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Giovanni Bellini
L’esposizione porterà nel settembre del 2008 a Roma oltre sessanta dipinti, ovvero i tre quarti della produzione certa del Maestro veneziano. Giungeranno dai più grandi musei del mondo, da Firenze a Milano a Venezia, da Parigi a Londra a Madrid, da Washington a New York a Ottawa e San Paolo del Brasile.
Comunicato stampa
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La grande mostra monografica “Giovanni Bellini” alle Scuderie del Quirinale, curata da Mauro Lucco e Giovanni C.F. Villa, con un comitato scientifico di altissimo profilo internazionale formato dai massimi esperti del pittore, è un’operazione di difficilissima strutturazione, considerata la fragilità e preziosità di opere nella quasi totalità su tavola e di grandi dimensioni, proposta a quasi sessant’anni dalla precedente esposizione dedicata all’artista, voluta da Rodolfo Pallucchini, inaugurata nel Palazzo Ducale di Venezia nel 1949.
L’esposizione porterà nel settembre del 2008 a Roma oltre sessanta dipinti, ovvero i tre quarti della produzione certa del Maestro veneziano. Giungeranno dai più grandi musei del mondo, da Firenze a Milano a Venezia, da Parigi a Londra a Madrid, da Washington a New York a Ottawa e San Paolo del Brasile. Accanto alle grandi pale d’altare – su tutte la tavola di oltre quattro metri del Battesimo di Cristo eseguita per la chiesa di Santa Corona a Vicenza – saranno indagati i temi sacri di committenza privata, proponendo in mostra le serie complete dei Crocifissi e le Pietà, oltre alla selezione dei prototipi nella produzione di Madonne e Ritratti e, soprattutto, le grandi allegorie e mitologie, con pezzi quali la Continenza di Scipione, un fregio di oltre tre metri, a simulare il marmo, mai uscito prima dalla National Gallery di Washington.
Come nel costume delle Scuderie del Quirinale, l’esposizione non si limiterà a raccogliere capolavori assoluti, ma sarà anche occasione per una attenta revisione delle opere – grazie al determinante contributo dei principali enti di tutela italiani, su tutti l’Istituto Centrale del Restauro di Roma e l’Opificio delle Pietre Dure di Firenze, oltre all’apporto di numerose Soprintendenze locali – e della cronologia stessa del pittore veneziano. La lunga carriera di Giovanni Bellini, relativamente ben documentata nella parte finale, dopo il 1500 circa, lo è infatti molto meno per le fasi iniziali. L’avvio della carriera del pittore – cardine imprescindibile su cui strutturate lo sviluppo della pittura del nord Italia nella seconda metà del Quattrocento – può essere ricostruita su basi squisitamente filologiche, dalla più antica opera datata rimastaci, la Madonna degli Albereti, segnata 1487 e ora alle Gallerie dell’Accademia di Venezia, quando l'artista era ormai ultracinquantenne. In preparazione della mostra, che avrà come seconda tappa proprio le Gallerie e il Museo Correr di Venezia, è stata così effettuata una completa ricognizione documentaria negli archivi veneziani e una vasta campagna di indagini scientifiche dai sorprendenti risultati che, oltre a svelare gli splendidi disegni sottostanti di Giovanni Bellini, ha anche offerto concreti aiuti per una riequilibratura cronologica del suo catalogo.
Nella storia dell’arte i maestri in grado di innovare il corso degli eventi e, insieme, mutare profondamente la propria indole pittorica sono stati rarissimi. Tra questi, Giovanni Bellini ha il posto d’onore: Roberto Longhi nel suo Viatico compendia la carriera di “uno dei grandi poeti d’Italia”, proponendolo “prima bizantino e gotico, poi mantegnesco e padovano, poi sulle tracce di Piero e di Antonello, in ultimo fin giorgionesco”. Una lettura sovente interpretata come rapporto cronologico in cui la precedenza non è mai assegnata al veneziano così che, paradossalmente, la ricezione dell’arte altissima è stata a lungo appannata dal calcolo della partita doppia con i grandi maestri del suo tempo. Ma invece, per un sessantennio, Giovanni Bellini è il fulcro di quell’originale rinnovamento, culla originaria di un linguaggio autonomo, che disordina Venezia e la sua arte, permettendole poi di primeggiare a livello internazionale con una nuova poetica che ha fatto proprio e rielaborato il primo rinascimento fiorentino e l’esperienza lombarda, traducendoli in un idioma compiutamente “italiano”.
Così Giovanni Bellini diventa l’artista che ha compiuto la prima vera unificazione linguistica “nazionale”, con un’arte di intrinseca bellezza per se stessa, ma comprensibile a tutti, al di là delle divergenze stilistiche locali, tanto da imporsi come ineliminabile punto di riferimento. E’ lui, prima di Leonardo, il grande inventore della rappresentazione dei sentimenti e della natura, offrendoci opere di straordinaria poesia in paesaggi che riassumono tutto ciò che fino allora si era visto in Italia e in Europa, con la figura umana immersa totalmente nello spazio circostante in commoventi, sentitissime rappresentazioni. Tutte intimamente veneziane nella morbidezza della luce, nel realismo sobrio degli uomini e delle donne, nel gusto per i particolari vegetali colti in singola identità botanica.
