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Gionata Xerra – Underscore space
In mostra una selezione di opere tratte dal lavoro “L’errore dominato”
Comunicato stampa
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L’errore dominato
Una ricerca che parte dall’intima necessità di uscire dal dominio dell’apparecchio (black box), per liberare e ampliare le possibilità dell’immagine fotografica. Uno dei temi, massimamente pregnante nella nostra contemporaneità, è quello dell’errore, o meglio come uscire dal vincolo macchinistico attraverso l’errore.
Un errore non accolto nella sua casualità, ma generato e dominato, tradotto in linguaggio espressivo.
La semplificazione, e la conseguente proliferazione, degli apparecchi capaci di produrre immagini ha generato un surplus delle stesse: oggi tutti, nella quotidianità, siamo accompagnati da fotocamere digitali, da cellulari che scattano fotografie, da webcam. Da occhi meccanici. Per contro, a questo aumento esponenziale delle immagini prodotte non corrisponde un incremento della capacità di comprenderle, di leggerle nei loro molteplici significati. Si verifica una sorta di analfabetizzazione dell’immagine a causa della quale appare dominante non il pensiero, dove l’immagine si forma, ma il risultato e quindi, per assurdo, l’origine stessa, meccanica, del processo: l’apparecchio macchina. Lo strumento finisce per avere il sopravvento sull’immagine trasformando il “finale” in qualcosa di prevedibile, di omologato.
Generare l’errore significa invece uscire dal sistema di controllo dell’apparecchio. Dominare poi quello stesso errore significa non accogliere in modo passivo il risultato del processo erroneo, ma usarlo per dilatare il racconto, ampliare gli spazi, i gesti, i segni. “Mostrare” in sostanza luoghi che sono non luoghi.
Nelle immagini da me prodotte non risulta importante quindi la sintetica visione della realtà, tipica della fotografia, ma la possibilità interpretativa: le storie che nascono osservando il risultato. Il racconto comincia nel punto in cui le storie usualmente finiscono.
Gionata Xerra nasce a Piacenza, nel 1961.
Dopo la laurea in Architettura, si dedica alla carriera di fotografo professionista. Nel 1985 comincia la collaborazione con la rivista Gran Bazaar e nel 1987 con Domus. Lavora anche con Abitare, Anna, Case di Abitare, Casamica, Casa Vogue, Interni, Io Donna, Ottagono, Elle Decor, New York Time Magazine, Mix-tè, principalmente per le architetture d’interni e design.
Successivamente presta il suo obiettivo al mondo dell’industria, per aziende comes Arc Linea, Ariston, Axor, Baleri Italia, Bassetti, B&B, Binova, Biticino, Cassina, Casamilano, De Padova, Driade, Elam, Elmar, Enzo degli Angiuoni, Foscarini, Halifax, Hansgrohe, Ikea, Lea Ceramiche, Lolli e Memmoli, Luceplan, Foscarini, Montina, Minotti, Norbert Wangen, Oluce, Penta, Poliform, Pozzi Ginori, Redaelli, Robots, Tisettanta, Tre p, Venini, Verzelloni, Whirlpool, Zucchi.
Si occupa anche di moda collaborando con Pierto Pianforini, Valextra, Rodo, Canali,120% Lino, Jil Sander, Before, Benetton, Marzotto, Paolo Pecora, Lella& Nellson, Daniele Ruffa, Rossetti, Ermenegildo Zegna, Sinv, Staff.
Infine affianca diversi studi di architettura e design come Citterio & Partners, Marco Romanelli, Studio Mendini, Emanuela Frattini, Matteo Thun, Rodolfo Dordoni, Depas D’Urbino Lomazzi, Tony Cordero, Clino Castelli, Studio ANG 42, Palomba Serafini Associati, Studio & Partners, Buratti + Battistoni.
Nello stesso periodo viene coinvolto in progetti di ricerca sul ritratto del corpo umano. In questo contesto rientrano le serie “Feet” (India, 1991) pubblicata in 1994 in collaborazione con Pier Paolo Pitacco and “Teste” (Uganda, 1992).
Nel 2002 intraprende un nuovo percorso artistico approfondendo il tema della “auto contaminazione” e dell’”errore dominato”.
