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Gino Macconi
Si tratta di una cinquantina di disegni della Fondazione Gino e Gianna Macconi, tutti realizzati da Gino Macconi fra il 1944 e il 1966, l’anno di apertura della galleria. Foglietti ingialliti, ormai rari, e temi anch’essi datati (la giostra dell’Arduino alla fiera di San Martino, scorci di villaggi del Mendrisiotto del tutto irriconoscibili, mestieri da noi scomparsi…)
Comunicato stampa
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Si tratta di una cinquantina di disegni della Fondazione Gino e Gianna Macconi, tutti realizzati da Gino Macconi fra il 1944 e il 1966, l’anno di apertura della galleria. Foglietti ingialliti, ormai rari, e temi anch’essi datati (la giostra dell’Arduino alla fiera di San Martino, scorci di villaggi del Mendrisiotto del tutto irriconoscibili, mestieri da noi scomparsi…). La loro vendita servirà alla fondazione per finanziare, come già nelle passate edizioni, il Concorso per giovani artisti (l’attenzione per i giovani ha sempre caratterizzato l’attività di Gino e mia, anche presso la Mosaico) e la relativa mostra che si terrà, in collaborazione col Comune di Chiasso, allo Spazio Officina dal 17 marzo al 17 aprile prossimi.
LA GALLERIA MOSAICO.
MEZZO SECOLO DI COERENZA.
UN CAPITOLO DI STORIA CULTURALE DELLA SVIZZERA ITALIANA
Dopo mezzo secolo di azione espositiva e culturale si chiude la galleria Mosaico,
fondata da Gino Macconi nel 1966. Il lavoro di Macconi si è delineato su due
direzioni: la produzione artistica, nel campo del disegno e della pittura, e la
promozione culturale in vari campi, di cui il più importante fu la conduzione della
galleria d’arte da lui voluta e istituita. Le due linee di attività sono collegate, come
espressione dell’interiorità del medesimo uomo. Sorgono dalla stessa origine
spirituale e storica, in questo senso: i motivi di ispirazione del disegno e della pittura
di Macconi sono le sue preoccupazioni interiori, e queste sono anche alla base del suo
molteplice lavoro: la diffusione culturale, la fondazione di una raccolta d’arte
trasmessa poi all’ente pubblico, la valorizzazione della civiltà contadina,
l’insegnamento. Il tema fondamentale in cui si unifica una personalità così complessa
e vivace è l’immagine visiva in cui è contemplato l’essere umano, collegato in modo
essenziale con la natura, le modificazioni che il rapporto con la natura riceve dalla
storia dalla civiltà e dalla cultura, particolarmente la ricerca del senso della vita, la
vita emotiva. Gli aspetti formali e organizzativi di tutto questo lavorio sono solo
strumenti. Anche stando soltanto ai disegni che ci ha lasciato, se attribuissimo
importanza prioritaria alle ricerche formali, sempre necessarie ma non sufficienti,
andremmo fuori strada.
Il Mosaico non è soltanto un fatto riguardante il mercato d’arte, ma una vicenda della
storia culturale del paese: innanzitutto nella funzione svolta, nel carattere e
nell’orientamento; e poi certamente anche nel riconoscimento ottenuto fra gli artisti, i
collezionisti, e i critici. Per comprendere il senso di tutto questo dobbiamo tener
conto di un contesto storico assai ampio: l’insieme della crescita culturale del Ticino,
non solo in campo artistico, lungo il XX secolo.
I legami con la Lombardia sono una costante tradizionale, fin qui sembra che non ci
siano obiezioni. Ma nel Novecento sono apparsi nel vasto mondo e anche nel Ticino
fatti nuovi: il nucleo internazionale degli artisti e filosofi del Monte Verità di Ascona,
l’istituzione della Radio della Svizzera Italiana, l’architettura moderna assunta nel
Ticino negli anni Trenta; inoltre nel periodo della Guerra Mondiale l’immigrazione
politica e culturale soprattutto dall’Italia. Accanto a un’attività di pubblici musei
ancora relativamente contenuta, crescono le gallerie private, effimere e numerose. La
linea culturale del Mosaico si muove da due precedenti. A Locarno, le iniziative dello
storico dell’arte Virgilio Gilardoni, che nella casa detta del Negromante apre una sede
espositiva negli anni Cinquanta, con un programma di arte figurativa molto
consistente dove l’impianto naturalista è animato da componenti etiche e civiche e da
forme novecentesche fino a toccare l’informale. La forza morale e intellettuale di
Gilardoni fu l’indipendenza di fronte agli atteggiamenti abitudinari e ai gruppi locali
di divulgazione o di potere di qualsiasi tipo, e al senso della qualità dell’opera, che
precede ogni altra considerazione. All’inizio dell’autunno del 1962 uno degli artisti di
Gilardoni, il pittore Edmondo Dobrzanski, presentò Macconi, che allora aveva
trentaquattro anni, alla nascente Galleria Nord Sud di Lugano. L’accordo fu
immediato e stabile: la Nord Sud venne guidata da Gino Macconi e Giuseppe
Curonici, che portarono nuove proposte accanto a quelle ricevute da Gilardoni. La
continuità fra la precedente galleria di Locarno e la susseguente di Lugano risulta
evidente dai nomi degli artisti in mostra: Dobrzanski, Filippo Boldini, Ubaldo
Monico, altri, a cui la Nord Sud aggiunse Mario Sironi, Ennio Morlotti, Renato
Guttuso, Alfredo Chighine, Franco Francese, ecc., con aperture di interessi verso
l’area tedesca, anche di livello internazionale come Alfred Kubin, e altri. Ma nel
1965, per difficoltà esterne, la Nord Sud dovette chiudere.
