittimo di questi anni all’insegna del 2.0, questo fenomeno artistico ha preso le mosse dai blog per approdare poi alle mostre nel senso più tradizionale del termine.
Qual è il portato di questa avanguardia artistica?
La Mobile Art ha compiuto la rivoluzione più grande che ci sia mai stata nella storia della fotografia. Il portato della Mobile Art si sintetizza in due punti: velocità e democrazia dell’arte. Coinvolgendo una platea eterogenea – che va dai neofiti stregati dalla “lomografia digitale” ai fotografi professionisti che nell’ArtMobile trovano una forma di espressione più intima – la Mobile Art abbandona ogni pretesa elitaria e si mette a disposizione di tutti. E, per di più, lo fa velocemente: dallo scatto al prodotto finale ritoccato con l’aiuto di app intuitive il passo è breve. Le applicazioni per cellulari, infatti, hanno letteralmente abbattuto i tempi dell’editing fotografico, garantendo comunque risultati pregevoli.
Cosa distingue una semplice foto scattata con uno smartphone da un’opera di Mobile Art?
L’idea che c’è dietro. L’aspetto tecnico non deve mai prevalere su quello concettuale. Il vero mobile artista è colui che riesce a realizzare la sua intuizione sfruttando al meglio le possibilità offerte oggi dalla tecnologia. A rimanere preponderante è sempre l’intuizione alla base della fotografia stessa.
Quando arriva in Italia la Mobile Art?
In Italia la prima mostra fotografica di Mobile Art fu organizzata nel 2011. In ogni caso la Mobile Art non è contenibile all’interno dei confini territoriali, è un fenomeno planetario.
Esiste un mercato delle opere di Mobile Art ?
Così come avviene per la fotografia tradizionalmente intesa, anche le opere di Mobile Art iniziano ad avere i propri circuiti di vendita. Oltre ai siti dei mobile-fotografi su cui è possibile acquistare direttamente le loro opere, le fotografie si vendono anche in alcuni festival o presso gallerie specializzate. Oggi le quotazioni dei migliori artisti oscillano tra i 1.000 e i 2.500 euro, a seconda della dimensione, del tipo di stampa e del numero di copie ricavate dall'originale immagine digitale.
10
maggio 2016
Giancarlo Beltrame – Selfie
Dal 10 maggio al 31 luglio 2016
arte contemporanea
Location
133ARTGALLERY
Desenzano Del Garda, Via Guglielmo Marconi, 133, (Brescia)
Desenzano Del Garda, Via Guglielmo Marconi, 133, (Brescia)
Orario di apertura
12-15 e 19-24 Chiuso Lunedi
Vernissage
10 Maggio 2016, h 20.00
Autore
Curatore