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Gianni Caruso – Volere Volare
L’installazione “Volere volare” sintetizza il personalissimo percorso dell’artista che nell’ambito del concettualismo italiano trova, agli inizi degli anni ’60, Torino fucina di idee e protagonismi
Comunicato stampa
Segnala l'evento
In occasione della Settima Edizione della Giornata del Contemporaneo (AMACI) l’8
ottobre 2011, il Museattivo Claudio Costa apre le porte al pubblico con un evento molto
speciale: una mostra personale dedicata a Gianni Caruso, artista concettuale a tutto
tondo, che ritorna ad esporre a Quarto accettando il caloroso invito del direttivo dell’Istituto
per le Materie e le Forme Inconsapevoli.
Volere Volare è il titolo della mostra, mutuato dall’omonima installazione che l’artista ha
creato appositamente per quest’occasione.
L’installazione “ Volere volare” sintetizza il personalissimo percorso dell’artista che
nell’ambito del concettualismo italiano trova, agli inizi degli anni ’60, Torino fucina di idee e
protagonismi.
In quell’ambito si sviluppa anche la fantastica stagione del poverismo che, auspice il critico
genovese Germano Celant, si afferma nel mondo ed al quale anche Caruso si accosta in
modo assolutamente eccentrico e personale.
L’impegno civile e la capacità di essere, al tempo, artista e promotore d’arte tracciano la
figura che Caruso si costruisce in un momento storico difficile, i difficili anni ‘70 ,ma tale da
rendere il suo atelier torinese una fucina ed un centro tra i più attivi a Torino ed in Italia.
La sua prima esperienza espositiva a Genova gliela offre l’amico Claudio Costa nell’allora
spazio Paradigma dell’ex Ospedale Psichiatrico di Quarto.
Di questa esperienza Caruso conserva un ricordo che si arricchisce alcuni anni dopo di
un’altra affascinante esperienza con Claudio, Gilardi ed altri, in una mostra tenuta nell’ex
Osp. Psich.Villa Azzurra di Grugliasco.
Il suo “Volere Volare” di oggi sottolinea la straordinarietà propria della mente umana di
concepire meta-parole e meta-sogni con il gioco del trucco scenico e l’incanto di una
visione fanciullesca.
L’installazione sarà visibile al pubblico fino al 26 novembre p.v.
Catalogo in mostra con testi di Gianni Caruso ed Elisabetta Rota
Inaugurazione sabato 8 ottobre, ore 17.30
Museattivo Claudio Costa
Sala mostre del Centro Socio-Riabilitativo Franco Basaglia
(A.S.L. 3 Genovese, via Giovanni Maggio, 6 Ge-Quarto)
aperto tutti i giorni dalle 8.00 alle 20.00
Catalogo in mostra con testi di Gianni Caruso ed Elisabetta Rota
traduzione inglese di Gabriella Sonnewald
Nell’occasione sarà possibile visitare la collezione permanente del Museo, recentemente ampliato nei propri
spazi
Per info:
IMFI-Museattivo Claudio Costa, via Giovanni Maggio, 6 – 16147 Genova. Tel.: 010 3446/584/303 – e mail: imfi@hotmail.it -
m.levo.rosenberg@fastwebnet.it Segreteria organizzativa: Dorina Monaco 3479442202
Amaci: tel.: +39 035 270272 - giornatacontemporaneo@amaci.org -
WHY ?
Non ricordo se ci fossimo incontrati a Genova o nel mio studio di Torino, al “Mulino
Feyles”, ma ricordo chiaramente la frase che mi rivolse allora con lucidità Claudio
Costa:
Perché non vieni a fare una mostra a Quarto?
Fu così che cominciai ad analizzare tutti quei lavori che andavo via via realizzando,
dagli inizi degli anni ’80, con una una foga pittorica che contraddiceva in qualche
modo il rigore concettuale dei miei lavori precedenti. Non che mancassero del
tutto di quella precipuità (cominciavo le mie grandi tele con la tecnica del frottage
riproducendo tutto ciò che trovavo sul mio grande tavolo da lavoro), ma alla fine
il prodotto si materializzava, tra aggiunte di inchiostri gessi e tempere come vera
e propria pittura. Inutile dire che colsi l’invito come una manna terapeutica e mi
cimentai su “Creativa” (1) la rivista prodotta in quegli anni da Claudio e da Caterina
Gualco, con un piccolo articolo, sotto forma di lettera, che evidenziava come, a
partire dal titolo di tutti quei miei lavori, “TRAPPOLE” letto al contrario, potesse
essere arbitrariamente inteso in inglese con un (to) elop part ovvero: nascondersi
parzialmente o scappare con un’amante: l’innamorata di sempre, ovvero, la pittura.
