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Giovan Battista Crema – Pittore di marina
“Il Crema è un adoratore del colore, anzi, un ricercatore quasi in senso scientifico degli effetti di esso”. Così scrive sulla Gazzetta ferrarese del 14 aprile 1922 il giovane De Pisis dopo una visita allo studio romano del più anziano ed affermato collega Giovan Battista Crema, nato come lui a Ferrara, ma trasferitosi nella capitale in cerca di fortuna a soli vent’anni, nel 1903.
Comunicato stampa
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Alla smagliante tavolozza dell’artista, spesso qualificato da una vulgata un po’ frettolosa come l’ultimo divisionista, sono dedicate le due mostre che la Galleria Ricerca d’Arte ed il Ministero della Marina inaugureranno a pochi giorni di distanza l’una dall’altra, rispettivamente il 27 maggio ed il 4 giugno, consentendo, grazie agli oltre cento dipinti complessivamente esposti, di fare il punto su una produzione pittorica tra le più variegate e complesse. Pur inseguendo un obiettivo di “semplicità” (desiderava che le sue opere parlassero un linguaggio comprensibile a tutti), Crema diede infatti vita ad un caleidoscopico universo figurativo, capace a più riprese di sorprendere e disorientare l’osservatore.
Che genere di pittore fu Giovan Battista Crema? Il titolo dell’esposizione che, purtroppo nelle sole giornate del 4-5 e 6 giugno, sarà ospitata nei salotti di rappresentanza del Circolo della Marina ci dice che era un “pittore di Marina”, uno di quegli artisti, cioè, che il Ministero arruolava sulle navi come documentaristi. Sarà però sufficiente una visita alla retrospettiva ospitata sino alla fine di giugno da Ricerca d’Arte per imbattersi nei mille altri volti del poliedrico ferrarese: il paesaggista della Campagna Romana; il ritrattista mondano; il cantore della bellezza femminile, autore di nudi che declinano tutte le gamme della sensualità, spingendosi sino a quella più insistita e piccante celebrata da Pitigrilli e Guido da Verona, ma anche il commosso testimone delle varie occasioni in cui il sentimento religioso si manifesta nella vita dell’uomo. E poi ancora il pittore dagli accesi toni di denuncia sociale, capace però di passare con disinvoltura dal gusto “di sinistra” del divisionismo antiaccademico raccolto attorno alla figura di Balla ai panni del sulfureo narratore di leggende ambientate nell’imprecisato passato di una Ferrara e di una Roma dai toni decadenti e, a volte, addirittura macabri. L’inventore di temi allegorici di profondo significato etico; l’autore di nature morte dipinte con tecnica ineccepibile (“In fatto di tecnica pittorica il Crema, capii, la sa lunga!” Continua a raccontare nel suo articolo il giovane De Pisis) e persino l’animalista che degli animali osservati con amorosa attenzione restituisce ritratti vivacissimi.La versatilità di Crema fu variamente commentata dalla critica del tempo, ma è interessante notare come per tutti l’onestà del suo impegno fosse un dato fuori discussione, tanto evidente era che quel peregrinare fra generi e temi tra loro così diversi avveniva dietro la spinta di una fantasia debordante e di una genuina curiosità per ogni aspetto della vita.
La questione più dibattuta restava comunque quella della natura del suo divisionismo assolutamente sui generis e di ardua definizione. Ultimo allievo di Domenico Morelli all’Accademia di Belle Arti di Napoli, Crema fu profondamente suggestionato dalla commistione di verismo e simbolismo così peculiare nell’opera dell’amato maestro. Giunto giovanissimo nella capitale non esitò tuttavia ad unirsi al gruppo degli artisti d’avanguardia riuniti attorno alle esperienze divisioniste di Giacomo Balla. Esperienze alle quali aderì di slancio, ma senza mai pensare che la tecnica del colore diviso potesse condurlo in una direzione polemicamente opposta a quella tracciata durante gli anni della solida formazione accademica. In Crema non c’era l’idea del cambiamento di rotta, quanto piuttosto quella dell’arricchimento, dell’acquisizione di uno strumento prezioso per assecondare la sua vocazione di colorista, ma compatibile col suo irrinunciabile talento di disegnatore. Ne viene fuori un divisionismo reso ibrido da una forte connotazione realistica, uno stile personalissimo che i contemporanei si sforzarono in vario modo di raccontare: “Giovan Battista Crema conserva la plasticità delle forme come nessun divisionista ottenne sino ad ora”, “Scolpisce più che dipingere con un colore smagliante e potente che è luce”.
L’incessante ricerca sul colore unita alla padronanza del disegno si avverte anche nella sua produzione meno conosciuta, quella dei dipinti di guerra. I visitatori della retrospettiva curata da Ricerca d’Arte e di “Giovan Battista Crema pittore di Marina” scopriranno con sorpresa l’altissima qualità di un cospicuo gruppo delle circa centocinquanta opere dipinte dall’artista tra il 1940 ed il 1943 dietro incarico del Ministero della Marina per documentare i vari aspetti della vita di bordo sulle grandi navi da guerra. Guardandole ci si domanda se il risultato finale fosse in linea con gli intenti della committenza: nessun compiacimento retorico si può infatti ravvisare in esse, ma solo un’elegante asciuttezza descrittiva che ricorda l’atmosfera dei coevi documentari di guerra firmati da grandi nomi del cinema americano. I soldati non sono uomini in arme, ma operai alle prese con gli utensili ed i rituali del loro quotidiano lavoro ed il freddo intreccio delle tubature, i macchinari, gli ingranaggi delle artiglierie acquistano spesso un ruolo di primo piano nella composizione pittorica con i suggestivi esiti che si possono immaginare. Il segno divisionista intride di luce e fa vibrare ogni immagine e Crema, come scrive Bruno Mantura nella sua presentazione alla mostra ospitata dal Circolo della Marina, “non può fare a meno di accendere irragionevolmente di rossi squillanti le divise degli uomini e le tolde delle navi” calando così “armi e ordigni in una sorta di acceso prato di fiori”.
