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Gianfranco Zazzeroni – Le forme dell’energia
Mostra personale nel Museo Colle del Duomo
Comunicato stampa
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Le forme dell’energia
di Chiara Strozzieri
La valenza dell’artista Gianfranco Zazzeroni ha avuto le sue dimostrazioni in sediprestigiose in tutta Italia e anche all’estero, come presso l’Istituto Italiano di Cultura a Vienna, dove nel 2010 è stata organizzata una mostra antologica sulla sua opera. Oggi è il Comune di Viterbo a interessarsi a una panoramica sulla sua produzione pittorica e grafica, ricordando come l’autore urbinate non sia solamente un eccelso artista visivo, ma anche un esperto incisore, formatosi alla Scuola del Libro della sua città natale e poi divenuto docente di stampa editoriale e artistica.
Di natura duttile e rigorosa insieme sono le tecniche calcografiche, che, se permettono la sintetica rappresentazione del sé di un artista, rispondono a regole rigorose che ne consentono la riproducibilità esatta in più copie. Ciò non significa che i criteri che la governano si riducano solo a passaggi operativi ripetitivi, in quanto è merito dell’artista quello di trovare indizi di libertà attraverso l’estraniamento dalla rigidità metodica e grazie all’istintiva, illogica gestualità.
Non è un caso che tra le tecniche Zazzeroni prediliga la puntasecca, utile solamente per le piccole tirature: le incisioni su matrice di metallo infatti, escludendo l’uso dell’acido, si affidano a filamenti rialzati che trattengono l’inchiostro, ma che si distruggono rapidamente sotto la pressione del torchio. Questo permette all’autore di vincere su un’arte che non ammette ripensamenti, dandosi la possibilità di svariati motivi iconografici. Non solo, perché servendosi di un processo molto delicato, conferisce al foglio un’eleganza pregiata, fatta di segni soffusi e tratti irregolari nella direzione, specialmente nelle tirature uniche.
I suoi monotipi vibrano di colore, ma non eludono mai il binomio bianco/nero, anzi scavano profondamente nella sua natura, rovesciandone le attribuzioni di senso: se normalmente il nero dà corpo all’incisione, nell’opera di Zazzeroni è il bianco a farla da padrona, creando soprattutto riferimenti a elementi naturali. Pare che l’artista utilizzi l’incisione per creare un contatto con le forze vitali, attivando una sorta di rito ancestrale, un’evocazione della natura che molto ha a che fare con il ritrovamento delle basi di una conoscenza condivisa e il distacco dalla proiezione dei sogni.
In questo modo l’incisore è l’uomo primordiale che solca la materia coi suoi disegni, vincendo il caos con l’eternità della sua testimonianza. È un atto che ci riporta alle origini e al legame profondo con la terra, che ci sfida con le sue soluzioni moderne e mette in moto una transizione tra passato, presente e futuro, fissando la ripetizione dei processi creativi.
Quanto rende quella di Gianfranco Zazzeroni un’arte senza tempo è una mobilitazione energetica, impiegata nell’incisione perché compressa in lui come nell’uomo fin dalla notte dei tempi. Lo stesso impulso è quello che lo guida attraverso la sua ricerca pittorica, imperniata su di una complessa frenesia antifigurativa. Le sue astrazioni desiderano imprimere la sua coscienza creativa sulla realtà oggettiva della tela, attraverso la liberazione del pensiero e dunque di colore e linea, ma anche mediante la scelta di punti fermi nel caotico magma cromatico e dunque di nuovi rapporti di equilibrio tra le parti, che diano armonia all’insieme.
Attraverso la sperimentazione sul colore egli cerca la propria rappresentazione e trova il messaggio estraniante di un equilibrio pronto a sconvolgersi e dare mostra di sé attraverso esagerazioni cromatiche, tonalità incandescenti e azzardi stilistici di grande unicità. L’artista preferisce i toni caldi, senza rinunciare tuttavia a turchesi che rinvigoriscono l’opera e dimostrano la grande elasticità mentale dell’autore; per l’osservatore è l’occasione di un appagamento interiore, quasi un traguardo raggiunto dopo aver attraversato un travagliato viaggio per altre vie creative.
La meta è uno spazio mentale, un paesaggio interiore, in cui si possono anche riconoscere elementi reali, come alberi o antichi ruderi. Sono fermi immagine di vita vissuta, che ristagnano nella memoria dell’autore e tornano a galla sotto forma di opere d’arte. Talvolta è irrefrenabile l’esplosione di forme che raggiungono la superficie per diventare eterne, ma perdono per questo l’aderenza al dato fenomenico. Se non si accetta l’ondata di emozioni che ci travolge disorientandoci e mai lasciando tracce troppo riconoscibili del mondo, allora non si comprende pienamente l’eccezionalità del furore creativo di Gianfranco Zazzeroni. Abbandonarsi alla sua arte rimane un privilegio per chi fa la scelta di abbandonarsi anche alla vita.