Allo stesso modo, quando Margherita Levo Rosenberg, a sorpresa, mi ha rivolto
recentemente la stessa frase, ho risentito le ansie e le passioni, le prospettive e le
formulazioni che in un periodo (quello odierno un po’ particolare della mia vita) ho ri
trovato forse con un po’ più di distacco ma sempre con la curiosità del Volo , principio
della nostra vita di sognatori impalpabili ed effimeri, messo già a fuoco nella mia
poesia “I want to dance” (2) tradottami in inglese dall’amico Eddie Allen, per una
mostra ad Alessandria nella “Galleria Amnesia”, che preindicava alle “Trappole” la via
di fuga.
Ci sono tratti della vita che ti legano ad eventi che, anche se non conseguenziali ad
un progetto(ma tutti i progetti sono conseguenziali alla tua vita) puoi, come si dice,
mettere insieme e quindi voglio ricordare qui, come in una mostra da me progettata
e seguita dall’ausilio critico di Elisabetta Rota “Intimo Collettivo” (3), ho voluto
fortemente che fosse presente il ritratto fotografico di Fabio Basaglia, eseguito da
Gianni Berengo Gardin, non per un omaggio puro e semplice, ma per identificare e
ribadire uno dei valori fondanti la nostra cultura a partire dagli anni ’60.
Delle Trappole scriveva nel 1988 Enrico Crispolti, uno dei padri storici della critica
contemporanea (e mi ….apriva gli occhi): ....Gianni Caruso, sviluppa, in una pittura
che ricorre a soluzioni anche materiche, un immaginario notturno a volte quasi lunare,
entro il quale, nella configurazione di forme essenziali, di arcani profili dentati, si
dispiega un universo di presenze a loro modo allarmanti e chiaramente di valenza
quasi psicologica. C’è quasi nei suoi dipinti il ricorrere d’una sensazione si direbbe
come d’agguato imminente, di pericolo che incomba, ma del quale non sia neppure
tanto chiara l’origine. Un disagio psicologico insinuante.....(4)
Per le strade di Palermo, in seguito, tra un farfugliare di parole modificate e di storie
che mi raccontavano pazientemente, ho ricordato me bambino ed ho ri ascoltato
favole e lavoro ricuciti dall’esperienza dell’artigiano. Storie di vita vera mi hanno
annodato ad una via, Via Calderai
Voglio ballare stasera
su un pavimento lucido
come i risvolti della mia giacca
La mia storia è rapida come un flash
Il mio trucco si è sciolto
sotto un riflettore rosso
La mia vita è rapida come un flash
Un artista mi ha portato ieri a Santa Monica
e mi ha fatto un grazioso ritratto
Ho conosciuto la sua ragazza
Che mi ha dato un buffo
soprannome : MITO
Lo userò verde su rosa
nel mio prossimo strip tease
quando avrò scarpe così lucide
invisibili sul lucido pavimento
Il mio sogno è rapido come un flash
Catalogo mostra , “Il Viaggio di Icaro” Galleria Amnesia Alessandria 1983
(3) Elisabetta Rota “Intimo Collettivo” Ed. L’uovo di struzzo Torino 2009
(4) Maria Luise Syring, Enrico Crispolti, “Il Raggio duro del Sole , Torino 1988
(5) Basso: voce gergale per indicare una abitazione povera che si apre direttamente sulla
strada
spesso costituita da un solo vano che, il grande drammaturgo Eduardo De Filippo nobilita ed
usa come teatro o set delle sue commedie.
English Version
WHY ?
I don’t remember where we met, whether it was in Genoa, or at “Mulino Feyles”, my
studio in Turin, but I do clearly remember what Claudio Costa told me with lucidity:
Why don’t you hold an exhibition in Quarto?
This is how I began to analyze all the works I had been producing since the early ’80s
that carried a pictorial ardor which somehow clashed against the conceptual rigor of
my earlier works. Their original peculiarities were still there (I would start working
on large sized canvasses with the frottage technique and reproduce anything I could
find on my large work table); but, following additions of ink, plaster, and tempera
colors, the product would end up looking like a proper painting. Needless to say that I
accepted the invitation as a therapeutic blessing, and I even tried my hand at writing
a short article for “Creativa” (1), a magazine published in those years by Claudio and
Caterina Gualco. Written as a letter, it explained that the title of all those works of
mine “TRAPPOLE” if read backwards, would be “elop part”, namely: to elope, run
away with one’s lover: my lover for ever that is painting.