Forte dell’esperienza acquisita sul campo di battaglia, Gino Macconi, curando più
sapientemente gli aspetti organizzativi, e consolidando la linea culturale, aprì a
Chiasso la Galleria Mosaico nel 1966. In un certo senso riattualizzò la linea Gilardoni
- Nord Sud, però ampliandola molto e potenziandola con nuove esplorazioni. Nulla
vieta a un artista di dedicarsi alla composizione non figurativa, astratta; ma l’indirizzo
della galleria di Macconi fu essenzialmente il dialogo dell’uomo, inteso come vita
emozionale e morale, con il mondo in cui ha radice la sua vita. A questo punto
cominciamo a capire come mai la Galleria Mosaico sia stata capace di una tale tenuta,
mezzo secolo di coerenza. Gli elementi portanti sono due e non solo confluiscono ma
si identificano: le forti premesse culturali del suo inizio, e il fatto che il programma
della Galleria Mosaico era emanazione diretta degli orientamenti e delle scelte
personali intuitive-istintive del suo fondatore e direttore.
Naturalismo, emozione, storia antica e attuale. Che cosa vuol dire? Naturalismo è
l’atto di assumere la Natura come valore primordiale della vita e della conoscenza. La
terra, il cielo, il corpo umano. Storicamente la filosofia del Naturalismo va dagli
ultimi secoli del medioevo (Giotto) a oggi e domani. Nella pittura lombarda
dell’Ottocento e seguenti può essere la scelta del paesaggio dalla pianura ai laghi alle
Alpi. La natura non va mai abbandonata; ma nelle presenti considerazioni la natura
non si conserva come un assoluto al di fuori della storia umana, anzi viene coinvolta
in ogni battito o affanno del nostro cuore. Le elaborazioni culturali, emozionali,
espressionistiche, con la loro ricchezza; e l’accettazione di linguaggi molteplici e
anche eterogenei in cui si manifestano le contraddizioni e i conflitti dei nostri giorni
non possono mai staccarsi dal substrato totale che è la natura, anzi si espongono al
rischio di inaridirsi, se la realtà viva viene dimenticata.
Dopo la scomparsa di Gino, la galleria venne condotta per diciassette anni da Gianna
Macconi Paltenghi; oggi il capitolo si chiude. Nel frattempo si sono allargate le
realizzazioni dei musei, sono sorte e tramontate gallerie private di varia consistenza;
il programma della Galleria Mosaico ha costituito non solo una serie di eventi ma un
modello culturale.
Una così lunga attività comporta di percepire che cosa ci reca il Tempo. Intendiamo
dire il tempo delle vicende storiche, ma anche il tempo della biologia, della vita
diretta, gli esseri umani che nascono e crescono, e anche il tempo che occorre alla
formazione di personalità nuove. Il Mosaico ospitò e promosse artisti giovani che nei
decenni seppero costruirsi e affermarsi: anche questa è un’eredità culturale tuttora in
fermento.
La Galleria Mosaico chiude con onore il suo racconto mediante una mostra personale
e retrospettiva singolare: una selezione di disegni di Gino Macconi, eseguiti negli
anni che precedettero la sua attività di gallerista. Che cosa c’era prima della Galleria
Mosaico? Chi era Gino fino ai trentotto anni? Il programma della galleria non si
sarebbe costituito se non avesse avuto una spinta personale definita. Macconi comincia da una base classica e rigorosa: aveva studiato all’Accademia Carrara di Bergamo. Le sue disposizioni apparvero presto, espose la prima volta in una collettiva a sedici anni. La breve antologia di disegni qui raccolti ci offre all’inizio esempi di ricerche elaborate con tratto sottile eclettico e quasi veristico, in seguito si presentano stilizzazioni che risentono delle nitide volumetrie del Novecento italiano, a cui seguono tratti del segno-linguaggio sempre più liberi e carichi di tensione. Anche la ricerca spaziale (nelle vedute di case, o nelle presenze di corpi umani) diventa più libera, tendendo a esiti non tanto lirici quanto drammatici. Nel momento in cui fondò la Galleria Mosaico, Gino Macconi era pronto come artista e come uomo.
