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Gianfranco Chiavacci – 1967
una mostra dedicata al riallestimento di un nucleo di opere già esposte da Gianfranco Chiavacci in occasione della sua prima personale alla galleria numero di Firenze inaugurata il 18 Febbraio 1967
Comunicato stampa
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La mostra, dedicata al riallestimento di un nucleo di opere già esposte da Gianfranco Chiavacci in occasione della sua prima personale alla galleria Numero di Firenze (inaugurata il 18 febbraio del 1967), si inserisce all'interno di un più ampio progetto di valorizzazione storica dell'artista. L'ordinamento della ricca documentazione conservata nel suo atelier e l'analisi approfondita della produzione degli anni Sessanta hanno suggerito la ricostituzione di un corpus di lavori rappresentativi della sua prima fase di ricerca. Da una decina d'anni, infatti, con il diffondersi degli studi sulla storia delle esposizioni e con la proliferazione delle pratiche di re-enactment – ossia di ripetizione performativa e di ri-creazione di situazioni ed eventi – la riproposizione di mostre storiche è divenuta una pratica diffusa. Uno dei casi più celebri è When Attitudes become Form: Bern 1969/Venice 2013, a cura di Germano Celant, un sorprendente rifacimento del progetto espositivo di Harald Szeemann negli spazi settecenteschi di Ca' Corner della Regina. Nonostante queste pratiche siano state lette come ready-made (almeno secondo l'approccio di Celant), l'interrogativo sul significato – e sull'utilità – di tali operazioni è ancora aperto. Holland Cotter, pungete critico del New York Times, recentemente si è scagliato contro tale atteggiamento, affermando: «What’s new in contemporary art? Old. We’re in an age of remake culture, an epidemic of re-enactment fever. Young painters are working in styles that were hot half a century ago. Yesteryear’s performance art is being re-performed. Exhibitions that have been done and done — on Matisse, Picasso, European abstraction — are being done again» .
Alla luce di queste problematicità, si è cercato di interpretare la mostra Gianfranco Chiavacci, Personale del 1967 esclusivamente come fonte storica. Le fotografie degli spazi e il pieghevole dell'evento si sono rivelati utili per una contestualizzazione critica piuttosto che per una ricostruzione filologica. Questa esposizione è soprattutto fondamentale per la consacrazione del linguaggio binario dell'artista che, dal 1963, dopo aver seguito dei corsi di informatica presso il centro formativo della IBM, si era interessato al bit, traducendolo in forme aperte-chiuse. Fernando Melani, invitato a redigere un breve testo introduttivo, aveva elogiato tale approccio legandolo al più ampio fenomeno della modernizzazione italiana: «Stiamo elaborando nuovi linguaggi, [...] assistiamo ad un flusso continuo di fresche conoscenze che soltanto le macchine possono predeterminare picchettandoci con precisione e anticipo il tracciato del progresso-civiltà» . In effetti, a partire da questi anni, anche i padri dell'astrazione cibernetica inizieranno a far uso del computer in ambito artistico. Vera Molnar o François Morellet, ad esempio, porteranno agli estremi gli esperimenti riduzionistici delle serie plus-minus di Piet Mondrian, continuando, come Chiavacci, la tradizione delle pasigrafie. L'interesse dell'artista per l'analisi delle nuove forme di linguaggio, invece, converge con gli studi di Umberto Eco sull'Opera aperta, così come la realizzazione di opere con fili di nylon e vetri rigati, in linea con le ricerche cinetiche del nord Italia. Nei primi anni Sessanta, Chiavacci è dunque riuscito a costituire l'ossatura di una ricerca solida e prolifera, che gli permetterà di frequentare alcuni dei più importanti centri d'avanguardia, come la galleria Numero a Firenze, Sincron a Brescia e Ti.zero a Torino. La riproposizione dei lavori esposti nella sua prima personale non intende quindi storicizzare l'esposizione, ma piuttosto rendere alla storia un gruppo di opere maggiori dell'artista toscano. Un esempio può essere il saggio di Jérôme Glicenstein, L’art: une histoire d’expositions, Paris, Presses universitaires de France, 2009.
Holland Cotter, Art's Futures Meets Its Past. Prada Foundation Remounts a 1969 Exhibition, «New York Times», 3 agosto 2013.
Fernando Melani, Presentazione, in Gianfranco Chiavacci, Personale, pieghevole della mostra (Firenze, Galleria Numero, 18 febbraio – 3 marzo 1967), Firenze, Galleria Numero, 1967, s.p.
Alla luce di queste problematicità, si è cercato di interpretare la mostra Gianfranco Chiavacci, Personale del 1967 esclusivamente come fonte storica. Le fotografie degli spazi e il pieghevole dell'evento si sono rivelati utili per una contestualizzazione critica piuttosto che per una ricostruzione filologica. Questa esposizione è soprattutto fondamentale per la consacrazione del linguaggio binario dell'artista che, dal 1963, dopo aver seguito dei corsi di informatica presso il centro formativo della IBM, si era interessato al bit, traducendolo in forme aperte-chiuse. Fernando Melani, invitato a redigere un breve testo introduttivo, aveva elogiato tale approccio legandolo al più ampio fenomeno della modernizzazione italiana: «Stiamo elaborando nuovi linguaggi, [...] assistiamo ad un flusso continuo di fresche conoscenze che soltanto le macchine possono predeterminare picchettandoci con precisione e anticipo il tracciato del progresso-civiltà» . In effetti, a partire da questi anni, anche i padri dell'astrazione cibernetica inizieranno a far uso del computer in ambito artistico. Vera Molnar o François Morellet, ad esempio, porteranno agli estremi gli esperimenti riduzionistici delle serie plus-minus di Piet Mondrian, continuando, come Chiavacci, la tradizione delle pasigrafie. L'interesse dell'artista per l'analisi delle nuove forme di linguaggio, invece, converge con gli studi di Umberto Eco sull'Opera aperta, così come la realizzazione di opere con fili di nylon e vetri rigati, in linea con le ricerche cinetiche del nord Italia. Nei primi anni Sessanta, Chiavacci è dunque riuscito a costituire l'ossatura di una ricerca solida e prolifera, che gli permetterà di frequentare alcuni dei più importanti centri d'avanguardia, come la galleria Numero a Firenze, Sincron a Brescia e Ti.zero a Torino. La riproposizione dei lavori esposti nella sua prima personale non intende quindi storicizzare l'esposizione, ma piuttosto rendere alla storia un gruppo di opere maggiori dell'artista toscano. Un esempio può essere il saggio di Jérôme Glicenstein, L’art: une histoire d’expositions, Paris, Presses universitaires de France, 2009.
Holland Cotter, Art's Futures Meets Its Past. Prada Foundation Remounts a 1969 Exhibition, «New York Times», 3 agosto 2013.
Fernando Melani, Presentazione, in Gianfranco Chiavacci, Personale, pieghevole della mostra (Firenze, Galleria Numero, 18 febbraio – 3 marzo 1967), Firenze, Galleria Numero, 1967, s.p.
19
marzo 2016
Gianfranco Chiavacci – 1967
Dal 19 marzo al 30 aprile 2016
arte contemporanea
Location
DIE MAUER
Prato, Via Agnolo Firenzuola, 33/35/37, (Prato)
Prato, Via Agnolo Firenzuola, 33/35/37, (Prato)
Orario di apertura
martedi - sabato 16,00 _ 19,30
Vernissage
19 Marzo 2016, ore 18,00
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