Similarly, when Margherita Levo Rosenberg, unexpectedly, has recently asked me
the same thing, I felt again the same anxiety, passions, prospects, and formulations
that I am reencountering today which is a somehow special period of my life
perhaps with a bit more detachment, but still with the same curiosity of Flying, a
tenet in our life as impalpable and ephemeral dreamers, as already highlighted in my
poem “I want to dance” (2) translated for me in English by my friend Eddie Allen, for
an exhibition in Alessandria at “Galleria Amnesia”, and already paving the way to the
elopement of the “Trappole”.
There are times in our life linking us to events, which, although not consequential to
a project (but all projects are consequential to our life), can be put together. Hence, I
would like to remember here that, for “Intimo Collettivo” (3) – an exhibition I designed
with the critical support of Elisabetta Rota I strongly wanted to put on display a
photo by Gianni Berengo Gardin portraying Fabio Basaglia, not simply as an homage
to the latter, but to identify and stress again one of the founding values of our culture
since the ’60s.
In 1988, Enrico Crispolti, one of the historic fathers of contemporary criticism,
wrote about Trappole (and actually … he opened my eyes!): .... in his also mixed
media painting solutions, Gianni Caruso develops a nocturnal, at times even lunar,
imagery, inside which, through the configuration of essential shapes and arcane
dentate profiles, a whole universe of disquieting entities, with clear psychological
connotations, opens up. In his paintings, one can sense a recurrent feeling of
impending ambush, of looming danger, whose origin however is not so clear. An
insinuating psychological discomfort.....(4)
Later on, in the streets of Palermo, amid a gabble of patiently told, modified words
and stories, I remembered when I was a child and listened again to fairy tales and
the craft sewn together by skilled artisans. Real life stories tied me to a street Via
Calderai where piles of stacked pans and baking tins would make me daydream
about castles and ladies, pyramids and domes, Chanson de Roland and the biscuits
baked by the nuns; the mind of the tinker, with the heat of his work and out of these
utensils, was giving dignity to such narration.
I saw Angelina again (if there is a God, may He keep her with him for cleaning and
taking care of Paradise) and I visited her basso (5) where sometimes she used to take
me; I saw myself when I was a child, crouching down, and listening to the stories of
the elderly sitting around the cookingrange still produced by tinkers, and making
up the stage of a poor but extraordinary theater.
Large birds have flown away from those baking tins: multicolored and dreamy
shadows, pale shadows made melancholy by fatigue, but still with strong dignity and
deep thoughts.
With this full immersion in our everyday life, elevated to symbolize life, with relived
deprivation, recovered contents of myth and poetry as a metareading of history
even of contemporary history , I took the feather, as a distinctive sign of aspiration
to higher domains, to the great culture of the Fathers of the West, to the lightness of
syllogistic philosophical speculations, and to oriental scientific wisdom. In this way, I
have become more mature, and also my way/world have become infinitely, N times
more mature, with endless possibilities to construct thoughts and physics, projects
and chance.
Gianni Caruso
(1) “Creativa” Genoa 1985
(2) I want to dance
on a floor as shiny
as my jacket’s lapels
My story is as swift as a flash
My makeup has melted
Under the red spotlight
My life is as swift as a flash
An artist brought me to Santa Monica yesterday
And made a beautiful drawing of me
I met his girlfriend
Who gave me a funny nickname: Myth
I’ll use it green on pink
In my next striptease
When I have shoes so shiny
Invisible on the shiny floor
My dream is as swift as a flash
Gianni Caruso
Catalogue of the exhibition “Il Viaggio di Icaro” Galleria Amnesia Alessandria 1983
(3) Elisabetta Rota “Intimo Collettivo” Publisher L’uovo di struzzo, Turin 2009
(4) Maria Luise Syring, Enrico Crispolti, “Il Raggio duro del Sole”, Turin 1988
basement flat, it refers to a simple and poor dwelling opening directly on
the street and generally featuring one single room. Eduardo De Filippo, the great Neapolitan
playwright, has ennobled it by staging many of his plays in a basso.
(5) Basso: slang for basement flat, it refers to a simple and poor dwelling opening directly on
the street and generally featuring one single room. Eduardo De Filippo, the great Neapolitan
playwright, has ennobled it by staging many of his plays in a basso.
Gianni Caruso, sulle ali dell'arte....
