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Giangaetano Patanè – Lo Spazio Abitato
Afferrare l’invisibile: nelle opere di Giangaetano Patanè questa è una costante. C’è sempre qualcosa di terreno, reale, pesante che si accompagna a un elemento nascosto, segreto, all’apparenza impalpabile.
Comunicato stampa
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Afferrare l’invisibile: nelle opere di Giangaetano Patanè questa è una costante. C’è sempre qualcosa di terreno, reale, pesante che si accompagna a un elemento nascosto, segreto, all’apparenza impalpabile. Forse sotterraneo, da tirar fuori scavando. O magari volatile, che passa leggero e veloce sopra la testa ma, non sai come, ti resta impresso nello sguardo. L’artista trasforma questo, la percezione di un altrove, in materia.
Anche questa volta è così. Nella sala della Fondazione Pastificio Cerere dov’è nata questa installazione – in cui convivono pittura, disegno, ceramica, cera – Patanè si muove su diversi binari, che tuttavia non scorrono paralleli. Anzi. Si incontrano di continuo, sostenuti da una caparbia volontà di confondersi, come se si sentissero parte di uno stesso fluire e si muovessero al ritmo del medesimo ondeggiare.
Patanè ha tirato fuori dalla tela il suo immaginario e lo ha chiamato ad abitare lo spazio. Ha lasciato che le sue immagini si posassero qua e là, come fossero note su un pentagramma impazzito, ma poi capace di intonare un tema armonico. Due quinte di alberi sono come un sipario che si apre su un luogo in cui tutto si cerca. E si trova. Ci sono teste dipinte che guardano in alto verso lunghe linee vibranti, dai bordi incerti, come se fossero ancora plasmabili dall’atmosfera. Questi elementi sottili rappresentano quasi la materializzazione del pensiero. E colpisce che ognuno dei volti differenti che abbiamo davanti, si ritrovi, alla fine della strada compiuta dalla sua mente, a rispecchiarsi nella medesima immagine. Come se, infine, avesse raggiunto quella che Marguerite Yourcenar chiamerebbe “la divina incoscienza degli occhi chiusi, o la saggia follia dei sogni”.
Anche questa volta è così. Nella sala della Fondazione Pastificio Cerere dov’è nata questa installazione – in cui convivono pittura, disegno, ceramica, cera – Patanè si muove su diversi binari, che tuttavia non scorrono paralleli. Anzi. Si incontrano di continuo, sostenuti da una caparbia volontà di confondersi, come se si sentissero parte di uno stesso fluire e si muovessero al ritmo del medesimo ondeggiare.
Patanè ha tirato fuori dalla tela il suo immaginario e lo ha chiamato ad abitare lo spazio. Ha lasciato che le sue immagini si posassero qua e là, come fossero note su un pentagramma impazzito, ma poi capace di intonare un tema armonico. Due quinte di alberi sono come un sipario che si apre su un luogo in cui tutto si cerca. E si trova. Ci sono teste dipinte che guardano in alto verso lunghe linee vibranti, dai bordi incerti, come se fossero ancora plasmabili dall’atmosfera. Questi elementi sottili rappresentano quasi la materializzazione del pensiero. E colpisce che ognuno dei volti differenti che abbiamo davanti, si ritrovi, alla fine della strada compiuta dalla sua mente, a rispecchiarsi nella medesima immagine. Come se, infine, avesse raggiunto quella che Marguerite Yourcenar chiamerebbe “la divina incoscienza degli occhi chiusi, o la saggia follia dei sogni”.
01
dicembre 2010
Giangaetano Patanè – Lo Spazio Abitato
Dal primo dicembre 2010 al 12 gennaio 2011
arte contemporanea
Location
FONDAZIONE PASTIFICIO CERERE
Roma, Via Degli Ausoni, 7, (Roma)
Roma, Via Degli Ausoni, 7, (Roma)
Orario di apertura
da lunedì a venerdì ore 15-19
Vernissage
1 Dicembre 2010, ore 18.30
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