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Gianpaolo Minuti Innocenti – Humanitas
Nell’inedita personale “Humanitas” in corpus unico: la forza scenica, il dinamismo e la lirica riflessione dell’artista traducono in poetiche immagini visive, dominate dai simbolismi di colore e forma, il testamento finale della condizione umana contemporanea, alle porte dell’irrimediabile
Comunicato stampa
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Nell’inedita personale “Humanitas” in corpus unico: la forza scenica, il dinamismo e la lirica riflessione dell’artista traducono in poetiche immagini visive, dominate dai simbolismi di colore e forma, il testamento finale della condizione umana contemporanea, alle porte dell’irrimediabile
S’inaugura sabato 23 marzo 2013, alle ore 17, nel centro storico di Castagneto Carducci (LI), in via Vittorio Emanuele n. 38, la nuova personale “Humanitas” dell’artista Gianpaolo Minuti Innocenti, la cui ricerca giunge ai “notturni”, insieme del piano pittorico e del senso attuale della vita, nella continuità di un’analisi in profondità sulla condizione umana, che incrocia pittura moderna e contemporanea e filosofia esistenzialista: uno specchio pittorico dipinto sotto i rintocchi dell’ultima campana per l’Umanità percepita come al bivio finale.
Cadono le ipocrisie e le ultime difese, nelle “stanze” precipitanti del contemporaneo. Incomunicabilità e nuove, profonde, solitudini, autodistruzioni e violenze sottese, dipingono il vuoto ammonitore, determinante e inquietante dello spazio autonomo e intenzionale, in una scena disorientante, carica di simbolismi radicali, per eleganti figure classiche ri-attualizzate, precipitate in un ambiente “acido”, sintetico e improvvisamente alieno, nemico e irreale.
In una sorta di teatro dipinto dalle suggestioni classiche e animato da simboli che si richiamano l’un l’altro, ammonitore è lo stesso timbro del colore: dai blu cobalto, ai gialli e viola “shocking”, ai verdi espressionisti, gestito, come nello stile dell’artista, secondo complesse volute intersecantesi al ritmo scenico-barocco che inseguono il mistero stesso dello spazio-dimensione. Quinte inquiete e forse irreversibili, per la figura umana, che mantiene la forza e la grazia plastica dello stile classico, ma è contaminata da rimandi cromatici reciproci con il suo ambiente, a sottolineare la potenzialità costruttiva-distruttiva, dell’azione e del pensiero, auto-trasformanti la loro stessa dimensione.
Se nei lavori passati era forse la Natura, “più che madre, matrigna” – nella poetica e nella riflessione di Minuti Innocenti - che si ri-appropriava del suo ruolo, ora è lo stesso spazio costruito e immaginato dall’uomo, che – come HAL il computer di “2001: Odissea nello Spazio” – sfugge al suo creatore. Visionario fantasy, minaccioso e intenzionale, diviene determinante e finale, in opere inedite che seguono un percorso sul tema in un incalzante corpus unico.
Compaiono i non-protagonisti simbolici e mitici della nuova apocalisse contemporanea: in un trittico dove il rimpianto per la civiltà greca perduta, è riassunto nello pseudo classicismo della “Naiade all’alba”, la ninfa che si adagia sullo sfondo di una luce scompaginata che non scalda, protettrice di un’acqua anonima e straniera. Più drammatica ancora la “Naiade malinconica” , si staglia con grazia e sensualità, ma è prigioniera inesorabilmente di un liquido luminoso e blu instabile che ne liquefa il corpo e i capelli e l’avvolge, dalla testa reclinata, in una solitaria e poetica alienazione. “Il cipresso” simbolo esplicito di morte, avvolto nel grigio-indaco, invece richiama la dura e scarna penitenza di una figura raccolta nel rimpianto.
E’ poi vigoroso “Il Fuoco”: il dipinto della presa di coscienza della condizione umana contemporanea, dominata e “violata”, auto-violata, dalla solitudine paralizzante e dall’incomunicabilità. I moderni peccati capitali sembrano invece impliciti in “I Guardiani del mare” dove, come descrive l’artista - è già “drammatica la sensazione dell’Umanità che lentamente e inesorabilmente si spegne e che ritorna pietra”. Dal mare si entra nell’urbano metafisico di “Scarpe Rosse”: un notturno con donna indifesa in un vuoto prospettico dove è vittima probabile e imminente di eventuali predatori. Sullo sfondo una“città che esala” e quel “vuoto” rimanda al niente interiore degli aggressori reali e possibili.