Gianni Caruso, concorre ad evidenziare intorno alla metà degli anni ‘60
la natura del concettuale , ma il suo è un concettuale personalissimo, non
freddo, ma lirico ed evocativo, profondamente mediterraneo non solo per
le ragioni anagrafiche, che lo vedono figlio della Sicilia più nobile e colta
e, insieme, profondamente legato alla
per le caratteristiche intrinseche delle sue opere, fortemente emozionali e
emozionanti, sempre specchio e sublimazione del vissuto.
Per questa mostra, intensamente simbolica per il luogo che la accoglie, un
ex ospedale psichiatrico teatro di sperimentazioni culturali e terapeutiche
negli anni Settanta e fucina artistica del grande Claudio Costa, ha scelto tre
serie di opere, le “Trappole”, le “Teglie” e le “Piume”, molto diverse tra loro
eppure sottilmente affini, quasi un modo per riannodare i fili del proprio lavoro
e del proprio passato in una sorta di autoanalisi “Creativa”, come il titolo
della rivista diretta da Costa a cui Caruso aveva collaborato, un ritorno e un
progresso, come sempre è il percorso della vita: un'orbita che non torna mai
nello stesso punto ma, a volte impercettibilmente, scorre sempre avanti.
La lettura al contrario della parola schiude altri scenari e la tagliola si apre
alla libertà: uno scarto semantico tipico della concettualità di Caruso in cui
riemerge prepotentemente il filo
un gioco di parole che fa rabbrividire se rapportato alla realtà dei ricoverati
psichiatrici e ai percorsi di liberazione di cui proprio l'ospedale di Quarto fu
grande madre Africa, ma proprio
conduttore del suo percorso creativo e
uno dei capisaldi in Italia, assieme a Trieste.
Diverso il discorso sulle “Teglie”, installazioni a prima vista rigorosissime e
povere, eppure, come in tutti i lavori di Gianni Caruso il ribaltamento è
sempre in agguato, anzi direi che è il vero leit motiv che unifica il tutto, nulla
è
ciò
prepotentemente i ricordi struggenti e i sogni di un bambino, sono opere che
ci parlano di racconti intorno ai focolari di vecchie cucine, di figure umili ma
ricchissime della saggezza dei semplici, del potere evocativo delle piccole
cose che davanti agli occhi incantati di un fanciullo diventavano interi mondi
esotici e meravigliosi, da umili attrezzi di cultura materiale prendono così vita
castelli, ziggurat e giardini da sogno che nobilitano ed esaltano la bellezza
intrinseca di oggetti realizzati da una manualità e da un sapere antico,
antesignani inconsapevoli di un design che sconfina nell'arte. Caruso scrive
“da quelle teglie sono volati via grandi uccelli: ombre multicolori e sognanti,
ombre pallide e immalinconite dalla fatica ma pur sempre di alta dignità e
pensiero” e introduce così l'ultima serie di lavori, le “Piume”, eteree e soffici
metafore poli segniche del volo, reale e mentale, e, quindi della sapienza (la
Sophia gnostica ha grandi ali...) rappresentano la vera sintesi liberatoria
della mostra, il superamento hegeliano che riordina, riannoda e sublima le
tensioni psichiche e i ricordi struggenti degli altri lavori, un completamento e
un'apertura al futuro insieme che si esprimono compiutamente nella
installazione che vede un'ala luminosa pronta a spiccare il volo e trafitta da
che
sembra
e
sotto
l'apparente
rigore
formale
emergono
un raggio di luce, l'oro rosso del raggio dialoga e si fonde con la luce di
wood, comunemente detta luce nera, (*) che illumina l'ala: la simbologia
gnostica è così palese da non sembrare casuale, ma se lo fosse non farebbe
che confermare la grande forza dell'inconscio collettivo, Psyche è pronta a
volare. Un volo verso nuove tappe creative, trattandosi di un artista è
inevitabile, ma anche un volo verso nuovi orizzonti psichici e, forse
inconsciamente, anche un omaggio alle tante, troppe anime a cui sono state
tarpate le ali, tante ne hanno viste passare i padiglioni di Quarto, anime
spezzate da terapie obsolete o da semplici pregiudizi, e tanto è stato fatto in
questi spazi per aiutarle a riprendere il volo, questa mostra è anche per loro.
“Qualcuno volò sul nido del cuculo”
Elisabetta Rota
(*) In senso strettamente tecnico la definizione non è corretta, ma, dal punto
di vista simbolico, l'accezione corrente e assolutamente azzeccata.
ottobre 2011, il Museattivo Claudio Costa apre le porte al pubblico con un evento molto
speciale: una mostra personale dedicata a Gianni Caruso, artista concettuale a tutto
tondo, che ritorna ad esporre a Quarto accettando il caloroso invito del direttivo dell’Istituto
per le Materie e le Forme Inconsapevoli.