L’esposizione porterà nel settembre del 2008 a Roma oltre sessanta dipinti, ovvero i tre quarti della produzione certa del Maestro veneziano. Giungeranno dai più grandi musei del mondo, da Firenze a Milano a Venezia, da Parigi a Londra a Madrid, da Washington a New York a Ottawa e San Paolo del Brasile. Accanto alle grandi pale d’altare – su tutte la tavola di oltre quattro metri del Battesimo di Cristo eseguita per la chiesa di Santa Corona a Vicenza – saranno indagati i temi sacri di committenza privata, proponendo in mostra le serie complete dei Crocifissi e le Pietà, oltre alla selezione dei prototipi nella produzione di Madonne e Ritratti e, soprattutto, le grandi allegorie e mitologie, con pezzi quali la Continenza di Scipione, un fregio di oltre tre metri, a simulare il marmo, mai uscito prima dalla National Gallery di Washington.
Come nel costume delle Scuderie del Quirinale, l’esposizione non si limiterà a raccogliere capolavori assoluti, ma sarà anche occasione per una attenta revisione delle opere – grazie al determinante contributo dei principali enti di tutela italiani, su tutti l’Istituto Centrale del Restauro di Roma e l’Opificio delle Pietre Dure di Firenze, oltre all’apporto di numerose Soprintendenze locali – e della cronologia stessa del pittore veneziano. La lunga carriera di Giovanni Bellini, relativamente ben documentata nella parte finale, dopo il 1500 circa, lo è infatti molto meno per le fasi iniziali. L’avvio della carriera del pittore – cardine imprescindibile su cui strutturate lo sviluppo della pittura del nord Italia nella seconda metà del Quattrocento – può essere ricostruita su basi squisitamente filologiche, dalla più antica opera datata rimastaci, la Madonna degli Albereti, segnata 1487 e ora alle Gallerie dell’Accademia di Venezia, quando l'artista era ormai ultracinquantenne. In preparazione della mostra, che avrà come seconda tappa proprio le Gallerie e il Museo Correr di Venezia, è stata così effettuata una completa ricognizione documentaria negli archivi veneziani e una vasta campagna di indagini scientifiche dai sorprendenti risultati che, oltre a svelare gli splendidi disegni sottostanti di Giovanni Bellini, ha anche offerto concreti aiuti per una riequilibratura cronologica del suo catalogo.
Nella storia dell’arte i maestri in grado di innovare il corso degli eventi e, insieme, mutare profondamente la propria indole pittorica sono stati rarissimi. Tra questi, Giovanni Bellini ha il posto d’onore: Roberto Longhi nel suo Viatico compendia la carriera di “uno dei grandi poeti d’Italia”, proponendolo “prima bizantino e gotico, poi mantegnesco e padovano, poi sulle tracce di Piero e di Antonello, in ultimo fin giorgionesco”. Una lettura sovente interpretata come rapporto cronologico in cui la precedenza non è mai assegnata al veneziano così che, paradossalmente, la ricezione dell’arte altissima è stata a lungo appannata dal calcolo della partita doppia con i grandi maestri del suo tempo. Ma invece, per un sessantennio, Giovanni Bellini è il fulcro di quell’originale rinnovamento, culla originaria di un linguaggio autonomo, che disordina Venezia e la sua arte, permettendole poi di primeggiare a livello internazionale con una nuova poetica che ha fatto proprio e rielaborato il primo rinascimento fiorentino e l’esperienza lombarda, traducendoli in un idioma compiutamente “italiano”.
Così Giovanni Bellini diventa l’artista che ha compiuto la prima vera unificazione linguistica “nazionale”, con un’arte di intrinseca bellezza per se stessa, ma comprensibile a tutti, al di là delle divergenze stilistiche locali, tanto da imporsi come ineliminabile punto di riferimento. E’ lui, prima di Leonardo, il grande inventore della rappresentazione dei sentimenti e della natura, offrendoci opere di straordinaria poesia in paesaggi che riassumono tutto ciò che fino allora si era visto in Italia e in Europa, con la figura umana immersa totalmente nello spazio circostante in commoventi, sentitissime rappresentazioni. Tutte intimamente veneziane nella morbidezza della luce, nel realismo sobrio degli uomini e delle donne, nel gusto per i particolari vegetali colti in singola identità botanica.
29
settembre 2008
Giovanni Bellini
Dal 29 settembre 2008 all'undici gennaio 2009
arte antica
Location
SCUDERIE DEL QUIRINALE
Roma, Via XXIV Maggio, 16, (Roma)
Roma, Via XXIV Maggio, 16, (Roma)
Biglietti
Intero: € 10 - Ridotto: € 7.50
Orario di apertura
da domenica a giovedì 10.00-20.00; venerdì e sabato 10.00-22.30.
L’ingresso è consentito fino a un’ora prima della chiusura
Vernissage
29 Settembre 2008, ore 18 su invito
Editore
SILVANA EDITORIALE
Ufficio stampa
PALAEXPO
Autore
Curatore