Giuseppe Curonici
LA GALLERIA MOSAICO.
MEZZO SECOLO DI COERENZA.
UN CAPITOLO DI STORIA CULTURALE DELLA SVIZZERA ITALIANA
Dopo mezzo secolo di azione espositiva e culturale si chiude la galleria Mosaico,
fondata da Gino Macconi nel 1966. Il lavoro di Macconi si è delineato su due
direzioni: la produzione artistica, nel campo del disegno e della pittura, e la
promozione culturale in vari campi, di cui il più importante fu la conduzione della
galleria d’arte da lui voluta e istituita. Le due linee di attività sono collegate, come
espressione dell’interiorità del medesimo uomo. Sorgono dalla stessa origine
spirituale e storica, in questo senso: i motivi di ispirazione del disegno e della pittura
di Macconi sono le sue preoccupazioni interiori, e queste sono anche alla base del suo
molteplice lavoro: la diffusione culturale, la fondazione di una raccolta d’arte
trasmessa poi all’ente pubblico, la valorizzazione della civiltà contadina,
l’insegnamento. Il tema fondamentale in cui si unifica una personalità così complessa
e vivace è l’immagine visiva in cui è contemplato l’essere umano, collegato in modo
essenziale con la natura, le modificazioni che il rapporto con la natura riceve dalla
storia dalla civiltà e dalla cultura, particolarmente la ricerca del senso della vita, la
vita emotiva. Gli aspetti formali e organizzativi di tutto questo lavorio sono solo
strumenti. Anche stando soltanto ai disegni che ci ha lasciato, se attribuissimo
importanza prioritaria alle ricerche formali, sempre necessarie ma non sufficienti,
andremmo fuori strada.
Il Mosaico non è soltanto un fatto riguardante il mercato d’arte, ma una vicenda della
storia culturale del paese: innanzitutto nella funzione svolta, nel carattere e
nell’orientamento; e poi certamente anche nel riconoscimento ottenuto fra gli artisti, i
collezionisti, e i critici. Per comprendere il senso di tutto questo dobbiamo tener
conto di un contesto storico assai ampio: l’insieme della crescita culturale del Ticino,
non solo in campo artistico, lungo il XX secolo.
I legami con la Lombardia sono una costante tradizionale, fin qui sembra che non ci
siano obiezioni. Ma nel Novecento sono apparsi nel vasto mondo e anche nel Ticino
fatti nuovi: il nucleo internazionale degli artisti e filosofi del Monte Verità di Ascona,
l’istituzione della Radio della Svizzera Italiana, l’architettura moderna assunta nel
Ticino negli anni Trenta; inoltre nel periodo della Guerra Mondiale l’immigrazione
politica e culturale soprattutto dall’Italia. Accanto a un’attività di pubblici musei
ancora relativamente contenuta, crescono le gallerie private, effimere e numerose. La
linea culturale del Mosaico si muove da due precedenti. A Locarno, le iniziative dello
storico dell’arte Virgilio Gilardoni, che nella casa detta del Negromante apre una sede
espositiva negli anni Cinquanta, con un programma di arte figurativa molto
consistente dove l’impianto naturalista è animato da componenti etiche e civiche e da
forme novecentesche fino a toccare l’informale. La forza morale e intellettuale di
Gilardoni fu l’indipendenza di fronte agli atteggiamenti abitudinari e ai gruppi locali
di divulgazione o di potere di qualsiasi tipo, e al senso della qualità dell’opera, che
precede ogni altra considerazione. All’inizio dell’autunno del 1962 uno degli artisti di
Gilardoni, il pittore Edmondo Dobrzanski, presentò Macconi, che allora aveva
trentaquattro anni, alla nascente Galleria Nord Sud di Lugano. L’accordo fu
immediato e stabile: la Nord Sud venne guidata da Gino Macconi e Giuseppe
Curonici, che portarono nuove proposte accanto a quelle ricevute da Gilardoni. La
continuità fra la precedente galleria di Locarno e la susseguente di Lugano risulta
evidente dai nomi degli artisti in mostra: Dobrzanski, Filippo Boldini, Ubaldo
Monico, altri, a cui la Nord Sud aggiunse Mario Sironi, Ennio Morlotti, Renato
Guttuso, Alfredo Chighine, Franco Francese, ecc., con aperture di interessi verso
l’area tedesca, anche di livello internazionale come Alfred Kubin, e altri. Ma nel
1965, per difficoltà esterne, la Nord Sud dovette chiudere.