Volere Volare è il titolo della mostra, mutuato dall’omonima installazione che l’artista ha
creato appositamente per quest’occasione.
L’installazione “ Volere volare” sintetizza il personalissimo percorso dell’artista che
nell’ambito del concettualismo italiano trova, agli inizi degli anni ’60, Torino fucina di idee e
protagonismi.
In quell’ambito si sviluppa anche la fantastica stagione del poverismo che, auspice il critico
genovese Germano Celant, si afferma nel mondo ed al quale anche Caruso si accosta in
modo assolutamente eccentrico e personale.
L’impegno civile e la capacità di essere, al tempo, artista e promotore d’arte tracciano la
figura che Caruso si costruisce in un momento storico difficile, i difficili anni ‘70 ,ma tale da
rendere il suo atelier torinese una fucina ed un centro tra i più attivi a Torino ed in Italia.
La sua prima esperienza espositiva a Genova gliela offre l’amico Claudio Costa nell’allora
spazio Paradigma dell’ex Ospedale Psichiatrico di Quarto.
Di questa esperienza Caruso conserva un ricordo che si arricchisce alcuni anni dopo di
un’altra affascinante esperienza con Claudio, Gilardi ed altri, in una mostra tenuta nell’ex
Osp. Psich.Villa Azzurra di Grugliasco.
Il suo “Volere Volare” di oggi sottolinea la straordinarietà propria della mente umana di
concepire meta-parole e meta-sogni con il gioco del trucco scenico e l’incanto di una
visione fanciullesca.
L’installazione sarà visibile al pubblico fino al 26 novembre p.v.
Catalogo in mostra con testi di Gianni Caruso ed Elisabetta Rota
Inaugurazione sabato 8 ottobre, ore 17.30
Museattivo Claudio Costa
Sala mostre del Centro Socio-Riabilitativo Franco Basaglia
(A.S.L. 3 Genovese, via Giovanni Maggio, 6 Ge-Quarto)
aperto tutti i giorni dalle 8.00 alle 20.00
Catalogo in mostra con testi di Gianni Caruso ed Elisabetta Rota
traduzione inglese di Gabriella Sonnewald
Nell’occasione sarà possibile visitare la collezione permanente del Museo, recentemente ampliato nei propri
spazi
Per info:
IMFI-Museattivo Claudio Costa, via Giovanni Maggio, 6 – 16147 Genova. Tel.: 010 3446/584/303 – e mail: imfi@hotmail.it -
m.levo.rosenberg@fastwebnet.it Segreteria organizzativa: Dorina Monaco 3479442202
Amaci: tel.: +39 035 270272 - giornatacontemporaneo@amaci.org -
WHY ?
Non ricordo se ci fossimo incontrati a Genova o nel mio studio di Torino, al “Mulino
Feyles”, ma ricordo chiaramente la frase che mi rivolse allora con lucidità Claudio
Costa:
Perché non vieni a fare una mostra a Quarto?
Fu così che cominciai ad analizzare tutti quei lavori che andavo via via realizzando,
dagli inizi degli anni ’80, con una una foga pittorica che contraddiceva in qualche
modo il rigore concettuale dei miei lavori precedenti. Non che mancassero del
tutto di quella precipuità (cominciavo le mie grandi tele con la tecnica del frottage
riproducendo tutto ciò che trovavo sul mio grande tavolo da lavoro), ma alla fine
il prodotto si materializzava, tra aggiunte di inchiostri gessi e tempere come vera
e propria pittura. Inutile dire che colsi l’invito come una manna terapeutica e mi
cimentai su “Creativa” (1) la rivista prodotta in quegli anni da Claudio e da Caterina
Gualco, con un piccolo articolo, sotto forma di lettera, che evidenziava come, a
partire dal titolo di tutti quei miei lavori, “TRAPPOLE” letto al contrario, potesse
essere arbitrariamente inteso in inglese con un (to) elop part ovvero: nascondersi
parzialmente o scappare con un’amante: l’innamorata di sempre, ovvero, la pittura.
