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Gianluca Codeghini – Cose semplici che puoi fare per perderle
una mostra al limite del percepibile, tutta da decifrare, una selezione di opere tra il ’91 e il 2017 con cui Codeghini apre a una dimensione diversa, quella altrimenti invisibile o inudibile, un visibile e un udibile aumentato, un “angolo screpolato di labbra”, una spaccatura, un “rumore”.
Comunicato stampa
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una mostra personale di Gianluca Codeghini in un progetto espositivo in collaborazione con l’artista e Elio Grazioli che cura il catalogo.
Il lavoro di Gianluca Codeghini si muove fin dai primi anni ’90 trasversalmente alla situazione artistica e alle categorie più usate. La sua ricerca comincia in ambito musicale e teatrale a metà degli anni ’80 e la modalità performativa da allora è sempre presente nel suo lavoro artistico, in uno spostamento continuo alla ricerca di un approdo che a volte assomiglia più a un pugno in un occhio mentre in altre a un rumore appena percepibile o a un graffio linguistico al limite dell’illeggibile.
Le sue azioni, come i suoi oggetti, testi o suoni sono sempre portati all’estremo, si mostrano nella loro univocità transitoria a ridosso del loro stesso confine, spesso in un’area confidenziale quasi giocosa o apparentemente confinata all’interno delle regole che, come sottolinea nel catalogo della mostra Elio Grazioli, sono “regole astruse, o troppo letterali o frammentarie o contraddittorie, e dunque danno su un finale arbitrario, spesso opposto rispetto alle consuetudini, in cui lo spettatore si trova in tal modo contemporaneamente irretito e messo di fronte al dubbio, a un dubbio essenziale che lo costringe a guardare non più la situazione, né solo decostruttivamente il suo funzionamento, ma se stesso, la propria posizione, la propria condizione”.
Con questa mostra si cerca di mettere in luce alcuni aspetti del suo lavoro in cui è centrale il gesto, quello necessario per procedere di mossa in mossa, che riapre la partita quando sembra finita con uno scarto continuo, utile a smarcarsi rispetto al gioco altrui ma anche a se stessi. È una caratteristica di Codeghini già evidente nei doppi ritratti di È tutta una montatura (1991) o nella serie di immagini realizzate con la polvere, intitolate Alla sorgente del rumore (1994), o nella proiezione di una diapositiva in cerca di un altro luogo rispetto a quello in cui si trova, Spinta di contorno (1991), o infine nel segno sfuggente di Everything begins and ends on the tips of the fingers (2012).
Il risultato nel suo insieme è una mostra al limite del percepibile, tutta da decifrare, una selezione di opere tra il ’91 e il 2017 con cui Codeghini apre a una dimensione diversa, quella altrimenti invisibile o inudibile, un visibile e un udibile aumentato, un “angolo screpolato di labbra”, una spaccatura, un “rumore”, che invece che sottrarre dà in realtà tridimensionalità al senso, come un piccolo disturbo che dà corpo, un ritocco che fa da lumeggiatura, una sottile distruzione che richiama a una costruzione diversa.
Accompagnano la mostra un catalogo a cura di Elio Grazioli e il multiplo dell’artista realizzato per l’occasione There’s still time for a bit (2017).
Gianluca Codeghini Milano ‘68
Il suo lavoro è stato di recente esposto in fondazioni, musei, spazi pubblici e indipendenti in Italia e all’estero tra questi ricordiamo: Fondazione ALT al Palatino Roma; Fondazione Arnaldo Pomodoro, Milano; Fondazione Baruchello, Roma; RCM Galerie, Paris; Neon, Bologna; Galleria Milano, Milano; RedBull Music Academy, Roma; ViaFarini, Milano; A+B, Brescia; AssabOne, Milano; Mlac La Sapienza, Roma; Museo Maga, Gallarate; Museo Mart, Rovereto; Museo Gamec, Bergamo. Hanno scritto di lui Elio Grazioli, Carla Subrizi, Marco Belpoliti, Daniela Cascella, Emanuela De Cecco, Daniele Abadal Astrologo; Rossella Moratto, Ricacrdo Panattoni, Gianluca Solla, Giulio Ciavoliello, Federica Boràgina e Giulia Brivio. Ricordiamo inoltre alcuni suoi progetti trasversali come la piattaforma Warburghiana, Poe.mi o la recente Descrizione del mondo con Andrea Inglese, svariate sono le collaborazioni in ambito musicale.
