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Giorgio Levi – Morfologie e metamorfosi
La pittura di Giorgio Levi ha atraversato, in oltre cinquant’anni di attività, successivi passaggi che, pur nella loro varietà, rivelano un particolare interesse per la materia intesa ora come medium pittorico ora come elemento vitale desunto dalla realtà.
Comunicato stampa
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“In tutti i tempi gli scienziati hanno sentito il bisogno di conoscere il vivente in quanto tale, di vederne in mutuo rapporto le parti esterne visibili e tangibili, di considerarle indizi del loro interno, e per tal modo dominare l’intero, per così dire, in una visione intuitiva. Come questa aspirazione scientifica si ricolleghi all’impulso artistico e imitativo, non occorre insistere. Di conseguenza, nel divenire dell’arte, del conoscere e della scienza si incontrano ripetuti tentativi di fondare e svolgere una dottrina che a noi piace chiamare morfologia”.
Di questo incontro tra impulsi scientifici e artistici la testimonianza più brillante rimane il volume KunstformenderNatur pubblicato nel 1904 da Ernst Haeckel, biologo e filosofo monista, un eccezionale breviario di microrganismi marini che accese l’immaginazione dei coevi autori dello Jugendstil e delle Secessioni mitteleuropee.
Nel corso del Novecento, peraltro, l’avvento dell’astrazione ha indotto gli artisti a riservare una considerazione nuova ai reperti provenienti dalle osservazioni scientifiche; l’impiego di strumenti atti a potenziare la visione ha loro consentito di oltrepassare la “pelle” della natura per applicare il loro “sguardo morfologico” sia al mondo dei microrganismi, sia, per altro verso, alla dimensione cosmica. Esemplari in questo senso risultano le opere realizzate da Kandinsky nel periodo parigino (come Nero screziato, 1935 e Ensemble multicolore, 1938), dove campeggiano figure embrionali, non meno di quelle di Enrico Prampolini (Apparizione dell'essere unicellulare, 1935; Rarefazione siderale, 1940).
Indubbiamente, nella pittura di Giorgio Levi - dopo un primo momento di astrazione geometrica, culminato nell’esposizione tenuta a Roma, presso la galleria di Fiamma Vigo, nel 1975, ed una variegata sequenza di ricerche informali - lo stile biomorfo di Kandinsky è venuto a costituirsi come un riferimento stabile.
Stimolato anche dalla sua formazione scientifica, l’artista ha progressivamente concentrato la sua attenzione su immagini che evocano agglomerati cellulari e presenze larvali, marcate, a differenza delle tonalità per lo più smorzate del maestro francese, da una pronunciata irruenza cromatica.
Ne risultano trame dense e complesse, dove sovente una grande campitura ovoidale include una miriade di configurazioni protozoiche, mentre altrove queste si dispongono secondo dinamici assetti ascendenti o ancora si espandono individualmente, ergendosi con inflessione statuaria su un fondo cupo.
La frequenza parossistica degli elementi primari assembrati nel dipinto genera un duplice effetto: crea per un verso un fitto pattern ornamentale, di grande intensità materica e di timbri, mentre d’altro canto mantiene in pulsante equilibrio la tendenza disgregatrice e la pressione centripeta che si affrontano nella superficie della tela.
Questi simulacri di organismi viventi paiono infatti condividere con i loro modelli un’istanza di colonizzazione dello spazio circostante il quadro, entro i cui limiti rimangono però costretti, originando così un’atmosfera di vitalità compressa, ma potenzialmente rigeneratrice.
In quest’ottica risulta importante osservare i dipinti di Levi non come opere a sé stanti, bensì come un continuum, un processo inarrestabile di trasformazione, in una sorta di mimesi dell’evolvere della materia vivente.
Un discorso a parte andrebbe sviluppato a proposito dell’utilizzo dei materiali da parte dell’artista: accanto a quelli canonici fanno la loro comparsa cartoni variamente slabbrati, plastiche, fili elettrici e piccoli tubi di gomma utilizzati in funzione lineare, immagini fotografiche rivisitate pittoricamente, frammenti di apparecchiature elettroniche… un insieme assai diramato che accenna al continuo mutare dei supporti e delle tecnologie nel mondo contemporaneo; un’implicita riflessione, ancora, sui valori della forma disgiunta dalla funzione.