La mostra resterà aperta al pubblico tutti i giorni dalle ore 10,00 alle 13,00 e dalle 15,00 alle 20,00
di Chiara Strozzieri
La valenza dell’artista Gianfranco Zazzeroni ha avuto le sue dimostrazioni in sediprestigiose in tutta Italia e anche all’estero, come presso l’Istituto Italiano di Cultura a Vienna, dove nel 2010 è stata organizzata una mostra antologica sulla sua opera. Oggi è il Comune di Viterbo a interessarsi a una panoramica sulla sua produzione pittorica e grafica, ricordando come l’autore urbinate non sia solamente un eccelso artista visivo, ma anche un esperto incisore, formatosi alla Scuola del Libro della sua città natale e poi divenuto docente di stampa editoriale e artistica.
Di natura duttile e rigorosa insieme sono le tecniche calcografiche, che, se permettono la sintetica rappresentazione del sé di un artista, rispondono a regole rigorose che ne consentono la riproducibilità esatta in più copie. Ciò non significa che i criteri che la governano si riducano solo a passaggi operativi ripetitivi, in quanto è merito dell’artista quello di trovare indizi di libertà attraverso l’estraniamento dalla rigidità metodica e grazie all’istintiva, illogica gestualità.
Non è un caso che tra le tecniche Zazzeroni prediliga la puntasecca, utile solamente per le piccole tirature: le incisioni su matrice di metallo infatti, escludendo l’uso dell’acido, si affidano a filamenti rialzati che trattengono l’inchiostro, ma che si distruggono rapidamente sotto la pressione del torchio. Questo permette all’autore di vincere su un’arte che non ammette ripensamenti, dandosi la possibilità di svariati motivi iconografici. Non solo, perché servendosi di un processo molto delicato, conferisce al foglio un’eleganza pregiata, fatta di segni soffusi e tratti irregolari nella direzione, specialmente nelle tirature uniche.
I suoi monotipi vibrano di colore, ma non eludono mai il binomio bianco/nero, anzi scavano profondamente nella sua natura, rovesciandone le attribuzioni di senso: se normalmente il nero dà corpo all’incisione, nell’opera di Zazzeroni è il bianco a farla da padrona, creando soprattutto riferimenti a elementi naturali. Pare che l’artista utilizzi l’incisione per creare un contatto con le forze vitali, attivando una sorta di rito ancestrale, un’evocazione della natura che molto ha a che fare con il ritrovamento delle basi di una conoscenza condivisa e il distacco dalla proiezione dei sogni.
In questo modo l’incisore è l’uomo primordiale che solca la materia coi suoi disegni, vincendo il caos con l’eternità della sua testimonianza. È un atto che ci riporta alle origini e al legame profondo con la terra, che ci sfida con le sue soluzioni moderne e mette in moto una transizione tra passato, presente e futuro, fissando la ripetizione dei processi creativi.
Quanto rende quella di Gianfranco Zazzeroni un’arte senza tempo è una mobilitazione energetica, impiegata nell’incisione perché compressa in lui come nell’uomo fin dalla notte dei tempi. Lo stesso impulso è quello che lo guida attraverso la sua ricerca pittorica, imperniata su di una complessa frenesia antifigurativa. Le sue astrazioni desiderano imprimere la sua coscienza creativa sulla realtà oggettiva della tela, attraverso la liberazione del pensiero e dunque di colore e linea, ma anche mediante la scelta di punti fermi nel caotico magma cromatico e dunque di nuovi rapporti di equilibrio tra le parti, che diano armonia all’insieme.
Attraverso la sperimentazione sul colore egli cerca la propria rappresentazione e trova il messaggio estraniante di un equilibrio pronto a sconvolgersi e dare mostra di sé attraverso esagerazioni cromatiche, tonalità incandescenti e azzardi stilistici di grande unicità. L’artista preferisce i toni caldi, senza rinunciare tuttavia a turchesi che rinvigoriscono l’opera e dimostrano la grande elasticità mentale dell’autore; per l’osservatore è l’occasione di un appagamento interiore, quasi un traguardo raggiunto dopo aver attraversato un travagliato viaggio per altre vie creative.
La meta è uno spazio mentale, un paesaggio interiore, in cui si possono anche riconoscere elementi reali, come alberi o antichi ruderi. Sono fermi immagine di vita vissuta, che ristagnano nella memoria dell’autore e tornano a galla sotto forma di opere d’arte. Talvolta è irrefrenabile l’esplosione di forme che raggiungono la superficie per diventare eterne, ma perdono per questo l’aderenza al dato fenomenico. Se non si accetta l’ondata di emozioni che ci travolge disorientandoci e mai lasciando tracce troppo riconoscibili del mondo, allora non si comprende pienamente l’eccezionalità del furore creativo di Gianfranco Zazzeroni. Abbandonarsi alla sua arte rimane un privilegio per chi fa la scelta di abbandonarsi anche alla vita.
La mostra resterà aperta al pubblico tutti i giorni dalle ore 10,00 alle 13,00 e dalle 15,00 alle 20,00
18
agosto 2012
Gianfranco Zazzeroni – Le forme dell’energia
Dal 18 agosto al 09 settembre 2012
arte contemporanea
Location
SEDI VARIE – Viterbo
Viterbo, (Viterbo)
Viterbo, (Viterbo)
Orario di apertura
tutti i giorni dalle ore 10,00 alle 13,00 e dalle 15,00 alle 20,00
Autore
Curatore