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Gianni Pezzani – Humus
ventidue immagini a colori parte di un progetto tematico avviato dal fotografo nel 2004
Comunicato stampa
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Si inaugura il prossimo 28 Novembre presso Hublab Gallery, “Humus”, la mostra fotografica di Gianni Pezzani a cura di Susanna Legrenzi e Maria Cristina Didero, che presenta ventidue immagini a colori parte di un progetto tematico avviato dal fotografo nel 2004.
Da molti anni Gianni Pezzani si perde con la sua macchina fotografica nei boschi italiani. Ne impressiona la pellicola con la tranquillità e il silenzio di quei luoghi. Cristallizza una natura incantata che è allo stesso tempo complessa e diretta nella sua semplicità. Si sofferma su radici, fusti, piumaggi, muschi, castagni, abeti, faggi centenari che dominano in solitudine un'immagine che sembra restituire il solo respiro di chi l'ha rubata, dopo averla studiata senza conoscere fretta. In sottofondo si registrano l'esperienza colta di un paesaggio lucreziano, dominato dalla determinatezza che accompagna la vita, ma anche il sentimento del fantastico che fa da sfondo alle fiabe dei Fratelli Grimm, dove il “buio”, ancor più che gli orchi, alimenta le nostre paure. In questo itinerario senza mete, ogni singolo scatto racconta di una pausa che si fa osservazione, ascolto, miniatura, abbraccio a perdersi. Così come i sentieri che talvolta si insinuano nel bosco diventano un'immediata metafora di un sentimento universale di smarrimento ma anche un invito ad avventurarsi negli angoli nascosti di un mondo di cui percepiamo solo i contorni. Qui come altrove il contrasto dei colori – e i neri che incidono le ombre – creano un'atmosfera di tensione tra ciò che ci attrae e ciò che temiamo. Lo scenario di questo portfolio è il Parco Naturale del Monte Penna, nei pressi di Alpe, fra Liguria ed Emilia, dove nasce il fiume Taro. Lo sguardo di Pezzani è un volo radente che analizza e riproporziona ciò che si intuisce ad altezza d'uomo e, più nel dettaglio, in un sottobosco abitato da un'Amanita Muscaria, un Boletus Edulis, un Phallus Impudicus, una Macrolepiota Procera, nomi botanici di funghi comuni – ovolaccio, porcino, satirione, mazza di tamburo – che diventano i protagonisti di una stanza delle meraviglie senza pareti, senza rumori. Una stanza dove il tempo sembra fermarsi, senza annunciare, per una volta, un crimine fiabesco ma un verde che si fa fragile incanto.
«Il mio insegnante di Pedologia si chiamava Mancini. Il suo obiettivo era istruirci sulla scienza che studia i primi 30 cm della superficie terrestre. La roccia, spiegava, si è trasformata in terreno con il susseguirsi di eventi atmosferici chimici o fisici, ma specialmente in seguito alle colonizzazioni di esseri viventi molto complessi come i licheni, che pur di sopravvivere all'ambiente minerale ostile sono stati capaci di inventarsi un matrimonio perfetto con vegetali di ordini naturali diversissimi fra loro. Per esempio: un’alga sposa un fungo facendo corpo unico ma visibilmente scindibile. Mancini arrivava in aula perfettamente vestito con elegantissimi completi, giacca e cravatta. Durante le lezioni – passando per varie ere geologiche – si concentrava a tal punto da togliersi giacca e cravatta, rimboccandosi anche le maniche della camicia come se dovesse aiutare i licheni a corrodere le montagne. Mancini nella sua lunga carriera universitaria ha creato un'opera colossale – “La Carta Pedologica d’Italia”. E altre piccole cose come quella di inculcarmi la passione e la curiosità per le innumerevoli scienze che ci spiegano chi siamo e cosa mangiamo e perché pensiamo». Gianni Pezzani
Gianni Pezzani
Gianni Pezzani si avvicina alla fotografia grazie al padre. Dagli studi in Scienze Agrarie trae invece quegli elementi di chimica che riprenderà nel lavoro di camera oscura.
La sua attività di fotografo prende avvio da alcune ricerche, prima con vedute di Firenze, e in seguito nella bassa parmense, elaborando i primi viraggi selettivi. Questa particolare operazione, una sorta di terza via tra il colore della fotografia contemporanea e la pratica del bianco e nero, porta in breve tempo il suo lavoro all'attenzione della critica.