Per questo lavoro in trasformazione e sulla trasformazione di immagini e materie può valere ancor oggi la riflessione che Kandinsky affidava nel 1935 alla rivista danese Konkretion: “Quest’intima percezione dell’anima segreta di tutte le cose che possiamo vedere a occhio nudo, col microscopio o col telescopio viene da me chiamata ‘sguardo interiore’. Questo sguardo si spinge oltre la dura scorza, attraverso la ‘forma’ esteriore, penetrando fino a raggiungere l’interiorità delle cose, consentendoci di percepirne con tutti i nostri sensi l’interno ‘pulsare’”. (Testo critico a cura di Sandro Ricaldone)
Di questo incontro tra impulsi scientifici e artistici la testimonianza più brillante rimane il volume KunstformenderNatur pubblicato nel 1904 da Ernst Haeckel, biologo e filosofo monista, un eccezionale breviario di microrganismi marini che accese l’immaginazione dei coevi autori dello Jugendstil e delle Secessioni mitteleuropee.
Nel corso del Novecento, peraltro, l’avvento dell’astrazione ha indotto gli artisti a riservare una considerazione nuova ai reperti provenienti dalle osservazioni scientifiche; l’impiego di strumenti atti a potenziare la visione ha loro consentito di oltrepassare la “pelle” della natura per applicare il loro “sguardo morfologico” sia al mondo dei microrganismi, sia, per altro verso, alla dimensione cosmica. Esemplari in questo senso risultano le opere realizzate da Kandinsky nel periodo parigino (come Nero screziato, 1935 e Ensemble multicolore, 1938), dove campeggiano figure embrionali, non meno di quelle di Enrico Prampolini (Apparizione dell'essere unicellulare, 1935; Rarefazione siderale, 1940).
Indubbiamente, nella pittura di Giorgio Levi - dopo un primo momento di astrazione geometrica, culminato nell’esposizione tenuta a Roma, presso la galleria di Fiamma Vigo, nel 1975, ed una variegata sequenza di ricerche informali - lo stile biomorfo di Kandinsky è venuto a costituirsi come un riferimento stabile.
Stimolato anche dalla sua formazione scientifica, l’artista ha progressivamente concentrato la sua attenzione su immagini che evocano agglomerati cellulari e presenze larvali, marcate, a differenza delle tonalità per lo più smorzate del maestro francese, da una pronunciata irruenza cromatica.
Ne risultano trame dense e complesse, dove sovente una grande campitura ovoidale include una miriade di configurazioni protozoiche, mentre altrove queste si dispongono secondo dinamici assetti ascendenti o ancora si espandono individualmente, ergendosi con inflessione statuaria su un fondo cupo.
La frequenza parossistica degli elementi primari assembrati nel dipinto genera un duplice effetto: crea per un verso un fitto pattern ornamentale, di grande intensità materica e di timbri, mentre d’altro canto mantiene in pulsante equilibrio la tendenza disgregatrice e la pressione centripeta che si affrontano nella superficie della tela.
Questi simulacri di organismi viventi paiono infatti condividere con i loro modelli un’istanza di colonizzazione dello spazio circostante il quadro, entro i cui limiti rimangono però costretti, originando così un’atmosfera di vitalità compressa, ma potenzialmente rigeneratrice.
In quest’ottica risulta importante osservare i dipinti di Levi non come opere a sé stanti, bensì come un continuum, un processo inarrestabile di trasformazione, in una sorta di mimesi dell’evolvere della materia vivente.
Un discorso a parte andrebbe sviluppato a proposito dell’utilizzo dei materiali da parte dell’artista: accanto a quelli canonici fanno la loro comparsa cartoni variamente slabbrati, plastiche, fili elettrici e piccoli tubi di gomma utilizzati in funzione lineare, immagini fotografiche rivisitate pittoricamente, frammenti di apparecchiature elettroniche… un insieme assai diramato che accenna al continuo mutare dei supporti e delle tecnologie nel mondo contemporaneo; un’implicita riflessione, ancora, sui valori della forma disgiunta dalla funzione.
Per questo lavoro in trasformazione e sulla trasformazione di immagini e materie può valere ancor oggi la riflessione che Kandinsky affidava nel 1935 alla rivista danese Konkretion: “Quest’intima percezione dell’anima segreta di tutte le cose che possiamo vedere a occhio nudo, col microscopio o col telescopio viene da me chiamata ‘sguardo interiore’. Questo sguardo si spinge oltre la dura scorza, attraverso la ‘forma’ esteriore, penetrando fino a raggiungere l’interiorità delle cose, consentendoci di percepirne con tutti i nostri sensi l’interno ‘pulsare’”. (Testo critico a cura di Sandro Ricaldone)
15
ottobre 2016
Giorgio Levi – Morfologie e metamorfosi
Dal 15 al 26 ottobre 2016
arte contemporanea
Location
SATURA – PALAZZO STELLA
Genova, Piazza Stella, 5/1, (Genova)
Genova, Piazza Stella, 5/1, (Genova)
Orario di apertura
da martedì a sabato ore 15-19
Vernissage
15 Ottobre 2016, ore 17.00
Autore
Curatore