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Giovanni Bernardelli
Mostra retrospettiva in occasione del centenario della nascita (1911-2011)
Comunicato stampa
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Una ricca solitudine
Una casetta tra l’argine e il Po, al limite di un bosco di pioppi, a rallentare lo sguardo che non potrebbe mai raggiungere l’orizzonte…
Per il sentimento del luogo, direi che l’osservatorio di Giovanni Bernardelli è più naturalmente vicino al Po che alla strada sull’argine, anche se il rigore della geometria potrebbe darmi torto.
Ma io non voglio ricordare bene la realtà esterna; quando sono stata in quei paraggi di San Benedetto Po, dopo aver visionato i quadri in quella casa-studio, ricordo che solo la pittura restò muta e fredda dentro di me, tra l’occhio e il pensiero. E così è rimasta negli anni.
Certo i pioppi in fila nella golena sono stati una parte importante e forse essenziale nella vita del pittore boscaiolo, ma la loro presenza costante tuttavia non li ha fatti diventare, salvo casi rari, il modello principale per l’opera dell’artista.
I soggetti preferiti di Bernardelli sono le figure, scarnificate nel ricordo e nell’invenzione fino a diventare semplici apparizioni costruite con una pittura magra, fatta di tocchi scarni e poveri di colore, colore sempre tonale, tanto misurato nel gioco delle terre grigie, da diventare non-colore. Così sono nate le sue figure, autentiche elaborazioni del pensiero, quasi monocrome, che si stagliano su uno sfondo vuoto, appena più chiaro di tonalità, come a rievocare la terra: terra dalla terra, secondo una biblica ammonizione.
Anche le nature morte sono costruite con la stessa parsimonia di colore e la luce comunque vibra, anche più forte, nei rapporti abbassati del gioco dei grigi, come il giallo della polenta e quello della sfoglia nelle opere rispettive. La composizione dei piani è particolarmente semplificata e prevale una rigorosa ansia di equilibrio che si realizza in una forma astratta tendente a cancellare l’identità degli oggetti per un affondo sensibile dentro i valori più autentici della pittura. Il risultato è consequenziale perché ci porta alla memoria quel fango delle golene lungo il Po, le boschine, il ricordo di una natura viva e pronta al dialogo con l’umano, giorno dopo giorno, fino a modellarne profondamente, intimamente, le radici del pensiero e della sensibilità. Quando è così che si realizza l’intesa l’artista non ha bisogno di dipingere i soggetti della natura all’aperto, che anzi la più essenziale modalità del colore ha bisogno di essere filtrata dal pensiero e moderata nel suo slancio cromatico proprio fuori del paesaggio, al riparo dalla realtà, dentro la stanza. La solitudine della scena è la stessa dell’artista e il rito della pittura le tiene collegate tra loro.
La personalità di Bernardelli la metterei senza dubbio in relazione con quella di Pio Semeghini, artista tra i più importanti del ‘900 italiano, anche lui dedito ad una pittura fatta di sottrazione del colore e anche lui nato, non a caso, vicino al Po, a Quistello, a farci ricordare quanto è fertile di suggestioni e di idee la cultura padana e quanti grandi pittori e scultori, poeti e registi, fotografi e filmakers, hanno riposato nei dintorni del fiume e liberato la loro fantasia, come L’uomo sulla spiaggia (del Po), 1994.
E’ certamente straordinario e misterioso il rapporto tra l‘artista e la sua terra e tra questa e la sua arte, ma raramente si può incontrare un abbraccio più intimo, esclusivo e definitivo quale quello di Bernardelli con il luogo della sua vita. Capisco allora la difficoltà dei suoi eredi a cedere anche un solo dipinto, sembra di perdere una parte viva del padre, viva più che mai dentro la forza della pittura.
Laura Gavioli
Una casetta tra l’argine e il Po, al limite di un bosco di pioppi, a rallentare lo sguardo che non potrebbe mai raggiungere l’orizzonte…
Per il sentimento del luogo, direi che l’osservatorio di Giovanni Bernardelli è più naturalmente vicino al Po che alla strada sull’argine, anche se il rigore della geometria potrebbe darmi torto.