Allo stesso modo, quando Margherita Levo Rosenberg, a sorpresa, mi ha rivolto
recentemente la stessa frase, ho risentito le ansie e le passioni, le prospettive e le
formulazioni che in un periodo (quello odierno un po’ particolare della mia vita) ho ri
trovato forse con un po’ più di distacco ma sempre con la curiosità del Volo , principio
della nostra vita di sognatori impalpabili ed effimeri, messo già a fuoco nella mia
poesia “I want to dance” (2) tradottami in inglese dall’amico Eddie Allen, per una
mostra ad Alessandria nella “Galleria Amnesia”, che preindicava alle “Trappole” la via
di fuga.
Ci sono tratti della vita che ti legano ad eventi che, anche se non conseguenziali ad
un progetto(ma tutti i progetti sono conseguenziali alla tua vita) puoi, come si dice,
mettere insieme e quindi voglio ricordare qui, come in una mostra da me progettata
e seguita dall’ausilio critico di Elisabetta Rota “Intimo Collettivo” (3), ho voluto
fortemente che fosse presente il ritratto fotografico di Fabio Basaglia, eseguito da
Gianni Berengo Gardin, non per un omaggio puro e semplice, ma per identificare e
ribadire uno dei valori fondanti la nostra cultura a partire dagli anni ’60.
Delle Trappole scriveva nel 1988 Enrico Crispolti, uno dei padri storici della critica
contemporanea (e mi ….apriva gli occhi): ....Gianni Caruso, sviluppa, in una pittura
che ricorre a soluzioni anche materiche, un immaginario notturno a volte quasi lunare,
entro il quale, nella configurazione di forme essenziali, di arcani profili dentati, si
dispiega un universo di presenze a loro modo allarmanti e chiaramente di valenza
quasi psicologica. C’è quasi nei suoi dipinti il ricorrere d’una sensazione si direbbe
come d’agguato imminente, di pericolo che incomba, ma del quale non sia neppure
tanto chiara l’origine. Un disagio psicologico insinuante.....(4)
Per le strade di Palermo, in seguito, tra un farfugliare di parole modificate e di storie
che mi raccontavano pazientemente, ho ricordato me bambino ed ho ri ascoltato
favole e lavoro ricuciti dall’esperienza dell’artigiano. Storie di vita vera mi hanno
annodato ad una via, Via Calderai
Voglio ballare stasera
su un pavimento lucido
come i risvolti della mia giacca
La mia storia è rapida come un flash
Il mio trucco si è sciolto
sotto un riflettore rosso
La mia vita è rapida come un flash
Un artista mi ha portato ieri a Santa Monica
e mi ha fatto un grazioso ritratto
Ho conosciuto la sua ragazza
Che mi ha dato un buffo
soprannome : MITO
Lo userò verde su rosa
nel mio prossimo strip tease
quando avrò scarpe così lucide
invisibili sul lucido pavimento
Il mio sogno è rapido come un flash
Catalogo mostra , “Il Viaggio di Icaro” Galleria Amnesia Alessandria 1983
(3) Elisabetta Rota “Intimo Collettivo” Ed. L’uovo di struzzo Torino 2009
(4) Maria Luise Syring, Enrico Crispolti, “Il Raggio duro del Sole , Torino 1988
(5) Basso: voce gergale per indicare una abitazione povera che si apre direttamente sulla
strada
spesso costituita da un solo vano che, il grande drammaturgo Eduardo De Filippo nobilita ed
usa come teatro o set delle sue commedie.
English Version
WHY ?
I don’t remember where we met, whether it was in Genoa, or at “Mulino Feyles”, my
studio in Turin, but I do clearly remember what Claudio Costa told me with lucidity:
Why don’t you hold an exhibition in Quarto?
This is how I began to analyze all the works I had been producing since the early ’80s
that carried a pictorial ardor which somehow clashed against the conceptual rigor of
my earlier works. Their original peculiarities were still there (I would start working
on large sized canvasses with the frottage technique and reproduce anything I could
find on my large work table); but, following additions of ink, plaster, and tempera
colors, the product would end up looking like a proper painting. Needless to say that I
accepted the invitation as a therapeutic blessing, and I even tried my hand at writing
a short article for “Creativa” (1), a magazine published in those years by Claudio and
Caterina Gualco. Written as a letter, it explained that the title of all those works of
mine “TRAPPOLE” if read backwards, would be “elop part”, namely: to elope, run
away with one’s lover: my lover for ever that is painting.
Similarly, when Margherita Levo Rosenberg, unexpectedly, has recently asked me
the same thing, I felt again the same anxiety, passions, prospects, and formulations
that I am reencountering today which is a somehow special period of my life
perhaps with a bit more detachment, but still with the same curiosity of Flying, a
tenet in our life as impalpable and ephemeral dreamers, as already highlighted in my
poem “I want to dance” (2) translated for me in English by my friend Eddie Allen, for
an exhibition in Alessandria at “Galleria Amnesia”, and already paving the way to the
elopement of the “Trappole”.
