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Gianluigi Toccafondo – Una strategia del linciaggio e delle mistificazioni
Sessanta pannelli attraverso i quali si racconta la storia della violenta persecuzione diffamatoria che Pasolini ha subìto da una parte della stampa lungo quasi vent’anni della sua vita, poi la crudeltà accanita e gli oltraggi feroci scatenati da quella stessa stampa sulla sua morte, infine alcune mistificazioni orchestrate negli ultimi quindici anni.
Comunicato stampa
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LA MOSTRA
“Strategia del linciaggio e delle mistificazioni”
Gianluigi Toccafondo
dal 22 gennaio al 19 febbraio
«Un giorno, un pazzo m’ha accusato di averlo rapinato (con guanti e cappello neri, le pallottole d’oro nella pistola): tale accusa è passata per buona e attendibile, perché a un livello culturale sottosviluppato si tende a far coincidere un autore coi suoi personaggi: chi descrive rapinatori è rapinatore.»
Pier Paolo Pasolini 1965
Il magma di articoli, pagine, copertine di giornali, fotografie, schede segnaletiche esposto come un’inquietante cartografia nella mostra “Una strategia del linciaggio e delle mistificazioni”, racconta due storie parallele.
La storia della violenta persecuzione diffamatoria che Pier Paolo Pasolini, lungo quasi vent’anni della sua vita, ha subìto da una parte della stampa, poi la crudeltà accanita e gli oltraggi feroci scatenati da quella stessa stampa sulla sua morte e infine alcune mistificazioni orchestrate negli ultimi quindici anni.
L’atto che inaugura i drammatici rapporti del poeta con la stampa, è segnato dalla pubblicazione del gelido, succinto articolo de «L’Unità» che annuncia la sua espulsione dal PCI per “indegnità morale”. Fu un episodio traumatico per Pasolini e uno degli eventi che determinarono concretamente la sua distanza dall’ortodossia politica e dai suoi dogmi.
Ma l’inizio della campagna di linciaggio è dato dall’uscita del romanzo Una vita violenta nel 1959, dove il personaggio del protagonista, Tommaso, attraversa un processo di redenzione che lo porta dalla delinquenza e dall’iscrizione al MSI al PCI. Giornali come «Lo Specchio», «Il Borghese», «Il Secolo d'Italia», «Il Camino di Lodi», «Il Meridiano» e «L'Italiano», fabbricano un’immagine di Pasolini come bersaglio da colpire attraverso il dileggio, l’umiliazione pubblica, la denigrazione della sua figura e delle sue opere. Quell’immagine si identifica in un giovane pervertito che riflette in tutto e per tutto la fisionomia dei personaggi dei suoi romanzi: come loro, è “di vita”, è “criminale”, “violento”, “capovolto”, “invertito” e così via.
Anche i rotocalchi come «Gente» concorrono ad alimentare quell’immagine di Pasolini, ma vi aggiungono delle variazioni: lo scrittore è un “arrampicatore”, “un furbo”, “un opportunista”. Giornali come «Lo Specchio» esaltano, senza mezzi termini, le aggressioni fisiche che vengono perpetrate contro Pasolini, come nel caso del celebre episodio avvenuto al cinema Quattro Fontane di Roma, nel settembre del 1962, dopo una proiezione di Mamma Roma. Lo scrittore non sporge mai denuncia.
In quella che si configura come una vera e propria guerra, sono quotidiani come «L’Unità», «Paese sera» e settimanali come «Vie nuove» a sostenere (anche se non sempre) la battaglia
sollevata da ogni nuova opera del poeta.
Nello stesso periodo, Pasolini è colpito da continui procedimenti giudiziari: denunce, processi intentati contro la sua persona e le sue opere. Talvolta ci si fa beffe del più elementare buon senso: come quando Pasolini viene accusato di avere tentato di rapinare un benzinaio-salumiere vestendosi di nero, con una pistola d’oro, caricata con pallottole d’oro. Il magistrato accoglie la denuncia e Pasolini finisce sotto processo, nonostante l’assoluta inverosimiglianza dell’accusa.
