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Gianni Radice – Il Trombone metafisico
Narrazione pittorica del rapporto esistenziale tra artista, opera e mito immortale nella figura di Giorgio De Chirico
Comunicato stampa
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Fra l’atemporale trasfigurato e la cronaca contemporanea, l’opera pittorica di Gianni Radice ri-anima, più che ripercorre, mette “in crisi” le certezze, propone nuove chiavi di lettura e rinnova, in un suggestivo polittico monumentale, la sintesi breve, ma concreta, il senso esistenziale, oltre il racconto biografico visivo, del carattere immaginato di un maestro capostipite dell’arte moderna.
In un polittico pittorico in mostra presso la sede della Fondazione Radice a Macugnaga (VB) dal 21 luglio al 26 agosto 2012, il genio della metafisica, Giorgio De Chirico, il grande “trombone” per i surrealisti, rivive in attimi che sospendono il tempo, lasciando aperta l’interpretazione sul ruolo e sul senso stesso di fare arte, di essere artista celebre già in vita, alle prese con l’immortalità possibile e “consapevole” del profilo della propria memoria.
Ironico, drammatico e drammatizzato al contempo, l’ampio lavoro in sei ri-quadri (una forma già consueta all’artista milanese), restituito in uno stile pittorico, “ contaminato” dal disegno, in una tecnica complessa, che prevede più passaggi di studio, soprattutto nella riproposta interpretata dei pezzi famosi di De Chirico - prima ripresi in piccoli disegni a pastello, poi in grande formato su cui interviene con gli acrilici, dimenticando l’originale e da qui la forza espressionista del ritmo e colore in timbri fauvisti in dominanze di rosso e di blu - la narrazione è custodita nel mistero della forma alle prese con le logiche del tempo, e si manifesta in tratteggi espressionisti vibranti ed in colorazioni implicitamente simboliche, dense, scultoree e sensuali.
Il polittico intervalla momenti biografici - dal ritratto in primo piano del primo pannello in giacca e cravatta, allo stile più prosastico e informale del dipinto sottostante, fino alla rappresentazione in costume seicentesco - ai dettagli e citazioni di opere celebri (“L’incertezza del poeta” e “Canto d’amore”) e dai contenuti potenti del metafisico, creando quell’effetto disorientante per lo stesso spettatore, improvvisamente consapevole di una sorta di prigione affascinante e seducente, creata dal quel mondo che lo stesso artista ha creato, e che forse si trova ad “abitare”, in una contaminazione fra grandezza e semplicità, fra usuale e straordinario.
L’interesse di Radice, oltre l’omaggio statico, è diretto e impegnato in una riflessione pittorica visiva che affonda nella storia dell’arte recente, concentrata in questo ultimo capitolo espressivo, sull’aspetto più umano dell’artista, sulle debolezze e vanità, sulla “sproporzione” e una certa inadeguatezza degli atteggiamenti autocelebrativi ed autoreferenziali, ma in un lavoro finale che mantiene anche quel rispetto consapevole per un grande artista e maestro ispiratore.
Poi, in un sogno in stato di veglia, come nella poetica metafisica, la citazione diretta del tema: l’interno vissuto e non solo rappresentato, dato dalla parete dove scorrono i famosi autoritratti appesi del protagonista, “vivo”, un po’ vanitoso un po’ scherzoso e nel riquadro sottostante, attraverso l’oggetto animistico, “il trombone” - in realtà un sassofono - reale che sostituisce in sintesi l’Uomo, la personalità esistita, che con un tocco di malinconico romanticismo, coesiste con oggetti del vissuto, quotidiano, questa volta dell’artista Radice: la credenza , l'anello dell’amata madre, insieme ad una poltrona 'tipica' dechirichiana, ma con colori diversi, come precisa lo stesso Radice e “forse mai da lui usati”.
“Infine” – descrive l’autore – “nell’ultima sezione la immaginata ‘aspirazione all’immortalità ‘ del ‘pictor optimus’ rappresentata simbolicamente da un anacronistico autoritratto, e in alto da una ‘piazza’ – in effetti un cortile di un palazzo – senza le prospettive dechirichiane, ma con una ‘sua’ statua!”.
Se De Chirico è alle prese così con i suoi stessi spazi sospesi ed enigmatici nella eleganza pura delle opere, Radice ne “imita” o “anticipa” i movimenti, in uno scambio ricorsivo fra soggetto e artista, che rompe i confini tra vita concreta e creazione, interrogandosi sul qui e ora del suo stesso ruolo ontologico, incontrando con la sua forma d’arte, il mistero della vita, attraverso uno sperimentale compresenza tra quotidiano e straordinario, nella figura di un grande maestro, la cui arte ha travalicato il tempo.
Ma dell’uomo resta un instabile e precipitante “trombone”, in un ambiente incerto, più espressionista per Radice, più nitidamente visionario per De Chirico, che travalica le “pompose” certezze terrene, e accomuna epoche e autori in un unico grido sospeso, nella seduzione fisica e meta-fisica, dello stesso eterno, enigma.
Elena Capone
Orari di apertura: 11.00 -12.30 e 15.30 -19.00.
Info: Tel. 02 39214197 Tel/Fax. 02 325929, Cell.3471230644
e-mail ; gioradix@libero.it, web:fondazioneradice.com.