Che genere di pittore fu Giovan Battista Crema? Il titolo dell’esposizione che, purtroppo nelle sole giornate del 4-5 e 6 giugno, sarà ospitata nei salotti di rappresentanza del Circolo della Marina ci dice che era un “pittore di Marina”, uno di quegli artisti, cioè, che il Ministero arruolava sulle navi come documentaristi. Sarà però sufficiente una visita alla retrospettiva ospitata sino alla fine di giugno da Ricerca d’Arte per imbattersi nei mille altri volti del poliedrico ferrarese: il paesaggista della Campagna Romana; il ritrattista mondano; il cantore della bellezza femminile, autore di nudi che declinano tutte le gamme della sensualità, spingendosi sino a quella più insistita e piccante celebrata da Pitigrilli e Guido da Verona, ma anche il commosso testimone delle varie occasioni in cui il sentimento religioso si manifesta nella vita dell’uomo. E poi ancora il pittore dagli accesi toni di denuncia sociale, capace però di passare con disinvoltura dal gusto “di sinistra” del divisionismo antiaccademico raccolto attorno alla figura di Balla ai panni del sulfureo narratore di leggende ambientate nell’imprecisato passato di una Ferrara e di una Roma dai toni decadenti e, a volte, addirittura macabri. L’inventore di temi allegorici di profondo significato etico; l’autore di nature morte dipinte con tecnica ineccepibile (“In fatto di tecnica pittorica il Crema, capii, la sa lunga!” Continua a raccontare nel suo articolo il giovane De Pisis) e persino l’animalista che degli animali osservati con amorosa attenzione restituisce ritratti vivacissimi.La versatilità di Crema fu variamente commentata dalla critica del tempo, ma è interessante notare come per tutti l’onestà del suo impegno fosse un dato fuori discussione, tanto evidente era che quel peregrinare fra generi e temi tra loro così diversi avveniva dietro la spinta di una fantasia debordante e di una genuina curiosità per ogni aspetto della vita.
La questione più dibattuta restava comunque quella della natura del suo divisionismo assolutamente sui generis e di ardua definizione. Ultimo allievo di Domenico Morelli all’Accademia di Belle Arti di Napoli, Crema fu profondamente suggestionato dalla commistione di verismo e simbolismo così peculiare nell’opera dell’amato maestro. Giunto giovanissimo nella capitale non esitò tuttavia ad unirsi al gruppo degli artisti d’avanguardia riuniti attorno alle esperienze divisioniste di Giacomo Balla. Esperienze alle quali aderì di slancio, ma senza mai pensare che la tecnica del colore diviso potesse condurlo in una direzione polemicamente opposta a quella tracciata durante gli anni della solida formazione accademica. In Crema non c’era l’idea del cambiamento di rotta, quanto piuttosto quella dell’arricchimento, dell’acquisizione di uno strumento prezioso per assecondare la sua vocazione di colorista, ma compatibile col suo irrinunciabile talento di disegnatore. Ne viene fuori un divisionismo reso ibrido da una forte connotazione realistica, uno stile personalissimo che i contemporanei si sforzarono in vario modo di raccontare: “Giovan Battista Crema conserva la plasticità delle forme come nessun divisionista ottenne sino ad ora”, “Scolpisce più che dipingere con un colore smagliante e potente che è luce”.
L’incessante ricerca sul colore unita alla padronanza del disegno si avverte anche nella sua produzione meno conosciuta, quella dei dipinti di guerra. I visitatori della retrospettiva curata da Ricerca d’Arte e di “Giovan Battista Crema pittore di Marina” scopriranno con sorpresa l’altissima qualità di un cospicuo gruppo delle circa centocinquanta opere dipinte dall’artista tra il 1940 ed il 1943 dietro incarico del Ministero della Marina per documentare i vari aspetti della vita di bordo sulle grandi navi da guerra. Guardandole ci si domanda se il risultato finale fosse in linea con gli intenti della committenza: nessun compiacimento retorico si può infatti ravvisare in esse, ma solo un’elegante asciuttezza descrittiva che ricorda l’atmosfera dei coevi documentari di guerra firmati da grandi nomi del cinema americano. I soldati non sono uomini in arme, ma operai alle prese con gli utensili ed i rituali del loro quotidiano lavoro ed il freddo intreccio delle tubature, i macchinari, gli ingranaggi delle artiglierie acquistano spesso un ruolo di primo piano nella composizione pittorica con i suggestivi esiti che si possono immaginare. Il segno divisionista intride di luce e fa vibrare ogni immagine e Crema, come scrive Bruno Mantura nella sua presentazione alla mostra ospitata dal Circolo della Marina, “non può fare a meno di accendere irragionevolmente di rossi squillanti le divise degli uomini e le tolde delle navi” calando così “armi e ordigni in una sorta di acceso prato di fiori”.
04
giugno 2004
Giovan Battista Crema – Pittore di marina
Dal 04 al 06 giugno 2004
arte contemporanea
Location
CIRCOLO DELLA MARINA CAIO DUILIO
Roma, Lungotevere Flaminio, 45/47, (Roma)
Roma, Lungotevere Flaminio, 45/47, (Roma)
Orario di apertura
9.00-18.00
Vernissage
27 Maggio 2004, ore 18.00