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Giorgio Zucchini – Passato presente
Questa nuova personale, allo studio Vigato di Bergamo, dell’artista bolognese Giorgio Zucchini si presenta con un clima visivo, e di pensiero, molto particolare: dispiega la necessità di ritrovare una pittura, che assorbendo i bisogni esistenziali dell’autore, ritrova le immagini di un “fare” che si muove con mano leggera alla ricerca dell’incantesimo e della profanazione
Comunicato stampa
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Questa nuova personale , allo studio Vigato di Bergamo, dell’artista bolognese Giorgio Zucchini si presenta con un clima visivo, e di pensiero, molto particolare: dispiega la necessità di ritrovare una pittura, che assorbendo i bisogni
esistenziali dell’autore, ritrova le immagini di un “fare” che si muove con mano leggera alla ricerca dell’incantesimo e della profanazione. Infatti la memoria e la sensibilità di Zucchini amano entrare in palazzi riccamente affrescati,
decorati da pennelli virtuosi, o magari nei musei della sua città, a catturare con gioia le fioriture seicentesche e settecentesche dei grandi di quel periodo, non tanto per nutrire lo sguardo con una iconografia stratificata, poetica,
fantastica, che diventa una ricetta felice per procedere, quanto per il patrimonio inesauribile di temi, di racconti, di miti, di metafore a cui attingere. Queste immagini rubate alla “tradizione”, per ottenere udienza, devono contare sulla durata di un viaggio attraverso la feroce guerra del presente.
Dunque per Zucchini la scoperta del passato , delle pittura aulica, non avviene come dissotterramento di un fossile che viene ri-presentato e simulato, ma come re-invenzione, ri-fondazione ( dell’immagine e della storia), di
qualcosa che l’autore analizza, e a cui guarda come campo da cui farsi inondare di “pittura” con attitudini precipuamente poetiche, il chè significa ri-creare il passato e donargli un passo nuovo nella forma e nel significato. E’
chiaro che Zucchini ama entrare con lo sguardo e con la fantasia in quei palazzi patrizi della sua città ,ricchi di affreschi di grandi artisti, per far zumare con voracità il suo occhio su una scena , magari marginale, cogliere il movimento fulmineo dove emerge un racconto, che contiene enigmi da decifrare, ma anche per fermare sulla sua tela la raffinatezza di un decoro, che non è meno felice di un’astrazione armonica Citiamo: “Bacche rosse a forma di campana” , o di una cornice, che segna gli orizzonti oltre cui è pericoloso andare.
Lo spessore dei significati nasce dal ritrovare la distanza dai “modelli”, sentire la difficoltà di comprenderli, coglierne la frammentarietà, sapere che le icone talora non si legano tra loro, se non dopo lunghi sforzi di interpretazione e di verifica. Sulle tele di Giorgio Zucchini, talora virate sui toni di blu oltremare ( si veda i due: “Bacco” ), o dei bruni terrosi, l’artista fa esplodere dei colpi di luce fluorescente e impudica, oppure opacità e lucentezze date dall’umidità, dall’acqua, che crea barriere di miopia davanti alle immagini. Il blu è colore che crea luoghi di dolce penombra, un silenzio meditativo, fa respirare il profumo vagamente inebriante di incensi e di fiori, mentre gli uccelli stupiti guardano. Intorno ad ogni quadro aleggia il ricordo di riti misterici e il desiderio di esperienze estatiche, dell’incontro con il trascendente, anela alla profondità della superficie. Il marrone, o le ocre, sono vicine alla terra, archetipo della Grande Madre dispensatrice di frutti e genitrice di vita. La cromia sulla tela assume toni rotondeggianti atti a ricevere, a contenere, a riparare, e ricorda la luce calda e soffusa dei lumi a olio, in fondo è la materializzazione cromatica della tenerezza, delle sensazioni fisiche assaporate con calma.
esistenziali dell’autore, ritrova le immagini di un “fare” che si muove con mano leggera alla ricerca dell’incantesimo e della profanazione. Infatti la memoria e la sensibilità di Zucchini amano entrare in palazzi riccamente affrescati,
decorati da pennelli virtuosi, o magari nei musei della sua città, a catturare con gioia le fioriture seicentesche e settecentesche dei grandi di quel periodo, non tanto per nutrire lo sguardo con una iconografia stratificata, poetica,
fantastica, che diventa una ricetta felice per procedere, quanto per il patrimonio inesauribile di temi, di racconti, di miti, di metafore a cui attingere. Queste immagini rubate alla “tradizione”, per ottenere udienza, devono contare sulla durata di un viaggio attraverso la feroce guerra del presente.
Dunque per Zucchini la scoperta del passato , delle pittura aulica, non avviene come dissotterramento di un fossile che viene ri-presentato e simulato, ma come re-invenzione, ri-fondazione ( dell’immagine e della storia), di
qualcosa che l’autore analizza, e a cui guarda come campo da cui farsi inondare di “pittura” con attitudini precipuamente poetiche, il chè significa ri-creare il passato e donargli un passo nuovo nella forma e nel significato. E’
chiaro che Zucchini ama entrare con lo sguardo e con la fantasia in quei palazzi patrizi della sua città ,ricchi di affreschi di grandi artisti, per far zumare con voracità il suo occhio su una scena , magari marginale, cogliere il movimento fulmineo dove emerge un racconto, che contiene enigmi da decifrare, ma anche per fermare sulla sua tela la raffinatezza di un decoro, che non è meno felice di un’astrazione armonica Citiamo: “Bacche rosse a forma di campana” , o di una cornice, che segna gli orizzonti oltre cui è pericoloso andare.
Lo spessore dei significati nasce dal ritrovare la distanza dai “modelli”, sentire la difficoltà di comprenderli, coglierne la frammentarietà, sapere che le icone talora non si legano tra loro, se non dopo lunghi sforzi di interpretazione e di verifica. Sulle tele di Giorgio Zucchini, talora virate sui toni di blu oltremare ( si veda i due: “Bacco” ), o dei bruni terrosi, l’artista fa esplodere dei colpi di luce fluorescente e impudica, oppure opacità e lucentezze date dall’umidità, dall’acqua, che crea barriere di miopia davanti alle immagini. Il blu è colore che crea luoghi di dolce penombra, un silenzio meditativo, fa respirare il profumo vagamente inebriante di incensi e di fiori, mentre gli uccelli stupiti guardano. Intorno ad ogni quadro aleggia il ricordo di riti misterici e il desiderio di esperienze estatiche, dell’incontro con il trascendente, anela alla profondità della superficie. Il marrone, o le ocre, sono vicine alla terra, archetipo della Grande Madre dispensatrice di frutti e genitrice di vita. La cromia sulla tela assume toni rotondeggianti atti a ricevere, a contenere, a riparare, e ricorda la luce calda e soffusa dei lumi a olio, in fondo è la materializzazione cromatica della tenerezza, delle sensazioni fisiche assaporate con calma.
04
febbraio 2012
Giorgio Zucchini – Passato presente
Dal 04 febbraio al 17 marzo 2012
arte contemporanea
Location
STUDIO VIGATO
Bergamo, Via San Tomaso, 72, (Bergamo)
Bergamo, Via San Tomaso, 72, (Bergamo)
Orario di apertura
lunedì – sabato 10.30 - 12.30 / 16.00 - 19.30. Domenica su appuntamento
Vernissage
4 Febbraio 2012, ore 18
Autore
Curatore