Nel 1979 Lanfranco Colombo ospita la sua prima mostra personale (Galleria Il Diaframma-Canon di Milano) e, nello stesso anno, Pezzani dona un primo nucleo di immagini al CSAC dell'Università di Parma. Nel 1981 è selezionato dalle edizioni Time-Life tra i sei più importanti fotografi emergenti dell'anno, mentre l'annuario Photography Year pubblica un suo portfolio e riceve l’incarico da Cesare Gnudi di eseguire un lavoro di libera interpretazione sulla città di Pisa. A partire da questo periodo, inoltre, espone assiduamente nelle manifestazioni sulla fotografia di Arles.
Nel 1982 Gianni Pezzani compie un viaggio negli USA, da cui nasce una serie di immagini che vengono esposte alla Galleria Civica di Modena (1984). Nello stesso anno partecipa a una mostra itinerante sulla fotografia italiana che gira le maggiori gallerie della Cina Popolare.
Nel 1983 espone alla Galleria d'Arte Moderna di Suzzara la serie Simulacri del Paesaggio. Contemporaneamente collabora con Vogue, iniziando un’intensa attività legata all’editoria della moda internazionale che prosegue tuttora. Viene invitato a Tokyo a esporre al Nagase Photo Salon e la sua opera viene conosciuta anche in Giappone, dove si trasferisce nel 1984.
Lavora per Mamiya Camera, mantenendosi in stretto contatto con il mondo della moda giapponese. Tra il 1989 e il 1993 si sposta tra l’Estremo Oriente e la Nuova Zelanda per realizzare servizi tra moda e documentazione.
Di nuovo in Italia dal 1993, Gianni Pezzani partecipa a diverse esposizioni presso istituzioni pubbliche e private. Tra le più importanti: la mostra alla Stazione Leopolda di Firenze del 1997, la retrospettiva dedicatagli dalla Fondazione Magnani Rocca di Parma nel 2000, la mostra “Viaggi in Giappone” a Palazzo Barolo, Torino, nel 2003 e “I maestri della fotografia” alla Peggy Guggenheim Collection nel 2005. Vive e lavora a Milano.
Da molti anni Gianni Pezzani si perde con la sua macchina fotografica nei boschi italiani. Ne impressiona la pellicola con la tranquillità e il silenzio di quei luoghi. Cristallizza una natura incantata che è allo stesso tempo complessa e diretta nella sua semplicità. Si sofferma su radici, fusti, piumaggi, muschi, castagni, abeti, faggi centenari che dominano in solitudine un'immagine che sembra restituire il solo respiro di chi l'ha rubata, dopo averla studiata senza conoscere fretta. In sottofondo si registrano l'esperienza colta di un paesaggio lucreziano, dominato dalla determinatezza che accompagna la vita, ma anche il sentimento del fantastico che fa da sfondo alle fiabe dei Fratelli Grimm, dove il “buio”, ancor più che gli orchi, alimenta le nostre paure. In questo itinerario senza mete, ogni singolo scatto racconta di una pausa che si fa osservazione, ascolto, miniatura, abbraccio a perdersi. Così come i sentieri che talvolta si insinuano nel bosco diventano un'immediata metafora di un sentimento universale di smarrimento ma anche un invito ad avventurarsi negli angoli nascosti di un mondo di cui percepiamo solo i contorni. Qui come altrove il contrasto dei colori – e i neri che incidono le ombre – creano un'atmosfera di tensione tra ciò che ci attrae e ciò che temiamo. Lo scenario di questo portfolio è il Parco Naturale del Monte Penna, nei pressi di Alpe, fra Liguria ed Emilia, dove nasce il fiume Taro. Lo sguardo di Pezzani è un volo radente che analizza e riproporziona ciò che si intuisce ad altezza d'uomo e, più nel dettaglio, in un sottobosco abitato da un'Amanita Muscaria, un Boletus Edulis, un Phallus Impudicus, una Macrolepiota Procera, nomi botanici di funghi comuni – ovolaccio, porcino, satirione, mazza di tamburo – che diventano i protagonisti di una stanza delle meraviglie senza pareti, senza rumori. Una stanza dove il tempo sembra fermarsi, senza annunciare, per una volta, un crimine fiabesco ma un verde che si fa fragile incanto.