There are times in our life linking us to events, which, although not consequential to
a project (but all projects are consequential to our life), can be put together. Hence, I
would like to remember here that, for “Intimo Collettivo” (3) – an exhibition I designed
with the critical support of Elisabetta Rota I strongly wanted to put on display a
photo by Gianni Berengo Gardin portraying Fabio Basaglia, not simply as an homage
to the latter, but to identify and stress again one of the founding values of our culture
since the ’60s.
In 1988, Enrico Crispolti, one of the historic fathers of contemporary criticism,
wrote about Trappole (and actually … he opened my eyes!): .... in his also mixed
media painting solutions, Gianni Caruso develops a nocturnal, at times even lunar,
imagery, inside which, through the configuration of essential shapes and arcane
dentate profiles, a whole universe of disquieting entities, with clear psychological
connotations, opens up. In his paintings, one can sense a recurrent feeling of
impending ambush, of looming danger, whose origin however is not so clear. An
insinuating psychological discomfort.....(4)
Later on, in the streets of Palermo, amid a gabble of patiently told, modified words
and stories, I remembered when I was a child and listened again to fairy tales and
the craft sewn together by skilled artisans. Real life stories tied me to a street Via
Calderai where piles of stacked pans and baking tins would make me daydream
about castles and ladies, pyramids and domes, Chanson de Roland and the biscuits
baked by the nuns; the mind of the tinker, with the heat of his work and out of these
utensils, was giving dignity to such narration.
I saw Angelina again (if there is a God, may He keep her with him for cleaning and
taking care of Paradise) and I visited her basso (5) where sometimes she used to take
me; I saw myself when I was a child, crouching down, and listening to the stories of
the elderly sitting around the cookingrange still produced by tinkers, and making
up the stage of a poor but extraordinary theater.
Large birds have flown away from those baking tins: multicolored and dreamy
shadows, pale shadows made melancholy by fatigue, but still with strong dignity and
deep thoughts.
With this full immersion in our everyday life, elevated to symbolize life, with relived
deprivation, recovered contents of myth and poetry as a metareading of history
even of contemporary history , I took the feather, as a distinctive sign of aspiration
to higher domains, to the great culture of the Fathers of the West, to the lightness of
syllogistic philosophical speculations, and to oriental scientific wisdom. In this way, I
have become more mature, and also my way/world have become infinitely, N times
more mature, with endless possibilities to construct thoughts and physics, projects
and chance.
Gianni Caruso
(1) “Creativa” Genoa 1985
(2) I want to dance
on a floor as shiny
as my jacket’s lapels
My story is as swift as a flash
My makeup has melted
Under the red spotlight
My life is as swift as a flash
An artist brought me to Santa Monica yesterday
And made a beautiful drawing of me
I met his girlfriend
Who gave me a funny nickname: Myth
I’ll use it green on pink
In my next striptease
When I have shoes so shiny
Invisible on the shiny floor
My dream is as swift as a flash
Gianni Caruso
Catalogue of the exhibition “Il Viaggio di Icaro” Galleria Amnesia Alessandria 1983
(3) Elisabetta Rota “Intimo Collettivo” Publisher L’uovo di struzzo, Turin 2009
(4) Maria Luise Syring, Enrico Crispolti, “Il Raggio duro del Sole”, Turin 1988
basement flat, it refers to a simple and poor dwelling opening directly on
the street and generally featuring one single room. Eduardo De Filippo, the great Neapolitan
playwright, has ennobled it by staging many of his plays in a basso.
(5) Basso: slang for basement flat, it refers to a simple and poor dwelling opening directly on
the street and generally featuring one single room. Eduardo De Filippo, the great Neapolitan
playwright, has ennobled it by staging many of his plays in a basso.
Gianni Caruso, sulle ali dell'arte....
Gianni Caruso, concorre ad evidenziare intorno alla metà degli anni ‘60
la natura del concettuale , ma il suo è un concettuale personalissimo, non
freddo, ma lirico ed evocativo, profondamente mediterraneo non solo per
le ragioni anagrafiche, che lo vedono figlio della Sicilia più nobile e colta
e, insieme, profondamente legato alla
per le caratteristiche intrinseche delle sue opere, fortemente emozionali e
emozionanti, sempre specchio e sublimazione del vissuto.