Il lavoro di Gianluca Codeghini si muove fin dai primi anni ’90 trasversalmente alla situazione artistica e alle categorie più usate. La sua ricerca comincia in ambito musicale e teatrale a metà degli anni ’80 e la modalità performativa da allora è sempre presente nel suo lavoro artistico, in uno spostamento continuo alla ricerca di un approdo che a volte assomiglia più a un pugno in un occhio mentre in altre a un rumore appena percepibile o a un graffio linguistico al limite dell’illeggibile.
Le sue azioni, come i suoi oggetti, testi o suoni sono sempre portati all’estremo, si mostrano nella loro univocità transitoria a ridosso del loro stesso confine, spesso in un’area confidenziale quasi giocosa o apparentemente confinata all’interno delle regole che, come sottolinea nel catalogo della mostra Elio Grazioli, sono “regole astruse, o troppo letterali o frammentarie o contraddittorie, e dunque danno su un finale arbitrario, spesso opposto rispetto alle consuetudini, in cui lo spettatore si trova in tal modo contemporaneamente irretito e messo di fronte al dubbio, a un dubbio essenziale che lo costringe a guardare non più la situazione, né solo decostruttivamente il suo funzionamento, ma se stesso, la propria posizione, la propria condizione”.
Con questa mostra si cerca di mettere in luce alcuni aspetti del suo lavoro in cui è centrale il gesto, quello necessario per procedere di mossa in mossa, che riapre la partita quando sembra finita con uno scarto continuo, utile a smarcarsi rispetto al gioco altrui ma anche a se stessi. È una caratteristica di Codeghini già evidente nei doppi ritratti di È tutta una montatura (1991) o nella serie di immagini realizzate con la polvere, intitolate Alla sorgente del rumore (1994), o nella proiezione di una diapositiva in cerca di un altro luogo rispetto a quello in cui si trova, Spinta di contorno (1991), o infine nel segno sfuggente di Everything begins and ends on the tips of the fingers (2012).
Il risultato nel suo insieme è una mostra al limite del percepibile, tutta da decifrare, una selezione di opere tra il ’91 e il 2017 con cui Codeghini apre a una dimensione diversa, quella altrimenti invisibile o inudibile, un visibile e un udibile aumentato, un “angolo screpolato di labbra”, una spaccatura, un “rumore”, che invece che sottrarre dà in realtà tridimensionalità al senso, come un piccolo disturbo che dà corpo, un ritocco che fa da lumeggiatura, una sottile distruzione che richiama a una costruzione diversa.
Accompagnano la mostra un catalogo a cura di Elio Grazioli e il multiplo dell’artista realizzato per l’occasione There’s still time for a bit (2017).
Gianluca Codeghini Milano ‘68
Il suo lavoro è stato di recente esposto in fondazioni, musei, spazi pubblici e indipendenti in Italia e all’estero tra questi ricordiamo: Fondazione ALT al Palatino Roma; Fondazione Arnaldo Pomodoro, Milano; Fondazione Baruchello, Roma; RCM Galerie, Paris; Neon, Bologna; Galleria Milano, Milano; RedBull Music Academy, Roma; ViaFarini, Milano; A+B, Brescia; AssabOne, Milano; Mlac La Sapienza, Roma; Museo Maga, Gallarate; Museo Mart, Rovereto; Museo Gamec, Bergamo. Hanno scritto di lui Elio Grazioli, Carla Subrizi, Marco Belpoliti, Daniela Cascella, Emanuela De Cecco, Daniele Abadal Astrologo; Rossella Moratto, Ricacrdo Panattoni, Gianluca Solla, Giulio Ciavoliello, Federica Boràgina e Giulia Brivio. Ricordiamo inoltre alcuni suoi progetti trasversali come la piattaforma Warburghiana, Poe.mi o la recente Descrizione del mondo con Andrea Inglese, svariate sono le collaborazioni in ambito musicale.
10
febbraio 2018
Gianluca Codeghini – Cose semplici che puoi fare per perderle
Dal 10 febbraio al 15 aprile 2018
arte contemporanea
Location
GALLERIA SIX
Milano, Piazzale Gabrio Piola, 5, (Milano)
Milano, Piazzale Gabrio Piola, 5, (Milano)
Orario di apertura
da martedì a sabato ore 15-19
Vernissage
10 Febbraio 2018, ore 18:00
Autore