Ma la solitudine “perfetta” ha il suo altare ne “Il sonno di Psiche”. Il retroscena è una sorta di circonvoluzione cerebrale, ma ci sono anche delle “pseudo tende”, nella resa scenica di una vera e propria “autoclaustrofobia” come precisa l’artista, una condizione dove “non c’è aria” e la figura è chiusa in sé, mentre il corpo assume il tono di un verde vitreo e freddo, come “elettrificato”, memore del Cristo morto di Rosso Fiorentino nella Deposizione di Volterra.
“Il Rimpianto”, dipinto nel 2012, è invece intermedio al corpo delle altre opere, così come il più vigoroso “Guerriero”, forte nel corpo, ma incerto nel cammino e nell’azione.
Lo spazio ha per Gianpaolo Minuti Innocenti, un’autonoma “vita propria”. Come già nel costruttivismo cubista laddove era però più in funzione della costruzione del quadro, ora è invece messaggio esistenziale e sociale. E l’artista lo indaga con quel tratto “eidetico” radicale, non alieno da leggi geometriche, rompendo ancora il confine fra arte e matematica, sondando il rapporto fra percezione, movimento e dimensione.
E l’arte stessa si auto-cita, ma anch’essa sembra alienarsi da sé: la danza matissiana è in ambienti freddi e scompaginata come una deposizione manierista; la perfezione classica e neoclassica è aggredita dalla scomposizione implicita della forma e da una carica espressionista progressivamente ipostatizzata.
Si chiude il cerchio della presunzione arida e fatalmente pericolosa, che si scontra con il determinismo misterioso e inevitabile dell’imponderabile. Resta una malinconica poesia, rimandata ai dialoghi misteriosi di luce, colore e movimento, che rivelano le dimensioni instabili di un cammino eterno, scandito da domande senza risposta, che disegnano gli spazi di una nuova solitudine.
Giampaolo Minuti Innocenti, pittore e intellettuale, originario dell’Alta Val di Cecina, nelle ambientazioni collinari e storiche del Castello Ginori di Querceto, attualmente residente nell’antico borgo di Bibbona, dove lavora in un suggestivo studio-atelier a torre, dopo le esperienze del figurativo accademico e del cubo-futurismo con Daniel Schinasi, si muove su una ricerca propria, dialetticamente figurativo-astratta, contaminata dalle stesse leggi fisiche e matematiche, e che affonda in riflessioni filosofico esistenzialiste radicali sul contemporaneo.
La mostra, in via Vittorio Emanuele n. 38, resterà aperta ai visitatori fino al 31 marzo 2013, tutti i giorni nell’orario 17-23. (Rassegna fotografica di Giacomo Saviozzi).
Elena Capone
S’inaugura sabato 23 marzo 2013, alle ore 17, nel centro storico di Castagneto Carducci (LI), in via Vittorio Emanuele n. 38, la nuova personale “Humanitas” dell’artista Gianpaolo Minuti Innocenti, la cui ricerca giunge ai “notturni”, insieme del piano pittorico e del senso attuale della vita, nella continuità di un’analisi in profondità sulla condizione umana, che incrocia pittura moderna e contemporanea e filosofia esistenzialista: uno specchio pittorico dipinto sotto i rintocchi dell’ultima campana per l’Umanità percepita come al bivio finale.
Cadono le ipocrisie e le ultime difese, nelle “stanze” precipitanti del contemporaneo. Incomunicabilità e nuove, profonde, solitudini, autodistruzioni e violenze sottese, dipingono il vuoto ammonitore, determinante e inquietante dello spazio autonomo e intenzionale, in una scena disorientante, carica di simbolismi radicali, per eleganti figure classiche ri-attualizzate, precipitate in un ambiente “acido”, sintetico e improvvisamente alieno, nemico e irreale.
In una sorta di teatro dipinto dalle suggestioni classiche e animato da simboli che si richiamano l’un l’altro, ammonitore è lo stesso timbro del colore: dai blu cobalto, ai gialli e viola “shocking”, ai verdi espressionisti, gestito, come nello stile dell’artista, secondo complesse volute intersecantesi al ritmo scenico-barocco che inseguono il mistero stesso dello spazio-dimensione. Quinte inquiete e forse irreversibili, per la figura umana, che mantiene la forza e la grazia plastica dello stile classico, ma è contaminata da rimandi cromatici reciproci con il suo ambiente, a sottolineare la potenzialità costruttiva-distruttiva, dell’azione e del pensiero, auto-trasformanti la loro stessa dimensione.
Se nei lavori passati era forse la Natura, “più che madre, matrigna” – nella poetica e nella riflessione di Minuti Innocenti - che si ri-appropriava del suo ruolo, ora è lo stesso spazio costruito e immaginato dall’uomo, che – come HAL il computer di “2001: Odissea nello Spazio” – sfugge al suo creatore. Visionario fantasy, minaccioso e intenzionale, diviene determinante e finale, in opere inedite che seguono un percorso sul tema in un incalzante corpus unico.
