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Giancarlo Pacini – Universi di luce
La Galleria Weber & Weber rende omaggio, a vent’anni dalla sua scomparsa, all’artista Giancarlo Pacini, con una mostra di lavori degli anni ’80.
Comunicato stampa
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La Galleria Weber & Weber rende omaggio, a vent’anni dalla sua scomparsa, all’artista Giancarlo Pacini, con una mostra
di lavori degli anni ’80. Le opere proposte hanno come filo conduttore la luce, che si sprigiona da piccole valigette lignee
o scorre su grandi teli neri, suggerendo le atmosfere di un universo poetico e fantastico.
Il percorso artistico di Pacini ha inizio nei primi anni ’60 attraverso una serie di esposizioni pubbliche e private. Negli anni
’80, sensibile alle nuove possibilita’ offerte dalla tecnologia, la ricerca dell’artista perviene, come naturale sviluppo, alle
“Boites à survivre” (oggetto della mostra): scatole di legno scuro recuperate, animate dalla presenza della luce: a queste
opere Pacini arriva dopo aver lavorato ad altre “scatole”: tali sono infatti le “capsule spaziali”, i “Pret-à-porter”, l’opera
“vita-oggetto dell’armadietto”, in cui la scatola si configura come teca destinata a custodire espressioni di cosmica microtridimensionalita’.
In questo senso Pacini precorre e si differenzia dal più conosciuto Joseph Cornell, i cui “box” compaiono
sulla scena dell’arte contemporanea qualche anno dopo quelli dell’artista italiano, e soprattutto rappresentano un ricettacolo
della memoria, “la scena di un’azione che non avra’ mai luogo” (Carluccio), mentre quelli di Pacini sono i microcosmi
della vita entro il cui spazio si animano le cose, anzi, dove resuscitano: le “Boites à survivre” hanno, infatti, coperchio
e interruttore, soluzioni adatte a creare l’attimo dello svelamento, della sorpresa, per consentire il passaggio dalla posizione
muta del chiuso e dello spento a quella dell’aperto e dell’accesso, che impone all’improvviso la presenza dell’opera,
spiazzando per un attimo colui che guarda e non sa, e che a poco a poco penetra nell’opera identificando uno ad uno i
dettagli che la compongono.
E’ da supporre, in questi lavori come in altri, sicuramente un’ascendenza surrealista. Ma, forse, il toscano Pacini, viaggiatore
di tempi e di spazi, rammemora anche qualcosa di piu’ antico se ebbe a dichiarare che “le icone luminose costituiscono
una forma di religiosita’ piu’ universale che quella che si esprime in figure”. E allora viene naturale pensare a quelle
anconette cuspidate del Duecento e Trecento fiorentino e senese, anch’esse richiudibili e trasportabili, con gli sportelli
incernierati a rivelare, una volta dischiusi, trittici con Cristo, Madonna e Santi nello splendore del fondo oro: è molto simile
infatti la suggestione che ne emerge, anche se le “Boites à survivre” racchiudono al loro interno la poesia nel suo farsi,
quell’aspirazione a una nuova vita possibile di cui tutti si avverte il bisogno, o anche solo la nostalgia.
di lavori degli anni ’80. Le opere proposte hanno come filo conduttore la luce, che si sprigiona da piccole valigette lignee
o scorre su grandi teli neri, suggerendo le atmosfere di un universo poetico e fantastico.
Il percorso artistico di Pacini ha inizio nei primi anni ’60 attraverso una serie di esposizioni pubbliche e private. Negli anni
’80, sensibile alle nuove possibilita’ offerte dalla tecnologia, la ricerca dell’artista perviene, come naturale sviluppo, alle
“Boites à survivre” (oggetto della mostra): scatole di legno scuro recuperate, animate dalla presenza della luce: a queste
opere Pacini arriva dopo aver lavorato ad altre “scatole”: tali sono infatti le “capsule spaziali”, i “Pret-à-porter”, l’opera
“vita-oggetto dell’armadietto”, in cui la scatola si configura come teca destinata a custodire espressioni di cosmica microtridimensionalita’.
In questo senso Pacini precorre e si differenzia dal più conosciuto Joseph Cornell, i cui “box” compaiono
sulla scena dell’arte contemporanea qualche anno dopo quelli dell’artista italiano, e soprattutto rappresentano un ricettacolo
della memoria, “la scena di un’azione che non avra’ mai luogo” (Carluccio), mentre quelli di Pacini sono i microcosmi
della vita entro il cui spazio si animano le cose, anzi, dove resuscitano: le “Boites à survivre” hanno, infatti, coperchio
e interruttore, soluzioni adatte a creare l’attimo dello svelamento, della sorpresa, per consentire il passaggio dalla posizione
muta del chiuso e dello spento a quella dell’aperto e dell’accesso, che impone all’improvviso la presenza dell’opera,
spiazzando per un attimo colui che guarda e non sa, e che a poco a poco penetra nell’opera identificando uno ad uno i
dettagli che la compongono.
E’ da supporre, in questi lavori come in altri, sicuramente un’ascendenza surrealista. Ma, forse, il toscano Pacini, viaggiatore
di tempi e di spazi, rammemora anche qualcosa di piu’ antico se ebbe a dichiarare che “le icone luminose costituiscono
una forma di religiosita’ piu’ universale che quella che si esprime in figure”. E allora viene naturale pensare a quelle
anconette cuspidate del Duecento e Trecento fiorentino e senese, anch’esse richiudibili e trasportabili, con gli sportelli
incernierati a rivelare, una volta dischiusi, trittici con Cristo, Madonna e Santi nello splendore del fondo oro: è molto simile
infatti la suggestione che ne emerge, anche se le “Boites à survivre” racchiudono al loro interno la poesia nel suo farsi,
quell’aspirazione a una nuova vita possibile di cui tutti si avverte il bisogno, o anche solo la nostalgia.
01
marzo 2011
Giancarlo Pacini – Universi di luce
Dal primo marzo al 09 aprile 2011
arte contemporanea
Location
WEBER & WEBER ARTE MODERNA E CONTEMPORANEA
Torino, Via San Tommaso, 7, (Torino)
Torino, Via San Tommaso, 7, (Torino)
Orario di apertura
da martedì a sabato 15.30-19.30
Vernissage
1 Marzo 2011, dalle ore 18 alle ore 21
Autore