In un polittico pittorico in mostra presso la sede della Fondazione Radice a Macugnaga (VB) dal 21 luglio al 26 agosto 2012, il genio della metafisica, Giorgio De Chirico, il grande “trombone” per i surrealisti, rivive in attimi che sospendono il tempo, lasciando aperta l’interpretazione sul ruolo e sul senso stesso di fare arte, di essere artista celebre già in vita, alle prese con l’immortalità possibile e “consapevole” del profilo della propria memoria.
Ironico, drammatico e drammatizzato al contempo, l’ampio lavoro in sei ri-quadri (una forma già consueta all’artista milanese), restituito in uno stile pittorico, “ contaminato” dal disegno, in una tecnica complessa, che prevede più passaggi di studio, soprattutto nella riproposta interpretata dei pezzi famosi di De Chirico - prima ripresi in piccoli disegni a pastello, poi in grande formato su cui interviene con gli acrilici, dimenticando l’originale e da qui la forza espressionista del ritmo e colore in timbri fauvisti in dominanze di rosso e di blu - la narrazione è custodita nel mistero della forma alle prese con le logiche del tempo, e si manifesta in tratteggi espressionisti vibranti ed in colorazioni implicitamente simboliche, dense, scultoree e sensuali.
Il polittico intervalla momenti biografici - dal ritratto in primo piano del primo pannello in giacca e cravatta, allo stile più prosastico e informale del dipinto sottostante, fino alla rappresentazione in costume seicentesco - ai dettagli e citazioni di opere celebri (“L’incertezza del poeta” e “Canto d’amore”) e dai contenuti potenti del metafisico, creando quell’effetto disorientante per lo stesso spettatore, improvvisamente consapevole di una sorta di prigione affascinante e seducente, creata dal quel mondo che lo stesso artista ha creato, e che forse si trova ad “abitare”, in una contaminazione fra grandezza e semplicità, fra usuale e straordinario.
L’interesse di Radice, oltre l’omaggio statico, è diretto e impegnato in una riflessione pittorica visiva che affonda nella storia dell’arte recente, concentrata in questo ultimo capitolo espressivo, sull’aspetto più umano dell’artista, sulle debolezze e vanità, sulla “sproporzione” e una certa inadeguatezza degli atteggiamenti autocelebrativi ed autoreferenziali, ma in un lavoro finale che mantiene anche quel rispetto consapevole per un grande artista e maestro ispiratore.
Poi, in un sogno in stato di veglia, come nella poetica metafisica, la citazione diretta del tema: l’interno vissuto e non solo rappresentato, dato dalla parete dove scorrono i famosi autoritratti appesi del protagonista, “vivo”, un po’ vanitoso un po’ scherzoso e nel riquadro sottostante, attraverso l’oggetto animistico, “il trombone” - in realtà un sassofono - reale che sostituisce in sintesi l’Uomo, la personalità esistita, che con un tocco di malinconico romanticismo, coesiste con oggetti del vissuto, quotidiano, questa volta dell’artista Radice: la credenza , l'anello dell’amata madre, insieme ad una poltrona 'tipica' dechirichiana, ma con colori diversi, come precisa lo stesso Radice e “forse mai da lui usati”.
“Infine” – descrive l’autore – “nell’ultima sezione la immaginata ‘aspirazione all’immortalità ‘ del ‘pictor optimus’ rappresentata simbolicamente da un anacronistico autoritratto, e in alto da una ‘piazza’ – in effetti un cortile di un palazzo – senza le prospettive dechirichiane, ma con una ‘sua’ statua!”.
Se De Chirico è alle prese così con i suoi stessi spazi sospesi ed enigmatici nella eleganza pura delle opere, Radice ne “imita” o “anticipa” i movimenti, in uno scambio ricorsivo fra soggetto e artista, che rompe i confini tra vita concreta e creazione, interrogandosi sul qui e ora del suo stesso ruolo ontologico, incontrando con la sua forma d’arte, il mistero della vita, attraverso uno sperimentale compresenza tra quotidiano e straordinario, nella figura di un grande maestro, la cui arte ha travalicato il tempo.
Ma dell’uomo resta un instabile e precipitante “trombone”, in un ambiente incerto, più espressionista per Radice, più nitidamente visionario per De Chirico, che travalica le “pompose” certezze terrene, e accomuna epoche e autori in un unico grido sospeso, nella seduzione fisica e meta-fisica, dello stesso eterno, enigma.
Elena Capone
Orari di apertura: 11.00 -12.30 e 15.30 -19.00.
Info: Tel. 02 39214197 Tel/Fax. 02 325929, Cell.3471230644
e-mail ; gioradix@libero.it, web:fondazioneradice.com.
21
luglio 2012
Gianni Radice – Il Trombone metafisico
Dal 21 luglio al 26 agosto 2012
arte moderna e contemporanea
Location
EX BAITA DEI CONGRESSI
Macugnaga, Via Chiesa Vecchia, (Verbano-cusio-ossola)
Macugnaga, Via Chiesa Vecchia, (Verbano-cusio-ossola)
Orario di apertura
11.00 -12.30 e 15.30 -19.00.
Vernissage
21 Luglio 2012, h 18.00
Autore
Curatore