Compaiono i non-protagonisti simbolici e mitici della nuova apocalisse contemporanea: in un trittico dove il rimpianto per la civiltà greca perduta, è riassunto nello pseudo classicismo della “Naiade all’alba”, la ninfa che si adagia sullo sfondo di una luce scompaginata che non scalda, protettrice di un’acqua anonima e straniera. Più drammatica ancora la “Naiade malinconica” , si staglia con grazia e sensualità, ma è prigioniera inesorabilmente di un liquido luminoso e blu instabile che ne liquefa il corpo e i capelli e l’avvolge, dalla testa reclinata, in una solitaria e poetica alienazione. “Il cipresso” simbolo esplicito di morte, avvolto nel grigio-indaco, invece richiama la dura e scarna penitenza di una figura raccolta nel rimpianto.
E’ poi vigoroso “Il Fuoco”: il dipinto della presa di coscienza della condizione umana contemporanea, dominata e “violata”, auto-violata, dalla solitudine paralizzante e dall’incomunicabilità. I moderni peccati capitali sembrano invece impliciti in “I Guardiani del mare” dove, come descrive l’artista - è già “drammatica la sensazione dell’Umanità che lentamente e inesorabilmente si spegne e che ritorna pietra”. Dal mare si entra nell’urbano metafisico di “Scarpe Rosse”: un notturno con donna indifesa in un vuoto prospettico dove è vittima probabile e imminente di eventuali predatori. Sullo sfondo una“città che esala” e quel “vuoto” rimanda al niente interiore degli aggressori reali e possibili.
Ma la solitudine “perfetta” ha il suo altare ne “Il sonno di Psiche”. Il retroscena è una sorta di circonvoluzione cerebrale, ma ci sono anche delle “pseudo tende”, nella resa scenica di una vera e propria “autoclaustrofobia” come precisa l’artista, una condizione dove “non c’è aria” e la figura è chiusa in sé, mentre il corpo assume il tono di un verde vitreo e freddo, come “elettrificato”, memore del Cristo morto di Rosso Fiorentino nella Deposizione di Volterra.
“Il Rimpianto”, dipinto nel 2012, è invece intermedio al corpo delle altre opere, così come il più vigoroso “Guerriero”, forte nel corpo, ma incerto nel cammino e nell’azione.
Lo spazio ha per Gianpaolo Minuti Innocenti, un’autonoma “vita propria”. Come già nel costruttivismo cubista laddove era però più in funzione della costruzione del quadro, ora è invece messaggio esistenziale e sociale. E l’artista lo indaga con quel tratto “eidetico” radicale, non alieno da leggi geometriche, rompendo ancora il confine fra arte e matematica, sondando il rapporto fra percezione, movimento e dimensione.
E l’arte stessa si auto-cita, ma anch’essa sembra alienarsi da sé: la danza matissiana è in ambienti freddi e scompaginata come una deposizione manierista; la perfezione classica e neoclassica è aggredita dalla scomposizione implicita della forma e da una carica espressionista progressivamente ipostatizzata.
Si chiude il cerchio della presunzione arida e fatalmente pericolosa, che si scontra con il determinismo misterioso e inevitabile dell’imponderabile. Resta una malinconica poesia, rimandata ai dialoghi misteriosi di luce, colore e movimento, che rivelano le dimensioni instabili di un cammino eterno, scandito da domande senza risposta, che disegnano gli spazi di una nuova solitudine.
Giampaolo Minuti Innocenti, pittore e intellettuale, originario dell’Alta Val di Cecina, nelle ambientazioni collinari e storiche del Castello Ginori di Querceto, attualmente residente nell’antico borgo di Bibbona, dove lavora in un suggestivo studio-atelier a torre, dopo le esperienze del figurativo accademico e del cubo-futurismo con Daniel Schinasi, si muove su una ricerca propria, dialetticamente figurativo-astratta, contaminata dalle stesse leggi fisiche e matematiche, e che affonda in riflessioni filosofico esistenzialiste radicali sul contemporaneo.
La mostra, in via Vittorio Emanuele n. 38, resterà aperta ai visitatori fino al 31 marzo 2013, tutti i giorni nell’orario 17-23. (Rassegna fotografica di Giacomo Saviozzi).
Elena Capone
23
marzo 2013
Gianpaolo Minuti Innocenti – Humanitas
Dal 23 al 31 marzo 2013
arte contemporanea
Location
SEDI VARIE – Castagneto Carducci
Castagneto Carducci, (Livorno)
Castagneto Carducci, (Livorno)
Orario di apertura
tutti i giorni nell’orario 17-23
Vernissage
23 Marzo 2013, h 17
Autore