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Giancarlo Sciannella: opere dal 1962 al 1992 e l’esperienza delle arti visive in teatro con Romano Rocchi
Opere giovanili dei due artisti realizzate negli anni di formazione presso l’Istituto d’Arte di Castelli; selezione di sculture di Sciannella dei primi trent’anni di produzione; fotografie, costumi di scena e locandine degli eventi multimediali Arti Performative in Teatro del mimo Romano Rocchi
Comunicato stampa
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Giancarlo Sciannella: opere dal 1962 al 1992 e l’esperienza delle arti visive in teatro con Romano Rocchi
La mostra si pone come finalità ed obiettivo quello di far conoscere al pubblico parte del lavoro di due personaggi di spicco dell’avanguardia artistica e della post-avanguardia teatrale nazionale, lo scultore Giancarlo Sciannella e il mimo Romano Rocchi, entrambi figli di un territorio dal quale hanno attinto per lo sviluppo del loro immaginario segnico e della loro poetica (come testimoniano i due lavori giovanili Vaso con Torri, Civetta, Sole e Luna di Sciannella e Ciotola con decorazione astratte di Rocchi, realizzati negli anni di alunnato presso l’Istituto d’Arte di Castelli); in particolare, una sezione della mostra, indaga il rapporto di collaborazione nato tra i due artisti negli anni Ottanta, in occasione di alcune rassegne teatrali organizzate da Rocchi.
Giancarlo Sciannella (Castelli 1943 – Roma 2016) si forma negli anni Sessanta prima nell’Istituto d’Arte di Castelli sotto la guida di Serafino Mattucci e successivamente all’Accademia di Belle Arti di Roma, dove frequenta il corso di pittura diretto da Franco Gentilini. Esordisce come pittore, dedicandosi poi alla scultura ceramica e successivamente di terra, materia che in seguito diventerà il suo principale mezzo espressivo; dalla critica di settore è considerato fra le massime espressioni della scultura di terra contemporanea italiana, che in Italia, nel Novecento, vanta illustri precursori come Martini, Fontana, Leoncillo, ed espressioni recenti come Valentini, Spagnulo, Mainolfi.
L’esposizione teramana presenta tre decenni di produzione (1962-1992) partendo dagli esordi nella prima metà degli anni Sessanta come ceramista, presso l’istituto d’arte della sua città natale, Castelli, allora da pochi anni rinnovato nella direzione e orientato didatticamente alla ricezione della nuova grammatica delle avanguardie artistiche di primo Novecento; due opere presenti in mostra, Struttura I e Struttura II, entrambe del 1966, evidenziano i prodromi di una ricerca individuale basata sull’iniziale lettura e rielaborazione della tendenza artistica dell’Informale nelle sue differenti declinazioni (segno, gesto, materia), che proseguirà anche nel decennio dei Settanta (Chi ci darà l’acqua per la morte?, 1975; Impressioni, 1976) con lavori che manifestano una particolare vis esistenziale legata al vissuto individuale attraverso l’utilizzo di materiali “poveri” marcati da segni primitivi e da una scrittura infantile. Sono gli anni della partecipazione di Sciannella a diverse edizioni del Premio Faenza e dei riconoscimenti istituzionali.
La sezione relativa al decennio degli anni Ottanta evidenzia il “debito” dello scultore verso la lezione di Alberto Burri “materico ed esistenziale”, visto per la prima volta all’Aquila nel 1962 presso il forte cinquecentesco della città in occasione dell’Omaggio all’artista umbro proposto dal critico romano Enrico Crispolti all’interno della Rassegna Alternative Attuali da lui curata e alla quale Sciannella parteciperà nell’edizione del 1987. Nella scultura di Sciannella compaiono materiali burriani come il catrame (Spirale, 1988), il ferro (Sudario, 1990), il legno, elemento soggetto spesso a combustione (Africa, 1987). In questi lavori, così come nelle opere di Burri, è presente il conflitto agonico tra la forza disgregante della materia e la ricerca di un agognato equilibrio plastico-formale (Tempio, 1989; A ferro e a fuoco, 1989; Teca, 1990); materia che ora in Sciannella è lontana da tentazioni virtuosistiche e narrative, bensì allusive.