Ma io non voglio ricordare bene la realtà esterna; quando sono stata in quei paraggi di San Benedetto Po, dopo aver visionato i quadri in quella casa-studio, ricordo che solo la pittura restò muta e fredda dentro di me, tra l’occhio e il pensiero. E così è rimasta negli anni.
Certo i pioppi in fila nella golena sono stati una parte importante e forse essenziale nella vita del pittore boscaiolo, ma la loro presenza costante tuttavia non li ha fatti diventare, salvo casi rari, il modello principale per l’opera dell’artista.
I soggetti preferiti di Bernardelli sono le figure, scarnificate nel ricordo e nell’invenzione fino a diventare semplici apparizioni costruite con una pittura magra, fatta di tocchi scarni e poveri di colore, colore sempre tonale, tanto misurato nel gioco delle terre grigie, da diventare non-colore. Così sono nate le sue figure, autentiche elaborazioni del pensiero, quasi monocrome, che si stagliano su uno sfondo vuoto, appena più chiaro di tonalità, come a rievocare la terra: terra dalla terra, secondo una biblica ammonizione.
Anche le nature morte sono costruite con la stessa parsimonia di colore e la luce comunque vibra, anche più forte, nei rapporti abbassati del gioco dei grigi, come il giallo della polenta e quello della sfoglia nelle opere rispettive. La composizione dei piani è particolarmente semplificata e prevale una rigorosa ansia di equilibrio che si realizza in una forma astratta tendente a cancellare l’identità degli oggetti per un affondo sensibile dentro i valori più autentici della pittura. Il risultato è consequenziale perché ci porta alla memoria quel fango delle golene lungo il Po, le boschine, il ricordo di una natura viva e pronta al dialogo con l’umano, giorno dopo giorno, fino a modellarne profondamente, intimamente, le radici del pensiero e della sensibilità. Quando è così che si realizza l’intesa l’artista non ha bisogno di dipingere i soggetti della natura all’aperto, che anzi la più essenziale modalità del colore ha bisogno di essere filtrata dal pensiero e moderata nel suo slancio cromatico proprio fuori del paesaggio, al riparo dalla realtà, dentro la stanza. La solitudine della scena è la stessa dell’artista e il rito della pittura le tiene collegate tra loro.
La personalità di Bernardelli la metterei senza dubbio in relazione con quella di Pio Semeghini, artista tra i più importanti del ‘900 italiano, anche lui dedito ad una pittura fatta di sottrazione del colore e anche lui nato, non a caso, vicino al Po, a Quistello, a farci ricordare quanto è fertile di suggestioni e di idee la cultura padana e quanti grandi pittori e scultori, poeti e registi, fotografi e filmakers, hanno riposato nei dintorni del fiume e liberato la loro fantasia, come L’uomo sulla spiaggia (del Po), 1994.
E’ certamente straordinario e misterioso il rapporto tra l‘artista e la sua terra e tra questa e la sua arte, ma raramente si può incontrare un abbraccio più intimo, esclusivo e definitivo quale quello di Bernardelli con il luogo della sua vita. Capisco allora la difficoltà dei suoi eredi a cedere anche un solo dipinto, sembra di perdere una parte viva del padre, viva più che mai dentro la forza della pittura.
Laura Gavioli
30
aprile 2011
Giovanni Bernardelli
Dal 30 aprile al 26 giugno 2011
arte contemporanea
Location
CASA DI VIRGINIO ARIOSTO
Bondeno, Via Antonio Gramsci, 301, (Ferrara)
Bondeno, Via Antonio Gramsci, 301, (Ferrara)
Orario di apertura
sabato 15.30/19.00
domenica 10.30/12.30 -15.30/19.00
Vernissage
30 Aprile 2011, ore 17.00
Autore
Curatore