Nel suo progetto per il Park Güell, Antoni Gaudí ha utilizzato frammenti di ceramica per creare particolari composizioni cromatiche. Partendo dallo stesso principio, Giovanna D’Alessandro reinventa il concetto di frammento e ricostituisce l’Astrattismo geometrico che era stato il cuore della ricerca del Costruttivismo ma con un accenno pop nella scelta dei colori. Quando ci si accosta alla raffigurazione dell’uomo, questa è scomposta. L’immagine è affidata ai pixel ingigantiti che danno un diverso concetto di spazio. Le Avanguardie pittoriche del Novecento avevano inaugurato questo tipo di rapporto con la superficie sorpassando il concetto di bidimensionalità. Questi lavori si collocano allo stesso livello nel gioco percettivo e incrociano i tagli di Lucio Fontana con la manipolazione fotografica di Andy Warhol. La riproduzione fa parte del processo artistico entrando nell’ambito narrativo con la forza dirompente di uno spot pubblicitario. Dunque non importa che ci sia un originale, né quanto questo sia immediatamente riconoscibile. Non si tratta di riprodurre fedelmente la realtà, ma di darne un’iper-semplificazione efficace, che giunga subito a colpire l’immaginazione dello spettatore. Non è lo stesso meccanismo che stava alla base del Puntinismo francese Georges Seurat: non c’è la scomposizione scientifica dello spettro ma l’appiattimento delle possibilità luminose. Si colgono elementi di spicco e li si accentua con l’uso dei primari. Dal punto di vista logico è un espediente matematico che si ritrova nella compilazione di tavole o nei giochi per bambini in cui è necessario mettere in ordine delle tessere per ricomporre un mosaico. A volte il risultato non è così evidente ma non necessariamente c’è stato uno sbaglio nel processo. La nostra mente acquisisce informazioni tramite pacchetti di dati la cui sequenza non è per forza univoca.