Una ricerca che parte dall’intima necessità di uscire dal dominio dell’apparecchio (black box), per liberare e ampliare le possibilità dell’immagine fotografica. Uno dei temi, massimamente pregnante nella nostra contemporaneità, è quello dell’errore, o meglio come uscire dal vincolo macchinistico attraverso l’errore.
Un errore non accolto nella sua casualità, ma generato e dominato, tradotto in linguaggio espressivo.
La semplificazione, e la conseguente proliferazione, degli apparecchi capaci di produrre immagini ha generato un surplus delle stesse: oggi tutti, nella quotidianità, siamo accompagnati da fotocamere digitali, da cellulari che scattano fotografie, da webcam. Da occhi meccanici. Per contro, a questo aumento esponenziale delle immagini prodotte non corrisponde un incremento della capacità di comprenderle, di leggerle nei loro molteplici significati. Si verifica una sorta di analfabetizzazione dell’immagine a causa della quale appare dominante non il pensiero, dove l’immagine si forma, ma il risultato e quindi, per assurdo, l’origine stessa, meccanica, del processo: l’apparecchio macchina. Lo strumento finisce per avere il sopravvento sull’immagine trasformando il “finale” in qualcosa di prevedibile, di omologato.
Generare l’errore significa invece uscire dal sistema di controllo dell’apparecchio. Dominare poi quello stesso errore significa non accogliere in modo passivo il risultato del processo erroneo, ma usarlo per dilatare il racconto, ampliare gli spazi, i gesti, i segni. “Mostrare” in sostanza luoghi che sono non luoghi.
Nelle immagini da me prodotte non risulta importante quindi la sintetica visione della realtà, tipica della fotografia, ma la possibilità interpretativa: le storie che nascono osservando il risultato. Il racconto comincia nel punto in cui le storie usualmente finiscono.
Gionata Xerra nasce a Piacenza, nel 1961.
Dopo la laurea in Architettura, si dedica alla carriera di fotografo professionista. Nel 1985 comincia la collaborazione con la rivista Gran Bazaar e nel 1987 con Domus. Lavora anche con Abitare, Anna, Case di Abitare, Casamica, Casa Vogue, Interni, Io Donna, Ottagono, Elle Decor, New York Time Magazine, Mix-tè, principalmente per le architetture d’interni e design.
Successivamente presta il suo obiettivo al mondo dell’industria, per aziende comes Arc Linea, Ariston, Axor, Baleri Italia, Bassetti, B&B, Binova, Biticino, Cassina, Casamilano, De Padova, Driade, Elam, Elmar, Enzo degli Angiuoni, Foscarini, Halifax, Hansgrohe, Ikea, Lea Ceramiche, Lolli e Memmoli, Luceplan, Foscarini, Montina, Minotti, Norbert Wangen, Oluce, Penta, Poliform, Pozzi Ginori, Redaelli, Robots, Tisettanta, Tre p, Venini, Verzelloni, Whirlpool, Zucchi.
Si occupa anche di moda collaborando con Pierto Pianforini, Valextra, Rodo, Canali,120% Lino, Jil Sander, Before, Benetton, Marzotto, Paolo Pecora, Lella& Nellson, Daniele Ruffa, Rossetti, Ermenegildo Zegna, Sinv, Staff.
Infine affianca diversi studi di architettura e design come Citterio & Partners, Marco Romanelli, Studio Mendini, Emanuela Frattini, Matteo Thun, Rodolfo Dordoni, Depas D’Urbino Lomazzi, Tony Cordero, Clino Castelli, Studio ANG 42, Palomba Serafini Associati, Studio & Partners, Buratti + Battistoni.
Nello stesso periodo viene coinvolto in progetti di ricerca sul ritratto del corpo umano. In questo contesto rientrano le serie “Feet” (India, 1991) pubblicata in 1994 in collaborazione con Pier Paolo Pitacco and “Teste” (Uganda, 1992).
Nel 2002 intraprende un nuovo percorso artistico approfondendo il tema della “auto contaminazione” e dell’”errore dominato”.
26
ottobre 2010
Gionata Xerra – Underscore space
Dal 26 ottobre al 30 novembre 2010
fotografia
Location
WANNABEE GALLERY
Milano, Via Massimiano, 25, (Milano)
Milano, Via Massimiano, 25, (Milano)
Orario di apertura
da lunedì a venerdì ore 11-20
sabato ore 11-19
Vernissage
26 Ottobre 2010, ore 18.30
Autore
Curatore