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Giovanni Baronzio e la pittura a Rimini nel Trecento
Intorno al “Dossale” del Baronzio, per la prima volta restaurato e riunito, in mostra la pittura riminese del Trecento
Comunicato stampa
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Roma. A “Giovanni Baronzio e la pittura a Rimini nel Trecento” è dedicata, dal 13 marzo al 18 maggio, la raffinata mostra destinata a prefigurare ciò che, a fine 2008, sarà la “nuova” Galleria di Palazzo Barberini. Per quella data le sale del pianterreno occupate sino ad un anno fa dal Circolo Ufficiali saranno pronte ad accogliere le opere più antiche della raccolta, dal dodicesimo al quindicesimo secolo, tappa ulteriore del progressivo ampliamento della Galleria.
Una mostra che è anche la messa a punto di un modello di mostre dossier che possono costituire parte dell’attività espositiva di Palazzo Barberini, per valorizzare i tanti materiali poco noti custoditi nei depositi.
Non è un caso se ad aprire questo filone sarà la Pittura Riminese del Trecento, uno dei momenti di snodo della storia dell’arte in Italia. La mostra, promossa dal Polo Museale Romano in collaborazione con la Fondazione Cassa di Risparmio di Rimini, è curata da Daniele Ferrara.
A propiziare questa mostra è stata l’opportunità di riunire, dopo il restauro, uno dei massimi capolavori di quella situazione artistica assolutamente straordinaria che fu la Rimini del Trecento: le due parti conosciute del grande dossale commissionato dai francescani a Giovanni Baronzio per la loro chiesa di Villa Verucchio.
Una parte del Dossale, smembrato dopo le soppressioni napoleoniche, è attualmente patrimonio di Palazzo Barberini ed è stata sottoposta ad un complesso intervento di restauro curato dalla Soprintendenza per il Polo Museale Romano e finanziato dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Rimini. Proprio quest’ultima ha acquistato nel 2006 sul mercato antiquario la seconda parte del Dossale, anch’essa recentemente restaurata. Le due tavole furono pubblicate per la prima volta da Federico Zeri nel 1958, e sono da allora note con il nome di “Dossale Corvisieri” dal nome della collezione romana di cui facevano parte fin dall’Ottocento.
Non si dispera che, proprio grazie a questa mostra, possano riemergere dal mercato antiquario, o individuate in altri musei, le altre parti mancanti.
Rimini, capitale della dinastia dei Malatesta, agli inizi del Trecento, era città ricca e vivace tanto da richiamarvi maestri come Giotto e da creare le condizioni per l’esplosione di una vivacissima scuola artistica che operò in città ma che si impose anche altrove.
Furono i Francescani a chiamare Giotto a Rimini e furono ancora loro a commissionare a Giovanni Baronzio l’opera principale per la chiesa di un convento tra i più significativi per l’Ordine Mendicante, quello di Villa Verucchio, appunto, non lontano dalla città. L’opera doveva, con la sua imponenza, celebrare i Malatesta, signori del luogo, e sottolineare la permanenza nel convento dello stesso San Francesco.
Con il suo capolavoro Baronzio descrisse per immagini la storia della Passione di Cristo. Tutti i momenti dei racconti evangelici vi erano rappresentati secondo un modello teologico preciso. Il suo resta un esempio altissimo di “pittura narrante”, una sapiente predica francescana per immagini che egli non solo magistralmente eseguì ma anche intimamente condivise, al punto da chiedere poi di essere sepolto proprio nell’importante chiesa di San Francesco a Rimini.
A far da cornice e confronto al capolavoro nuovamente riunito saranno esposte opere di non minore importanza. A partire dal foglio di Corale di Neri da Rimini datato 1300, considerato fondamentale non solo per la storia della pittura riminese ma in generale per l’arte italiana di quel secolo. L’impronta giottesca è evidente nelle tavole, anch’esse in mostra, di Giovanni da Rimini così come i rapporti con la pittura bolognese sono marcati nelle tre opere qui esposte di Pietro da Rimini. La stretta vicinanza del Baronzio con il mondo francescano è confermata da due tavole della Pinacoteca Vaticana, opere di particolare interesse, così come davvero notevole è il pannello di dittico del Maestro di Verucchio, raro esempio di opera conservata entro la cornice originale. A due fratelli, Giovanni e Giuliano da Rimini, si debbono rispettivamente una Croce e un trittico di impronta ancora giottesca. Opere che si confronteranno con un altro magnifico pannello di dossale di Baronzio raffigurante San Giovannino e l’Angelo, concesso dalla Pinacoteca Vaticana.
Da Urbino verranno in mostra tre superbe tavole di maestri riminesi. A testimonianza dell’irraggiamento di questa grande scuola nei territori vicini, irraggiamento che ha negli affreschi di Pietro da Rimini per il Cappellone di San Nicola da Tolentino il suo esempio più clamoroso.