Per questa mostra, intensamente simbolica per il luogo che la accoglie, un
ex ospedale psichiatrico teatro di sperimentazioni culturali e terapeutiche
negli anni Settanta e fucina artistica del grande Claudio Costa, ha scelto tre
serie di opere, le “Trappole”, le “Teglie” e le “Piume”, molto diverse tra loro
eppure sottilmente affini, quasi un modo per riannodare i fili del proprio lavoro
e del proprio passato in una sorta di autoanalisi “Creativa”, come il titolo
della rivista diretta da Costa a cui Caruso aveva collaborato, un ritorno e un
progresso, come sempre è il percorso della vita: un'orbita che non torna mai
nello stesso punto ma, a volte impercettibilmente, scorre sempre avanti.
La lettura al contrario della parola schiude altri scenari e la tagliola si apre
alla libertà: uno scarto semantico tipico della concettualità di Caruso in cui
riemerge prepotentemente il filo
un gioco di parole che fa rabbrividire se rapportato alla realtà dei ricoverati
psichiatrici e ai percorsi di liberazione di cui proprio l'ospedale di Quarto fu
grande madre Africa, ma proprio
conduttore del suo percorso creativo e
uno dei capisaldi in Italia, assieme a Trieste.
Diverso il discorso sulle “Teglie”, installazioni a prima vista rigorosissime e
povere, eppure, come in tutti i lavori di Gianni Caruso il ribaltamento è
sempre in agguato, anzi direi che è il vero leit motiv che unifica il tutto, nulla
è
ciò
prepotentemente i ricordi struggenti e i sogni di un bambino, sono opere che
ci parlano di racconti intorno ai focolari di vecchie cucine, di figure umili ma
ricchissime della saggezza dei semplici, del potere evocativo delle piccole
cose che davanti agli occhi incantati di un fanciullo diventavano interi mondi
esotici e meravigliosi, da umili attrezzi di cultura materiale prendono così vita
castelli, ziggurat e giardini da sogno che nobilitano ed esaltano la bellezza
intrinseca di oggetti realizzati da una manualità e da un sapere antico,
antesignani inconsapevoli di un design che sconfina nell'arte. Caruso scrive
“da quelle teglie sono volati via grandi uccelli: ombre multicolori e sognanti,
ombre pallide e immalinconite dalla fatica ma pur sempre di alta dignità e
pensiero” e introduce così l'ultima serie di lavori, le “Piume”, eteree e soffici
metafore poli segniche del volo, reale e mentale, e, quindi della sapienza (la
Sophia gnostica ha grandi ali...) rappresentano la vera sintesi liberatoria
della mostra, il superamento hegeliano che riordina, riannoda e sublima le
tensioni psichiche e i ricordi struggenti degli altri lavori, un completamento e
un'apertura al futuro insieme che si esprimono compiutamente nella
installazione che vede un'ala luminosa pronta a spiccare il volo e trafitta da
che
sembra
e
sotto
l'apparente
rigore
formale
emergono
un raggio di luce, l'oro rosso del raggio dialoga e si fonde con la luce di
wood, comunemente detta luce nera, (*) che illumina l'ala: la simbologia
gnostica è così palese da non sembrare casuale, ma se lo fosse non farebbe
che confermare la grande forza dell'inconscio collettivo, Psyche è pronta a
volare. Un volo verso nuove tappe creative, trattandosi di un artista è
inevitabile, ma anche un volo verso nuovi orizzonti psichici e, forse
inconsciamente, anche un omaggio alle tante, troppe anime a cui sono state
tarpate le ali, tante ne hanno viste passare i padiglioni di Quarto, anime
spezzate da terapie obsolete o da semplici pregiudizi, e tanto è stato fatto in
questi spazi per aiutarle a riprendere il volo, questa mostra è anche per loro.
“Qualcuno volò sul nido del cuculo”
Elisabetta Rota
(*) In senso strettamente tecnico la definizione non è corretta, ma, dal punto
di vista simbolico, l'accezione corrente e assolutamente azzeccata.
08
ottobre 2011
Gianni Caruso – Volere Volare
Dall'otto ottobre al 20 dicembre 2011
arte contemporanea
Location
CENTRO SOCIO RIABILITATIVO FRANCO BASAGLIA
Genova, Via Giovanni Maggio, 6, (Genova)
Genova, Via Giovanni Maggio, 6, (Genova)
Orario di apertura
tutti i giorni dalle 8.00 alle 20.00
Vernissage
8 Ottobre 2011, ore 17.30
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