Dopo il successo del film Il Vangelo secondo Matteo (1964), il clima diviene meno rovente, ma la “tregua” è di breve durata e riprende con altrettanto livore anche sul fronte della stampa di estrema sinistra nel giugno 1968, quando esce su “L’Espresso” la provocatoria, celebre poesia-pamphlet “Il PCI ai giovani!!!” Per giornali come “Mondo nuovo” Pasolini diviene l’emblema dell’intellettuale cortigiano, del “venduto”, del “vile”. Sull’altro fronte, la regia teatrale della tragedia Orgia e lo scandalo del film “Teorema”, attizzano nuovi triviali attacchi della stampa di destra ed estrema destra, che lo bolla di “pornografo”.
Quell’epiteto, in un largo ventaglio di varianti, viene fatto proprio anche da una parte della stampa di sinistra quando lo scrittore-regista realizza la “Trilogia della vita” e ottiene un immenso successo popolare.
Al momento di concludere la Trilogia, Pasolini inizia a scrivere sul Corriere della sera, i drammatici articoli “corsari” e “luterani” che ispirano un rinnovato vento denigratorio sui giornali di sinistra come di destra. Nasce l’immagine del Pasolini “nostalgico”, “reazionario”, “confuso”.
La tragedia oscura dell’assassinio è il culmine di questo processo di accanimento. I giornali che hanno sempre alluso grevemente al “privato” di Pasolini ora possono scagliarsi con dettagliate descrizioni sulla sua vita intima di “diverso”, che viene vivisezionata senza nessuno scrupolo sull’attendibilità di informazioni, notizie, testimonianze: viene pubblicato tutto ciò che può offrire l’immagine più turpe del poeta per seppellirlo sotto l’effige definitiva di“violento e perverso corruttore”.
L’uscita del film postumo “Salò o le 120 giornate di Sodoma” è sfruttata per completare l’identificazione fra i “mostri”, personaggi del film, e Pasolini, come se fosse un’autobiografia per immagini (e non esistesse, all’origine, il “palinsesto sadiano”).
Dopo gli anni Ottanta, dopo l’inizio degli anni Novanta, ecco il proliferare di un nuovo fenomeno di mistificazione: quotidiani come “L’Indipendente” e settimanali come «L’Italia», si affannano a “riabilitare” Pasolini attribuendogli un’identità “reazionaria” sempre più vicina alle frange ideologiche destrorse, apparentato al “virilismo guerriero” d’impronta “fascistoide” e riabilitando il cinema “nazi-porno” assegnano a Salò di Pasolini il ruolo di capostipite di quel sottogenere.
La seconda storia che raccontano indirettamente ma concretamente quei reperti è appunto quel degrado che una parte della stampa ha contribuito ad alimentare con abusi, adulterazioni, mistificazioni e la violenza delle false informazioni. Un degrado che ha trovato la sua espressione più potente e devastante nella televisione.
Le tele di Gianluigi Toccafondo, ispirate dai “referti” giornalistici, mostrano innanzitutto l’intensità dell’impatto emotivo che hanno avuto su di lui quei documenti e la loro ferocia razzistica. Un impatto di sdegno, probabilmente anche di disgusto, di orrore che Toccafondo ha espresso al di fuori di qualsiasi retorica, di qualsiasi facile condanna.
La mano di Toccafondo ha coperto la massa di alcune scritte con un nero o un bianco luttuosi e polemici, soprattutto ha enucleato la brutalità delle impaginazioni, delle parole, delle immagini, rovesciandole in un’ironia liberatoria che irride e smonta l’arroganza moralistica dei censori, dei giudici, degli accusatori, dei carnefici con la macchina da scrivere. Deformando i tratti delle loro figure con il bianco e il nero, con i grigi, li ha rivelati nella loro identità, li ha denudati nella loro natura di marionette, nella loro abiezione di sciacalli. Muovendosi in questa galleria di orrori e turpitudini giornalistiche, la mano di Toccafondo ha cercato la figura di Pasolini da una pagina all’altra, anche in questo caso senza mai sfiorare la retorica, ma evocando, sugli ectoplasmi delle fotografie, la vitalità fisica di un corpo e di un intelletto che sembrano offrirsi ad una resistenza irriducibile, ostinata, senza compromessi.