La mostra documenta anche la collaborazione artistica nata proprio negli anni Ottanta tra Sciannella e il mimo teramano Romano Rocchi (Teramo, 1942 - Roma, 2018), in arte Ro’Rocchi, conosciuto nelle aule dell’Istituto d’Arte di Castelli negli anni Sessanta; entrambi avevano partecipato nel 1964 ad una mostra collettiva presso la Galleria San Giorgio a Teramo; la stessa galleria nel 1967 aveva mostrato nuovamente alcuni loro lavori proponendo una sorta di vis à vis.
La poetica di Rocchi, che riflette sul concetto di “arte totale”, mira alla fusione sinestetica delle differenti espressioni artistiche (pittura, scultura, danza, musica e poesia) raggiungendo idealmente, attraverso il movimento e la gestualità corporea la “connessione” dei diversi linguaggi. A tal proposito, nel 1984, in occasione dello spettacolo teatrale Suicidio Rosa presso la “cantina” di sperimentazione teatrale Il Cielo di Roma, si manifesta la volontà del mimo di “teatralizzare” le arti visive in teatro; lo stesso, interagisce fisicamente con le opere di Sciannella, le Meteoriti (esposte nella sezione della mostra) trasformandosi così in “corpo artistico”. La collaborazione tra i due artisti proseguirà nel 1985 per lo spettacolo Incontro con Paul Klee, presso la Sala Borromini a Roma; nel 1988 in occasione dello spettacolo Mimus presso il teatro La MaMa di New York e l’anno successivo per lo spettacolo Mimus Centuntulus presso il Teatro Colosseo sempre a Roma. L’esposizione teramana documenta questo interessante sodalizio artistico attraverso le opere di Sciannella utilizzate da Rocchi nelle sue performances (Meteoriti, 1984 e Dardo, 1988), le locandine originali degli spettacoli e le foto di scena; si pone anche come focus d’indagine e approfondimento sulla figura di Romano Rocchi, artista tra i più originali della scena teatrale nazionale della post-avanguardia.
Simone Battiato
Giulia D’Ignazio
La mostra si pone come finalità ed obiettivo quello di far conoscere al pubblico parte del lavoro di due personaggi di spicco dell’avanguardia artistica e della post-avanguardia teatrale nazionale, lo scultore Giancarlo Sciannella e il mimo Romano Rocchi, entrambi figli di un territorio dal quale hanno attinto per lo sviluppo del loro immaginario segnico e della loro poetica (come testimoniano i due lavori giovanili Vaso con Torri, Civetta, Sole e Luna di Sciannella e Ciotola con decorazione astratte di Rocchi, realizzati negli anni di alunnato presso l’Istituto d’Arte di Castelli); in particolare, una sezione della mostra, indaga il rapporto di collaborazione nato tra i due artisti negli anni Ottanta, in occasione di alcune rassegne teatrali organizzate da Rocchi.
Giancarlo Sciannella (Castelli 1943 – Roma 2016) si forma negli anni Sessanta prima nell’Istituto d’Arte di Castelli sotto la guida di Serafino Mattucci e successivamente all’Accademia di Belle Arti di Roma, dove frequenta il corso di pittura diretto da Franco Gentilini. Esordisce come pittore, dedicandosi poi alla scultura ceramica e successivamente di terra, materia che in seguito diventerà il suo principale mezzo espressivo; dalla critica di settore è considerato fra le massime espressioni della scultura di terra contemporanea italiana, che in Italia, nel Novecento, vanta illustri precursori come Martini, Fontana, Leoncillo, ed espressioni recenti come Valentini, Spagnulo, Mainolfi.