Forte dell’esperienza acquisita sul campo di battaglia, Gino Macconi, curando più
sapientemente gli aspetti organizzativi, e consolidando la linea culturale, aprì a
Chiasso la Galleria Mosaico nel 1966. In un certo senso riattualizzò la linea Gilardoni
- Nord Sud, però ampliandola molto e potenziandola con nuove esplorazioni. Nulla
vieta a un artista di dedicarsi alla composizione non figurativa, astratta; ma l’indirizzo
della galleria di Macconi fu essenzialmente il dialogo dell’uomo, inteso come vita
emozionale e morale, con il mondo in cui ha radice la sua vita. A questo punto
cominciamo a capire come mai la Galleria Mosaico sia stata capace di una tale tenuta,
mezzo secolo di coerenza. Gli elementi portanti sono due e non solo confluiscono ma
si identificano: le forti premesse culturali del suo inizio, e il fatto che il programma
della Galleria Mosaico era emanazione diretta degli orientamenti e delle scelte
personali intuitive-istintive del suo fondatore e direttore.
Naturalismo, emozione, storia antica e attuale. Che cosa vuol dire? Naturalismo è
l’atto di assumere la Natura come valore primordiale della vita e della conoscenza. La
terra, il cielo, il corpo umano. Storicamente la filosofia del Naturalismo va dagli
ultimi secoli del medioevo (Giotto) a oggi e domani. Nella pittura lombarda
dell’Ottocento e seguenti può essere la scelta del paesaggio dalla pianura ai laghi alle
Alpi. La natura non va mai abbandonata; ma nelle presenti considerazioni la natura
non si conserva come un assoluto al di fuori della storia umana, anzi viene coinvolta
in ogni battito o affanno del nostro cuore. Le elaborazioni culturali, emozionali,
espressionistiche, con la loro ricchezza; e l’accettazione di linguaggi molteplici e
anche eterogenei in cui si manifestano le contraddizioni e i conflitti dei nostri giorni
non possono mai staccarsi dal substrato totale che è la natura, anzi si espongono al
rischio di inaridirsi, se la realtà viva viene dimenticata.
Dopo la scomparsa di Gino, la galleria venne condotta per diciassette anni da Gianna
Macconi Paltenghi; oggi il capitolo si chiude. Nel frattempo si sono allargate le
realizzazioni dei musei, sono sorte e tramontate gallerie private di varia consistenza;
il programma della Galleria Mosaico ha costituito non solo una serie di eventi ma un
modello culturale.
Una così lunga attività comporta di percepire che cosa ci reca il Tempo. Intendiamo
dire il tempo delle vicende storiche, ma anche il tempo della biologia, della vita
diretta, gli esseri umani che nascono e crescono, e anche il tempo che occorre alla
formazione di personalità nuove. Il Mosaico ospitò e promosse artisti giovani che nei
decenni seppero costruirsi e affermarsi: anche questa è un’eredità culturale tuttora in
fermento.
La Galleria Mosaico chiude con onore il suo racconto mediante una mostra personale
e retrospettiva singolare: una selezione di disegni di Gino Macconi, eseguiti negli
anni che precedettero la sua attività di gallerista. Che cosa c’era prima della Galleria
Mosaico? Chi era Gino fino ai trentotto anni? Il programma della galleria non si
sarebbe costituito se non avesse avuto una spinta personale definita. Macconi comincia da una base classica e rigorosa: aveva studiato all’Accademia Carrara di Bergamo. Le sue disposizioni apparvero presto, espose la prima volta in una collettiva a sedici anni. La breve antologia di disegni qui raccolti ci offre all’inizio esempi di ricerche elaborate con tratto sottile eclettico e quasi veristico, in seguito si presentano stilizzazioni che risentono delle nitide volumetrie del Novecento italiano, a cui seguono tratti del segno-linguaggio sempre più liberi e carichi di tensione. Anche la ricerca spaziale (nelle vedute di case, o nelle presenze di corpi umani) diventa più libera, tendendo a esiti non tanto lirici quanto drammatici. Nel momento in cui fondò la Galleria Mosaico, Gino Macconi era pronto come artista e come uomo.
Giuseppe Curonici
14
febbraio 2016
Gino Macconi
Dal 14 febbraio al 20 marzo 2016
arte contemporanea
disegno e grafica
disegno e grafica
Location
GALLERIA MOSAICO
Chiasso, Via Emilio Bossi, 32, (Mendrisio)
Chiasso, Via Emilio Bossi, 32, (Mendrisio)
Orario di apertura
martedì-sabato ore 15-18 e su appuntamento
Vernissage
14 Febbraio 2016, ore 11
Autore
Curatore