Roberto Chiesi
Biografia Roberta Torre
Roberta Torre nasce a Milano. Dopo la laurea in filosofia frequenta la Civica Scuola di Cinema e Televisione dove si specializza in regia. Si diploma in recitazione e drammaturgia alla Scuola d’Arte Drammatica Paolo Grassi. I suoi primi lavori sono cortometraggi in video e pellicola che ottengono premi nei festival di cinema nazionali e internazionali. La cifra stilistica che li percorre è costantemente quella di una stretta commistione tra documentario e finzione dove la realtà più cruda è mescolata a toni teatrali e stranianti. Ricordiamo tra questi “Angelesse”, ritratti di donne nella periferia palermitana, “Spioni”, reportage sui bambini di Borgo Nuovo”, La vita a volo d’Angelo”, videoritratto del popolare cantante Nino d’Angelo, “Hanna Schygulla”, ritratto dell’attrice- musa di Fassbinder e ancora “Palermo Bandita”, documento–reportage sui ragazzi di Brancaccio. Questo percorso trova il suo punto d’arrivo nel 1997 in Tano da Morire, suo primo lungometraggio, un particolarissimo musical che ritrae la mafia e le sue abitudini attraverso le gesta di attori non professionisti.
Il film presentato alla Settimana della Critica del Festival di Venezia ottiene un grande successo di critica e pubblico e successivamente vince numerosi premi tra cui tre David di Donatello, uno dei quali va alle musiche di un rinnovato Nino D’Angelo. A questo segue “Sud Side Stori” (2000) ancora un musical interpretato da centinaia di immigrati africani che racconta le gesta trasfigurate di una coppia di odierni Romeo e Giulietta. Per il film cura anche la scenografia e le musiche e i testi in collaborazione con Gino De Crescenzo - Pacifico e di Dennis Bowell arrangiatore di Linton Kwesi Johnson. Il suo terzo film Angela è un melodramma dai toni classici. Il film viene presentato alla Quinzaine des Realisateurs di Cannes nel 2002 esce nelle sale nello stesso anno e segna l’esordio cinematografico di Donatella Finocchiaro, scelta dopo centinaia di provini tra attrici sconosciute. Il film ottiene successivamente un notevole successo in vari paesi stranieri, esce nelle sale in Francia, negli Stati Uniti e in Spagna e ottiene molti riconoscimenti in festival internazionali. Nel 2006 realizza Mare Nero, un noir interpretato da Luigi Lo Cascio ed Anna Mouglalis che racconta il viaggio infernale di un ispettore fuori dagli schemi alle prese con il demone del dubbio e del tradimento in un percorso dove pubblico e privato si confondono. Il film viene presentato al Festival Internazionale di Locarno e successivamente all’ International Film Festival di Mosca e al PiFan Film Festival a Seul, Korea. Nel 2007 fonda la sua casa di produzione: Rosetta Film. Nel 2008 produce e realizza un film reportage sulle borgate di Roma: “I tiburtini” e un documentario intervista sulla morte di Pierpaolo Pasolini: “La notte quando è morto Pasolini”. Nel 2009 produce e realizza in co-produzione con Nuvola Film e Adriana Chiesa Enterprises il lungometraggio “I baci mai dati”, con Donatella Finocchiaro, Piera degli Esposti, Pino Micol, Beppe Fiorello. Il film è attualmente in postproduzione.
SCHEDE FILM
‘La notte quando è morto Pasolini’ di Roberta Torre
ll 2 novembre 1975 in un piazzale sterrato dell’Idroscalo di Roma viene ucciso Pier Paolo Pasolini, scrittore, regista, poeta. Il 26 aprile 1976 nel processo di primo grado Pino Pelosi viene condannato come unico esecutore dell’omicidio Pasolini. Oggi Pino Pelosi indica i fratelli Franco e Giuseppe Borsellino come autori del delitto. Oltre le molteplici verità di Pino Pelosi tante sono ancora le ombre che restano su uno degli episodi più oscuri e dolorosi della storia italiana. Questo è il racconto di quanto è accaduto quella notte all’Idroscalo dalla voce di chi per ultimo ha visto vivo Pier Paolo Pasolini.