L’esposizione teramana presenta tre decenni di produzione (1962-1992) partendo dagli esordi nella prima metà degli anni Sessanta come ceramista, presso l’istituto d’arte della sua città natale, Castelli, allora da pochi anni rinnovato nella direzione e orientato didatticamente alla ricezione della nuova grammatica delle avanguardie artistiche di primo Novecento; due opere presenti in mostra, Struttura I e Struttura II, entrambe del 1966, evidenziano i prodromi di una ricerca individuale basata sull’iniziale lettura e rielaborazione della tendenza artistica dell’Informale nelle sue differenti declinazioni (segno, gesto, materia), che proseguirà anche nel decennio dei Settanta (Chi ci darà l’acqua per la morte?, 1975; Impressioni, 1976) con lavori che manifestano una particolare vis esistenziale legata al vissuto individuale attraverso l’utilizzo di materiali “poveri” marcati da segni primitivi e da una scrittura infantile. Sono gli anni della partecipazione di Sciannella a diverse edizioni del Premio Faenza e dei riconoscimenti istituzionali.
La sezione relativa al decennio degli anni Ottanta evidenzia il “debito” dello scultore verso la lezione di Alberto Burri “materico ed esistenziale”, visto per la prima volta all’Aquila nel 1962 presso il forte cinquecentesco della città in occasione dell’Omaggio all’artista umbro proposto dal critico romano Enrico Crispolti all’interno della Rassegna Alternative Attuali da lui curata e alla quale Sciannella parteciperà nell’edizione del 1987. Nella scultura di Sciannella compaiono materiali burriani come il catrame (Spirale, 1988), il ferro (Sudario, 1990), il legno, elemento soggetto spesso a combustione (Africa, 1987). In questi lavori, così come nelle opere di Burri, è presente il conflitto agonico tra la forza disgregante della materia e la ricerca di un agognato equilibrio plastico-formale (Tempio, 1989; A ferro e a fuoco, 1989; Teca, 1990); materia che ora in Sciannella è lontana da tentazioni virtuosistiche e narrative, bensì allusive.
La mostra documenta anche la collaborazione artistica nata proprio negli anni Ottanta tra Sciannella e il mimo teramano Romano Rocchi (Teramo, 1942 - Roma, 2018), in arte Ro’Rocchi, conosciuto nelle aule dell’Istituto d’Arte di Castelli negli anni Sessanta; entrambi avevano partecipato nel 1964 ad una mostra collettiva presso la Galleria San Giorgio a Teramo; la stessa galleria nel 1967 aveva mostrato nuovamente alcuni loro lavori proponendo una sorta di vis à vis.
La poetica di Rocchi, che riflette sul concetto di “arte totale”, mira alla fusione sinestetica delle differenti espressioni artistiche (pittura, scultura, danza, musica e poesia) raggiungendo idealmente, attraverso il movimento e la gestualità corporea la “connessione” dei diversi linguaggi. A tal proposito, nel 1984, in occasione dello spettacolo teatrale Suicidio Rosa presso la “cantina” di sperimentazione teatrale Il Cielo di Roma, si manifesta la volontà del mimo di “teatralizzare” le arti visive in teatro; lo stesso, interagisce fisicamente con le opere di Sciannella, le Meteoriti (esposte nella sezione della mostra) trasformandosi così in “corpo artistico”. La collaborazione tra i due artisti proseguirà nel 1985 per lo spettacolo Incontro con Paul Klee, presso la Sala Borromini a Roma; nel 1988 in occasione dello spettacolo Mimus presso il teatro La MaMa di New York e l’anno successivo per lo spettacolo Mimus Centuntulus presso il Teatro Colosseo sempre a Roma. L’esposizione teramana documenta questo interessante sodalizio artistico attraverso le opere di Sciannella utilizzate da Rocchi nelle sue performances (Meteoriti, 1984 e Dardo, 1988), le locandine originali degli spettacoli e le foto di scena; si pone anche come focus d’indagine e approfondimento sulla figura di Romano Rocchi, artista tra i più originali della scena teatrale nazionale della post-avanguardia.
Simone Battiato
Giulia D’Ignazio
18
maggio 2024
Giancarlo Sciannella: opere dal 1962 al 1992 e l’esperienza delle arti visive in teatro con Romano Rocchi
Dal 18 maggio all'otto giugno 2024
arte contemporanea
arti performative
arti performative
Location
SEDI VARIE – Teramo
Teramo, (Teramo)
Teramo, (Teramo)
Orario di apertura
da martedì a domenica ore 16.30-19.30
Vernissage
18 Maggio 2024, ore 17.30
Autore
Curatore
Autore testo critico
Produzione organizzazione