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Gianna Zanafredi – Aspettando le Rondini
“Forse, ci dicono questi quadri, c’è un altro leggere, non concettuale, che non vuole afferrare, ma al contrario accarezzare, scorrere, attendere – senza aspettarsi nulla.” Beppe Sebaste – Roma/Parma settembre 2010
Comunicato stampa
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Allargo il campo semantico mentre continuo a guardare i quadri bianchi, i quadri scritti, di Gianna Zanafredi: reperti, macchie, detriti, sopravvivenze, testimonianze; parole, cancellature, sbrecciature, rovine (di parole). Le similitudini si concatenano: papiri, antichi manoscritti, lacerti, brandelli, archeologie e filologie, come pergamene riportate alla luce, alla vista, all’aria - con delicatezza perché la luce, è il caso delle pergamene, è nemica del senso e della fragilità della materia. Scrittura-pittura sepolta e riportata alla vista, all’aria.
Ho davanti agli occhi i quadri dipinti di bianco - olio, acrilico, bitume, acquerello – di Gianna Zanafredi. L’evidenza della pittura convive con un’altra più sottile: sono quadri scritti, con pennelli e spatole, che mentre stendono la materia pittorica scolpiscono, increspano, graffiano e turbano le superfici delle tele, scrivono appunto.
“Aspettando le rondini”, dice con ironica e apparente ingenuità l’artista: aspettando che la terra, e la Terra, sia di nuovo salvata. C’è l’archeologia dei nidi: e nel nido è già la rondine. Nel nido è già il volo. Come nell’ape è già l’orchidea – e nel muro bianco è il buco nero. Gianna Zanafredi dice anche che i suoi quadri sono tutti un po’ smarriti nella nebbia, quella del luogo in cui è nata. Ed è vero che solo chi partecipa del genio del luogo, solo i visionari del posto (da Ariosto a Zavattini) sanno vedere e ricreare la paletta sinfonica dei bianchi, come nei battisteri e cattedrali della pianura. Nascono, questi quadri, da un paesaggio “arreso” alla vita, dice ancora l’artista, umile, struggente e tanto amato. Per lei sono frammenti di ricordi, nostalgie, malinconie che le ricordano d’essere lei stessa un frammento smarrito d’umanità, mentre nel legame con la natura qualcosa si è spezzato, il paesaggio è devastato, dice, la sopravvivenza del pianeta è in pericolo, siamo noi stessi minacciati come specie, e anche col resto dell’umanità si avverte la perdita di un legame. Evoca un sentimento ecologico, ma senza mai dirne la parola. I quadri sono bianchi, dice, come la fisionomia di un lungo inverno, la paura che la primavera resti silenziosa, che la natura cessi di risvegliarsi, e le rondini non tornino. Vorrei dirle allora che sì, siamo fatti di terra, e che se si è della terra, non si ha mai terra da perdere.
Beppe Sebaste
Roma-Parma settembre 2010
Ho davanti agli occhi i quadri dipinti di bianco - olio, acrilico, bitume, acquerello – di Gianna Zanafredi. L’evidenza della pittura convive con un’altra più sottile: sono quadri scritti, con pennelli e spatole, che mentre stendono la materia pittorica scolpiscono, increspano, graffiano e turbano le superfici delle tele, scrivono appunto.
“Aspettando le rondini”, dice con ironica e apparente ingenuità l’artista: aspettando che la terra, e la Terra, sia di nuovo salvata. C’è l’archeologia dei nidi: e nel nido è già la rondine. Nel nido è già il volo. Come nell’ape è già l’orchidea – e nel muro bianco è il buco nero. Gianna Zanafredi dice anche che i suoi quadri sono tutti un po’ smarriti nella nebbia, quella del luogo in cui è nata. Ed è vero che solo chi partecipa del genio del luogo, solo i visionari del posto (da Ariosto a Zavattini) sanno vedere e ricreare la paletta sinfonica dei bianchi, come nei battisteri e cattedrali della pianura. Nascono, questi quadri, da un paesaggio “arreso” alla vita, dice ancora l’artista, umile, struggente e tanto amato. Per lei sono frammenti di ricordi, nostalgie, malinconie che le ricordano d’essere lei stessa un frammento smarrito d’umanità, mentre nel legame con la natura qualcosa si è spezzato, il paesaggio è devastato, dice, la sopravvivenza del pianeta è in pericolo, siamo noi stessi minacciati come specie, e anche col resto dell’umanità si avverte la perdita di un legame. Evoca un sentimento ecologico, ma senza mai dirne la parola. I quadri sono bianchi, dice, come la fisionomia di un lungo inverno, la paura che la primavera resti silenziosa, che la natura cessi di risvegliarsi, e le rondini non tornino. Vorrei dirle allora che sì, siamo fatti di terra, e che se si è della terra, non si ha mai terra da perdere.
Beppe Sebaste
Roma-Parma settembre 2010
30
ottobre 2010
Gianna Zanafredi – Aspettando le Rondini
Dal 30 ottobre al 20 novembre 2010
arte contemporanea
Location
DONDOLANDOARTE
Martignana Di Po, via Cadeferro, 11, (Cremona)
Martignana Di Po, via Cadeferro, 11, (Cremona)
Orario di apertura
dal giovedi alla domenica dalle ore 17:00 alle ore 20:00
Vernissage
30 Ottobre 2010, ore 18:00
Autore