Durata 20’ - Italia 2008.
“Itiburtinoterzo” di Roberta Torre
Tiburtino terzo è come una riserva indiana, così dice Daniele “er porpo”, per descrivere il suo quartiere. E Tiburtino terzo, noto quartiere popolare di Roma, è davvero una riserva indiana, dove vivono Daniele, Jari, Emilianino, Massimo e Robertino, ragazzi di vita con il mito della bella vita fatta di soldi facili, cocaina a fiumi e notti passate sul raccordo a guidare senza meta. Sullo sfondo Roma e le sue tante strade, il suo presente e futuro carico di aspettative. Come un miraggio. È un mondo dove il futuro è il tempo che non si sa se verrà mai, dove solo il presente vale e tutto deve essere qui e ora, bruciato in fretta e poi di nuovo a correre sul raccordo. In questa corsa verso non si sa dove i nostri si raccontano, ridono, piangono, aspettano, pensano ai sogni di ragazzini e alle aspettative da uomini, alle rapine, alle donne, alle partite di pallone che si facevano da bambini, solo uno o due anni prima. Ora che la galera è una delle possibilità l’altra non si sa bene quale sia. Questi ragazzi di vita alle soglie del terzo millennio poco e molto hanno in comune con quelli che il poeta Pierpaolo Pasolini ci raccontava nei suoi film e nei suoi libri. Ma qualcuno di loro lo conosce e se n’è fatto un’idea precisa, come Daniele: “Pasolini sì che è stato un bello stratega… lui aveva già previsto tutto… peccato che poi c’è rimasto impicciato…”
Durata 25’ - Italia 2008
“Strategia del linciaggio e delle mistificazioni”
Gianluigi Toccafondo
dal 22 gennaio al 19 febbraio
«Un giorno, un pazzo m’ha accusato di averlo rapinato (con guanti e cappello neri, le pallottole d’oro nella pistola): tale accusa è passata per buona e attendibile, perché a un livello culturale sottosviluppato si tende a far coincidere un autore coi suoi personaggi: chi descrive rapinatori è rapinatore.»
Pier Paolo Pasolini 1965
Il magma di articoli, pagine, copertine di giornali, fotografie, schede segnaletiche esposto come un’inquietante cartografia nella mostra “Una strategia del linciaggio e delle mistificazioni”, racconta due storie parallele.
La storia della violenta persecuzione diffamatoria che Pier Paolo Pasolini, lungo quasi vent’anni della sua vita, ha subìto da una parte della stampa, poi la crudeltà accanita e gli oltraggi feroci scatenati da quella stessa stampa sulla sua morte e infine alcune mistificazioni orchestrate negli ultimi quindici anni.
L’atto che inaugura i drammatici rapporti del poeta con la stampa, è segnato dalla pubblicazione del gelido, succinto articolo de «L’Unità» che annuncia la sua espulsione dal PCI per “indegnità morale”. Fu un episodio traumatico per Pasolini e uno degli eventi che determinarono concretamente la sua distanza dall’ortodossia politica e dai suoi dogmi.
Ma l’inizio della campagna di linciaggio è dato dall’uscita del romanzo Una vita violenta nel 1959, dove il personaggio del protagonista, Tommaso, attraversa un processo di redenzione che lo porta dalla delinquenza e dall’iscrizione al MSI al PCI. Giornali come «Lo Specchio», «Il Borghese», «Il Secolo d'Italia», «Il Camino di Lodi», «Il Meridiano» e «L'Italiano», fabbricano un’immagine di Pasolini come bersaglio da colpire attraverso il dileggio, l’umiliazione pubblica, la denigrazione della sua figura e delle sue opere. Quell’immagine si identifica in un giovane pervertito che riflette in tutto e per tutto la fisionomia dei personaggi dei suoi romanzi: come loro, è “di vita”, è “criminale”, “violento”, “capovolto”, “invertito” e così via.
