Giorgio Zucchini affonda la sua radice nello spirito dei luoghi in cui è nato, in cui vive da sempre avventure minuscole e abissali, consumate tra antiche mura e oggetti d’affezione, per tragitti sottilmente analoghi a se stessi. È un pittore squisitamente emiliano, intimamente legato alla terra e a un’archeologia ancestrale dalla quale, come in una Wunderkammer barocca, affiora un inventario personale riproposto in un corpus di oggetti marginali, distrazioni ottiche, tracce di una lingua scomparsa.
Ci offre l’esempio di un grande fare artistico, coltivato nell’emozione silenziosa d’immagini meditate fino alla loro lenta apparizione. Da sempre dipinge a tempera, spaziando fra grandi tele immaginifiche e il piccolo formato in cui imprigiona incantevoli dettagli, per una meraviglia sempre rinnovata di materia, luce, colore.

Ha partecipato, in Italia e all’estero, a prestigiose collettive e personali; tra le prime ricordiamo le storiche mostre “Anniottanta” e i “I Nuovi-Nuovi”, a cura di Renato Barilli, in seguito riproposta nel 2009. Nel 1984 è la volta dell’esposizione tematica “Una generazione postmoderna. Iconici, aniconici, immagine elettronica”, presso i Civici Musei di Reggio Emilia, a cura di Renato Barilli e Roberto Daolio e, nel 1995, ancora i "I Nuovi-Nuovi" alla Galleria Civica d'Arte Moderna e Contemporanea di Torino. In ultimo, la recentissima “Bologna dopo Morandi”, Palazzo Fava, Bologna, a cura di R. Barilli.
Tra le più recenti personali ricordiamo quelle presso lo Studio Vigato di Alessandria e Bergamo nel 2001, 2006 e 2012.