Una mostra che è anche la messa a punto di un modello di mostre dossier che possono costituire parte dell’attività espositiva di Palazzo Barberini, per valorizzare i tanti materiali poco noti custoditi nei depositi.
Non è un caso se ad aprire questo filone sarà la Pittura Riminese del Trecento, uno dei momenti di snodo della storia dell’arte in Italia. La mostra, promossa dal Polo Museale Romano in collaborazione con la Fondazione Cassa di Risparmio di Rimini, è curata da Daniele Ferrara.
A propiziare questa mostra è stata l’opportunità di riunire, dopo il restauro, uno dei massimi capolavori di quella situazione artistica assolutamente straordinaria che fu la Rimini del Trecento: le due parti conosciute del grande dossale commissionato dai francescani a Giovanni Baronzio per la loro chiesa di Villa Verucchio.
Una parte del Dossale, smembrato dopo le soppressioni napoleoniche, è attualmente patrimonio di Palazzo Barberini ed è stata sottoposta ad un complesso intervento di restauro curato dalla Soprintendenza per il Polo Museale Romano e finanziato dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Rimini. Proprio quest’ultima ha acquistato nel 2006 sul mercato antiquario la seconda parte del Dossale, anch’essa recentemente restaurata. Le due tavole furono pubblicate per la prima volta da Federico Zeri nel 1958, e sono da allora note con il nome di “Dossale Corvisieri” dal nome della collezione romana di cui facevano parte fin dall’Ottocento.
Non si dispera che, proprio grazie a questa mostra, possano riemergere dal mercato antiquario, o individuate in altri musei, le altre parti mancanti.
Rimini, capitale della dinastia dei Malatesta, agli inizi del Trecento, era città ricca e vivace tanto da richiamarvi maestri come Giotto e da creare le condizioni per l’esplosione di una vivacissima scuola artistica che operò in città ma che si impose anche altrove.
Furono i Francescani a chiamare Giotto a Rimini e furono ancora loro a commissionare a Giovanni Baronzio l’opera principale per la chiesa di un convento tra i più significativi per l’Ordine Mendicante, quello di Villa Verucchio, appunto, non lontano dalla città. L’opera doveva, con la sua imponenza, celebrare i Malatesta, signori del luogo, e sottolineare la permanenza nel convento dello stesso San Francesco.
Con il suo capolavoro Baronzio descrisse per immagini la storia della Passione di Cristo. Tutti i momenti dei racconti evangelici vi erano rappresentati secondo un modello teologico preciso. Il suo resta un esempio altissimo di “pittura narrante”, una sapiente predica francescana per immagini che egli non solo magistralmente eseguì ma anche intimamente condivise, al punto da chiedere poi di essere sepolto proprio nell’importante chiesa di San Francesco a Rimini.
A far da cornice e confronto al capolavoro nuovamente riunito saranno esposte opere di non minore importanza. A partire dal foglio di Corale di Neri da Rimini datato 1300, considerato fondamentale non solo per la storia della pittura riminese ma in generale per l’arte italiana di quel secolo. L’impronta giottesca è evidente nelle tavole, anch’esse in mostra, di Giovanni da Rimini così come i rapporti con la pittura bolognese sono marcati nelle tre opere qui esposte di Pietro da Rimini. La stretta vicinanza del Baronzio con il mondo francescano è confermata da due tavole della Pinacoteca Vaticana, opere di particolare interesse, così come davvero notevole è il pannello di dittico del Maestro di Verucchio, raro esempio di opera conservata entro la cornice originale. A due fratelli, Giovanni e Giuliano da Rimini, si debbono rispettivamente una Croce e un trittico di impronta ancora giottesca. Opere che si confronteranno con un altro magnifico pannello di dossale di Baronzio raffigurante San Giovannino e l’Angelo, concesso dalla Pinacoteca Vaticana.
Da Urbino verranno in mostra tre superbe tavole di maestri riminesi. A testimonianza dell’irraggiamento di questa grande scuola nei territori vicini, irraggiamento che ha negli affreschi di Pietro da Rimini per il Cappellone di San Nicola da Tolentino il suo esempio più clamoroso.
13
marzo 2008
Giovanni Baronzio e la pittura a Rimini nel Trecento
Dal 13 marzo al 18 maggio 2008
arte antica
Location
GALLERIE NAZIONALI BARBERINI CORSINI – GALLERIA NAZIONALE D’ARTE ANTICA DI PALAZZO BARBERINI
Roma, Via Delle Quattro Fontane, 13, (Roma)
Roma, Via Delle Quattro Fontane, 13, (Roma)
Biglietti
intero € 5,00; ridotto € 3,00; integrato € 4 + biglietto del museo
Orario di apertura
10.00 – 19.00, chiuso il lunedì
Vernissage
13 Marzo 2008, ore 17
Editore
SILVANA EDITORIALE
Ufficio stampa
STUDIO ESSECI
Autore
Curatore