Anche i rotocalchi come «Gente» concorrono ad alimentare quell’immagine di Pasolini, ma vi aggiungono delle variazioni: lo scrittore è un “arrampicatore”, “un furbo”, “un opportunista”. Giornali come «Lo Specchio» esaltano, senza mezzi termini, le aggressioni fisiche che vengono perpetrate contro Pasolini, come nel caso del celebre episodio avvenuto al cinema Quattro Fontane di Roma, nel settembre del 1962, dopo una proiezione di Mamma Roma. Lo scrittore non sporge mai denuncia.
In quella che si configura come una vera e propria guerra, sono quotidiani come «L’Unità», «Paese sera» e settimanali come «Vie nuove» a sostenere (anche se non sempre) la battaglia
sollevata da ogni nuova opera del poeta.
Nello stesso periodo, Pasolini è colpito da continui procedimenti giudiziari: denunce, processi intentati contro la sua persona e le sue opere. Talvolta ci si fa beffe del più elementare buon senso: come quando Pasolini viene accusato di avere tentato di rapinare un benzinaio-salumiere vestendosi di nero, con una pistola d’oro, caricata con pallottole d’oro. Il magistrato accoglie la denuncia e Pasolini finisce sotto processo, nonostante l’assoluta inverosimiglianza dell’accusa.
Dopo il successo del film Il Vangelo secondo Matteo (1964), il clima diviene meno rovente, ma la “tregua” è di breve durata e riprende con altrettanto livore anche sul fronte della stampa di estrema sinistra nel giugno 1968, quando esce su “L’Espresso” la provocatoria, celebre poesia-pamphlet “Il PCI ai giovani!!!” Per giornali come “Mondo nuovo” Pasolini diviene l’emblema dell’intellettuale cortigiano, del “venduto”, del “vile”. Sull’altro fronte, la regia teatrale della tragedia Orgia e lo scandalo del film “Teorema”, attizzano nuovi triviali attacchi della stampa di destra ed estrema destra, che lo bolla di “pornografo”.
Quell’epiteto, in un largo ventaglio di varianti, viene fatto proprio anche da una parte della stampa di sinistra quando lo scrittore-regista realizza la “Trilogia della vita” e ottiene un immenso successo popolare.
Al momento di concludere la Trilogia, Pasolini inizia a scrivere sul Corriere della sera, i drammatici articoli “corsari” e “luterani” che ispirano un rinnovato vento denigratorio sui giornali di sinistra come di destra. Nasce l’immagine del Pasolini “nostalgico”, “reazionario”, “confuso”.
La tragedia oscura dell’assassinio è il culmine di questo processo di accanimento. I giornali che hanno sempre alluso grevemente al “privato” di Pasolini ora possono scagliarsi con dettagliate descrizioni sulla sua vita intima di “diverso”, che viene vivisezionata senza nessuno scrupolo sull’attendibilità di informazioni, notizie, testimonianze: viene pubblicato tutto ciò che può offrire l’immagine più turpe del poeta per seppellirlo sotto l’effige definitiva di“violento e perverso corruttore”.
L’uscita del film postumo “Salò o le 120 giornate di Sodoma” è sfruttata per completare l’identificazione fra i “mostri”, personaggi del film, e Pasolini, come se fosse un’autobiografia per immagini (e non esistesse, all’origine, il “palinsesto sadiano”).
Dopo gli anni Ottanta, dopo l’inizio degli anni Novanta, ecco il proliferare di un nuovo fenomeno di mistificazione: quotidiani come “L’Indipendente” e settimanali come «L’Italia», si affannano a “riabilitare” Pasolini attribuendogli un’identità “reazionaria” sempre più vicina alle frange ideologiche destrorse, apparentato al “virilismo guerriero” d’impronta “fascistoide” e riabilitando il cinema “nazi-porno” assegnano a Salò di Pasolini il ruolo di capostipite di quel sottogenere.