«Il mio insegnante di Pedologia si chiamava Mancini. Il suo obiettivo era istruirci sulla scienza che studia i primi 30 cm della superficie terrestre. La roccia, spiegava, si è trasformata in terreno con il susseguirsi di eventi atmosferici chimici o fisici, ma specialmente in seguito alle colonizzazioni di esseri viventi molto complessi come i licheni, che pur di sopravvivere all'ambiente minerale ostile sono stati capaci di inventarsi un matrimonio perfetto con vegetali di ordini naturali diversissimi fra loro. Per esempio: un’alga sposa un fungo facendo corpo unico ma visibilmente scindibile. Mancini arrivava in aula perfettamente vestito con elegantissimi completi, giacca e cravatta. Durante le lezioni – passando per varie ere geologiche – si concentrava a tal punto da togliersi giacca e cravatta, rimboccandosi anche le maniche della camicia come se dovesse aiutare i licheni a corrodere le montagne. Mancini nella sua lunga carriera universitaria ha creato un'opera colossale – “La Carta Pedologica d’Italia”. E altre piccole cose come quella di inculcarmi la passione e la curiosità per le innumerevoli scienze che ci spiegano chi siamo e cosa mangiamo e perché pensiamo». Gianni Pezzani
Gianni Pezzani
Gianni Pezzani si avvicina alla fotografia grazie al padre. Dagli studi in Scienze Agrarie trae invece quegli elementi di chimica che riprenderà nel lavoro di camera oscura.
La sua attività di fotografo prende avvio da alcune ricerche, prima con vedute di Firenze, e in seguito nella bassa parmense, elaborando i primi viraggi selettivi. Questa particolare operazione, una sorta di terza via tra il colore della fotografia contemporanea e la pratica del bianco e nero, porta in breve tempo il suo lavoro all'attenzione della critica.
Nel 1979 Lanfranco Colombo ospita la sua prima mostra personale (Galleria Il Diaframma-Canon di Milano) e, nello stesso anno, Pezzani dona un primo nucleo di immagini al CSAC dell'Università di Parma. Nel 1981 è selezionato dalle edizioni Time-Life tra i sei più importanti fotografi emergenti dell'anno, mentre l'annuario Photography Year pubblica un suo portfolio e riceve l’incarico da Cesare Gnudi di eseguire un lavoro di libera interpretazione sulla città di Pisa. A partire da questo periodo, inoltre, espone assiduamente nelle manifestazioni sulla fotografia di Arles.
Nel 1982 Gianni Pezzani compie un viaggio negli USA, da cui nasce una serie di immagini che vengono esposte alla Galleria Civica di Modena (1984). Nello stesso anno partecipa a una mostra itinerante sulla fotografia italiana che gira le maggiori gallerie della Cina Popolare.
Nel 1983 espone alla Galleria d'Arte Moderna di Suzzara la serie Simulacri del Paesaggio. Contemporaneamente collabora con Vogue, iniziando un’intensa attività legata all’editoria della moda internazionale che prosegue tuttora. Viene invitato a Tokyo a esporre al Nagase Photo Salon e la sua opera viene conosciuta anche in Giappone, dove si trasferisce nel 1984.
Lavora per Mamiya Camera, mantenendosi in stretto contatto con il mondo della moda giapponese. Tra il 1989 e il 1993 si sposta tra l’Estremo Oriente e la Nuova Zelanda per realizzare servizi tra moda e documentazione.
Di nuovo in Italia dal 1993, Gianni Pezzani partecipa a diverse esposizioni presso istituzioni pubbliche e private. Tra le più importanti: la mostra alla Stazione Leopolda di Firenze del 1997, la retrospettiva dedicatagli dalla Fondazione Magnani Rocca di Parma nel 2000, la mostra “Viaggi in Giappone” a Palazzo Barolo, Torino, nel 2003 e “I maestri della fotografia” alla Peggy Guggenheim Collection nel 2005. Vive e lavora a Milano.
28
novembre 2006
Gianni Pezzani – Humus
Dal 28 novembre al 22 dicembre 2006
fotografia
Location
HUBLAB GALLERY
Milano, Via Sartirana, 2, (Milano)
Milano, Via Sartirana, 2, (Milano)
Orario di apertura
dal lunedì al sabato ore 15-19
Vernissage
28 Novembre 2006, ore 18.30
Ufficio stampa
ALESSANDRA DE ANTONELLIS
Autore
Curatore