La seconda storia che raccontano indirettamente ma concretamente quei reperti è appunto quel degrado che una parte della stampa ha contribuito ad alimentare con abusi, adulterazioni, mistificazioni e la violenza delle false informazioni. Un degrado che ha trovato la sua espressione più potente e devastante nella televisione.
Le tele di Gianluigi Toccafondo, ispirate dai “referti” giornalistici, mostrano innanzitutto l’intensità dell’impatto emotivo che hanno avuto su di lui quei documenti e la loro ferocia razzistica. Un impatto di sdegno, probabilmente anche di disgusto, di orrore che Toccafondo ha espresso al di fuori di qualsiasi retorica, di qualsiasi facile condanna.
La mano di Toccafondo ha coperto la massa di alcune scritte con un nero o un bianco luttuosi e polemici, soprattutto ha enucleato la brutalità delle impaginazioni, delle parole, delle immagini, rovesciandole in un’ironia liberatoria che irride e smonta l’arroganza moralistica dei censori, dei giudici, degli accusatori, dei carnefici con la macchina da scrivere. Deformando i tratti delle loro figure con il bianco e il nero, con i grigi, li ha rivelati nella loro identità, li ha denudati nella loro natura di marionette, nella loro abiezione di sciacalli. Muovendosi in questa galleria di orrori e turpitudini giornalistiche, la mano di Toccafondo ha cercato la figura di Pasolini da una pagina all’altra, anche in questo caso senza mai sfiorare la retorica, ma evocando, sugli ectoplasmi delle fotografie, la vitalità fisica di un corpo e di un intelletto che sembrano offrirsi ad una resistenza irriducibile, ostinata, senza compromessi.
Roberto Chiesi
Biografia Roberta Torre
Roberta Torre nasce a Milano. Dopo la laurea in filosofia frequenta la Civica Scuola di Cinema e Televisione dove si specializza in regia. Si diploma in recitazione e drammaturgia alla Scuola d’Arte Drammatica Paolo Grassi. I suoi primi lavori sono cortometraggi in video e pellicola che ottengono premi nei festival di cinema nazionali e internazionali. La cifra stilistica che li percorre è costantemente quella di una stretta commistione tra documentario e finzione dove la realtà più cruda è mescolata a toni teatrali e stranianti. Ricordiamo tra questi “Angelesse”, ritratti di donne nella periferia palermitana, “Spioni”, reportage sui bambini di Borgo Nuovo”, La vita a volo d’Angelo”, videoritratto del popolare cantante Nino d’Angelo, “Hanna Schygulla”, ritratto dell’attrice- musa di Fassbinder e ancora “Palermo Bandita”, documento–reportage sui ragazzi di Brancaccio. Questo percorso trova il suo punto d’arrivo nel 1997 in Tano da Morire, suo primo lungometraggio, un particolarissimo musical che ritrae la mafia e le sue abitudini attraverso le gesta di attori non professionisti.
Il film presentato alla Settimana della Critica del Festival di Venezia ottiene un grande successo di critica e pubblico e successivamente vince numerosi premi tra cui tre David di Donatello, uno dei quali va alle musiche di un rinnovato Nino D’Angelo. A questo segue “Sud Side Stori” (2000) ancora un musical interpretato da centinaia di immigrati africani che racconta le gesta trasfigurate di una coppia di odierni Romeo e Giulietta. Per il film cura anche la scenografia e le musiche e i testi in collaborazione con Gino De Crescenzo - Pacifico e di Dennis Bowell arrangiatore di Linton Kwesi Johnson. Il suo terzo film Angela è un melodramma dai toni classici. Il film viene presentato alla Quinzaine des Realisateurs di Cannes nel 2002 esce nelle sale nello stesso anno e segna l’esordio cinematografico di Donatella Finocchiaro, scelta dopo centinaia di provini tra attrici sconosciute. Il film ottiene successivamente un notevole successo in vari paesi stranieri, esce nelle sale in Francia, negli Stati Uniti e in Spagna e ottiene molti riconoscimenti in festival internazionali. Nel 2006 realizza Mare Nero, un noir interpretato da Luigi Lo Cascio ed Anna Mouglalis che racconta il viaggio infernale di un ispettore fuori dagli schemi alle prese con il demone del dubbio e del tradimento in un percorso dove pubblico e privato si confondono. Il film viene presentato al Festival Internazionale di Locarno e successivamente all’ International Film Festival di Mosca e al PiFan Film Festival a Seul, Korea. Nel 2007 fonda la sua casa di produzione: Rosetta Film. Nel 2008 produce e realizza un film reportage sulle borgate di Roma: “I tiburtini” e un documentario intervista sulla morte di Pierpaolo Pasolini: “La notte quando è morto Pasolini”. Nel 2009 produce e realizza in co-produzione con Nuvola Film e Adriana Chiesa Enterprises il lungometraggio “I baci mai dati”, con Donatella Finocchiaro, Piera degli Esposti, Pino Micol, Beppe Fiorello. Il film è attualmente in postproduzione.
SCHEDE FILM
‘La notte quando è morto Pasolini’ di Roberta Torre
ll 2 novembre 1975 in un piazzale sterrato dell’Idroscalo di Roma viene ucciso Pier Paolo Pasolini, scrittore, regista, poeta. Il 26 aprile 1976 nel processo di primo grado Pino Pelosi viene condannato come unico esecutore dell’omicidio Pasolini. Oggi Pino Pelosi indica i fratelli Franco e Giuseppe Borsellino come autori del delitto. Oltre le molteplici verità di Pino Pelosi tante sono ancora le ombre che restano su uno degli episodi più oscuri e dolorosi della storia italiana. Questo è il racconto di quanto è accaduto quella notte all’Idroscalo dalla voce di chi per ultimo ha visto vivo Pier Paolo Pasolini.
Durata 20’ - Italia 2008.
“Itiburtinoterzo” di Roberta Torre
Tiburtino terzo è come una riserva indiana, così dice Daniele “er porpo”, per descrivere il suo quartiere. E Tiburtino terzo, noto quartiere popolare di Roma, è davvero una riserva indiana, dove vivono Daniele, Jari, Emilianino, Massimo e Robertino, ragazzi di vita con il mito della bella vita fatta di soldi facili, cocaina a fiumi e notti passate sul raccordo a guidare senza meta. Sullo sfondo Roma e le sue tante strade, il suo presente e futuro carico di aspettative. Come un miraggio. È un mondo dove il futuro è il tempo che non si sa se verrà mai, dove solo il presente vale e tutto deve essere qui e ora, bruciato in fretta e poi di nuovo a correre sul raccordo. In questa corsa verso non si sa dove i nostri si raccontano, ridono, piangono, aspettano, pensano ai sogni di ragazzini e alle aspettative da uomini, alle rapine, alle donne, alle partite di pallone che si facevano da bambini, solo uno o due anni prima. Ora che la galera è una delle possibilità l’altra non si sa bene quale sia. Questi ragazzi di vita alle soglie del terzo millennio poco e molto hanno in comune con quelli che il poeta Pierpaolo Pasolini ci raccontava nei suoi film e nei suoi libri. Ma qualcuno di loro lo conosce e se n’è fatto un’idea precisa, come Daniele: “Pasolini sì che è stato un bello stratega… lui aveva già previsto tutto… peccato che poi c’è rimasto impicciato…”
Durata 25’ - Italia 2008
22
gennaio 2010
Gianluigi Toccafondo – Una strategia del linciaggio e delle mistificazioni
Dal 22 gennaio al 19 febbraio 2010
fotografia
arte contemporanea
performance - happening
serata - evento
disegno e grafica
arte contemporanea
performance - happening
serata - evento
disegno e grafica
Location
MAV – MUSEO ARCHEOLOGICO VIRTUALE
Ercolano, Via Iv Novembre, (Napoli)
Ercolano, Via Iv Novembre, (Napoli)
Biglietti
con invito
Vernissage
22 Gennaio 2010, alle ore 19.00 al MAV, saranno presentati i documentari di Roberta Torre “La notte quando è morto Pasolini” e “Itiburtinoterzo” presentati con successo al Festival di Locarno.
Autore
Curatore